Capitolo
4
I quadri di
battaglia
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Un genere
che incontrò larga affermazione nella pittura napoletana e lusinghiero
successo tra i collezionisti fu la battaglia.
La nobiltà amava molto adornare le pareti dei propri saloni con scene
raffiguranti singoli atti di eroismo o complessi combattimenti che
esaltavano il patriottismo e l’abilità bellica, virtù nelle quali gli
stessi nobili amavano identificarsi.
A Napoli fu molto diffuso il sottile piacere della contemplazione della
battaglia presso masochistici voyeurs, che prediligevano circondarsi,
non di procaci nudi femminili dalle forme aggraziate ed accattivanti o
di tranquilli paesaggi, né di severi ritratti o di languide nature
morte, bensì di gente che si azzuffava a piedi o a cavallo, usando spade
sguainate ed appuntiti pugnali, dando a destra e manca terribili
fendenti in ariosi o fumosi, sereni o temporaleschi, pianeggianti o
collinari scenari, ideali comunque per tali bisogne.
Anche la Chiesa fu in prima fila nelle committenze, incaricando gli
artisti di raffigurare gli spettacolari trionfi della Cristianità sugli
infedeli, come la memorabile battaglia navale di Lepanto del 1571, che
segnò una svolta storica con la grande vittoria sui musulmani, divenendo
ripetuto motivo iconografico pregno di valenza devozionale, replicato
più volte per interessamento dell’ordine domenicano, legatissimo alla
Madonna del Rosario, la quale seguiva benevolmente le vicende terrene
dall’alto dei cieli.
Altri temi cari alla Chiesa nell’ambito del genere furono ricavati
dall’Antico e dal Nuovo Testamento, quali la Vittoria di Costantino a
ponte Milvio (tav. 1) o il San Giacomo alla battaglia di Clavijo (tav.
2), del quale presentiamo anche una seconda redazione (tav. 2 bis),
argomenti trattati magistralmente e più volte dal Falcone, che fu il più
preclaro interprete dell’argomento. Sulle sue battaglie ha scritto
pagine insuperate il Saxl nella sua celebre opera Battle scene without a
hero, un’acuta ricerca che non ha trovato l’eguale nell’analisi di altri
grandi battaglisti del Seicento quali Salvator Rosa e Jacques Courtois,
detto il Borgognone.
tavv. 1 e 2 - Vittoria di Costantino a Ponte Milvio - e - Vittoria
di San Giacomo
tav. 2 bis - Vittoria di San Giacomo
Nel Seicento le guerre erano purtroppo molto frequenti ed i pittori le
potevano osservare da vicino, vedendo sfilare soldati di molti paesi con
le loro uniformi e spesso lo stesso svolgersi degli scontri.
Le battaglie dei pittori napoletani sono esaltate spesso da un
cromatismo virile con una pennellata vivida e marcata, con dei rossi e
degli azzurri molto forti, che danno la sensazione che si sia voluta
ricalcare l’asprezza dei combattimenti e l’animosità dei contendenti.
I combattimenti vengono rappresentati con grande accanimento, con le
urla di dolore e di rabbia dei contendenti che sembrano travalicare
dalla superficie della tela, per farci sentire il gemito dei feriti e
dei moribondi.
Mischie furiose con l’odio che sgorga dai volti corrucciati, cavalieri
che si inseguono, bardati guerrieri in groppa a focosi destrieri, morti
e feriti, bestemmie e gemiti e spesso anche le nuvole grigio scure e
cariche di pioggia, che annunciano tempesta e sembrano partecipare
dell’aria funesta che ovunque si respira.
Scenari più pacati ci vengono proposti da pittori non specialisti che si
cimentano sporadicamente nella battaglia, come il sommo Luca Giordano,
il De Matteis e Giacomo del Po.
Nella città di Napoli il genere muove i primi passi grazie a Belisario
Corenzio, artista di origine greca, attivo fino al 1646, a lungo
incontrastato ras negli appalti per le grandi imprese decorative.
Numerosi suoi disegni, con finalità commemorative illustranti episodi
guerreschi della vita di don Giovanni d’Austria, a partire dal 1580, si
trovano in importanti musei e grandi collezioni private, quali il
Metropolitan di New York e la Biblioteca Nazionale di Madrid, come anche
nella collezione di Anthony Blunt ed in quella di John Witt, nel campo
degli affreschi, invece, un ciclo molto significativo, eseguito sotto la
sua direzione, si trova nella chiesa dei SS. Severino e Sossio, con
l’episodio centrale di Giosuè contro gli Amaleciti.
