Cap.2
Curiosità nel Gabinetto erotico
Se vogliamo conoscere le antiche abitudini sessuali dei nostri
antenati dobbiamo visitare il Gabinetto segreto del museo
archeologico, dove sono raccolti una serie di stupefacenti reperti
recuperati in gran parte durante gli scavi effettuati a Pompei a
partire dal Settecento.
Questi originali materiali a sfondo erotico sono stati sottratti per
lungo tempo alla fruizione del pubblico perché considerati osceni e
perciò divenuti famosi ed oggetto di morbosa curiosità.
La denominazione di Gabinetto Segreto ha una ragione storica:
infatti con il termine "segreto" si indicarono spesso nel
Rinascimento i luoghi, le stanze, i giardini in cui venivano
raccolte le speciali collezioni che si cominciavano a formare con
opere d'arte, antiche e moderne, ispirate al tema dell'amore e della
sensualità.
Quando cominciò la campagna di scavi, la scoperta a Pompei ed
Ercolano di tanti oggetti legati alla sessualità destò sorpresa nei
contemporanei, che immaginavano le due città come dei tranquilli
centri abitati, in tutto dissimili dalle lussuriose Capri e Baia,
invece si scoprì che nelle cittadine vesuviane esistevano più
postriboli che forni e che la richiesta, e di conseguenza l’offerta
di sesso, era superiore alle esigenze alimentari: più sesso che
pane, fornicare altro che mangiare.
A queste imbarazzanti testimonianze del nostro passato fu riservata
una sala del museo Ercolanese di Portici, che poteva essere visitata
a richiesta e con permesso speciale. Dopo il trasferimento del Museo
da Portici al Palazzo degli Studi, la collezione venne esposta per
alcuni anni senza particolari restrizioni, ma solo fino al 1819,
quando il futuro re Francesco I, in occasione di una visita con la
figlia Carlotta, che rimase particolarmente colpita dalla vista di
tante immagini conturbanti, suggerì al direttore di formare una
raccolta separata, che fu detta prima Gabinetto degli oggetti
osceni, definiti poi riservati, visitabile solo da “persone di
matura età e di conosciuta morale”, e comprendente all’epoca
centodue “infami monumenti della gentilesca licenza”.
Negli anni successivi, a chi chiedeva una maggiore apertura del
Gabinetto ed una più larga generosità nel rilasciare permessi di
visita, si opponevano gli immancabili bacchettoni, che ritenevano
opportuno di dovere proibire anche la visione delle Veneri e delle
altre figure, nude e seminude, delle quali era ricco il museo di
Napoli. Prevalse infine lo spirito reazionario, cosicché la raccolta
fu trasferita al primo piano e ne fu murata la porta, perché “se ne
disperdesse per quanto era possibile la memoria”.
Da allora il Gabinetto Segreto ha vissuto sorti alterne, a seconda
degli avvenimenti politici. Negli anni che seguirono all’ingresso di
Garibaldi a Napoli la collezione venne aperta a tutti tranne che ai
fanciulli e, con particolare permesso, anche alle donne ed al clero;
fu inoltre pubblicato il catalogo della Collezione Pornografica ad
opera dell’allora direttore del museo, Giuseppe Fiorelli. Ma essa fu
nuovamente chiusa dal governo sabaudo che prescrisse il permesso per
tutti fino al 1931. Durante il ventennio fascista, la collezione fu
completamente chiusa al pubblico e si dovrà aspettare il 1967 per
poterla visitare di nuovo, sebbene per soli pochi anni. Richiuso per
motivi di restauro e per la necessità di reperire una adeguata
sistemazione, il Gabinetto segreto è stato riaperto in via
definitiva nell’aprile del 2000, organizzato secondo la selezione a
suo tempo fatta dal Fiorelli, con il solo aggiornamento
dell’esposizione dei materiali vesuviani divisi secondo criteri
cronologici, iconografici e funzionali: i materiali di età preromana,
la pittura mitologica, la decorazione dei giardini, la pittura dei
lupanari, l’erotismo nel banchetto, gli amuleti.
