Cap. 24
Grandi tribunali per una giustizia negata
Oggi i tribunali si interessano ad argomenti erotici (vedi caso Ruby
ed affini), una volta, almeno quelli dell’Inquisizione, si
interessavano agli eretici e non faceva eccezione Napoli, anche se
spesso si blatera che la città non ha conosciuto mai questa assurda
giurisdizione.
Tale affermazione si basa sulla circostanza che nel 1547 i
napoletani si ribellarono con violenza al tentativo di don Pedro di
Toledo di introdurre l’Inquisizione spagnola. Un editto resosi
necessario per il diffondersi delle dottrine valdesiane e per i
tentativi di arginare alcuni episodi di intolleranza, durante i
quali erano stati bruciati molti libri e chiuse tutte le Accademie.
I tumulti scoppiati per evitare l’introduzione di tribunali
ecclesiastici secondo il “costume di Spagna” videro in armi oltre
50.000 persone e 300 morti nei disordini, ma nel mese di agosto
dello stesso anno l’imperatore annullò il provvedimento e promulgò
un’amnistia generale nei riguardi dei ribelli.
A Napoli vi è stata costantemente la presenza di due diverse
Inquisizioni, una vera anomalia del Sant’Ufficio, per cui Roma non
aveva il completo controllo territoriale ed il Tribunale
arcivescovile godeva di un’autonomia senza eguali.
Un potere della Chiesa napoletana molto forte ed autonomo da
spingere nel 1596 il cardinale Alfonso Gesualdo a chiedere
l’abolizione del Tribunale delegato nel vice regno, in poche parole
far scomparire la struttura locale della Congregazione romana.
Da poco la cupa atmosfera di giudizi sommari, di eretici torturati e
condannati al rogo si può rivivere visitando l’antica sala
dell’Inquisizione, sita nei locali del convento annesso alla chiesa
di San Domenico Maggiore, restituita alla fruizione pubblica dopo
secoli di oblio. Ad essa si accede da un infrequentabile vicoletto,
disseminato di siringhe di drogati e maleodorante per un piscio
ubiquitario, che collega via San Sebastiano con piazza San Pietro a
Maiella.
Per secoli a partire dal 1231 tra quelle mura sorde e grigie si è
riunito il Tribunale dell’Inquisizione, sono passati migliaia di
eretici tra i quali anche Giovan Battista Della Porta e Giordano
Bruno. La sentenza, se non si abiurava, era già segnata, ancor prima
della discussione ed i metodi adoperati per ottenere la confessione
facevano impallidire i futuri lager tristemente attivi nel
Novecento.
A pochi passi dalla cella di San Tommaso d’Aquino, rimasta
inalterata ed ammonitrice, pregna di serena beatitudine e di severe
meditazioni e dalla grande sala Capitolare, a lungo adoperata come
aula della Corte d’Assise, dove fino a pochi decenni orsono si sono
svolti processi leggendari davanti ad una folla plaudente ed
eccitata e dove sembra ancora di poter ascoltare le memorabili
arringhe dei più celebri principi del foro da Leone e De Marsico, a
Carnelutti.
Fu papa Gregorio IX ad istituire la spietata sezione del Tribunale
dell’Inquisizione nella quale sono transitate circa 12000 persone
dalle streghe, mandate in massa senza troppi complimenti al rogo, ai
rari(allora) omosessuali, tra cui le cronache ci rammentano i nomi
di Taddeo Imparato e Alessandro De Ayllar, alle grandi personalità
della cultura accusate di eresia.
Le carte processuali, pervicacemente rintracciate dagli storici, ci
permettano di conoscere le fasi del procedimento intentato nel 1574
contro il Della Porta, inquisito per i suoi studi di scienze
naturali. Egli si salvò abiurando e trasferendosi a Roma, mentre
Giordano Bruno, che pure in quel convento era entrato bambino per
studiare ed avvicinarsi a Dio, subì le prime accuse ed il processo,
conclusosi a Roma, che lo condusse a morire arso tra le fiamme di
Campo dei fiori.
Non solo eretici venivano processati e condannati, ma anche
appartenenti al clero, soprattutto per peccati legati alla
fornicazione ed alla concupiscenza.
Spesso i religiosi sfruttavano la confessione come bieco sistema per
abbindolare candide fanciulle e convincerle a soggiacere alle loro
brame.
Nel 1599 si svolse un processo paradigmatico dell’abuso del
sacramento per approfittare dell’ingenuità delle penitenti. Esso
riguardò un parroco di Pollena Trocchia accusato non solo di aver
approfittato delle grazie di numerose fanciulle vergini, indotte ad
immolare l’integrità dell’imene a redenzione dei propri peccati
veniali, ma anche di girare armato alla stregua di un boss
camorristico.
Ai primi del Seicento risale un altro singolare processo conclusosi
con una severa condanna nei riguardi di un frate teatino, che
praticava un originale esorcismo efficace solo se praticato sulle
parti intime femminili.
E concludiamo con una condanna al carcere a vita inflitta a suor
Alfonsina per simulazione di santità; processo durato oltre dieci
anni, con una tappa intermedia del giudizio a Roma presso la
Congregazione del Sant’Ufficio ed una volta ritornato a Napoli,
nonostante la strenua difesa delle religiosa che, per quanto
analfabeta, si difese mettendo in mostra una profonda conoscenza
della teologia, conclusosi con una sentenza di colpevolezza.
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Il nuovo tribunale ed il carcere di Poggioreale
L'ex Sala Capitolare del convento di San Domenico Maggiore
Francisco Goya-Il Tribunale dell'Inquisizione (Madrid, Accademia di
San Fernando)
Carlo Coppola (attribuito)-Il Tribunale della Vicaria (Napoli, Museo
di San Martino)
Carlo Coppola (attribuito)-Il Tribunale della Vicaria, particolare
del corteo dei condannati
(Napoli, Museo di San Martino)
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