I grandi protagonisti del genere furono Salvator Rosa ed Aniello
Falcone, che ebbero la funzione di caposcuola con numerosi allievi tra i
quali ricordiamo, citati dal De Dominici, Carlo Coppola, il più noto,
Marzio Masturzo, Matteo di Guido e Giuseppe Trombadori. Alcuni di questi
allievi a loro volta avevano la loro bottega con altri allievi, il che
ha creato nell’ambito della conoscenza della pittura di battaglia a
Napoli una grande confusione e la necessità di nuovi studi e
approfondimenti per definire con certezza, nell’inestricabile groviglio
di opere, le attribuzioni precise.
Salvator Rosa nei suoi quadri di battaglia dà libero sfogo al suo
irrefrenabile istinto per il pittoresco, imprimendo alle sue
composizioni un respiro ampio con un anelito ad idealizzare i
combattimenti che, ambientati in un lussureggiante paesaggio con sullo
sfondo ruderi di templi e severi edifici, trasmettono allo spettatore
una viva emozione, oltre alla meditazione sugli oscuri motivi che
scatenano i più bassi istinti dell’uomo.
Esemplari di tale stile sono la celeberrima Battaglia del Louvre, posta
di fronte alla Gioconda e la meno nota, ma non meno potente, Battaglia
della Art Gallery di Auckland (tav. 3). Le sue battaglie furono
giustamente definite dai suoi contemporanei ideali o eroiche ed
impressero al genere uno sviluppo antitetico all’indirizzo realistico
perseguito dal Borgognone.
tav. 3 - Salvator Rosa, Battaglia
Il Rosa nelle sue affollate composizioni seppe amalgamare magistralmente
i vari elementi con contrapposizioni cromatiche, facendo emergere e
risaltare i dettagli di maggiore presa emotiva sullo spettatore.
Il Falcone, viceversa, rappresentava un combattimento senza eroi, un
dogma perseguito dalla maggior parte dei suoi allievi, con l’attacco che
si svolge in primo piano con cavalieri dagli elmi piumati in sella a
rampanti destrieri e sullo sfondo un susseguirsi di una miriade di
episodi minori, il tutto con una partecipazione corale all’evento, senza
che in nessuna parte del dipinto ci sia una scena prevalente.
Aniello, il cui pomposo epiteto di Oracolo delle battaglie fu coniato
dal Giordano, è poco noto per i suoi quadri non combattivi..., non solo
agli appassionati, ma anche agli stessi critici, che per anni hanno
ristretto la loro attenzione a questo genere da lui portato a grande
successo, con una bottega dove esercitavano i più affermati specialisti
del settore.
Il suo principale committente fu Gaspare Roomer, che gli ordinò
numerosissimi dipinti, ispirati all’Antico Testamento ed alla
Gerusalemme Liberata, molti dei quali esportati nelle Fiandre. Anche
altre famose famiglie nobili napoletane furono affezionate collezioniste
delle sue opere, come i Caracciolo, i Firrao e gli Spinelli di Tarsia,
che giunsero a possedere nelle loro quadrerie decine dei suoi dipinti.
La sua fertile produzione è stata solo in parte recuperata e della
stessa la critica non riesce con precisione a definire la cronologia,
essendo poche le tele firmate, partendo dalla Battaglia del Louvre (tav.
4) del 1631, che ci mette però in mostra un artista già maturo, con la
composizione portata su piani diversi e le figure ben definite e
caratterizzate, fino all’affresco dello Scontro tra Israeliti ed
Amaleciti (fig. 46), realizzato nella villa già Roomer di Barra.
tav. 4 - Battaglia Louvre
fig. 46 - Battaglia tra
Israeliti ed Amalachiti
E’ la produzione giovanile quella che ancora ci sfugge, ad eccezione di
pochi esempi, tra cui sono da segnalare Scontro fra armati con due
cavalli caduti (fig. 86), conservata a Salisbury nella collezione Wilton
House e la Battaglia degli Albigesi (tav. 5), di collezione privata
fiorentina, in cui in uno scontro tra Turchi e Cristiani, con sullo
sfondo la Certosa di San Martino e Castel Sant’Elmo, compare un santo,
che non è San Gennaro e che alcuni critici hanno identificato con San
Giovanni di Dio. La sua concezione della battaglia senza eroi, in cui la
mischia è la vera signora della scena, fu accolta unanimemente dagli
specialisti napoletani, che proseguirono questa impostazione fino al
pieno Settecento.
