Cap.30
Facite ammuina: i mille suoni di una civiltà
Facite Ammuina (che in napoletano significa fate confusione) sarebbe
stato un comando contenuto nel Regolamento da impiegare a bordo dei
legni e dei bastimenti della Real Marina del Regno delle Due Sicilie
del 1841. Si tratta, in realtà, di un falso storico, il cui testo
così recita:
(Napoletano)
« All'ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann' a
poppa
e chilli che stann' a poppa vann' a prora:
chilli che stann' a dritta vann' a sinistra
e chilli che stanno a sinistra vann' a dritta:
tutti chilli che stanno abbascio vann' ncoppa
e chilli che stanno ncoppa vann' bascio
passann' tutti p'o stesso pertuso:
chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'll à".
N.B. da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità del
Regno. » (Italiano)
« All'ordine Facite Ammuina, tutti coloro che stanno a prua vadano a
poppa
e quelli a poppa vadano a prua;
quelli a destra vadano a sinistra
e quelli a sinistra vadano a destra;
tutti quelli in sottocoperta salgano,
e quelli sul ponte scendano,
passando tutti per lo stesso boccaporto (buco);
chi non ha niente da fare, si dia da fare qua e là. »
Di questo falso passo del regolamento in questione esistono copie,
vendute ai turisti nei mercatini di Napoli anche oggi, che riportano
a firma quelle dell'Ammiraglio Giuseppe di Brocchitto e del
"Maresciallo in capo dei legni e dei bastimenti della Real Marina"
Mario Giuseppe Bigiarelli.
Il motivo dell'assenza di copie ufficiali è dovuto semplicemente al
fatto che il regolamento della Real Marina del Regno delle Due
Sicilie non ha mai annoverato un tale articolo e né di Brocchitto né
Bigiarelli risultano menzionati tra gli ufficiali della marina delle
Due Sicilie. Tali cognomi sembrerebbero del tutto inventati poiché
il primo non risulta esistere in nessun archivio dell'intera Italia,
mentre il secondo è del tutto estraneo all'onomastica delle Due
Sicilie. Peraltro, il regolamento della Real Marina, come tutti gli
atti ufficiali, era redatto in perfetto italiano, e perfino l'esame
del testo in napoletano lascia dubbi di genuinità, soprattutto
perché usa l'indicativo per degli ordini: per esempio, invece che «chilli
che stanno abbascio vann' ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann'
abbascio», ci si aspetterebbe «... jessero ncoppa...». In
particolare il presente congiuntivo nell'ultima frase, s'aremeni era
certamente scomparso nell'uso popolare ottocentesco della lingua
napoletana e sostituito dalla forma ottativa s'ar(r)emenasse.
Si tratta quindi di uno dei tanti aneddoti denigratori sulle forze
armate borboniche (nel loro insieme spregiativamente definite
esercito di Franceschiello) confezionati a fine propagandistico dai
piemontesi per screditare il Regno delle Due Sicilie e la dinastia
dei Borbone. Altre invenzioni simili, riguardanti questa volta
l'esercito, sono il facite 'a faccia feroce e il facite 'a faccia
fessa che sarebbero stati gli ordini impartiti alle reclute durante
l'addestramento.
Tra l'altro, la Real Marina del Regno delle Due Sicilie era
particolarmente efficiente, tanto che nell'Italia appena unificata,
che si trovò imposte tutte le istituzioni e la legislazione
piemontese, la Marina adottò proprio divise, gradi e regolamenti di
quella napoletana.
Sebbene il facite ammuina non nasca affatto da un regolamento della
marina borbonica, esso trae origine da un fatto storico realmente
accaduto (anche se dopo la nascita della Regia Marina italiana). Un
ufficiale napoletano, Federico Cafiero (1807-1889), passato dalla
parte dei piemontesi già durante l'invasione del Regno delle Due
Sicilie, venne sorpreso a dormire a bordo della sua nave insieme al
suo equipaggio e messo agli arresti da un ammiraglio piemontese, in
quanto responsabile dell'indisciplina a bordo. Una volta scontata la
pena, l'indisciplinato ufficiale venne rimesso al comando della sua
nave dove pensò bene di istruire il proprio equipaggio a "fare
ammuina" (ovvero il maggior rumore e confusione possibile) nel caso
in cui si fosse ripresentato un ufficiale superiore, con lo scopo di
essere avvertito e nello stesso tempo a dimostrare l'operosità
dell'equipaggio.
Un suono napoletanissimo è quello fragoroso della pernacchia che i
puristi definiscono un suono derisorio, ironico e in genere
considerato volgare, eseguito soffiando con la lingua protrusa
all’infuori in mezzo alle labbra serrate, oppure premendo con il
dorso della mano sulla bocca per ottenere un rumore simile a quello
di una flatulenza(alias scorreggia).
Lo spernacchiamento può essere eseguito mediante due tecniche di
disposizione labiale a scelta. Si può poggiare la lingua sul palmo
della mano e soffiare facendo vibrare il labbro inferiore. In questo
caso si ottiene un suono aperto, cosiddetto a “squacchio”, oppure
raccogliere la mano a cono e far vibrare contemporaneamente entrambe
le labbra. In questo caso si ottiene un suono più acuto che può
essere modulato dall’esecutore mediante la crescita progressiva del
volume d’aria emesso; questa tecnica consente anche di variare la
nota di escussione della pernacchia maggiore sia verso gli acuti che
verso i gravi.
Quando la pernacchia non viene eseguita da uno specialista(sono
tutti napoletani) e senza il dovuto trasporto si trasforma in una
fetecchia che può essere definita il tentativo fallace di emettere
un peto vibrato e roboante, che invece poi riesce afflosciato e
calante, una scorreggia non riuscita, quindi, potremmo concludere un
mezzo aborto di pereta, che, se consultiamo il dizionario scopriamo
trattarsi di un sinonimo di peto, fetumma, loffa o siluro e qui ci
fermiamo perché dai suoni siamo agli odori, anzi ai fuochi di
artificio.
Questo suono così esplicativo pare nasca durante il dominio spagnolo
e si manifestasse spontaneo all’arrivo degli esattori delle tasse,
che i popolani salutavano con particolare affetto.
La pernacchia più celebre nella storia del cinema è quella di
Eduardo De Filippo, contro un nobile arrogante. Era un suono
altamente modulato e studiato, in concorso con la plebe del rione.
Oltre all’irrisione, cioè, esprimeva una protesta sociale. Con un
suo stile classista, dal basso, nazionale più ancora che napoletano.
Di recente anche Bossi, l’immarcescibile ministro padano, si è
voluto esibire con il nobile suono della Terronia, ma il suo gesto è
stato un fiasco sotto il profilo acustico, al punto che avrebbe
meritato un riscontro di eguale entità da parte di un napoletano doc,
ma gli è stato risparmiato tenuto conto della sua incapacità di
intendere e di volere.
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Falso regolamento della Marina borbonica
Una celebre pernacchia
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