Cap.14
UNA VENDITA ALL’ASTA MEMORABILE
A Napoli nell’ultimo secolo si sono tenute tre grandi aste.
La prima, che disperse la collezione Tesorone, è avvolta nella
leggenda perché nel catalogo senza immagini vi sono soltanto i nomi
dei dipinti, quasi tutti di autori importanti, a volte senza neppure
le misure, e nulla sappiamo della loro destinazione.
Gli acquirenti sono rimasti ignoti e da allora molte opere
fondamentali per una ricostruzione della pittura napoletana sono
letteralmente scomparse.
Una seconda asta memorabile avvenne nel 1940 con la vendita della
prestigiosa collezione Doria D’Angri, ricca di capolavori degni di
un museo, che ebbe tra gli acquirenti Achille Lauro, che si
accaparrò i pezzi più prestigiosi, ad uno dei quali si affezionò in
maniera particolare.
Prima di ritornare a Don Achille, vogliamo sottolineare che tra i
dipinti della facoltosa famiglia vi era anche il celebre “Martirio
di Sant’Orsola”, l’ultimo lavoro di Caravaggio, all’epoca
erroneamente attribuito a Mattia Preti: un errore clamoroso, che la
dice lunga sull’occhio esperto di alcuni studiosi, che per decenni
non si sono avveduti, a parte dello stile inconfondibile, della
presenza nel dipinto dell’autoritratto del Sommo Maestro. Al
compianto professor Giuliano Briganti, grande esperto d'arte,
sporadicamente consultato dal Comandante in occasione dell'acquisto
di qualche dipinto importante, siamo debitori del racconto di un
morboso rapporto che don Achille ha vissuto per decenni con un
quadro della sua celebre collezione: una splendida “Madonna con
Bambino e San Francesco”, assegnata a Bernardo Strozzi, proveniente
dall’asta della collezione Doria D'Angri, ricca, oltre che del
Caravaggio sopra citato, anche di un Van Dyck e di una favolosa
serie di sette arazzi appartenuta al Re Sole, anch’essa acquistata
da Lauro.
Non era certo il valore venale dell'opera, né tanto meno i suoi
notevoli pregi artistici, ad attirare Lauro, bensì una circostanza
fortuita che poteva costargli la vita.
La tela in questione era gelosamente conservata a capo del letto
matrimoniale, un po' per devozione e un po'( non si sa mai) per
protezione...
Erano gli anni della felicità coniugale e Lauro cercava ogni sera,
anche se a tarda ora, dopo una giornata di lavoro intensissima, di
ritornare al fianco dell'amata mogliettina.
Una sera, non potendo rincasare per improcrastinabili impegni nella
capitale, volle farsi raggiungere da Angelina in albergo. Non
capitava quasi mai, ma in quella occasione fu irremovibile e diede
precise istruzioni al suo fidato autista.
La notte, alle 3 in punto, un tonfo pauroso nella camera da letto
della villa di via Crispi fece sobbalzare la servitù, che di corsa
si recò a vedere cosa fosse accaduto. Il chiodo che reggeva il
celebre quadro aveva ceduto di schianto sotto il peso di
un'imponente cornice di varie decine di chili e la Madonnina, tanto
osannata, col suo Bambinello e San Francesco, era caduta sul cuscino
di Achille, che sarebbe rimasto ucciso sul colpo.
La devozione di Lauro verso la sacra immagine da quel giorno crebbe
a dismisura, quasi a generare una sindrome di Stendhal e con lo
sguardo verso di essa, implorante, egli, un giorno lontano, avrebbe
esalato l'ultimo respiro, sicuro che la protezione della preziosa
Madonna sarebbe proseguita anche nell'altro mondo, nel quale, come
tutti noi, aveva una gran paura ad entrare.
Per inciso, il dipinto, notificato dallo Stato ed identificato in
seguito dagli studiosi come opera di Rutilio Manetti, prestigioso
pittore del Seicento senese, ha seguito il triste destino di tutti i
beni materiali di don Achille: disperso nella memorabile asta del
1984.
Oggi troneggia in un esclusivo salotto posillipino, molto ammirato
ma privo di devozione, proprietà di un disincantato e miscredente
professionista napoletano, dai gusti artistici raffinati. E passiamo
a trattare ora del capitolo più vergognoso del dopo Lauro,
costituito dalla vendita all’asta dei suoi beni materiali, svoltasi
nella famosa villa di Via Crispi. La grande vendita, la più
importante realizzata a Napoli negli ultimi cinquant'anni, fu
organizzata dalla Finarte e dalla Semenzato (FI.SE) che si
consorziarono per amministrare il grande incanto.
