Cap.25
Feste popolari e tradizioni secolari
Di alcune feste conosciute a livello internazionale come la
Piedigrotta o il Pellegrinaggio alla Madonna dell’Arco, il Carnevale
o le Quarantore, abbiamo dedicato una specifica trattazione, per cui
questo capitolo è dedicato a celebrazioni meno note, anche se molte
ancora vivamente sentite dalla popolazione.
Le espressioni più antiche del folklore napoletano sono e restano le
feste tradizionali, collegate ad un evento religioso, ma le cui
radici si perdono spesso nella notte dei tempi in riti di matrice
pagana. Durante il periodo borbonico la vocazione festaiola del
popolo ebbe momenti di pura esaltazione grazie alla politica
perseguita dai sovrani riassunta nelle famose tre effe: feste,
farina e forca.
Il carattere pregnante di ogni festa napoletana, oltre al puro
divertimento è l’occasione di dimenticare le preoccupazioni
quotidiane ed illudersi di un domani migliore.
Il calendario dei festeggiamenti è quanto mai ampio ed articolato e
comincia col mese di gennaio per raggiungere l’acme in primavera ed
in estate. Talune feste interessano prevalentemente dei quartieri,
mentre altre sono particolarmente sentite in provincia.
La prima ricorrenza si celebra il 17 gennaio in onore di S. Antonio
Abate con la benedizione dei cavalli condotti colmi di fiori e con
un collare di ciambelle fuori dalla chiesa dedicata al santo, ma
l’aspetto più eccitante della festa è costituito dai famigerati
cippi, i falò allestiti per le strade dai popolani che si liberano
di mobili vecchi, dando loro fuoco con l’illusione di liberarsi del
male.
Ricordo da bambino, quando abitavo a Salvator Rosa, in un cortile
dove si affacciavano alcune finestre di casa mia dalle finestre e
dai balconi, come invasati, tutti gettavano oggetti di legno, quindi
le fiamme duravano alcune ore giungendo fino al secondo piano dei
palazzi, uno spettacolo da far invidia ai selvaggi, che mi
spaventava moltissimo e terrorizzava i benpensanti.
Un’altra tradizionale festa marinara, anche essa scomparsa e da
molto più tempo era quella di San Giovanni a mare, che vedeva nella
notte tra il 23 ed il 24 giugno (festività di San Giovanni) gruppi
di napoletani, uomini e donne, completamente nudi, cantare e danzare
davanti alle acque antistanti l’antica chiesa eponima, prima di
immergersi nei flutti, non prima di essersi scatenati in riti
copulatori.
La festa ha un’origine che si perde nella notte dei tempi, anche se
le prime testimonianze risalgono al Quattrocento, durante il dominio
della dinastia aragonese. Essa ripeteva remote festività solstiziali
e presentava aspetti esoterici e magici, dalla rugiada che si
cercava di prelevare da alcune erbe ritenute magiche, dalla quale si
approntavano filtri d’amore, alla interpretazione che le fanciulle
napoletane cercavano di ricavare dalla lettura nella disposizione
delle foglioline della piantina d’orzo, ricavandone presagi sul
futuro marito.
Futuro che si cercava di ricavare anche dal rituale di squagliare il
piombo nell’acqua, una divinazione conosciuta come molibdomanzia,
che occupa un capitolo significativo nell’esoterismo partenopeo.
Sempre nel mese di giugno si celebra a Nola la domenica successiva
al 22 giugno la famosissima festa dei gigli, manifestazione
presentata, anche se in tono minore, in altri centri della Campania
quali Barra, Portici e San Giovanni.
La ricorrenza intende ricordare il ritorno del vescovo Paolino
dall’Africa, dove era stato a lungo prigioniero dei Vandali, quando
fu accolto da una copiosa offerta di gigli.
Dopo la sua morte ogni anno otto corporazioni locali cominciarono a
gareggiare tra loro, costruendo delle torri altissime rappresentanti
i gigli che furono offerti al vescovo.
Queste macchine di legno e cartapesta a volte arrivano a sfiorare i
trenta metri di altezza e sono portate a spalle da paranze di
portatori forzuti, percorrendo le strade del paese fino a
raggiungere la piazza principale, dove si eseguono poi una serie di
danze caratteristiche.
Fino al 1953(edizione che fu funestata da un grave incidente)
l’ultima domenica di agosto era la data di una curiosa quanto
divertente manifestazione detta la ‘Nzegna, una festa marinaresca
collegata alle celebrazioni in onore della Madonna della Catena, che
si svolgevano nell’omonima chiesa a Santa Lucia, da dove si formava
un pittoresco corteo composto da un popolano travestito da
Ferdinando II, mentre un altro assumeva le vesti del pazzariello e
da uno sciame di scugnizzi. L’allegra combriccola, dopo aver
attraversato la strada si portavano davanti allo specchio di mare
davanti Castel dell’Ovo e si trasferiva su piccole imbarcazioni.
Chiunque si fosse trovato a passare da quelle parti veniva gettato a
mare per poi essere ripescato dagli astanti.
In passato la festa era celebrata da marinai e pescatori con grande
solennità e numerosissimi erano i tipi soggetti, che venivano
scaraventati a mare, per essere subito dopo ripescati.
I luciani, gli indigeni di S. Lucia, avevano come distintivo un
berretto rosso e fornivano eccellenti marinai alla flotta borbonica
e poderosi rematori per la lancia reale, oltre ad essere tra i
migliori sommozzatori del Mediterraneo.