Una figura di battaglista, la cui opera in passato è stata confusa con
quella di Aniello Falcone e che si sta ora delineando con precisione, è
quella di Andrea Di Lione, una personalità alla cui rivalutazione lavora
alacremente da anni con pazienti ricerche archivistiche una giovane
studiosa napoletana, la dottoressa Notari, alla quale spetta il merito
di aver ristabilito con certezza, grazie al reperimento di un documento
notarile, la data di morte del Falcone.
fig. 86 - Scontro fra armati
tav. 5 - Battaglia degli
Albigesi
Con Aniello Falcone la pittura di battaglia si liberò da fini
commemorativi e da moduli tardo cinquecenteschi per assurgere a genere
richiesto dalla nobiltà quanto dalla borghesia.
Egli fece tesoro delle esperienze degli artisti manieristi che avevano
in precedenza trattato il tema, come il Cavalier d’Arpino ed il Corenzio,
del quale splendidi esempi si conservano nel Palazzo Reale, come
l’affresco raffigurante la Battaglia contro i Mori di Granada (tav. 6).
Risalì poi fino alle superbe prove di Leonardo da Vinci, approfondito in
molti disegni e di altri pittori del glorioso Rinascimento, dei quali
ammirò gli ideali di equilibrio e temperata classicità, senza trascurare
gli esempi dell’antica scultura romana, come i sarcofagi, che spesso
vediamo riprodotti in alcune tele con minuziosa precisione. Egli era
sicuramente a conoscenza anche delle opere di artisti fiamminghi ed
olandesi, forse studiati a Roma, i quali già da tempo avevano portato a
lusinghiera affermazione il genere. Nelle sue tele seppe però immettere
un prorompente dinamismo, colmo di emozioni, coniugato ad una stretta
osservanza del realismo caravaggesco, arricchito da sapienti tocchi
luministici e contrasti cromatici.
tav. 6 - B. Corenzio, Battaglia contro i Mori
Egli accoglie in un primo momento il verbo del Merisi come un semplice
nesso narrativo, poi, lentamente, comincia ad avvalersene per
caratterizzare, graficamente, più che cromaticamente il particolare ed
esaltarlo in effetti di controluce. Infine, accogliendo il messaggio
pittoricistico, che dopo il 1635, sostituisce la declinazione
caravaggesca, impreziosisce la tavolozza, facendo splendere i dettagli:
dai fiocchi variopinti dei copricapo ai nastri azzurri delle tracolle,
ai fasci di luce argentea che moltiplicano il bagliore luminescente
delle corazze, il tutto tra i fumi del caratteristico polverone, che
spezza i primi piani dalle scene in lontananza.
Il valore attribuito alla luce differenzia le sue battaglie dalle
centinaia di imitazioni, che per oltre un secolo furono prodotte da una
scuola numerosa e prolifica, per la delizia dei collezionisti e la
dannazione degli storici dell’arte, costretti a districarsi in un
groviglio di opere, privi di una bussola sicura, che possa permettere,
con ragionevole certezza, le attribuzioni.
Il percorso cronologico del Falcone “oracolo” è stato delineato con
autorità dal Sestieri, autore di una monumentale monografia sui pittori
di battaglia, italiani e stranieri del XVII e XVIII secolo, e
principalmente alla sua ricostruzione ci atterremo nell’illustrare i 40
- 50 dipinti, sicuramente autografi, che fino ad oggi sono stati
reperiti, a fronte di una produzione sicuramente molto più ampia, come
riferito dalle fonti, che ci informano che i Ferrante Spinelli
possedevano oltre cinquanta suoi quadri, mentre Gaspare Roomer inviava
decine di sue tele nelle Fiandre.
La splendida Battaglia del Louvre (tav. 4), firmata e datata 1631,
nonostante la cronologia così alta, sicuramente è stata preceduta da
altre prove, perché mette in mostra un artista già padrone di mezzi
espressivi notevoli, che sa inquadrare il combattimento tra Turchi e
Cristiani in una complessa ed aggrovigliata composizione, collocata su
piani diversi e con le figure ben definite e caratterizzate.
tav. 4 - Battaglia Louvre
fig. 86 - Scontro fra
armati
Una tela sicuramente precedente è Lo scontro di armati con i cavalli
caduti (fig. 86), conservato in Inghilterra a Salisbury, in collezione
Wilton House, già attribuito a Gerard Ter Boch, identificato come
Falcone e reso noto da Leone de Castris, vicino cronologicamente al
Saccheggio di un borgo, firmato e datato 1630, dei depositi di San
Martino, più vibrante nel dinamismo ed articolato nella scenografia. La
tela inglese in primo piano presenta una zoomata su due soldati con
ingombranti armature, che si affrontano con le spade sguainate mentre,
poco arretrati, in negativo, altri due armigeri si scambiano potenti
fendenti. I cavalli sono azzoppati e la lotta si è trasferita in
accaniti corpo a corpo, tra spari ed una selva di lance, che si avvicina
minacciosa all’epicentro della pugna.
