Cap.35
Uno scrittore cristiano
Mario Pomilio
Mario Pomilio, grande giornalista e scrittore, ingiustamente
dimenticato, nacque ad Orsogna (Chieti) nel 1921 e si spense a
Napoli nell’aprile del 1990 dopo una lunga malattia.
Trascorse l’infanzia prima ad Orsogna e poi ad Avezzano dove
frequentò il liceo classico. Nel 1945 si laureò in Lettere,
alla Scuola Normale di Pisa, con una tesi sulla narrativa di Luigi
Pirandello. Proseguì i suoi studi all’estero specializzandosi nelle
università di Bruxelles e Parigi.
Ebbe, infine, la nomina come insegnante di Lettere in un liceo
napoletano.
Un breve soggiorno a Teramo, in veste di Commissario agli Esami di
Stato, gli ispirò il suo primo romanzo, L’uccello nella cupola,
pubblicato nel 1954, che lo porrà subito all’attenzione della
critica e del grande pubblico con la vittoria nel Premio Marzotto,
opera prima. Ancora a Teramo sarà ambientato, dieci anni dopo, La
compromissione, romanzo dal forte contenuto politico, non privo di
contenuto autobiografico, che in qualche modo racconterà della sua
crisi di intellettuale di sinistra di fronte alle vicende politiche
del 1948; il romanzo accese un ampio dibattito che provocò
l’intervento degli intellettuali degli opposti schieramenti.
L’impegno politico lo portò anche ad un periodo di militanza
nel Partito Socialista.
La conversione di Pomilio alla fede cattolica lo portò a schierarsi
in politica su questo fronte. Va ricordato, al riguardo, che fu
anche deputato al Parlamento europeo eletto come indipendente nelle
liste della Democrazia Cristiana.
Intensa fu l’attività di saggista, critico e storico della
letteratura con la pubblicazione di studi su Italo Svevo, Luigi
Pirandello, Benvenuto Cellini, Edoardo Scarfoglio.
Con Michele Prisco e Domenico Rea fondò a Napoli, nel 1960, la
rivista Le ragioni narrative. Fu redattore del giornale Il
Mattino di Napoli.
Nel corso della sua attività ricevette numerosi premi e
riconoscimenti tra i quali, oltre al già citato Premio Marzotto
“Opera prima” del 1954, il Premio Napoli 1959 per Il nuovo corso e
1975 per Il Quinto Evangelio ed i Premi Strega e Fiuggi 1983 per Il
Natale del 1833.
Fu membro di numerose giurie di premi letterari.
Tra le sue opere più importanti ricordiamo:L’uccello nella cupola,
Milano, Bompiani, 1954; Il testimone, Milano, Massimo, 1956;Il nuovo
corso, Milano, Bompiani, 1959; La compromissione, Firenze, Vallecchi,
1965; Contestazione, Milano, Rizzoli;Il cimitero cinese, Milano,
Rizzoli, 1969; Il quinto evangelista, Milano, Rusconi, 1974; Il
quinto evangelio, Milano, Rusconi, 1975; Il cane sull’Etna,
frammenti d’una enciclopedia del dissesto, Milano,Rusconi, 1978;
Scritti cristiani, Milano, Rusconi, 1979; La formazione
critico-estetica di Pirandello, L’Aquila, M. Ferri, 1980; Opere
saggistiche di Mario Pomilio, L’Aquila, M. Ferri, 1980; Il Natale
del 1833, Roma, Gabriele e Mariateresa Benincasa, 1983; Edoardo
Scarfoglio, Napoli, Guida, 1989; Una lapide in via del Babuino, con
un saggio di Giancarlo Vigorelli, Milano, Rizzoli, 1991, (Avagliano
Editore, Roma, 2002); Emblemi, poesie 1949-1953, a cura di Tommaso
Pomilio, Napoli, Cronopio, 2000;Abruzzo la terra dei santi poveri,
raccolta di scritti abruzzesi, a cura di Dora Pomilio e Vittoriano
Esposito, L’Aquila, Ufficio stampa del Consiglio regionale
dell’Abruzzo, 1997.
Quando la terza pagina dei quotidiani costituiva il fiore
all’occhiello di un giornale, Pomilio collaborò a lungo con Il
Mattino, contribuendo al rapporto tra gli intellettuali e la città.
La più feconda parentesi di Mario Pomilio al quotidiano Il Mattino
si colloca tra due dei suoi maggiori scritti cristiani a ridosso del
suo romanzo capolavoro Il quinto evangelio (1975) ed alla vigilia
della raccolta di saggi Scritti cristiani (1979). Era la fine degli
anni Settanta e quell’ingresso in redazione era il coronamento della
sua affermazione come critico letterario, il critico redattore de Le
Ragioni narrative, l’allievo di Battaglia.
