Cap.5
MONSÙ DESIDERIO ALIAS FRANÇOIS DE NOMÉ
Mentre da poco era passato da Napoli, Caravaggio il quale con le sue
straordinarie innovazioni giocate sul filo di luce e ombra e su una
resa della verità oggettiva puntuale ai limiti della crudeltà,
riuscì che al suo verbo prontamente si adeguassero generazioni di
artisti; come se nulla fosse accaduto, nella capitale vicereale,
operò per quindici anni un pittore, proveniente dal Nord Europa,
dalla fantasia irrefrenabile e dalla pennellata onirica, in grado di
precorrere di secoli lo sviluppo che l’arte avrebbe espresso nel
‘900.
A far conoscere al pubblico questo personaggio, poco noto agli
stessi specialisti, è un romanzo di Fausta Garavini: Le vite di
Monsù Desiderio, un’affascinante immersione tra arte, luci e tenebre
del promo Seicento tra Napoli e Roma. L’autrice è una francesista,
nota per le sue ricerche su Montaigne e sulla storia della cultura e
negli anni passati altri suoi romanzi hanno avuto riscontro
positivo da parte sia del pubblico che della critica.
Protagonista è il pittore, di origine lorenese, la cui identità è
stata a lungo avvolta nel mistero, come misteriosi nel significato
allegorico sono rimasti i suoi quadri, che scavalcano il tempo, per
porsi autorevolmente in un Pantheon ideale dell’arte fantastica a
fianco delle tele di Magritte, di Max Ernst, di De Chirico.
Dopo gli studi di Raffaello Causa, una monumentale monografia di
Maria Rosaria Nappi ha gettato ampi fasci di luce sulle opere e
l’attività di François de Nomé (come del suo connazionale Didier
Barra, specialista in spettacolari vedute a volo d’uccello).
Le sue sorprendenti creazioni sono pervase da atmosfere oniriche e
visionarie, popolate da eccentrici congegni mitologici, posizionati
tra grandiose architetture in rovina.
La sua vasta produzione colpì molto Andrè Breton, facendo così
ingresso in pompa magna nell’albero genealogico del surrealismo.
Ne viene fuori una biografia largamente e dichiaratamente «finta» in
quanto ad accertabili corrispondenze con il personaggio ispiratore,
ma riccamente rivelatrice di ambienti, pensieri e sensibilità di un
periodo decisivo per la definizione di orizzonti della modernità che
sono ancora i nostri. Sullo sfondo ci sono Galileo, Giordano Bruno
arso in Campo de’ Fiori, Tommaso Campanella prigioniero a Castel
dell’Ovo e a Castel Sant’Elmo di Napoli, e in diretta spunta
Gianbattista Della Porta. Nel complesso scenario reso vivido dal
racconto, i dipinti di de Nomé e dei suoi sodali funzionano da
traccia – con le immagini riprodotte lungo le pagine – per la
ricostruzione della tormentata coscienza dell’artista. François
appare curioso di antichità e di cultura, ingegnoso, sensibile,
sempre più incline alla più nera malinconia dei «nati sotto
Saturno», pienamente partecipe delle nuove prospettive che intorno a
lui suscitano speranze e smarrimenti, ribellioni e feroci condanne.
Dopo la lettura del romanzo non si resiste al desiderio di
consultare la splendida monografia dedicata al pittore dalla Nappi
ed ammirare una ad una le evanescenti creazioni di questo superbo
sognatore.
De Nomè-Costantino distrugge gli idoli (Napoli, Museo di
Capodimonte)
De Nomè-Gli Inferi (Besancon, Musée des Beaux Arts)
De Nomè e Barra-Paesaggio architettonico (Collezione privata)
De Nomè-Interno di cattedrale (Napoli, Accademia di Belle
Arti)
De Nomè-Veduta a volo d'uccello dei Campi Flegrei, Procida,
Vivara e Ischia
(Napoli, Collezione Dalla Vecchia)
De Nomè-Veduta di Napoli (Collezione privata)
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