Cap.45
Don Maurizio difensore della libertà
Maurizio Patriciello
Don Maurizio Patriciello, parroco di San Paolo Apostolo a Caivano,
chiesa posta nel cuore del triangolo della morte descritto
magistralmente da Saviano in Gomorra, si batte da anni al fianco
della sua gente contro il degrado dell’ambiente, respirando senza
timore gli stessi veleni di morte, accendendo attraverso petizioni e
denunce l’attenzione su questi territori violentati.
Per anni le sostanze tossiche prodotte dalle industrie del nord, dai
fanghi di Porto Marghera agli scarti inquinanti di una miriade di
industrie, dal Piemonte al Veneto, sono finiti nelle viscere di
questa terra, una volta ubertosa, con la complicità della camorra e
di politici corrotti. Don Maurizio in Chiesa, al posto dei fiori, ha
messo dei pomodori, belli a vedersi, ma pericolosi anche solo a
toccarli, con un cartello ammonitore:”NON TOCCATELI”. Da tempo nel
territorio dilagano dermatosi e, soprattutto, tumori in percentuale
enormemente più alta del resto d’Italia.
Quella di don Maurizio Patriciello è una vocazione adulta, nata dopo
un’esperienza cattolica e una nella Chiesa evangelica, dopo anni di
dubbio e di allontanamento. Era caporeparto in ospedale ma un giorno
«diedi un passaggio in macchina a un frate francescano scalzo. Mi
sono incuriosito e ho cominciato a parlargli. Da tempo mi portavo
dentro domande cui non trovavo risposta, soprattutto dopo la morte
di un ragazzo ventenne arrivato in ospedale dopo aver preso una
scossa elettrica. Fra Riccardo mi ha ascoltato, mi ha parlato. Mi
sono iscritto a teologia e, un anno dopo, ho lasciato l’ospedale per
entrare in seminario. Era il 1984 e avevo 29 anni».
L’incarico nella parrocchia di San Paolo apostolo è il primo per don
Patriciello. «Un quartiere difficile dove sono stati sommati,
soprattutto dopo il terremoto, gran parte delle povertà vecchie e
nuove. Il vescovo mi disse di provare , ma di avvisarlo subito se
sentivo che non potevo farcela. Non sono ancora andato».
Nel quartiere che, quasi per ironia della sorte, si chiama Parco
verde, lo rispettano tutti, soprattutto per questo suo impegno a
denunciare i mali che avvelenano anche i figli della camorra.
«Ma non sono un prete ambientalista. Don Primo Mazzolari, che è il
mio maestro, amava dire che bisogna aiutare l’uomo a essere più
uomo. E io cerco di agire da uomo prima ancora che da cristiano.
Perché l’impegno per l’ambiente – che significa impegno per la
salute, per l’agricoltura, per lo sviluppo – deve essere di tutti.
Per la nostra generazione ormai è tardi, ma noi non possiamo
smettere di sperare che questa terra possa tornare a essere fertile
e sana».
Difficile crederlo guardandosi attorno. Cumuli di cenere denunciano
i roghi con i quali si fanno sparire rifiuti tossici del Nord e
scarti del lavoro nero dei piccoli imprenditori locali. Plastica e
copertoni sono combustibile per i veleni sparsi nell’aria. «Un
fenomeno, questo dei roghi, che ci è valso il soprannome di terra
dei fuochi, ma che», denuncia il prete, «alla fine è pure servito a
scoperchiare un pericolo ancora maggiore. Perché quello che si vede
in superficie è niente rispetto alle tonnellate di veleno che sono
state seppellite qui sotto».
Veleni che stanno inquinando le falde acquifere, i terreni, l’aria e
che, secondo le inchieste in corso, raggiungerebbero il loro apice
di contaminazione nel 2064. Tante denunce degli ambientalisti ma, lo
scrive anche Legambiente nel suo ultimo Rapporto, “nessun intervento
concreto fino al grido di dolore di un piccolo e sconosciuto parroco
che raccoglieva la voce del popolo inquinato”.
Grazie all’operazione incessante di sensibilizzazione delle
coscienze si è giunti alla denuncia di sette vescovi che si sono
rivolti a Bruxelles, denunciando il Governo italiano per quella
“vera ecatombe” cui non mette fine. Primo firmatario è il vescovo di
Aversa, vicepresidente della CEI, Monsignor Angelo Spinillo: con lui
anche gli altri sei vescovi della zona (Caserta, Capua, Acerra,
Nola, Pozzuoli e Napoli) che firmano come “vescovi della terra dei
fuochi”, ed i sacerdoti delle sette diocesi. Un documento molto
duro, che chiede “ un inasprimento delle pene per questi reati” e
denuncia una situazione in cui “i territori sono terribilmente e
incredibilmente feriti e violentati da milioni di tonnellate di
rifiuti industriali, altamente tossici, interrati o dati alle
fiamme”. Sotto accusa i “criminali senza scrupoli”, le “aziende in
nero che hanno sversato” e le Regioni del Nord chiamate in causa.