Più che una battaglia vera e propria l’episodio descritto è una
scaramuccia, forse, come proposto dalla Alabiso, uno degli scontri
descritti nella Gerusalemme Liberata del Tasso,
La tela presenta palpabili affinità con l’opera del belga Michael
Sweerts, attivo a Roma nell’ambito dei Bamboccianti e del caposcuola
della corrente Pieter van Laer, il quale nel terzo decennio fu
l’artefice di un movimento, definito da Longhi “caravaggismo a passo
ridotto”, che attraverso il Falcone giunse a Napoli e caratterizzò
l’esordio di alcuni artisti, tra i quali lo stesso Bernardo Cavallino,
che si espresse in alcuni esempi di pittura “in piccolo”.
Sicuramente coevo è l’Esercito di fucilieri all’attacco di un ponte
(fig. 27 - tav. 7), esitato in un’asta Sotheby’s a Londra nel 1987, al
quale va collegato uno studio, firmato, di un Uomo con cappellone (fig.
26), anche esso transitato sul mercato londinese nel 1979 ed altri fogli
a sanguigna, conservati nella Biblioteca Nazionale di Madrid,
raffiguranti gruppi di soldati.
La composizione è incentrata su una diagonale costituita dal ponte che
scende da sinistra verso destra, avvolgendo le figure dei soldati
delineate con fresca e realistica incisività, un pregio acquisito
dall’artista a Roma con i fecondi contatti instaurati con i Bamboccianti
e con quella corrente pittorica, molto attiva nel II e III decennio,
definita dal Longhi caravaggismo a passo ridotto.
fig. 27 - Fucilieri all’assalto di un ponte
tav. 7 - Fucilieri all’attacco di un ponte
La tela, al ritmo incalzante di due tamburi, trasferisce all’osservatore
l’emozione dell’episodio, descritto con una presa diretta dal vivo che
evoca la forza rappresentativa di un Velazquez.
Altre tele, precedenti quella del Louvre possono considerarsi
l’Imboscata del museo Rolin di Antun e la concitata Battaglia tra
milizie europee e turche con un cannone al centro (fig. 87), venduto
all’asta Finarte di Milano nel dicembre 1968. Il primo dipinto è in
coppia con un Martirio di San Sebastiano, che richiama i modi del
Coppola, mentre il secondo presenta una serie di dettagli che entreranno
costantemente nel repertorio falconiano, dal caratteristico cannone
posto al centro della composizione, al polverone, davanti e dietro ai
combattenti, al guerriero caduto in primo piano, alla selva di lance ed
infine lo scorcio paesaggistico di fondo con la viva roccia tufacea
presente in tanti disegni ed in molti altri dipinti. Colpisce la
presenza in primo piano di numerosi soldati a torso nudo di vago sapore
accademico, mentre un repertorio di soluzioni figurative così ampio ha
fatto ipotizzare un assemblaggio di motivi ispirativi collaudati e
riproposti.
fig. 87 - Battaglia concitata
tav. 5 - Battaglia
degli Albigesi
Giovanile è senza dubbio anche l’interessante Battaglia degli Albigesi
(tav. 5), in collezione privata fiorentina, già descritta in precedenza
e nella quale, oltre a cavalieri in corazza e fanti e la suddivisione su
vari piani dello svolgersi degli scontri, compare, su di una collinetta
a destra, una batteria di cannoni e sullo sfondo un dettaglio urbano,
nel quale si riconoscono chiaramente Castel Sant’Elmo e la Certosa di
San Martino. A completare la scena, posto tra le nuvole, un Santo, che
cerca di influenzare le sorti del combattimento. Un Santo rappresentato
su specifica richiesta del committente, probabilmente un ordine
religioso, sicuramente non San Gennaro, come potrebbe far pensare
l’ambientazione napoletana, forse San Giovanni di Dio.
Negli ultimi anni sono stati rintracciati sul mercato numerosi dipinti
di vari battaglisti con monumenti napoletani sullo sfondo, segno di una
moda tra i collezionisti e, per le misure simili, forse di una serie
dispersa negli anni.
A quelli pubblicati dal Sestieri aggiungiamo una tela inedita, siglata
sulla groppa di un cavallo, di Carlo Coppola, presente presso un
antiquario napoletano, di altissima qualità e con le stimmate
patognomoniche falconiane, dal destriero bianco rampante al guerriero
morto in primo piano, a tal punto da far credere ad un dipinto del
maestro.
