Cap.50
Guappi e malafemmene
Quando si parla di “sceneggiata” si pensa a Napoli, mentre il teatro
dei Pupi ci porta diritto in Sicilia. Invece anche questo tipo di
rappresentazione popolare è nata a Napoli quando, durante gli anni
del Viceregno, i “Titeros” castigliani trasferiscono all’ombra del
Vesuvio un formulario ricavato dalle gesta eroiche di cavalieri in
lucenti armature, impegnati in cruente sfide a colpi di fendenti.
Mal sul finire dell’Ottocento le turbolente vicende ricavate dall’
Orlando il Furioso e dalla Gerusalemme Liberata cominciarono
lentamente ad essere soppiantate da storie ambientate nel mondo
della camorra ed i Pupi dismisero armature e spadoni per vestire gli
abiti eleganti del “Masto”, il capo quartiere che dirime le
questioni del guappo, abile con il coltello e sboccato nel
linguaggio o della donna contesa, dalle forme esuberanti, causa di
sfide tra pretendenti, che si concludono costantemente con un
accoltellamento e copioso versamento di sangue, ottenuto da
interiora di pollo, gettate al momento opportuno sul palcoscenico,
mentre il pubblico esaltato grida “muori omme e merda” e reclam il
bis.
Questo ulteriore primato napoletano sarebbe rimasto disconosciuto
senza il paziente lavoro di Alberto Baldi, docente di Antropologia
culturale alla Federico II, il quale con un certosino lavoro di
ricerca ha recuperato in polverose soffitte un materiale
documentario dimenticato e condannato alla dispersione.
Tutto andrà irrimediabilmente perduto se non viene reso pubblico ma,
soprattutto, è importante che una lodevole iniziativa
dell’amministrazione provinciale, di creare una piccola struttura
museale di alcune stanze del convento di Santa Maria La Nova, possa
trovare i modesti fondi per aprirsi alla pubblica fruizione creando
così anche un’intrigante attrazione per i turisti.
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Pupi
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