Pomilio era l’autore dei saggi militanti Contestazioni (1967),
conosciuto anche per gli studi sul verismo e sul suo declino e,
soprattutto, narratore pluripremiato con L’uccello nella cupola
(1954), Il testimone (1956), Il nuovo corso (1959), La
compromissione (1965) ed Il cimitero cinese (1969).
Recensore, editorialista, spesso coordinatore di una pagina ancora
più specifica (che appariva a cadenza mobile) dal titolo Nel mondo
dellaletteratura, era approdato in una testata che si fregiava di
firme come Domenico Rea, Mario Stefanile, Clotilde Marghieri, Luigi
Compagnone e tanti altri protagonisti della vita culturale
napoletana e nazionale. Era ancora un giornalista esordiente che si
cimentava, quasi inesperto, con la stampa quotidiana e mostrava un
volto inedito, attento alla cultura partenopea e meridionale con una
partecipazione che spesso acquisiva i toni della velata, e sempre
discreta, polemica.
Tra gli autori più frequentemente trattati dal Pomilio giornalista,
naturalmente Matilde Serao. In occasione del cinquantesimo
anniversario della morte della scrittrice, appare una pagina
monografica, dove, oltre ad un articolo di Aldo Vallone ed uno di
Michele Prisco, a tre colonne domina l’intervento pomiliano. E’ una
lettura della Serao attraverso la lente del Paese di cuccagna, opera
che più rappresenta Napoli con l’insieme delle sue virtù e, se si
vuole, dei suoi difetti.
A Il Mattino Pomilio è il critico che scende nel suo tempo e nei
suoi luoghi, ne legge le pieghe, ne cerca i sensi, ne interroga i
destini. Molti gli articoli dedicati agli amici partenopei. Oltre al
suo primo intervento su Prisco nel 1970, ricordiamo il ritratto di
Mario Stefanile ad un anno dalla morte, apparso il 19 febbraio 1978.
Del critico de Il Mattino, dell’intellettuale e saggista, Pomilio
ama sottolineare il profilo di scrittore e, naturalmente, lo
studioso e teorico della napoletanità “affrancata da ogni
tradizionalismo cartolinesco e inserita in posizione di tutto
rispetto nella geografia poetica del nostro secolo”. Ad un altro
amico caro come Luigi Incoronato dedica un ricordo che poi sarebbe
confluito con il titolo Impegno, silenzio nel volume curato insieme
a Compagnone, Prisco e Rea Luigi Incoronato quattordici anni
dopo(1981). E’ un Incoronato insolito, che si affianca al più
conosciuto scrittore del crudo realismo. Il racconto Le pareti
bianche, alla luce della morte dell’autore, diventa metafora di una
tentazione di morte che vi serpeggia. Non è un semplice profilo
biografico; Incoronato è visto come “emblema” di una generazione:
“Per paradossale che possa sembrare, dietro i suoi stessi esiti
umani ed esistenziali, si configura quella medesima crisi letteraria
che coinvolse la più parte dei narratori a lui coetanei, anche se
poi lui fu il solo a scontarla così in fondo”.
In questo linguaggio colloquiale, davvero insolito per il
“normalista” Pomilio, si esprime il crinale anche autobiografico e
questa pagina su Incoronato si fa, per Pomilio, autobiografia. Gli
esempi da addurre potrebbero essere tanti. Qui basti osservare che
Il Mattino ci restituisce il volto inedito, o almeno insolito, di un
autore ancora dimenticato che ha patria a Napoli, si direbbe, molto
più di quanto i suoi saggi in volume ed i suoi romanzi non mostrino.
Il Mattino restituisce a Napoli un autore che è “suo”.
Mario Pomilio nel 1975 scrisse un breve ma suggestivo dramma
intitolato Il Quinto Evangelista, testo poi raccolto con altri di
genere diverso, ma tutti inerenti la riflessione sul cristianesimo e
su Gesù, poi raccolti con il titolo Il Quinto Evangelo.
Apparentemente il dramma ricalca Processo a Gesù di Diego Fabbri ma
i toni e lo svolgimento sono meno prevedibili dell’illustre
precedente.
