Cap.15
Gli affreschi di Felice Ruggiero nella
chiesa di Trentola a Marcianise
Salvatore Costanzo incarna alla perfezione la figura di studioso
locale, il quale, guidato dalla passione, restituisce all’attenzione
della critica l’opera di artisti destinati altrimenti all’oblio.
Ordinario di Storia dell’arte, affianca alla libera professione di
Architetto l’attività di ricerca sulla problematica della
valorizzazione e tutela del patrimonio storico-artistico in
Campania.
Studioso della pittura napoletana del ‘500 e ‘600, ha pubblicato una
serie di saggi inediti sulla “riscoperta” di alcuni brani di pittura
seicentesca della città di Marcianise. Tra questi Un Caracciolo
ritrovato (2000), redatto in occasione del restauro operato dalla
Soprintendenza di Caserta su un’opera tarda di Battistello
Caracciolo, completata dal figlio Pompeo; La pala di San Carlo in
Marcianise (2008), dove in pagine di intensa ricerca ha indagato gli
aspetti emergenti a Napoli della corrente ”controriformata”,
attribuendo la mirabile tela della chiesa marcianisana a Giovan
Bernardino Azzolino.
fig.01-Battesimo di Cristo
fig.02-Preghiera nell'orto di Getsemani
Più tardi ha esteso i suoi interessi alle visioni paesaggistiche
preromantiche di Salvator Rosa (2010) e alle monografie di alcuni
pittori minori del ‘700 napoletano tra cui Ludovico de Majo (2009),
mettendo in luce particolarmente il recupero critico e storiografico
della loro produzione.
Recentemente ha condotto una densa e complessa ricerca storica e
figurativa incentrata sul riordino del registro linguistico
dell’«Isola dei Cavalieri» pubblicata nel volume Pittura tra Malta e
Napoli nel segno del barocco (2011). L’opera, attraverso una ricca
indagine documentaria, esplora per la prima volta le dimensioni
conoscitive e le modalità espressive di alcuni modelli iconografici
di celebri maestri italiani e stranieri (Preti, Caloriti, Nuñez de
Villavicencio, Erardi, Buhagiar, Zahra), mettendo in rapporto i
filoni pittorici di La Valletta con quelli “importati” da diverse
aree culturali del Meridione d’Italia.
L’ultimo libro di Costanzo, dotato di un impeccabile corredo
iconografico, di note esplicative e di una esaustiva bibliografia
procede a una prima inquadratura critica delle decorazioni murali
dell’antica chiesa domenicana di S. Giacomo Apostolo (oggi S. Maria
Assunta) in Trentola di Marcianise, cercando di individuare le
motivazioni storico-artistiche che le hanno generate e di precisare
il profilo culturale e il linguaggio pittorico del suo autore,
Felice Ruggiero, di cui non si conoscono nemmeno gli estremi della
vita.
fig.03-Cristo alla colonna
fig.04-Crocifissione
L’impianto scenico di Trentola, eseguito nel 1768, fu sottoposto due
secoli più tardi a degli interventi di restauro da parte del pittore
e decoratore Salvatore Costanzo (1914). Fino ad ieri gli affreschi
versavano in un precario stato di conservazione, danneggiati
dall’umidità dei muri, con colori resi opachi dal processo di
salinazione e da vari rifacimenti. Oggi, dopo un lungo e paziente
lavoro di recupero portato avanti dai restauratori, l’intero ciclo
pittorico è stato restituito al suo aspetto originale, rendendo
nuovamente leggibili i vari testi figurativi. Dal quadro d’insieme
delle rappresentazioni, tuttavia è possibile ricavare solo dei
tratti limitati ma essenziali della cultura espressiva del suo
autore, i cui modelli iconografici oscillano tra una personale
interpretazione del gusto tardobarocco e una propensione per il
classicismo, da cui l’artista trae numerosi spunti e suggerimenti.