Gli altri dipinti sono una Battaglia con comandanti e cannoni in primo
piano (tav. 8), siglato con il monogramma”RS” intrecciato sia sul
cavallo in primo piano a sinistra che su uno bianco nello sfondo a
destra, in pendant con una Battaglia tra cavalieri cristiani e turchi
con la Certosa di San Martino e Castel Sant’Elmo sullo sfondo (tav. 9),
attribuibile alla bottega del Falcone, entrambi in collezione privata
napoletana, mentre un ulteriore dipinto (tav. 10) di eguale soggetto,
siglato T, in collezione Mazzeo a Napoli è assegnabile al Trombadore
tav. 8 - Salvator Rosa, Battaglia con cannoni in primo piano
tav. 9 - Atelier falconiano, Battaglia con monumenti sullo sfondo
tav. 10 - Trombadore, Battaglia con monumenti sullo sfondo
Nella prima tela in passato, con intenti falsari, erano stati ricoperti
i due monogrammi, riemersi in un recente restauro. La composizione,
nella parte centrale raffigurante il gruppo dei cavalieri con il
comandante (tav. 11), richiama un dettaglio di uno dei capolavori del
Falcone, conservato in collezione Catello e mostrano al lavoro un
Salvator Rosa giovinetto, ma che già cerca di distinguersi nella bottega
del maestro. La seconda tela, palpabilmente di mano diversa, fu girata
da Aniello al suo atelier e fu eseguita da un artista ancora da
identificare. Ed inoltre, opera del Di Lione, segnaliamo, con la stessa
iconografia, un Combattimento tra Turchi e Cristiani con sfondo urbano
sulla destra (tav. 12), di raccolta privata. Questa tela ci permette
inoltre di evidenziare delle differenze, sempre impercettibili e
difficili da ricercare, anche per l’occhio più esperto, tra i modi
falconiani e quelli del suo brillante allievo, che, influenzato dal
Castiglione intorno alla metà degli anni Trenta, “è caratterizzato da un
disegno più risentito ed incisivo, con cui le figure sono delineate con
contorni spesso in controluce, entro i quali si inseriscono l’accurato
descrittivismo degli abbigliamenti ed un brillante cromatismo di stretta
derivazione grechettiana” (Sestieri).
tavv. 11 e 12 - Dettaglio Battaglia Catello -e- Di Lione,
Battaglia con monumento sulla destra
All’inizio del quarto decennio va collocato lo Scontro tra Turchi e
Cristiani dinanzi ad un arco (fig. 88), che presenta al centro della
composizione un comandante a cavallo con una corazza lucente ed un
cappellaccio fuori ordinanza, ripreso con una attenzione fisionomica
tale da indurre a credere che si tratti di un personaggio storico (fig.
89) che il tempo trascorso e l’episodio storico non eclatante, non ci
permettono più di identificare. E coeva a questa tela è da considerare
l’altra Battaglia tra Turchi e Cristiani (tav. 13), di forma tonda in
collezione privata milanese in cui ricompare il gruppo dei tre cavalieri
orientali, eseguito con gusto bambocciante ed un caduto in evidenza
sulla sinistra, assegnata dal Sestieri al Falcone, ma secondo noi più
probabilmente di mano del Coppola (patognomonico l’occhio del cavallo
sulla destra), che ci collega ad un quadro successivo: la Battaglia con
due caduti in primo piano (tav. 14), in collezione privata a Pistoia,
per la quale il Sestieri ha segnalato anche un disegno preparatorio per
un particolare. La composizione dà grande importanza al dettaglio dei
due combattenti delle opposte fazioni morti nella pugna, mentre l’azione
principale si svolge in lontananza alle falde di un monte maestoso, che
richiama la mole del Vesuvio. La scena cruenta sulla quale è attirato lo
sguardo dello spettatore tende a coinvolgere emotivamente chi osserva
nell’emozione dello scontro. Il cavaliere cristiano, elegantemente
vestito, disarcionato dal suo cavallo, è morto urlando la sua rabbia
contro il nemico, mentre il suo avversario, dal torso nudo e
sanguinante, ugualmente giace riverso al suolo, sognando beatamente il
“paradiso” degli islamici.
fig. 88 - Battaglia davanti ad un arco
fig. 89 e tav. 13 - Dettaglio del comandante - e - Battaglia con
caduto in primo piano
tav. 14 - Battaglia con caduti in primo piano
E passiamo a considerare la famosa Battaglia tra Ebrei ed Amaleciti
(tav. 15) del Museo di Capodimonte, generalmente collocata al 1635, la
quale illustra un episodio tratto dal Vecchio Testamento: il
combattimento furioso tra gli Ebrei ed i discendenti di Amalek.
La descrizione dell’episodio segue pedissequamente il racconto biblico:
Mosè vecchio e stanco, vedendo le sorti della pugna volgere al peggio,
sale sulla vetta di una montagna, posta sulla destra della composizione,
per invocare l’aiuto di Dio.