«Nell’audizione dell’8 luglio», racconta don Patriciello, «ho
chiesto che dopo le promesse comincino i fatti concreti. Si sta
pensando anche a istituire una polizia ambientale europea che
costringa i singoli Stati a intervenire in casi come questo». Che si
allargano a macchia d’olio. «Dopo la nostra azione, a Caivano, i
roghi sono diminuiti, c’è più monitoraggio, è difficile vedere i
camion che in questi anni arrivavano dal Nord uscire dallo svincolo
autostradale e lasciare qui il loro carico. Ma questo significa
semplicemente che lo stanno portando da un’altra parte».
«Bisognerebbe equiparare i reati ambientali ai reati di mafia,
evitare le prescrizioni, costringere i responsabili a pagare, fare
in modo che le molto remunerate bonifiche non siano fatte dagli
stessi che hanno inquinato per anni». Da un lato della strada ci
sono i campi di asparagi, dall’altro cumuli di veleno. «Sono tra i
prodotti più rinomati sulle tavole di tutto il mondo», dice il
parroco indicandoli. «Oggi sono avvelenati, ma chissà, con l’impegno
di tutti, forse questa terra tornerà ancora a essere la Campania
felix di una volta».
Chi fa il bene deve saper sopportare l’ingratitudine! «Per colpa tua
non vendiamo più niente”, è stato il grido di rabbia dei contadini
contro don Patriciello, invitato a limitarsi a dire messa. La
contestazione è sorta durante un sopralluogo con il ministro Nunzia
De Girolamo nella Terra dei Fuochi. Uno degli agricoltori si è
avvicinato all’auto sulla quale si trovava Don Maurizio e gli ha
gridato contro con tutta la rabbia che aveva in corpo: «Ognuno deve
fare il suo mestiere. Tu stattene in chiesa a dire messa. Per colpa
tua non vendiamo più nulla». Mentre un altro con modi sgarbati gli
ha intimato di farsi i fatti suoi.
La cosa non è sfuggita al ministro, ancora impolverata dal terreno
della maxi discarica interrata sotto 10mila metri quadrati di campi
coltivati a broccoli, asparagi e finocchi. Il ministro si è
catapultato dalla macchina ed è corsa verso don Maurizio. «Ho visto
come l’hanno aggredita – ha detto – la battaglia per la legalità ha
i suoi costi, ma io sono con lei e non ci fermeranno». L’amareggiato
commento del parroco: «Qui tutti devono capire quale cosa mostruosa
ci troviamo ad affrontare. E non possiamo portare ogni giorno sulle
tavole di migliaia di famiglie ortaggi e frutta avvelenati da far
mangiare ai nostri bambini».
Una cosa davvero “avvelenata” per la visita del ministro a Caivano.
E che fosse una protesta studiata a tavolino lo dimostra un
particolare inquietante. Dopo il sopralluogo nei campi sequestrati
dalla Forestale, il lungo corteo formato da una cinquantina di auto
si è avviata verso la strada provinciale, percorrendo una
strettissima strada sterrata che corre tra i vari poderi. Ad un
certo punto tutti sono stati costretti fermarsi, perché la stradina
era bloccata da una OPEL di colore grigio, lasciata in sosta in modo
da non consentire nemmeno il transito di un pedone. Dalla radio di
bordo degli addetti alla sicurezza è partito l’ordine di individuare
il proprietario (si è poi scoperto che era di un agricoltore che si
è giustificato affermando che stava arando il suo campo e per questo
non si è accorto di nulla) per farla rimuovere. L’attesa è durata
più di venti minuti.
Il sospetto è che i proprietari e gli agricoltori di Ponte delle
Tavole volessero togliersi un sassolino dalla scarpa e fare un
“dispetto” al sacerdote ed al ministro. Poco prima, infatti, tre
contadini che avevano aspettato che il ministro terminasse il
sopralluogo, si erano avvicinati gridando la loro disperazione e
chiedendo molte volte a gran voce: «Diteci cosa possiamo e dobbiamo
fare». Il Ministro ha risposto loro di avere fiducia e si è infilata
in auto. La risposta non è stata gradita dai contadini che hanno
preso a discutere vivacemente con don Maurizio e l’oncologo Antonio
Marfella. La cosa sembrava essere finita lì, poi è scattata la
ritorsione. Con quell’auto grigia a bloccare il corteo ministeriale
e la contestazione diretta al parroco della Terra dei Fuochi che ha
incassato la solidarietà del ministro e quella di Paolo Romano,
presidente del consiglio regionale: «A don Maurizio Patriciello
esprimo la più convinta solidarietà per le contestazioni subite ed
il più vivo incoraggiamento a proseguire sulla strada intrapresa,
che ha consentito di portare alla luce il dramma che, ancora oggi,
si consuma nella Terra dei Fuochi».
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