Sulla base di un primo riordino degli elementi di confronto
stilistico e compositivo, l’opera di Felice Ruggiero sembra seguire
la produzione del celebre Solimena (morto nel 1747), caposcuola del
fervido ambiente napoletano in cui erano giunti gli echi delle
novità demuriane. Ed è in questo contesto che poco più tardi, con
grande ampiezza di confronti, troverà accoglienza il solimenismo del
Ruggiero; esso convalida gli accostamenti ai modi del De Mura e alla
lezione del De Matteis. Anzi, nel guardare più da vicino a
quest’ultimo pittore e alla sua cerchia, Felice riesce ad operare
meglio uno stimolo diretto e ad accentuare i caratteri di una
decorazione classicistica. Talvolta i suoi schemi e le sue
riproduzioni sembrano rilevare delle concordanze e dei punti di
congiunzione (sia pure molto deboli) con derivazioni provenienti
dall’ambiente del Giaquinto e persino con alcuni dettami vaccariani.
Il ciclo di affreschi di Felice Ruggiero datato 1768, rimane oggi
una delle poche testimonianze artistiche superstiti della chiesa di
S. Maria Assunta in Trentola di Marcianise, ed è il documento
figurativo che più di ogni altro la rappresenta nel suo momento
settecentesco. Il silenzio documentario sul pittore non ha impedito
di condurre uno studio sulle decorazioni murali che propongono se
non una storia di mani di maestranze che collaborarono col Ruggiero,
una storia di fatti della cultura pittorica locale ricca più di
quanto le consuete sillogi dell’arte napoletana consentano di
immaginare. Si tratta di otto brani figurativi che sebbene non
permettono di interpretare bene la personalità artistica del
Ruggiero – del quale non conosciamo ancora precisamente i confini
della sua produzione – rivestono un discreto interesse come quadro
di costumi ricco di particolari e modi di vivezza, ma molto meno per
la qualità pittorica espositiva. I dipinti raffigurano alcune scene
fondamentali dell’esperienza mariana e della vita di Gesù, ed hanno
una singolare varietà di modi, per quanto dotati di temperamento
affini.
fig.05-Cristo portacroce
fig.06-Incoronazione di spine
E’ bene sottolineare che l’indagine critica sull’opera del Ruggiero
richiede una riflessione preliminare. La sua pittura rimane
vincolata ad un gusto solimenesco moderato nei suoi esiti e giunge
invece ad accostamenti di più evidente chiarezza e pregnanza formale
verso l’arte di Francesco de Mura, figura formatasi “in primis”
sull’esempio del Solimena (protagonista indiscusso dello scenario
artistico partenopeo) e di Paolo De Matteis, il cui orientamento
pittorico fu caratterizzato da un classicismo di derivazione
marattesca riformulato alla stregua del luminismo giordanesco.
Se rifiutiamo, per manifesti motivi stilistici, l’accostamento del
Ruggiero alla scuola pittorica locale dei fratelli de Majo, Ludovico
e Paolo, ragionevoli ipotesi possono essere formulate intorno alle
più evidenti suggestioni delle sue affrescature, da quelle che
suggeriscono più strette discendenze solimenesche, a quelle che
lasciano intuire influenze con la cerchia del De Matteis e con
derivazioni provenienti dall’ambiente di Corrado Giaquinto, e
persino con modelli iconografici di Andrea Vaccaro.
