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Napoletanità arte  miti e riti a Napoli  (vol. II)

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Cap.39
Un esercito di puttane colorate nel regno dei casalesi


Da anni la popolazione di Napoli e provincia è supportata da un flusso migratorio sempre più ampio e variegato e molti dei nuovi arrivi vengono con l’intenzione di eleggere la nostra città a nuova patria; nello stesso tempo aumentano i matrimoni misti e la prole che nascerà costituirà il napoletano del domani, con il suo carico di tradizioni secolari, che andranno però a mescolarsi con nuovi costumi provenienti da lontano.
Il cous cous farà concorrenza alla pizza ed ai maccheroni, i ritmi frenetici dei tamburi africani si affiancheranno a chitarre e mandolini, vesti sgargianti renderanno più allegro il nostro vestiario e, lo speriamo vivamente, la minigonna soppianterà lo chador.
Diventa perciò necessario conoscerci ed accettarci, ma in questo il napoletano con la sua antica saggezza e la sua proverbiale tolleranza non accetta lezioni da nessuno.
Bisogna conoscere realtà a volte spiacevoli, dai campi rom alle innumerevoli prostitute che presidiano gli stradoni della periferia e dell’hinterland.
Il centro di interruzione della gravidanza della clinica S. Anna di Caserta costituisce un osservatorio privilegiato per comprendere a fondo la vita miserabile delle innumerevoli prostitute di colore che animano strade, cavalcavie e viottoli di campagna nel regno dei casalesi.
Conoscerle superficialmente è alla portata di tutti, basta percorrere, non solo di sera, quando le micidiali fiamme dei copertoni di camion ne segnalano da lontano la presenza, ma anche di giorno, il reticolo di vie principali e secondarie che vanno da Licola a Castel Volturno ed oltre.
Sono per la maggior parte minorenni ed offrono le loro grazie senza che la fantasia debba lavorare più di tanto; poppe e sederi vigorosi sono esposti alla luce del giorno o riverberati dalle lingue di fiamme velenose, che spargono al vento la micidiale diossina.
Sono particolarmente ricercate, non solo per i prezzi, competitivi rispetto alle slave, spilungone dall’epidermide alabastrina e dai biondi capelli, ma soprattutto perché non pretendono dal cliente l’uso del profilattico e tanti sconsiderati, ignari dei rischi mortali dell’aids, corrono ad appagare il loro oscuro quanto umido oggetto del desiderio tra le loro gambe nere, dando libero sfogo alle loro lubriche pulsioni sessuali.
Il poter ascoltare le loro confidenze, come mi è capitato durante gli anni di collaborazione che ho intrattenuto con la clinica casertana, permette di scandagliare dettagliatamente la loro via crucis dalle foreste africane all’asfalto metropolitano. Un lungo percorso intessuto da ogni genere di reato: riduzione in schiavitù, stupro, protezione e sfruttamento della prostituzione, adescamento, estorsione, minacce, violenze varie, evasione fiscale ecc.. ecc.
Prima di entrare nel vivo del racconto mi sia concesso di accennare al servizio offerto, in regime di assoluto monopolio, dalla suddetta, benemerita casa di cura, unica struttura convenzionata per l’aborto a sud di Roma, situazione di raro privilegio, che le permette di eseguire il 30 - 40% delle interruzioni che si eseguono ogni anno in Campania, con una spesa per il contribuente di svariati milioni di euro. Lo status di clandestina non è naturalmente un ostacolo quando a pagare sono i contribuenti.
Ma torniamo alle foreste del Ghana, della Nigeria, della Costa d’Avorio, luogo di provenienza di questo esercito di giovani donne, vendute dalle famiglie per pochi denari a spietati trafficanti di schiave, i quali, le conducono in Europa per via aerea, transitando per i paesi dell’est, dove i controlli sono più aleatori e malleabili. Si tratta infatti di merce pregiata che non può certo rischiare il viaggio sui barconi dalla costa libica verso Lampedusa, per via della terrificante percentuale di affondamenti.
Durante le ore del volo le ragazze vengono brutalmente sverginate e giunte a terra consegnate ad aguzzini che continueranno per giorni a violentarle senza ritegno durante il percorso tra boschi e montagne che le condurrà, evitando imbarazzanti frontiere, a Trieste.
Lì vengono smistate nelle varie città dove vengono prese in consegna da una maman, una sorta di magnaccio in gonnella, che le ha acquistate a scatola chiusa.
Sono quindi sottoposte a riti ancestrali (vodoo), che sanciranno per sempre obblighi di sudditanza assoluti verso questa megera, che pretenderà per il loro riscatto una cifra di 50 - 100.000 euro a seconda dell’avvenenza della fanciulla.
La maman la istruirà poi nelle arti erotiche, le stiperà in squallidi appartamenti ed in pochi giorni saranno pronte per il marciapiede. Dovranno versarle ogni mese non meno di 500 euro e circa il doppio sono pretesi dalla malavita locale, proprietaria indiscussa del territorio, in barba alle leggi dello Stato e saranno dislocate, a secondo della loro bellezza, dappertutto, chi sulla provinciale, chi sotto un cavalcavia, mentre le meno attraenti dovranno contentarsi di una poco frequentata stradina di campagna. Un vero e proprio esercito del piacere nel regno dell’orrore e della violenza, nello stato dei casalesi.
Le più fortunate, pagato il loro debito in 3 – 4 anni, potranno mantenere nel lusso gli uomini delle quali si innamoreranno e mandare denaro alla numerosa famiglia rimasta in patria, permettendo così ai genitori di aprirsi un negozietto ed a qualche volenteroso fratello di studiare.
La maman è prodiga di consigli e le invita a prendere ogni giorno una dose di antibiotico, con l’illusione di tenere lontane le malattie veneree ed una pillola contraccettiva, senza alcuna interruzione, allo scopo di evitare non solo gravidanze indesiderate, ma anche il fastidio delle mestruazioni, che intralcerebbero il lavoro.
Purtroppo l’aids non teme i farmaci e ghermisce le sue prede in breve tempo, mentre per le gravidanze indesiderate ci pensa la clinica S. Anna, tanto paga pantalone... e si tratta di un grande progresso, perché il consiglio che viene loro dato dalla maman in questi casi è quello di adoperare una micidiale mistura di farmaci contratturanti o addirittura di introdurre in vagina una pasta di vetro tritato.
Fortunatamente esistono alcuni volontari, laici e religiosi che, a rischio della loro vita, le avvicinano durante le ore di lavoro e le inducono a consultare gli ambulatori ginecologici dell’asl dove, lentamente, vengono istruite ad una corretta contraccezione e ad una profilassi più accorta nei riguardi delle malattie sessualmente trasmissibili.
Ogni tanto qualcuna di queste sventurate, dopo aver pagato il riscatto, decide coraggiosamente di affrontare una gravidanza e di mettere al mondo un figlio napoletano, con la segreta speranza che possa avere un vero futuro, possa parlare il nostro dialetto, forse un domani anche l’italiano, possa studiare e vivere in un mondo migliore e chi sa, un giorno raccontare al mondo il dramma delle sue origini e la triste epopea di un popolo di migranti, per troppo tempo avvolto senza pietà nella sofferenza e nell’orrore.

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Due prostitute di colore in attesa di clienti


Napoletanità arte  miti e riti a Napoli  (vol. II)

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