Il giorno della ‘Nzegna essi indossavano l’abito nuovo costituito da
una camicia di lana bianca ed un paio di brache di fustagno ed erano
molto orgogliosi che alla festa assistesse il re in persona,
Ferdinando I, detto il re lazzarone, il quale si divertiva
moltissimo nel beffeggiare i malcapitati che venivano gettati in
mare.
Essi continuarono ad essere fedeli alla casa regnante, costituendo
la guardia del corpo anche di Ferdinando II, e dopo il 1860
manifestarono il loro legittimismo con una mascherata annuale il 15
luglio, nella quale vestivano un vecchio da Ferdinando I ed una
popolana da Maria Carolina e poi con una carrozza di gala, seguita
da cortigiani posticci e da finti generali, riproducevano il corteo
regale tra lazzi e schiamazzi.
Nella notte del 15 luglio si svolge un’altra celebre festa:
l’incendio del campanile del Carmine, uno spettacolo entusiasmante
perché fiamme e fuochi d’artificio coprono completamente i 75 metri
della struttura architettonica. L’evento si svolge ininterrottamente
dal 1647 a rammentare la rivolta di Masaniello, che ebbe in piazza
Mercato uno degli epicentri più cruenti, anche se una veste
religiosa ha contaminato l’evento. Durante gli anni del potere
borbonico i sovrani offrivano una cifra cospicua per acquistare la
polvere da sparo, mentre ora la festa si svolge unicamente con fondi
raccolti dai fedeli.
La festa di Montevergine è una delle più sentite dalla popolazione
campana e copre un arco temporale di una settimana dal 1° all’8
settembre. Si vuole onorare la Madonna di Montevergine arroccata nel
santuario sul monte Partenio e familiarmente chiamata Mamma
schiavona.
In passato si ascendeva verso il luogo sacro a piedi o su carri
sfarzosamente decorati con i cavalli impennacchiati, oggi si
raggiunge la vetta più comodamente a bordo di macchinone scoperte
addobbate con fiori e nastri colorati. Si portano alla Vergine ex
voto, ciocche di capelli ed abiti da sposa, mentre al centro della
basilica si svolge uno spettacolo agghiacciante con una donna in
preda alla spasmodica agitazione di una tarantolata, mentre le
prefiche intonano lugubri lamenti alternati ad invocazioni. Il
pubblico assiste partecipando emotivamente all’evento, piangendo,
agitandosi, pregando scompostamente, nel tentativo di liberarsi di
un tormento nascosto.
A metà settembre un’altra celebre festa, molto sentita dalla
cittadinanza, è quella del Monacone, in ricordo di san Vincenzo
Ferrer, che si svolge nel quartiere della Sanità e che in passato
prevedeva una lunga processione, mentre negli ultimi decenni si è
trasformata in una sagra canora finanziata dai boss della camorra. A
questa festa furono molto legati Totò, nativo del quartiere ed il
comandante Achille Lauro, il quale negli anni del suo regno la
riportò alle glorie del passato.
Sempre in settembre si svolge il 19 la festa di San Gennaro, in
occasione di una delle stupefacenti liquefazioni del sangue del
patrono. Via Duomo viene per l’occasione invasa da artistiche
luminarie e bancarelle, mentre i venditori ambulanti si inseguono
con le loro voci che reclamizzano la mercanzia. Nel frattempo le
cosi dette Elette di San Gennaro, più note come le parenti del santo
si abbandonano ad epiteti ed imprecazioni, apostrofando l’austero
vescovo con espressioni come: ”faccia ‘ngialluta fa o miracolo”.
Queste assatanate donne del popolo nella loro genuina ignoranza
ritengono, e con loro tanti napoletani, che un eventuale ritardo
nella liquefazione comporti l’avverarsi di eventi calamitosi per la
città.
La prima domenica di maggio, quando avviene un’altra delle
periodiche liquefazioni dei grumi posti in una teca gelosamente
conservata nella Cappella del Tesoro, si svolge una processione
presieduta dal cardinale che, partendo dal duomo, percorre il
decumano per giungere alla basilica di S. Chiara. Il corteo espone
gran parte dei busti argentei raffiguranti i numerosi patroni della
città, capolavori di arte ed espressione di fede. La folla si snoda
commossa e rappresenta uno spettacolo dal fascino irresistibile
filmato ogni anno dalle televisioni di mezzo mondo.
Il busto di San Gennaro viene accolto da applausi e preghiere,
mentre un tempo dai balconi pendevano drappi di seta e coperte di
raso, oltre a preziosi damaschi stesi da gente pietosa che ha la
fede impressa nel suo dna e vive e muore senza mai dubitare del
potere taumaturgico del venerato patrono. Nella moltitudine, tra
fedeli e curiosi, sono presenti tutte le classi sociali, mentre dai
balconi piovono petali di fiori e si vedono vecchiette incurvate
dagli anni e dagli acciacchi farsi il segno della croce ed inviare
un bacio.
Lo spettacolo è grandioso, un mix potente di folklore e religiosità,
nel quale sono implicati più fattori, dal compiacimento per la
coreografia ad una fede vissuta con spontaneità. La stragrande
maggioranza dei partecipanti partecipa alla processione per favorire
il miracolo e per riconciliarsi con Dio. E sono scene di sgomento se
san Gennaro ci mette più tempo del dovuto nel fare il suo dovere…
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Ritorno dalla festa di Montevergine a San Giovanni a Teduccio
La festa della 'nzegna (ultima edizione del 1953)
Cippo di Sant'Antonio
Festa dei gigli di Nola
Festa dei gigli di Nola
Incendio del campanile del Carmine
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