Ma oltre alle suddette discendenze, negli schemi figurativi di
Felice Ruggiero colpisce innanzitutto un qualcosa di semplice e
tuttavia sottile e fremente, una freschezza ingenua e tuttavia
appassionata che si coglie nelle decorazioni principali e che bene
fissano il clima dei diversi episodi evangelici, caratterizzati da
un certo equilibrio compositivo e da evidenti influenze
classicistiche, dalla tendenza a schiarire i colori e ad evitare
forti contrasti chiaroscurali. Con la necessaria cautela
storico-critica, possiamo sottolineare ancora lo scarso vigore
formale e la semplicistica dinamica spaziale delle sue opere, più
evidente in quegli episodi dove la monumentalità classica non sempre
si combina con la necessaria attenzione per l’inserimento ambientale
delle figure con le valenze simboliche dei luoghi rappresentati (le
elementari architetture di alcune scene conservano raramente una
purezza delle linee geometriche). L’impresa decorativa di Trentola,
non essendo particolarmente ricca di carica innovatrice (non
sappiamo fino a che punto il Ruggiero, nel corso della sua carriera,
dovette limitarsi ad adottare questo stile in accordo con i gusti
della committenza ecclesiastica), diventa un argomento piuttosto
complesso da trattare per la totale scarsità di notizie su altre
prove del pittore. Egli resta al momento una figura ancora isolata,
in un’esperienza limitata, del resto, a un unico ciclo di lavori
decorativi, e di cui niente altro sappiamo realizzato. La sua opera
a Marcianise è una riesumazione culturale di facile presa, tradotta
in un linguaggio piuttosto provinciale, ma informata e attenta,
specie quando l’incontro con suggestioni più congeniali a quella che
dovette essere la sua natura artistica, prevalentemente oscillante
tra i modi demuriani e quelli legati alla produzione del De Matteis,
riesce ad operare uno stimolo diretto e ad accentuare i caratteri di
una decorazione classicistica.
Sei le scene evangeliche affrescate lungo le due pareti laterali
della navata della chiesa e due nella piccola zona absidale, dove
troviamo pure sistemate quattro pitture ovali a mò di sovrapporte.
Dopo un lungo e paziente lavoro di recupero portato avanti nelle
varie fasi dell’intervento con competenza e particolare dedizione
dai restauratori, l’intero ciclo di decorazioni murali di S. Maria
Assunta oggi è stato riportato al suo aspetto originale. Volendo
ampliare il raggio dei riferimenti culturali su questi affreschi, si
può dire che da un lato si è inteso salvare un importante “brano di
storia” cittadino, denso di valore civico e di significato storico;
dall’altro si è recuperato un’importante testimonianza figurativa
che, benché eseguita da un pittore minore, è stata restituita al
pieno godimento estetico grazie ad una rinata vividezza dei colori.
E’ certo, comunque, che ancora una volta l’intervento di restauro su
di un manufatto artistico deve essere interpretato come un preciso
riferimento per un’affascinante azione di recupero della memoria
perduta, una rilettura di una storia infinita che accompagna la vita
degli uomini. Ancora una volta le pareti della chiesa di Trentola si
ritrovano a parlare e a raccontare la saggezza che a loro è stata
data di tramandare. Resta a noi il compito di ascoltarle e farle
continuare a vivere, riannodando un filo che per molto tempo è
sembrato interrotto e che induce a pensare alle attuali operazioni
di restauro come un’azione complessa e pluridisciplinare, fonte di
adeguata conoscenza per un documento pittorico che lega tutti noi,
se pure ognuno in maniera diversa, con qualcosa difficilmente
definibile.
Dal quadro complessivo che emerge sui moduli pittorici di Trentola è
possibile ricavare solo dei tratti limitati, ma essenziali, della
cultura figurativa del Ruggiero. E’ auspicabile, in un prossimo
futuro, che studi più organici storico-artistici e
tecnico-scientifici possano dar vita ad una più ampia rassegna
critica sul pittore, nonostante il problematico nodo della mancanza
di testimonianze documentarie per l’identificazione certa di altre
sue opere. Conferme stilistiche alle tesi che seguiranno potranno
accrescere l’interesse e la volontà di conoscere un artista non
certo dimenticato, forse ancora sottovalutato rispetto al suo reale
valore. Nuove ricerche potranno giungere da più vaste indagini
archivistiche e da una più penetrante ed efficace rilettura dei
testi pittorici; esse potranno mettere in luce una nuova prospettiva
storiografica mirata alla risoluzione di ulteriori interrogativi che
i nostri affreschi pongono.
fig.07-Adorazione dei pastori
fig.08-Annunciazione
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