L’azione è ambientata nel 1940 in Germania. In una sala parrocchiale
un sacerdote sta svolgendo una conversazione sul tema di Gesù, ma ad
un certo punto, essendo giunto alla fine del suo intervento, chiede
se ci siano domande ed osservazioni e da qui prende avvio l’azione
scenica. Subito si delineano i personaggi del dramma: l’avvocato
Schimmel è il caparbio razionalista, che pone domande provocatorie e
non si lascia convincere da ingenue motivazioni, il dottor Ehrart è
il protestante riformato che di continuo fa riferimento all’autorità
stessa delle Scritture, la signora Kuyper rappresenta il fedele
cattolico semplice, certo delle verità che la tradizione della
Chiesa gli ha insegnato, da ultimo lo studente Toepfer, che
rappresenta le nuove generazioni scettiche rispetto a tutto ciò in
cui credono i padri.
La discussione verte su chi sia Gesù, sulla personalità e sulla
vicenda umana del Cristo riportata a noi dagli evangelisti, di cui
talvolta si notano le incongruenze e le diversità in una lettura
affrontata e critica. I fatti che più animano i protagonisti sono
proprio quelli della Passione.
Romanzo complesso e difficile di un autore messo ormai da parte nel
nostro panorama letterario, Il quinto Evangelio è un’opera
particolare, che raccoglie attorno ad una cornice vari documenti
attribuiti ad epoche diverse: raccolte di lettere, frammenti,
novelle, storie o rifacimenti di storie, una professione di fede.
Ciascun testo è preceduto da una presentazione esplicativa.
A tutt’oggi è una delle opere più innovative nella struttura e
nell’uso della lingua.
Romanzo, saggio, raccolta antologica, ricerca religiosa e filosofica
nello stesso tempo, Pomilio viene catalogato come scrittore
cristiano, definizione che, negli anni, è diventata motivo per
sottostimarlo ed escluderlo dal Novecento letterario italiano. In un
certo senso, oggi scrivere di lui è andare controcorrente. Mario
Pomilio è, invece, uno dei molti autori che vanno ritrovati e
riletti perché le sue pagine possono sempre, anche oggi, farci
compagnia e suggerirci punti di vista particolarmente lucidi, capaci
di liberare visioni ed idee irregolari sui resti dell’uomo
contemporaneo; la lettura di Pomilio è utile soprattutto a quanti
non si arrendono alla trasformazione della “sacra volta” in una
cupola di plexiglass da centro commerciale.
Inoltre troveranno la lettura delle pagine di Pomilio
particolarmente interessanti quelli che credono che la letteratura
sia un mezzo per scortare se stessi nei cammini esistenziali che si
vogliono intraprendere senza necessariamente escludere il “Mistero”
e senza girare invano intorno ad un introvabile sé. Mario Pomilio è
riconosciuto come scrittore di grande rigore stilistico, cosa che
gli derivava dall’avere un vero e proprio culto della parola. Ma non
nel senso della bella parola di tipo dannunziano. Cercava la pulizia
della lingua italiana e rifuggiva dalla comuni contaminazioni con il
dialetto e le lingue straniere. In un’epoca come la nostra, così
ossessionata da estremi localismi e giganteschi globalismi, quella
sua attitudine è una lezione da ritrovare con complicità. E’ di
recente diffusione il dato secondo cui l’italiano ha subito un
incremento del 773% di parole di origine straniera e segnatamente
quelle anglosassoni.
Questo fa di noi un paese globalizzato ma fortemente inglobalizzato:
si parla ormai di “itanglese”. Ed è solo il caso di accennare ai
localismi imbarazzanti di cui siamo preda. Pomilio, invece aveva una
cura scrupolosa per uno scrivere che non disdegnava la cura della
parola, convinto com’era che ogni ricerca intellettuale e spirituale
vada portata avanti con lo strumento linguistico ben circoscritto
nelle sue valenze essenziali, pena l’inconsistenza. Il questo modo
ha sempre evitato estremismi, partigianerie ed ideologie, rimanendo
sempre nei pressi del cuore dei problemi affrontati.
Arrivò fino a misurarsi con una sofferta e lacerante indagine,
complice Manzoni, sul significato del dolore nel mondo, sullo
scandalo della sofferenza che attraversa la storia umana, che fece
nascere Il Natale del1833 con il quale vinse il Premio Strega 1983.
Mi fermo qui, invitando il lettore a ritrovare l’opera di Mario
Pomilio.
Chiudo dicendo che c’è un momento più spiacevole di quando si
dimentica qualcuno, uno scrittore in questo caso, che nelle sue
esperienze letterarie ha offerto buona parte di sé, del suo percorso
esistenziale, delle sue energie, dei suoi dubbi. Tracce utili a chi
sente forte la necessità di cercare oltre i sentieri battuti, per
afferrare qualcosa di sé e del mondo, setacciando materiali oltre se
stesso, confrontandosi con altro da sé.
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