Egli dovrà tenere le mani alzate verso il cielo, aiutato dai fedeli Hur
ed Aronne, per invocare la protezione durante tutta la battaglia, in
cambio Giosuè, comandante delle truppe ebree, riceverà forza dalla
divinità per sconfiggere il nemico.
tav. 15 - Battaglia Capodimonte
fig. 46 - Battaglia tra
Israeliti ed Amalachiti
Lo stesso argomento, elaborato sulla tela, sarà trattato dal Falcone
come affresco (fig. 46), successivamente, nel 1647, nella Villa
Bisignano, già dimora di Gaspare Roomer, mecenate e mercante, tra i
maggiori committenti dell’artista.
Lo sguardo dell’osservatore è catturato dalla battaglia in primo piano e
non si avvede dell’episodio di Mosè, pur così importante per l’esito
dello scontro. L’artista, con consumata abilità, domina il groviglio di
corpi di uomini e cavalli, di lance e di scudi, che si intrecciano
furibondi, mentre il caratteristico polverone si alza ad oscurare lo
splendido scorcio di panorama, con un cielo che più azzurro non si può,
ritratto magistralmente e dal quale prenderanno ispirazione i suoi
allievi Gargiulo e Di Lione.
Per la rupe sulla quale è salito Mosè esiste un disegno preparatorio
(fig. 33), in collezione privata svizzera, utilizzato anche per
rappresentare la Solfatara di Pozzuoli in un altro celebre dipinto del
Falcone.
fig. 33 - Veduta della Solfatara
Interessante il brano di natura morta ai piedi dei combattenti, che
richiama il medesimo inserto posto in primo piano nel Riposo nella fuga
in Egitto del Duomo di Napoli e ci rammenta l’abilità del pittore anche
in questo genere, in accordo con quanto riferito dalle fonti.
La luminosità della scena viene riverberata dalla vivacità dei colori,
segno evidente di quella rivoluzione pittoricistica maturatasi a Napoli
intorno alla metà degli anni Trenta, dopo la venuta in città del
variopinto pennello di Artemisia Gentileschi.
Fu questa in esame una delle opere che spinsero il Saxl a coniare il
termine di battaglia senza eroe per i dipinti del Falcone; infatti tra i
personaggi in primo piano non si distinguono condottieri ed il
personaggio principale, Mosè, è relegato ai margini della composizione.
Una situazione che caratterizza anche il dipinto del Louvre (tav. 4),
con l’attacco in primo piano e sullo sfondo una miriade di episodi
minori. Tela famosissima, sulla cui data così alta, 1631, si è tanto
discusso fino alla definitiva conferma da parte del Rosemberg della sua
esattezza.
tav.
4 - Battaglia Louvre
Il quadro era nella collezione privata di Luigi XIV, attribuito ad un
certo Falconier, una francesizzazione del nome del nostro artista,
passato nel patrimonio museale ha avuto diverse attribuzioni dal
Gargiulo al Coppola, tesi sostenuta dall’Ortolani.
Dopo la definitiva assegnazione al Falcone nel 1947 grazie al Soria, il
Vitzthum, nel 1971, pubblica una sanguigna di potente espressività (fig.
28) conservata nella Kunsthalle di Brema, raffigurante un guerriero
urlante, senza avvedersi che il foglio è uno studio preparatorio del
soldato posto sotto le zampe del cavallo in primo piano, il quale, con
identica espressione, è presente anche nella parte inferiore (fig. 90)
della Battaglia di Capodimonte, alla pari di altre fisionomie e squarci
di roccia tufacea flegrea, che si ripeteranno pedissequamente in altre
tele ed entreranno a far parte del bagaglio culturale di allievi ed
imitatori.
figg. 28 e 90 - Ghigno urlante - e - Dettaglio Battaglia
Capodimonte
Collocabili cronologicamente in contiguità con il dipinto di Capodimonte
vi sono, entrambi di collezione privata, la Battaglia fra Cristiani e
Turchi (tav. 16) e la Battaglia con comparsa di un santo protettore
(tav. 17), il quale condivide la stessa parete tufacea sulla sinistra
con la Battaglia (fig. 91), comparso recentemente sul mercato
antiquariale; inoltre la piccola e guasta Scena di battaglia (tav. 18)
della Pinacoteca Pagliara di Napoli e la Battaglia con cavaliere in fuga
su cavallo bianco sulla sinistra (tav. 19), già Colnaghi, delle Gallerie
Canesso di Parigi.
tav. 16 - Battaglia fra Cristiani e Turchi
tav. 17 - Battaglia con santo protettore
fig. 91 - Battaglia
tav. 18 - Scena di battaglia
tav. 19 - Cavaliere in fuga
Di qualche anno successiva è la Battaglia di cavalieri spagnoli o dei
quattro cannoni (tav. 20) della collezione Catello di Napoli, nella
quale l’artista, più che allo svolgimento, dedica la sua attenzione ai
preparativi dello scontro, descrivendo puntigliosamente ogni dettaglio,
dall’allestimento dei barili pieni di polvere da sparo alle palle che
vengono portate verso i cannoni, ai cannoni stessi, maestosi, posti al
centro della composizione, sfarzosi, ”quasi barocchi” (Scavizzi),
definiti con cura del particolare e che incontreremo simili in altri
importanti dipinti successivi.