Quattro sedute (25-26 ottobre 1984), due pomeriggi e due serate
furono necessari per battere i quasi mille lotti (962) e la vendita
fu preceduta da cinque giorni di libero accesso alla villa per
potere esaminare la merce...
Non sembrò vero alla scalcinata borghesia napoletana ed
all'aristocrazia decaduta, che lo avevano sempre osteggiato
anatemizzandolo e che da Lauro erano state sempre tenute alla larga,
potere invadere, novelli sciacalli, vociando il sacro tempio, salire
gli scaloni della sua casa, entrare con protervia in ogni angolo,
intrufolarsi nelle camere da letto, provare gli effetti intimi del
Comandante, anch'essi vergognosamente messi in vendita e descritti
sul catalogo (lotti 480-481), dal vecchio frac alla camicia da notte
di donna Angelina. E tutti ridevano, schiamazzavano, ricordavano
motteggiando episodi della vita del padrone di casa, deridendone i
difetti ed oscurandone le virtù, un epicedio in piena regola
perpetrato nel disprezzo più assoluto.
Accanto a chi credeva di fare un buon affare, collezionista o
antiquario che fosse, sedeva un pubblico ansioso unicamente di
assistere in diretta al massacro di un mito.
Gli astanti, quasi mille persone, erano assiepati nei tre piani
della villa collegati tra loro da giganteschi schermi, dove il
principe dei battitori, Marco Semenzato, con glaciale
professionalità, assegnava velocemente i lotti, al suono implacabile
e ritmico di un martelletto. Non vi era tempo per riflettere, le
offerte si susseguivano con ritmo vertiginoso, era per molti un
nuovo gioco, mai praticato prima, ben più emozionante di una
rischiosa mano di poker.
Molti erano alla ricerca di un feticcio da poter portare a casa, un
oggetto, anche di scarso valore venale, che fosse però appartenuto
all'illustre personaggio. Fu perciò grande la delusione quando il
secondo lotto, un modestissimo bacile da pediluvio, pomposamente
descritto: ovale in rame buccellato con piedi a zampa ferina del XIX
sec., partente da una stima di appena diecimila lire, raggiunse in
un battibaleno un milione e centomila lire e venne aggiudicato tra
le proteste di alcuni che intendevano insistere facendo offerte
ancora più sostanziose.
Oltre a centinaia di pezzi di scarso valore, oggetti di uso
quotidiano o di arredo delle camere secondarie,vi erano straordinari
pezzi di antiquariato come un Olindo e Sofronia di Mattia Preti,
esitato per duecento milioni o un procace busto marmoreo, opera di
Francesco Jerace, una Victa dal seno prorompente e dall'algida e
provocante bellezza, e la Sacra Famiglia, notificata dallo Stato,
proveniente dalla collezione Doria-D'Angri, alla quale abbiamo prima
accennato.
Gioiello assoluto della vendita era la serie indivisibile dei sei
splendidi arazzi prodotti a Beauvais nel 1692 rappresentanti episodi
della vita di Luigi XIV, il Re Sole.
Una fortunosa circostanza volle che ad acquistare questo lotto fosse
un famoso nefrologo napoletano, desideroso che la sua, la nostra
Città, non venisse orbata di una così cospicua gemma da essere
invidiata da tanti musei (purtroppo, nel 1998, questo prestigioso
lotto è stato posto di nuovo all'incanto a Venezia dalla casa d'aste
Semenzato ed aggiudicato ad un ignoto acquirente, dall'accento
settentrionale, per la cifra di tre miliardi e mezzo).
Viceversa, traslocò al nord, in casa di un industriale brianzolo, il
biliardo sul quale aveva giocato l'ammiraglio Nelson e nella villa
romana di un noto attore lo spettacolare secrétaire impiallacciato
in piuma di mogano, aggiudicato per sessantasei milioni.
Pur di potere offrire il the alle amiche nei saloni della sua villa
posillipina, nel noto servizio di porcellana dipinta a mano,
arricchito dalla descrizione di una complessa storia mitologica
sulle tazze e sui piattini, non badò a spese la leggiadra moglie di
un famoso ginecologo.
In poche ore un secolo di vita e di rimembranze si dispersero
vorticosamente, lasciando la villa, un giorno piena di vita e
pulsante di febbrili attività, in un vuoto ed un silenzio spettrale.
Si ricavarono circa due miliardi, ma il sacrificio ed il massacro di
tanti ricordi servì a ben poco, una goccia nel mare magnum del
fallimento di un colossale impero, la cui distruzione pesa come un
macigno sulla coscienza di molti e costituì senza ombra di dubbio il
vero motivo della seconda morte di Achille Lauro.
Martirio di Sant'Orsola
Quadro a cui Achille Lauro era affezionato
Napoli, Via Crispi: villa Lauro sequestrata
|