Cap.42
Un regista violento, politico-occasionale
Pasquale Squitieri
Pasquale Squitieri, nato a Napoli nel 1938, è uno dei più celebri
registi italiani. Per un periodo si è dedicato alla scenografia e
per un altro alla politica, cambiando italicamente molte casacche,
rivestendo per due anni la carica di senatore.
Squitieri è legato sentimentalmente dagli anni ‘70 all’attrice
Claudia Cardinale, che ha anche recitato in alcuni suoi film: Il
prefetto di ferro, Corleone, Claretta, Li chiamarono... briganti!, I
guappi. Guarito da un tumore, afferma di continuare a fumare
accanitamente.
Laureato in Giurisprudenza, negli anni ‘60 si impiegò al Banco di
Napoli dal quale fu licenziato per aver fatto pagare un assegno poi
risultato falso. Per questo motivo, nel 1981, fu condannato per
peculato ad 1 anno di carcere, scontandone cinque mesi. Sempre negli
anni ‘60, fu arrestato e poi assolto per una rissa con un poliziotto
che aveva insultato l’attrice Annamaria Guarnieri.
Debuttò nel cinema come regista e sceneggiatore di Io e Dio (1969),
prodotto da Vittorio De Sica, con Josè Torres e Gregorio Di Lauro e,
sulla falsariga di registi come Sergio Leone, si dedicò brevemente
al genere spaghetti western, con Django sfida Sartana (1970) e La
vendetta è un piatto che si serve freddo (1971). Entrambe le
pellicole furono firmate con lo pseudonimo William Redford.
In seguito, Squitieri abbandonò il nome d’arte e cominciò ad
occuparsi di tematiche più attuali e realtà allora poco raccontate
della società italiana con alterne fortune perché a grandi successi
seguirono clamorosi flop di pubblico e critica. Pellicole come
Camorra (1975), L’ambizioso (1975), Il prefetto di ferro (1977),
Corleone (1978), Il pentito (1985) riguardano i contatti tra mafia e
politica; Viaggia, ragazza, viaggia, hai la musica nelle vene (1974)
e Atto di dolore (1990) hanno come tema principale la droga; Gli
invisibili (1989) il terrorismo; L’avvocato de Gregorio (2003) le
cosiddette “morti bianche”; Razza selvaggia (1980) e Il colore
dell’odio (1990) affrontano l’argomento immigrazione; Li
chiamarono... briganti! (1999) è un film sul brigantaggio
postunitario che narra la storia del suo maggiore rappresentante
Carmine Crocco: quest’ultima opera, molto discussa, fu
immediatamente ritirata dalle sale cinematografiche. Con Stupor
mundi (1997), invece, su incarico delle Fondazioni Federico II di
Jesi e Palermo, il regista si catapulta nel medioevo con un
lungometraggio sulla figura dell’imperatore Federico II, lo “Stupor
mundi”, come viene universalmente conosciuto, ispirata all’opera
letteraria di Aurelio Pes "Ager Sanguinis": anche in questo film,
tra i protagonisti, c’è Claudia Cardinale.
Tornando all’impegno politico, nel 1971 Squitieri sottoscrisse la
lettera aperta a L’Espresso sul caso Pinelli, nota anche come
appello contro il commissario Calabresi. Nell’ottobre dello stesso
anno fu tra i firmatari di un’autodenuncia pubblicata su Lotta
Continua in cui esprimeva solidarietà verso alcuni militanti e
direttori responsabili del giornale inquisiti per istigazione a
delinquere a causa del contenuto violento di alcuni articoli,
impegnandosi a «combattere un giorno con le armi in pugno contro lo
Stato».
Negli anni si spostò a destra e nel 1994 fu eletto senatore nelle
liste di Alleanza Nazionale per il collegio Andria-Barletta. In
quella legislatura fece parte delle commissioni Industria,
Commercio, Turismo, e Vigilanza Rai.
Nel 1996 si ricandidò al Senato con il Polo per le Libertà nel
collegio di Nola, ma ottenne il 40,2% dei voti, risultando sconfitto
dal rappresentante dell’Ulivo, il filosofo Aldo Masullo. Si iscrisse
poi al Partito Radicale Transnazionale, collaborando ad alcune
campagne del Partito.
Nel 2013 si espresse molto duramente contro l’europarlamentare
leghista Mario Borghezio, affermando che "fa schifo, bisogna
eliminarlo fisicamente", paragonandolo ai nazisti del processo di
Norimberga.
E veniamo all’incontro-scontro che ebbi con il personaggio nel 2004
in occasione della presentazione del mio libro “ Achille Lauro
superstar” ad un gruppo di parlamentari presso la libreria
Montecitorio di Roma. Ruggiero Guarini, che mi aveva aiutato ad
organizzare l’incontro, me lo aveva proposto come relatore. Io non
seppi dire di no, nonostante conoscessi il carattere intemperante
del regista per le confidenze di alcuni amici; uno, condomino del
suo appartamento in via Petrarca a Napoli, l’altro che aveva avuto
una particina in uno dei suoi film. Me lo avevano dipinto rissoso e
maleducato e durante la conferenza ne ebbi la conferma quando,
venuto il suo turno, cominciò a dire minchiate a ripetizione e ad
infangare la figura del Comandante: fortunatamente, più che le
proteste del moderatore, ebbe effetto la selva di fischi del
pubblico che convinsero il regista a lasciare l’aula, salutato da
pernacchie liberatorie.
Per chi volesse rivedere questa scena disgustosa non ha che da
collegarsi alla teca televisiva di Radio Radicale, le cui telecamere
inviate dal mio amico Bordin, immortalarono lo svolgimento della
presentazione.
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