Cap.3
SCULTORI ABRUZZESI DELL’OTTOCENTO
Vedere la vita e le passioni espresse dalla pietra, modellare la
materia come carne viva e palpitante, un sogno quasi alchemico,
un’ambizione demiurgica che si è tradotto in realtà di scultura nel
caso di Costantino Bardella.
Confesso che, prima di ammirarlo nel corso della mostra “Gente
d’Abruzzo”, tenutasi nel 2010, non conoscevo Costantino Bardella, da
alcuni critici definito il “Michetti della scultura”, dal nome del
suo celebre conterraneo, di cui era amico.
Nato a Chieti nel 1852, a vent’anni entrò nell’Istituto di Belle
Arti di Napoli come allievo di Stanislao Lista, alla cui scuola si
forgiarono artisti del calibro di Antonio Mancini, Vincenzo Migliaro
e Vincenzo Gemito.
Espose per la prima volta nel 1875, con successo, alla Promotrice
Napoletana tanto che una sua opera “La gioia dell’innocenza dopo il
lavoro” venne acquistata dal re Vittorio Emanuele II che la donò al
Museo di Capodimonte, dove tuttora si trova.
La sua fama aumentò nel corso dell’Esposizione Nazionale di Belle
Arti che si tenne a Napoli nel 1877 quando la sua scultura ”Canto d’amore” fu lodata pubblicamente da D’Annunzio, procurandogli la
nomina a professore onorario all’Accademia di Belle Arti partenopea.
La celebrità internazionale la conseguì due anni dopo a Parigi, dove
conquistò il secondo premio all’Esposizione organizzata dagli
artisti francesi.
Fin dagli anni giovanili frequentò assiduamente il “Conventino” di
Michetti a Francavilla, un cenacolo di intellettuali dove si
incontravano personaggi come D’Annunzio, Scarfoglio e la Serao. Nel
1895 aprì studio a Roma, dove lavorò fecondamente per anni fino a
quando la morte del figlio in guerra nel 1916 e l’incipiente cecità
lo costrinsero a lasciare l’attività, non prima di realizzare
l’ultimo capolavoro: “Luce nelle tenebre” dove prorompe il suo
dramma di non poter vedere ciò che andava modellando e, nel
contempo, il malinconico rimpianto di un mondo perduto.
Lascerà questa valle di lacrime a Roma nel 1925 e le sue opere lo
ricordano in importanti musei, da Capodimonte alla Galleria d’Arte
Moderna di Roma, fino all’Ermitage di San Pietroburgo.
Tra le sue opere la già citata “Luce nelle tenebre”, giudicata da
Orsi “di alta poesia, dalla quale vorremmo distogliere lo sguardo,
ma ci sentiamo attratti da quegli occhi cavi”.
La scultura autobiografica rappresenta un cieco che tiene sulle
ginocchia un busto di donna che accarezza amorevolmente.
“Sogni felici” raffigura il busto di una giovane donna col
prosperoso seno scoperto, tanto bello da non poterlo guardare a
lungo senza desiderarlo. E’ opera degli anni romani, quando il suo
atelier era frequentato da danarosi committenti della politica, del
mondo dello spettacolo e della musica, che amavano farsi immortalare
nel bronzo, come Pietro Mascagni. Il modello morbido esprime la
volontà dell’autore di aderire a nuovi linguaggi espressivi, tra
Simbolismo e Liberty.
Anche “Rancore”, una vibrante terracotta, raffigura una popolana dal
seno vigoroso e dal volto contrariato per una delusione amorosa, con
le mani che strizzano uno straccio con vigore a scaricare la rabbia
per un torto subito. La resa accurata dei particolari è definita con
intenso verismo, mentre la fierezza dell’animo si connota con una
forte pregnanza espressiva.
Un’altra terracotta, “Montagnolo” è un piccolo capolavoro di
espressività con un fanciullo dal volto innocente ed un cappellaccio
sulla testa e la tipica bustina appesa al collo: il “Breo”,
contenente erbe scaramantiche, che le mamme contadine facevano
portare ai propri figli con l’illusione che potesse proteggerli.
E concludiamo con “Onomastico del nonno”,un bronzo che fissa un
momento d’intimità familiare con la nipotina che si arrampica su di
lui per dargli un bacio affettuoso, mentre il vecchio, commosso,
cerca nella giacca un soldino per ringraziarla. Un tenero idillio
che tiene strettamente legate tra loro le generazioni.
Un altro scultore abruzzese degno di essere conosciuto è Raffaello
Pagliaccetti, nato a Giulianova nel 1839 e morto a Teramo nel 1900,
il quale, abbandonate le forme levigate e tornite dell’età
neoclassica, abbracciò il verismo con grande entusiasmo. Sin da
bambino dimostrò una particolare predisposizione per il disegno e,
trasferitosi a Roma, frequentò l’Accademia di Francia e, più tardi,
quella di San Luca.
Dal 1861 per cinque anni studierà a Firenze dove avrà per maestro
Pietro Tenerani, da cui assimilerà sia i modelli neoclassici di
Thorvaldsen che quelli puristi di Bartolini. Dopo una meditazione su
maestri quali il Verrocchio e Desiderio da Settignano si sposta
verso uno stile realista con modellati vibranti di luce.
Tra le sue opere più significative “Figura di giovane demente”, un
gesso percorso da un’estrema tensione di tutta la massa corporea,
mentre il volto è colto in una smorfia di dolore, che viene urlato
all’umanità tutta e si ha l’impressione di poterlo ascoltare, man
mano che ci si avvicina, percependo la prodigiosa energia che
promana dalla sofferenza. Il soggetto è definito secondo le regole
del più crudo realismo, senza alcun senso di pietà verso quel corpo
dall’espressione ottusa come una maschera tragica.
“La cieca”, una
terracotta dipinta ad olio, è realizzata con una strutturazione dei
volumi che fanno levitare la massa plastica, facendo affiorare in
superficie nel volto tristissimo l’inquietudine di un’anima. Una
profonda malinconia associata ad una decorosa compostezza, che
induce al pianto. Il soffio vitale è tutto nelle pupille spente ed
è, nello stesso tempo, di una fissità penetrante. I colori fanno
risaltare i valori tattili della scultura, creando una luminosità
abbacinante. Il giovane seno combacia serenamente con le pieghe del
corsetto. L’abbigliamento è quello classico delle contadine
abruzzesi, reso lucente dalla vivace policromia dai colori
brillanti.
La povera sfortunata assume la purezza di una madonna dal misurato
sapore toscano, memore di forme di gusto quattrocentesco.
L’opera appare come una felice contaminazione tra pietà umana e
l’interesse ad illustrare un misero, quanto dignitoso, contesto
sociale.
1-Costantino Bardella
2-Luce nelle tenebre, di Costantino Bardella
3-Sogni felici, di Costantino Bardella
4-Rancore, di Costantino Bardella
5-Montagnolo, di Costantino Bardella
6-Onomastico del nonno, di Costantino Bardella
7-Figura di giovane demente, di Raffaello Pagliaccetti
8-La cieca, di Raffaello Pagliaccetti
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