Cap.11
Il primo sindaco rosso
Maurizio Valenzi
Sembra ieri, invece sono passati oltre 40 anni da quando a Palazzo
San Giacomo si insediò il primo sindaco comunista, destinato a
regnare più tempo del mitico Achille Lauro.
Egli voleva governare per il popolo e con il popolo ed inaugurò un
nuovo modo di fare politica in mezzo alla gente, che voleva
partecipare, discutere, decidere.
E quanto abbia inciso il suo operato sulla storia recente della
città è ben compendiato dalle parole del Presidente Napolitano, suo
vecchio e fraterno amico, in occasione del suo funerale nel giugno
del 2009 davanti ad una folla di migliaia di persone: “Questa
partecipazione corale, la città senza distinzione di parte, le
Istituzioni, la società civile, ci dicono semplicemente che Maurizio
Valenzi è stato una grande persona”.
Egli nacque a Tunisi nel 1909 da una famiglia ebrea di origine
livornese e si dedicò sin da giovanissimo alla pittura, aprendo nel
1930 uno studio a Roma. E la pittura assieme alla politica saranno i
suoi grandi amori, naturalmente oltre a quello per la moglie Litza
Cittanova, sposata nel 1939, vissuta anche lei fino a 100 anni e
dalla quale ebbe due figli: Lucia e Marco.
A metà degli anni ’30 aderì al partito comunista tunisino ed iniziò
la sua militanza partigiana, oltre a collaborare al settimanale
“L’Italiano”, a Tunisi e poi a Parigi alla “Voce degli Italiani”.
Fatto prigioniero, venne liberato dagli alleati.
Egli, come ricorda Ghirelli: “Fu un artista ed un militante, la cui
esistenza fu proiettata in una dimensione internazionale tra Livorno
e Tunisi, Parigi e Napoli.
Nella capitale francese incontrò Giorgio Amendola e aderì al Fronte
Popolare, partecipando alla lotta clandestina contro Mussolini ed il
governo collaborazionista di Vichy, e fu costretto al carcere ed
alla tortura. Il PCI lo inviò a Napoli per preparare l’arrivo di
Togliatti e lì rimase, intrecciando un fecondo rapporto con i
principali intellettuali; gli scrittori Compagnone e Rea,
l’architetto Luigi Cosenza ed il matematico Renato Caccioppoli, con
i quali si batté contro la guerra in Corea, per l’interdizione della
bomba atomica e per il riconoscimento della Cina Popolare.
Fu intimo amico di Eduardo De Filippo, che gli dedicò una poesia e
lo coinvolse in un progetto per insegnare un mestiere ai giovani
reclusi di Nisida.
La sua carriera politica, prima di divenire sindaco, fu lunga: prima
consigliere provinciale, poi senatore dal ’53 al ’68, consigliere
comunale dal ’75 all’83 e poi parlamentare europeo. Chiuse come
sindaco in un periodo agitato per la città, segnata dal colera e dal
terremoto, ma si batté sempre per riqualificare Napoli attraverso la
cultura come collante sociale.
Come tanti altri personaggi famosi descritti in questo libro, anche
con Valenzi ho avuto l’onore di una lunga frequentazione, grazie
all’amicizia col figlio Marco, abile giocatore di scacchi e conservo
gelosamente un suo libro con dedica, che ha un posto d’onore nella
mia biblioteca di 15.000 volumi.
Più volte sono stato nella sua splendida casa di via Manzoni, dove
si godeva uno spettacolare panorama sul golfo di Napoli, che negli
ultimi anni, libero da impegni politici, favorì la sua ispirazione
di artista e gli permise di sperimentare nuove tecniche.
In un momento di confidenza mi disse: “Napoli è nel mio cervello
dalla mattina alla sera. Il golfo è là dietro i vetri delle mie
finestre, ho visto mutare le sue luci, cambiare lentamente il
panorama, ma la cosa che più mi attrae è la gioia di una regata. La
mattina quando mi alzo e passo davanti alla stanza dove sono i
colori e le tele mi viene una maledetta voglia di chiudermi dentro e
dimenticarmi tutto il resto”. Nel suo salotto troneggia un quadro
dal quale non si era mai voluto dividere a nessun prezzo, perché
raffigura il figlio Marco, temibile giocatore di scacchi, intento a
risolvere una posizione di gioco ostica ed intricata. Quando
licenziai alle stampe la mia biografia su Lauro, mi rammentò la sua
dichiarazione fatta al suo funerale:” Un personaggio che ha fatto
del male, ma ha saputo dare una certa voce a una città che era nelle
retrovie del panorama nazionale, e per questo seppe battersi”. Ho
ipotizzato una piazza per lui, il Comandante avrebbe diritto ad un
riconoscimento per la sua presenza nella storia della città
(“Achille Lauro Superstar”, pagine 116, consultabile in rete).
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