Cap.20
Una tragedia sofoclea
Pupetta Maresca
Come mai Pupetta Maresca trova un posto e di rilievo, in un Pantheon
ideale di napoletani da ricordare, al fianco di giureconsulti e di
principi del bisturi, attori, registi e scrittori di fama?
Una donna che ha ucciso e che ha trascorso oltre 10 anni in carcere
è lo stesso degna di essere ricordata, perché, come ha dimostrato in
maniera inappellabile la giustizia con una sua sentenza, ella ha
agito esclusivamente per amore e per desiderio di giustizia, spinta
a farsi vendetta da sola a causa dell’incerto andamento e dalle
lungaggini delle prime indagini.
La vicenda che la riguardò avvenne negli anni ’50 ed all’epoca vi fu
un grande risalto sulla stampa dell’episodio e tutti gli italiani
furono straordinariamente impressionati non solo per la personalità
di Pupetta, ma anche per le modalità del delitto, che presentò tutti
gli aspetti della tragedia sofoclea, inscindibilmente connessi sia
alla modalità dell’assassinio, sia alla reazione istintiva
dell'opinione pubblica, la quale ebbe grande comprensione e
compassione, nel senso greco del termine, verso la protagonista.
A Napoli le donne sono state da sempre delle grandi protagoniste
della storia e spesso la gioia, i dolori ed i furori della città
hanno trovato espressione in personaggi femminili, dalla forza
impulsiva, dalla irruenza generosa, dallo slancio materno.Tutto ciò
avviene da tempo immemorabile fino ai nostri giorni come cantano le
parole della canzone di Baccini «Le donne di Napoli»: sono tutte
delle mamme; le donne di Napoli si gettano tra le fiamme.
Napoli ha espresso nei secoli degli archetipi ideali della città
femmina, dal ventre materno.
La Napoli generosa e tenace è stata rappresentata da Filumena
Marturano quella terribile materna dalla Medea di Porta Medina,
l’eroina da Marianna De Crescenzo, detta la «Sangiovannara», la
quale combatté a fianco dei garibaldini durante il crepuscolo
borbonico, fino a giungere ai giorni nostri con le madri coraggio
dei quartieri spagnoli, emule di Don Chisciotte, che combattono la
loro difficile battaglia contro la droga e le signore della camorra,
che riproducono una sorta di primato simbolico della donna nella
cultura napoletana.Tutte queste figure di donne sono tra loro molto
diverse, alcune parto della fantasia di qualche scrittore,
ispiratosi a personaggi realmente vissuti, altre sono donne in carne
ed ossa, sangue e muscoli, personalità vulcanica e furia indomabile.
In questa galleria ideale di soggetti femminili Pupetta Maresca
occupa una postazione particolare, come una sorta di spartiacque tra
ruoli, valori e comportamenti femminili tradizionali e gli stessi
ruoli visti in un’ottica più moderna, illuminati da un femminismo
antifemminista. Pupetta è bella, giovane, coraggiosa e fedele alle
tradizioni che nella cultura meridionale vogliono che la donna sia
depositaria della vendetta, una implacabile vestale custode della
famiglia di cui tiene perennemente acceso il fuoco, anche, se
necessario col fuoco delle armi.
Pupetta interpreta però in senso moderno il codice della vendetta;
non affida infatti il compito di santificarla agli uomini della
famiglia, ma si fa giustizia da sola, affrontando in pieno giorno ed
a viso scoperto il colpevole della morte del marito con la furia di
una leonessa.
Negli anni Pupetta ha intrapreso attività commerciali diventando una
donna imprenditrice ed assumendo così un’immagine complessa agli
occhi dell’opinione pubblica; da un lato una donna passionale dalle
connotazioni familiari, domestiche e rassicuranti, dall’altro una
donna leader in grado di farsi largo nel commercio, nonostante
l’agguerrita concorrenza; coniugando in tal modo delle qualità che
di solito sono ritenute le une escludenti le altre ed affermando una
femminilità vittoriosa, senza negare i caratteri più
tradizionalmente femminili.
Pupetta nasce nel 1935 a Castellammare di Stabia e la sua famiglia,
i Maresca, costituisce un clan molto temuto che domina sul mercato
della frutta. I suoi familiari sono soprannominati i Lampetielli per
la fulminea velocità con cui sono in grado di estrarre un coltello
dalla tasca. Da ragazza, Pupetta ha una fresca bellezza popolare,
con una lieve tendenza ad ingrassare. Ha capelli neri ed occhi neri
di una rara bellezza. La madre ha un nome arcaico, Dolorinda, che
anagrammato risuona «da in dolor». La sua bellezza prorompente le
permette giovanissima, ad appena 16, anni di vincere un concorso di
bellezza a Pomigliano d’Arco e di mettersi così in evidenza.