Il quadro ha un pendant, di minore vivacità cromatica, conservato nella
collezione Franz Mayer di Città del Messico ed inoltre sono ad esso
collegabili due studi preparatori, resi noti dal Soria, della Biblioteca
Nazionale di Madrid.
La minuzia descrittiva degli eleganti cavalieri spagnoli e delle
poderose groppe dei cavalli (tav. 11) evidenzia la predilezione del
Falcone verso il genere della natura morta, della quale vi è uno
splendido brano in primo piano: un sacco ripieno, che richiama a viva
voce il gemello della tela del Duomo di Napoli.
Il soldato che scruta severo l’osservatore fa pensare ad un
autoritratto, al quale fa eco il ritratto di vecchio in posizione
speculare e più arretrato.
tavv. 20 e 11 - Battaglia di cavalieri spagnoli - e - Dettaglio
Battaglia Catello
Non manca il patognomonico polverone alzato dai cavalli e dai
combattenti posti sullo sfondo della scena, dove la battaglia è già
cominciata.
Le battaglie eseguite negli anni successivi sono caratterizzate da
colori più chiari e da forme più levigate con un modellato elegante di
chiara ispirazione stanzionesca. Un dipinto esemplare di questo nuovo
modo di dipingere del Falcone è rappresentato dalla Scena di saccheggio
(foto copertina) del Museo Herbert F. Johnson di Ithaca (New York), una
rara battaglia navale che culmina con scene di razzia e di violenza con
un caduto in primo piano denudato e derubato, una donna rapita e
trascinata via, simile a quella che ritroviamo nell’affresco di San
Giorgio ed il drago (tav. 21), la quale richiama a viva voce le madri
disperate della Strage degli innocenti di Guido Reni conservata nella
Pinacoteca di Bologna, mentre l’esercito entra da lontano nella città
devastata dalle fiamme.
tav. 21 - San Giorgio e il drago
Nel campo delle battaglie navali ricordiamo il quadro (fig. 92)
conservato a Capodimonte, la cui paternità è stata messa in dubbio dal
Sestieri, più propenso a credere ad un prodotto dell’atelier, mentre nei
depositi dello stesso museo vi è anche Cavalieri spagnoli (fig. 93), una
piccola tela di più certa autografia.
fig. 92 - Battaglia davanti ad un golfo con navi alla rada
fig. 93 - Cavalieri spagnoli
Del 1646 è Il re Gustavo Adolfo di Svezia alla battaglia di Lutzen (fig.
94), di collezione privata milanese, pubblicato dal De Vito e molto
simile allo Scontro di cavalieri all’arma bianca (fig. 95) conservato
alla Bayer Staatsgemäldesammlungen di Schleissheim (Monaco di Baviera).
Questi dipinti sono una galleria di stati d’animo e di espressioni: ”è
un mondo di guerrieri e cavalli, spade e scudi, elmi e turbanti. Lo
scopo della pittura falconiana è quello di rappresentare il corpo umano
e quello dei cavalli in azione, evidenziare aspetti violenti della vita
ed insieme l’agonia e la morte di uomini e cavalli contorti nella
sconfitta. Egli dedica particolare attenzione alla distorsione dei
muscoli della faccia causati dal terrore, dalla rabbia e dal terrore e
studia la faccia dell’aggressore che spara al proprio nemico” (Saxl).
Entrambe le composizioni sono caratterizzate da una cura meticolosa
nella definizione delle fisionomie dei protagonisti principali della
pugna e dall’elegante cavallo bianco impennato in primo piano, presente
anche nella Battaglia di fanti e cavalieri (fig. 96) della Pinacoteca
Tosio Martinengo di Brescia. A questo ultimo dipinto sono collegabili,
per evidenti analogie, le due piccole Battaglie romane su rame
conservate nel Museo di San Marino, delle quali mostriamo le copie
(figg. 97 - 98) conservate nei Musei Civici di Padova.
