Cap. 6
Isso, essa e o malamente, l’epopea della sceneggiata
La sceneggiata è una forma di rappresentazione popolare che alterna
il canto con la recitazione su toni drammatici, che si sviluppa a
Napoli tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento sulle ceneri del
cafè chantant.
Lo spettacolo si basava su una canzone di grande successo, da cui la
sceneggiata derivava il titolo ed attorno al tema musicale veniva
costruito un testo teatrale in prosa.
La nascita del genere è legata ad un motivo fiscale, perché furono
istituite delle tasse sulle canzonette, mentre il prelievo sugli
spettacoli teatrali era più basso, ciò indusse alcuni autori a
scrivere commedie sul testo di canzoni famose.
Uno dei primi spettacoli fu Pupatella nel 1918, basata sulle parole
di Libero Bovio e legata ai temi tradizionali del tradimento e della
malavita.
Si affermarono alcune compagnie specializzate, come la Cafiero Fumo,
che mise in scena nel 1920 Surriento gentile di Enzo Lucio Murolo,
al quale si deve l’escamotage di aggirare la tassa sugli spettacoli
di varietà con la creazione di spettacoli misti con recitazione
drammatica e canzonette. Nella celebre compagnia lavorarono anche
D’Alessio, Maggio, Taranto, Sportelli e Trottolino, mentre alcuni
teatri divennero dei veri tempi del genere, come il Trianon ed il
San Ferdinando.
Oltre ai protagonisti vi era sempre uno stuolo di caratteristi, a
volte molto bravi, che concorrevano al trionfo del bene sul male ad
opera della giustizia divina o per il decisivo intervento dell’eroe
vendicatore.
La sceneggiata ebbe grande successo all’estero tra gli emigranti e
leggendaria si staglia tra gli interpreti attivi a New York nella
comunità di Little Italy la figura di Gilda Mignonette, la regina
degli emigranti e il testo ‘O Zappatore, con accenti fortemente
sociali ed ambientata in parte proprio negli Stati Uniti o Guapparia,
un vero e proprio decalogo ad uso di uomini d’onore.
All’inizio si sfruttavano canzoni famose, spesso di Libero Bovio, e
su questa si creava la trama della sceneggiata, in seguito si lavorò
all’inverso: scrivendo di sana pianta il soggetto per trarne
eventualmente vantaggi con la vendita dei dischi.
Il pubblico si entusiasmava ascoltando i dialoghi stereotipati dei
protagonisti e saliva sul palcoscenico in massa per fermare le gesta
del cattivo, prima che a fare giustizia ci pensasse isso, l’eroe, il
guappo buono. Talune volte invece obbligava gli attori ad un bis
della scena finale, quella nella quale il cattivo veniva ucciso, per
cui il ”fetentone” era costretto a rialzarsi e, dopo improperi e
colluttazioni, a farsi sparare di nuovo.
Il genere lentamente perse il suo contatto con l’anima del pubblico
e venne poco rappresentato, fino agli anni Settanta, quando vi fu
una certa ripresa grazie a Mario e Sal Da Vinci a Pino Mauro, Nino
D’Angelo, ma soprattutto a Mario Merola, dominatore assoluto del
Teatro 2000 e protagonista anche di numerose trasposizioni
cinematografiche.
I canoni sui quali si articolavano le trame ruotavano intorno a temi
fissi: l’amore, il tradimento, l’onore, sintetizzato in alcune
figure fondamentali: isso, l’eroe positivo, essa, la donna agognata
e ‘o malamente, il cattivo ed altre parti minori come ‘a mamma, ‘o
nennillo e ‘o comico.
La donna è vista costantemente in un’ottica maschilista, pronta
sempre a tradire ed in grado di riscattarsi solo come mamma.
Gli stessi archetipi si trasferiscono sullo schermo negli anni
Settanta ed il successo di pubblico si rinnova, anzi la
moltiplicazione degli spettatori insita nel nuovo mezzo di
diffusione permette l’acquisizione di un numero di fan ancora più
alto.
Le pellicole utilizzano gli stessi ingredienti della sceneggiata
classica: l’ingiustizia subita, l’onore ferito, l’amore contrastato,
il tradimento della donna, i pianti, i duelli, il sangue che sgorga
a fiotti ed alla fine il buono che prevale sul cattivo, un topos
universale che pervade la letteratura anche colta dalla notte dei
tempi, fino alle moderne rivisitazioni del mito tipo Batman, 007 e
simili.
Il ritmo drammatico della sceneggiata, sia essa teatrale o
cinematografica, si attaglia perfettamente alla cultura napoletana
dominante, che ieri come oggi, è stata quella della plebe con i suoi
arcaici riti di sangue ed il modo sbrigativo, ma a volte efficace,
di amministrare la giustizia.
Sarà Mario Merola ad incarnare, nonostante la mole poderosa ed il
volto di innocuo bamboccione, il mito dell’eroe vendicatore, del
camorrista giustiziere, del guappo buono, travasando dai legni dei
teatri di periferia alla gloria della celluloide, che ancora si
riverbera, dopo oltre trenta anni, sulle emittenti private campane,
che imperterrite, quotidianamente, ripropongono le gemme… della sua
produzione da I contrabbandieri di Santa Lucia a Napoli serenata
calibro 9, dall’esplicativo sottotitolo: I mandolini suonano, le
pistole cantano.
Sono film che costituiscono un sottogenere, a metà strada tra il
poliziesco americano e la classica storia di camorra, un filone che
contagerà anche altre città, a partire da Milano, ma le pellicole
napoletane rimarranno le più intriganti.
Un altro protagonista di queste cine sceneggiate sarà Pino Mauro con
il suo mitico I figli non si toccano impregnato di retorica e di
antiche consuetudini dell’onorata società; egli veste i panni di un
vendicatore ancora più spietato ed avrà anche lui il suo pubblico
affezionato, pur senza raggiungere il successo di Merola, in
versione contrabbandiere o meglio ancora a bordo di una scalcinata
127, in grado di seminare le Alfa Romeo dei carabinieri o di
caracollare audacemente su un treno merci, facendo perdere le
proprie tracce.
Indimenticabili le sue rivisitazioni del celebre Zappatore, un’icona
idolatrata a lungo anche dagli intellettuali di sinistra, gli stessi
che in passato avevano massacrato i film di Totò. Le scene più
commoventi dei suoi film venivano accolte dal pubblico in delirio
con applausi scroscianti.
Negli ultimi anni l’attore era spesso malato e costretto a ricoveri
i ospedale, che veniva letteralmente invaso dai suoi sostenitori,
appartenenti a quel sottoproletariato degno erede della plebaglia
seicentesca del vice regno spagnolo. Nel 2006 ai suoi funerali vi
era mezza città, la Napoli dei vicoli e delle periferie degradate, a
mostrare l’egemonia della sua sottocultura e ad urlare a tutto il
mondo orgogliosa: questa è Napoli e Napoli siamo noi.
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Mario Merola l'eroe della sceneggiata
Locandina fantastica.
Locandina di una sceneggiata
Un teatrino per la sceneggiata
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