Con la sua avvenenza riesce a far cadere ai suoi piedi, innamorato
pazzo, un colosso, Pascalone ’e Nola, un boss dei mercati generali
di Napoli, che viveva ossequioso di antiche liturgie di una mala
oramai superata. Pascalone ’e Nola è un personaggio mitico per la
sua statura fisica e per la sua personalità sostanzialmente
generosa. Egli è più volte coinvolto in reati annonari e di
contrabbando ed opera sul mercato ortofrutticolo di Napoli con la
funzione piuttosto misteriosa di presidente dei prezzi, cioè di
persona al di sopra delle parti, rispettato da tutti ed incaricato
di fissare prezzo valido e vincolante per tutti, i produttori da una
parte ed i grossisti e gli esportatori dall’altra.
Egli è uno degli ultimi esponenti di una camorra arcaica, in
estinzione, legata al prestigio individuale ed al rispetto di ferree
regole di comportamento a codici segreti a speciali catechismi. È
una camorra che vive nel mito del grande capo, che in solitudine
amministra la giustizia come un triste eroe da puritanesimo
suburbano, da mercato della frutta, da colpo di rasoio sulla
guancia, da sfregio permanente. Una camorra che, non aveva subito
ancora il fascino tenebroso della mafia con i suoi business
internazionali, con lo spaccio della droga e la collusione col
potere politico.Una foto del matrimonio ci mostra Pupetta tutta
vestita di bianco raggiante di felicità, al braccio del suo sposo,
un uomo alto e possente, una vera montagna. Egli dà il braccio alla
sposa e poggia la mano destra sull’addome, con le tozze dita di
contadino strettamente unite ad eccezione del pollice, che
involontariamente tiene diritto verso l’alto, quale inconscio
emblema fallico, in attesa della prima notte di nozze.
Si tratta di un classico matrimonio d’amore, che però permette a
Pascalone di compiere un salto di qualità, da piccolo boss a
camorrista di rango, grazie alla parentela acquisita con la famiglia
di Pupetta, i temuti Lampetielli.
Dal matrimonio e dagli eventi successivi si ispirò il regista
Francesco Rosi nel suo famoso film «la sfida» interpretato dalla
bellissima Rosanna Schiaffino e da Juan Suarez, nel ruolo di un
grossista di ortaggi che si ribella alle spietate leggi della
camorra.Dopo solo tre mesi di matrimonio, il 16 luglio, Pascalone
viene ucciso, apparentemente per futili motivi, in corso Novara.
Pupetta denuncia un ex socio di Pascalone, Antonio Esposito, quale
mandante dell’omicidio, ma le indagini della polizia vanno avanti
lentamente con alterne vicende. La vedova, in attesa di un figlio,
ribadisce più volte le sue accuse e rifiuta sdegnosamente, sola
contro tutti, le profferte amichevoli per chiudere la vicenda.
Quindi Pupetta, stanca e delusa del prolungarsi delle indagini si
reca nel negozio di Antonio Esposito e lo invita a venir fuori in
strada per discutere. Il gangster ignaro di ciò che sta per accadere
acconsente ed accarezza il viso di Pupetta con gesto da boss
clemente e protettivo e le sorride con ironia, ma la ragazza
fulmineamente estrae la pistola e lo colpisce a morte, fuggendo poi
sui monti Lattari, ove verrà arrestata dopo qualche giorno.
La bella vedova vendicatrice diviene un’eroina nella fantasia
popolare.
La corte di Assise che doveva giudicarla deve trasferirsi nei giorni
del processo da Castel Capuano nell’ex convento di San Domenico
Maggiore ove esisteva un’aula per udienze grandissima, che però
risultò insufficiente a contenere tutto il pubblico che avrebbe
voluto assistere al dibattimento.
In primo grado inflitti 18 anni di carcere, che furono ridotti di 5
anni dalla corte di Assise d’appello, che nel 1960 riconobbe la
vedova colpevole di omicidio premeditato con l’attenuante della
provocazione. Nel carcere di Poggioreale, nascerà Pascalino, il
figlio del marito ucciso. Scontata la pena, ulteriormente ridotta di
3 anni, Pupetta fu liberata il giorno di Pasqua del 1965 e ritornò
nella sua città, Castellammare, con le campane che suonavano a
festa, in maniera trionfale rispettata da tutti, grazie anche al
prestigio della propria famiglia che vanta antiche e potenti
amicizie.Grazie alla notorietà conquistata, ma soprattutto in virtù
della sua fiera bellezza mediterranea, prese parte a due film che
ebbero un certo successo di pubblico. Ha interpretato «Delitto a
Posillipo» una sorta di racconto autobiografico ambientato sulla
celebre collina napoletana e quindi «Londra chiama Napoli».