Tra gli esemplari più famosi è il gruppo marmoreo con Pan e capra,
rinvenuto nella Villa dei Papiri di Ercolano nel 1752, a lampante
dimostrazione che i nostri avi contadini e pastori non disdegnavano
in caso di bisogno di soddisfare gli improcrastinabili impulsi
sessuali anche con gli animali.
Le pitture sono distinte tra quelle mitologiche, più raffinate, che
derivano dalla tradizione della pittura erotica greca ed
ellenistica, e quelle realistiche, più popolari, destinate a
decorare i lupanari e le stanze particolari delle case private.
Abbiamo vasi estremamente espliciti nell’indicarci le posizioni
preferite dai nostri progenitori e mosaici nei quali sono riprodotte
volenterose cortigiane pronte a soddisfare le esigenze più varie
della propria clientela, alla quale proponevano le specialità nelle
quali erano più versate ed i relativi prezzi delle prestazioni
all’ingresso del postribolo.
Numerosi sono pure i bronzetti, le lucerne e gli amuleti personali,
portati da uomini e donne come protettivi contro il malocchio e le
malattie. Nel mondo romano infatti il membro virile era considerato
simbolo di fecondità ed augurio di prosperità ed allo stesso tempo
teneva lontana la cattiva sorte; anche il rumore era ritenuto un
potente talismano. I due rimedi apotropaici, combinati insieme,
ebbero grande popolarità nei centri vesuviani, come testimoniano i
numerosi campanelli di bronzo sorretti da falli o figure itifalliche,
utilizzati nelle botteghe come auspicio di buoni affari, e forse
anche nelle case come divertenti arredi da banchetto per chiamare le
portate: di particolare rilievo in questa serie è una splendida
figurina di gladiatore da Ercolano. Nasce in questi anni l’abitudine
tutta napoletana di grattarsi le parti intime in presenza di una
persona ritenuta malefica o di portare in tasca un corno, rimedio
infallibile contro il malocchio.
In quanto potente amuleto il fallo era inoltre posto, in tutte le
città antiche, sulle mura, sui marciapiedi e lungo le strade; a
Pompei era spesso usato nei cantonali delle case a scopo protettivo,
ma anche sulle facciate delle botteghe, spesso dei panifici, dov’era
scolpito sugli architravi dei forni. Celebre è il rilievo in
travertino con fallo e scritta “hic habitat felicitas” dal panificio
nell’insula della Casa di Pansa.
Una sezione del “Gabinetto Segreto” è dedicata agli oggetti erotici
della collezione Borgia, tra i quali si distinguono: uno specchio di
bronzo etrusco con scena erotica incisa ed una serie di piccoli nani
in pietra con falli enormi tra le mani, di provenienza egizia e di
età tolemaica. La sala LXII, infine, ospita alcuni reperti non
pertinenti propriamente alla collezione del “Gabinetto Segreto”, tra
i quali il gruppo di Pan e Dafni, il sarcofago in marmo con scena di
culto dionisiaco, entrambi della collezione Farnese, il mosaico in
bianco e nero con Pigmei da Roma, mentre una piccola sezione
illustra la storia della collezione nei documenti d’archivio.
Numerosi sono gli esemplari raffiguranti ermafroditi e maschi
superdotati al punto di necessitare di opportuni sostegni per membri
elefantiaci, approcci tra satiri e ninfe e come ciliegina finale una
raccolta di apparati maschili completi di testicoli.
La sezione è più conosciuta all’estero che in Italia ed infatti
visitandola ci si accorge dei numerosi stranieri che affollano le
sale, mentre tanti napoletani non sanno nemmeno dell’esistenza di
questo scrigno prezioso di priapei, quanto mai esplicativo
dell’origine delle nostre abitudini sessuali.
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Pan e capra
Scena di lupanare
Tintinnabulum o campanello
Falli del Gabinetto segreto
Il Priapo della Casa dei Vettii a Pompei
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