Cap.11
ZURBARAN A FERRARA A PALAZZO DEI DIAMANTI
UNA MOSTRA DA NON PERDERE
Zurbaran, contemporaneo di Murillo e Velasquez con le sue tematiche
religiose realizzate con lampi di luce rappresenta il prototipo del
genio artistico iberico. A differenza dei suoi colleghi non venne
mai in Italia e fino ad oggi non ha mai avuto da noi una grande
mostra con oltre 50 opere provenienti da tutto il mondo come quella
che si terrà a Ferrara a Palazzo dei Diamanti fino al 15 giugno
2014, per passare poi a Bruxelles. Zurbaran, nasce in Estremadura,
senza nobili natali. Presto viene chiamato a Siviglia. E due volte a
Madrid: la seconda, per restarci fino alla fine. La pittura italiana
la conosce da quando esiste già in Spagna. Lo chiamano "il
Caravaggio iberico" però forse soltanto per i tagli di luce. Ha tre
mogli ed una vita da certosino quasi come i "suoi"domenicani; in
lui, il prodigio diventa un fatto quotidiano: in parecchi dipinti,
si respira la vita d'ogni giorno; Ci regala assoluta novità
iconografiche (la casa di Nazareth, con la Madonna che cuce, e Gesù
bimbo che già si punge con una corona di spine, da Siviglia). E' "un
pittore per l'anima" che talora si dedica ma poco anche alle scene
secolari: qualche eroe che però non è tra le sue prodezze migliori.
Della sua iniziazione precoce, si racconta quanto da noi si dice per
Giotto: un carboncino da piccolo, mentre pascolava gli armenti, ed è
subito scoperto. Resta a lungo quasi ignoto: lo riscopriranno i
francesi, quand'è già l'ottocento. Nel nostro paese, l'artista delle
sublimi crocifissioni in cui il Cristo è appeso, ma non sembra
patire e delle nature morte essenziali, che precorrono quelle di
Morandi, nonché infinite scene religiose, è poco noto: nelle
collezioni pubbliche del paese, ci sono soltanto due suoi quadri. Ed
uno, "Sant'Orsola" comprato dal duca di Galliera nel 1852 ed ora a
palazzo Bianco di Genova, e ora in mostra, vicino a un'altra santa "Casilda"
del museo Tyssen-Bornemisza di Madrid. Queste 50 opere allineate ce
lo raccontano tutto intero anche in alcuni dei molti dipinti per le
colonie del sud America, in gran parte affidate alla bottega; ma
anche alcuni brani d'assoluto virtuosismo: I bianchi delle vesti dei
suoi frati abbacinano: il San Francisco immerso nel buio, un teschio
nelle mani (Milwaukee Museum) impressiona; la Immacolate Concezioni
sono il prototipo di iconografie successive, Che durano ancora;
"l'Agnus Dei" dal museo di San Diego e' un agnellino, le gambe
legate per formare una croce, ad una semplice aureola sul capo, "San
Serapio" accanto a Riccardo Cuor di Leone nelle crociate poi
combattente in Spagna contro i Mori, all'inizio, e' già teatro, con
le sue braccia spalancate; "Cristo crocifisso con un pittore" dal
Prado, ci tramanda forse un suo raro autoritratto. Due "storie Di
Pietro Nolasco" che ne sono l'esordio a Siviglia, sembrano bozzetti
d'opera; le rare nature morte, qui ce ne sono due, sono essenziali
oltre ogni dire e non a caso, fonte d'ispirazione per tanti, tra cui
Manet, Morandi, Picasso e Dalì, che di lui diceva: "ci sembrerà ogni
giorno più moderno, molto più di El Greco, rappresenterà la figura
del genio spagnolo" religiosità e visionarietà sono in lui
complementari. Allora le nobili fanciulle non potevano essere
ritratte, ma Zurbaran trova un escamotage: le immortala come sante
in abiti fastosi e sottolineando i lineamenti aristocratici. Sublimi
crocifissioni e storie che appaiono fissate per l'eternità, nature
morte che sembrano vive. Una mostra da non perdere.
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