Continuò ad allevare con l’aiuto dei genitori, il figliolo avuto da
Pascalone e per riempire il vuoto sentimentale si innamorò di un
giovane boss emergente Umberto Ammaturo, che in seguito divenne uno
dei maggiori trafficanti di droga del mondo.
Dall’unione, contrastata dalla stessa famiglia di Pupetta, nascono
due figli Roberto ed Antonella. L’amore è passionale ma i periodi di
tempo da trascorrere insieme sono molto ridotti, è un continuo
rincorrersi per incontrarsi, mentre uno usciva di galera l’altro ci
entrava, mentre lei tornava in libertà lui evadeva o si dava alla
latitanza.
La vita di Pupetta che nel frattempo si è dedicata al commercio,
aprendo una boutique a via Bisignano, nella zona «in» di Napoli è
molto movimentata sotto il profilo giudiziario. Viene infatti
accusata di aver organizzato il delitto Galli, il massacro del
criminologo Semerari, di aver tentato estorsioni ad una banca, di
commercio di droga, di associazione camorristica. Da tutte queste
accuse viene assolta a volte in istruttoria a volte con sentenza.
Durante un’infuocata conferenza stampa tenuta nel circolo dei
giornalisti prende posizione contro Cutolo, minacciandolo
apertamente di feroci rappresaglie, se qualcuno della nuova camorra
organizzata avesse toccato qualche suo familiare. Poi una sciagura si
abbatte su Pupetta: la scomparsa nel nulla del figlio Pascalino, che
lei aveva partorito nel carcere di Poggioreale e che non aveva mai
conosciuto il padre, pur portando il suo nome.
Egli aveva la faccia paffuta come la mamma e come lei gli occhi neri
e penetranti che ti guardano fissi e provocatori, ma nelle vene
scorreva il sangue del padre, del quale voleva seguire la leggenda.
Da tempo aveva messo su un piccolo clan, ma all’improvviso sparisce,
forse per aver affrontato gli stessi boss di quel clan che 18 anni
prima avevano ucciso il padre.
Un giudice, in seguito radiato dalla magistratura per altre
faccende, emette undici mandati di cattura per il rapimento di
Pascalino. Vengono arrestati tra gli altri Spavone, il famigerato
malommo, Gaetano Orlando, l’uccisore di Pascalone ’e Nola che da
poco era uscito dal carcere e lo stesso Umberto Ammaturo, che pare
fosse stato gravemente offeso dal ragazzo.
Durante un lungo periodo di latitanza, Ammaturo viene arrestato in
Brasile, ove tesseva le fila del commercio internazionale della
droga. In sua compagnia viene arrestata la sua fidanzata Yohanna
Valdez, una bellissima peruviana, che aveva dato al boss due
bambini.
Pupetta è annientata da questa scoperta ma conserva la sua antica
dignità di donna, dichiarando: «Per me Umberto non esiste più, è
morto; resta solo il padre dei miei figli che gli vogliono bene e lo
rispettano come è loro dovere».
In seguito Pupetta dovrà chiudere un suo negozio di via Leopardi per
i continui furti e le devastazioni di cui era fatto oggetto e si
ritira a Castellammare, ove apre un nuovo esercizio commerciale, in
un ambiente più tranquillo, cercando un po’ di serenità nell’amore e
nella vicinanza dei suoi due figli, uno dei quali, la ragazza, è
gravemente malata di cuore.
Gli ultimi episodi in cui Pupetta assurge all’onore delle cronache
sono storie recenti. Una nuova accusa questa volta di usura, giusto
per cambiare, e la telenovela ancora in corso sullo sceneggiato
televisivo, che nel 1982 la RAI aveva preparato sulle sue vicende,
interpretato da una giovanissima Alessandra Mussolini, alla sua
prima ed unica esperienza di protagonista.
Il filmato fu bloccato dal pretore di Roma nel marzo 1983, su
istanza dei legali di Pupetta, che ritenevano lo sceneggiato lesivo
dell’onorabilità della loro cliente.
Dopo due anni, grazie alla solerzia della magistratura, che si è
pronunciata rapidamente, sulla vicenda, la RAI, sbloccato lo
sceneggiato, ne preparava la messa in onda per il 30 giugno 1994.
Grande attesa da parte dei telespettatori, soprattutto per poter
ammirare una ancora acerba Alessandra Mussolini, nipote del Duce ed
ora deputato, nella parte di Pupetta, ma all’ultimo momento
l’annunciatrice con un sorriso avverte che di nuovo la magistratura
su istanza degli avvocati di parte ha sequestrato lo sceneggiato per
ulteriori accertamenti. Perciò arrivederci verso il 2010 alle ore
22,45 su RAI 3.
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