fig. 94 - Battaglia di Lutzen
fig. 95 - Scontro all’arma
bianca
fig. 97 - Battaglia romana
fig. 98 - Battaglia romana
Sul finire del quinto decennio Falcone della battaglia cura più la
preparazione che lo svolgimento, dedicando la massima attenzione alla
definizione dei dettagli, “non più scontri, scene di dolore e di morte
in primo piano con altre non meno violente in lontananza”, come si
evince chiaramente nella celebre Battaglia di cavallerie con
trombettiere al centro (fig. 99) conservata nel Museo di Stoccolma, dove
il conflitto principale viene collocato in lontananza sulla sommità di
un promontorio, mentre ”la vera anima del quadro è nelle figure dei
cavalieri che occupano la parte centrale in primo piano con le loro
forme statiche, monumentali, scultoree e le rocce che campeggiano nel
centro raccogliendo la luce della sera” (Scavizzi); “domina la tensione
morale e psicologica per un evento in cui non si è ancora partecipato,
ma che sta per coinvolgerci, il quale blocca l’espressione dei volti e
raggela l’azione” (De Vito). Uno spirito che si respira anche nella
Battaglia con trombettiere su cavallo bianco pezzato al centro (fig.
100), già in collezione Matarazzo di Licosa a Napoli, da qualche
studioso avvicinata ipoteticamente anche al Di Lione, ma certamente
autografa del Falcone. Anche Sansone che sconfigge i Filistei (tav. 22),
siglato, di collezione privata inglese, condivide lo stesso gusto
espositivo distaccato, con l’eroe biblico quasi riassorbito dalle figure
in secondo piano, mentre fasi cruente dello scontro trovano posto in
lontananza sul crinale di una collina.
fig. 99 - Battaglia con trombettiere
fig. 100 - Battaglia ex Matarazzo
Il culmine dei preparativi lo apprezziamo nell’importante dipinto, già
in collezione Dall’Ora di Roma, raffigurante Il cardinale Mazzarino
passa in rassegna le truppe prima della battaglia (fig. 101), pubblicato
dal De Vito e ritenuto dal Sestieri copia di un originale perduto;
l’importante quadro è collegabile con quello descritto nell’inventario
stilato nel 1844 del Principe di Avellino, uno dei principali
committenti del pittore.
Anche le due piccole tavole di collezione privata fiorentina Battaglia
davanti ad un ponte (tav. 23) e Battaglia davanti ad un castello (tav.
24) possono essere incluse in questo momento della produzione del
Falcone.
fig. 101 - Cardinale Mazzarino
tavv. 23 e 24 - Battaglia dinanzi ad un ponte - e - Battaglia dinanzi ad
un castello
L’atelier
e la maniera
La
produzione della bottega del Falcone fu molto ampia, come pure il suo
modo di rappresentare la battaglia ebbe numerosi imitatori. In questo
breve paragrafo vogliamo segnalare alcuni tra i numerosi esemplari che
circolano sul mercato antiquariale, spesso spacciati come autografi del
maestro.
Cominciamo da tre celebri dipinti, già pubblicati dal Saxl ed oggi
accostati da una parte della critica alla produzione di Andrea Di Lione.
Essi sono le due Battaglie (figg. 102 - 103) della Burghausen Gallery e
l’Esercito davanti ad una fortezza (fig. 104) della collezione Haussmann
di Berlino.
Segnaliamo poi, ai limiti dell’autografia, una Battaglia tra Cristiani e
Turchi (tav.25) di collezione privata.
tav. 25 - Battaglia tra Cristiani e Turchi
Sicuramente di bottega ed entrambi in precario stato di conservazione
sono le due Battaglie, la prima (fig. 105) a Milano in collezione
Agalbato, la seconda (fig. 106) nel Museo dell’Abbazia di Cava de’
Tirreni.
Da collocare all’ambito di Falcone o di Andrea Di Lione sono poi la
Battaglia davanti ad un’insenatura marina (fig. 107) ed i Preparativi
per imbarco su una flotta (fig. 108) ed inoltre Battaglia con cannoni
sulla destra (fig. 109) e Battaglia con cannoni in primo piano (fig.
110), tutti quadri in collezione privata.
Ed infine, conservati nell’accademia Carrara di Bergamo, solo e soltanto
di maniera, un Caracollo di cavalieri (fig. 111) ed una Scaramuccia di
cavallerie (fig. 112).
fig. 112 - Scaramuccia di cavallerie
fig. 111 - Caracollo di
cavalier
fig. 110 - Battaglia con cannoni in primo piano
fig. 109 - Battaglia con
cannoni sulla destra
fig. 108 - Preparativi per imbarco
fig. 107 - Battaglia davanti ad un’insenatura
fig. 106 - Battaglia
fig. 105 - Battaglia
fig. 104 - Esercito davanti ad una fortezza
fig. 103 - Battaglia
fig. 102 - Battaglia
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