Cap.17
L’inesauribile fame dei mangia maccheroni
Parlare di pizza o di maccheroni nel mondo significa rievocare
Napoli. Orgoglio e vanto della cucina italiana, la filante e
tubulare pasta ha affascinato e continua ad attirare personaggi di
ogni paese, età e condizione.
Nati come metodo povero e pratico per conservare la farina di grano
e renderla rapidamente commestibile, i maccheroni hanno conosciuto
il destino di diventare un piatto internazionale e quasi l’emblema
della gastronomia italiana all’estero.
Ma chi ha inventato i maccheroni? Le loro origini sono misteriose,
ma oggi sappiamo con certezza che paste alimentari, atte alla
conservazione, come maccheroni e vermicelli, fossero diffuse in
tutto il bacino del Mediterraneo tra i secoli XIII e XVI. Ne
troviamo traccia in documenti genovesi del Duecento e del Trecento
ed anche in un atto notarile del 1279. Mentre ancora prima in Cina
esisteva un impasto di acqua e farina molto simile agli gnocchi.
Probabilmente la loro origine è araba o persiana e fu la Sicilia a
farsi mediatrice tra Oriente ed Occidente in un periodo nel quale i
napoletani erano famosi come mangia foglie.
L’ipotesi della nascita a Napoli dei maccheroni è dunque una
leggenda di cui parleremo diffusamente, propagandata da Matilde
Serao alla fine dell’Ottocento, rinforzata dal parere di un dotto
come Carlo Tito Dalbono, grande conoscitore delle abitudini dei
napoletani nella prima metà dell’Ottocento.
Napoli cominciò ad identificarsi con i maccheroni e lo trasformarono
in un cibo europeo quando vari viaggiatori cominciarono a descrivere
quei folkloristici personaggi che li avviluppavano con tre dita e li
mandavano giù, soprattutto quando divenne costume di cucinarli e
venderli all’aperto in spacci ambulanti diffusi in ogni angolo della
città.
Per tutto l’Ottocento il maccaronaro divenne uno degli aspetti più
salienti del colore napoletano e l’icona indiscussa di mangiarli con
le dita e addirittura conservarli nelle tasche è costituita dalla
memorabile interpretazione di Totò nel film “Miseria e nobiltà”.
Ma la favola della Serao è talmente ben congegnata che merita di
essere ricordata.
Durante il regno di Federico II viveva a Napoli un certo Chico, il
quale possedeva antichi libri di ricette, una serie di alambicchi e
faceva comprare al domestico una serie variegata di alimenti che poi
mescolava in vario modo.
Accanto a lui abitava una donna maliziosa e linguacciuta di nome
Jovannella, che spiava giorno e notte il mago, finchè un giorno
disse: “Ho scoperto tutto; fra poco saremo ricchi”. La perfida donna
riuscì a farsi ricevere dal re al quale fece assaggiare la sua
pietanza.
Federico rimase entusiasta e gli diede un grosso premio. In seguito
tutti i nobili ed i ricchi borghesi mandarono il loro cuoco ad
imparare la ricetta e nell’arco di sei mesi tutta Napoli si cibava
dei maccheroni, mentre Jovannella divenne ricca.
Fu poi Pulcinella a diffonderli dappertutto con la sua abitudine di
portarli in tasca già caldi e fumanti.
Nascono poi i tanti tipi di pasta diversa, grazie a fabbriche
specializzate localizzate tra Torre Annunziata e Gragnano, che
grazie ad un’acqua leggerissima e priva di calcio e ad un’accorta
tecnica di ventilazione, producono formati di gusti diversi, oltre a
vermicelli e maccheroni, lasagne, paccheri e trenette, rigatoni ed
orecchiette, che costituiscono il fondamento della dieta
mediterranea che anni fa con una decisione votata all’unanimità
dall’Unesco sono stati considerati patrimonio dell’umanità.
Non si può concludere un discorso sulla pasta senza parlare del
ragù, reso celebre dalla poesia di Eduardo e che a Napoli si prepara
in un modo particolare, la quale richiede molte ore di preparazione,
cuocendo per ore la carne di bovino in umido col pomodoro il cui
sugo serve per condire alla grande maccheroni in grado di
resuscitare i morti.
Facciamo questa precisazione perché di recente una multinazionale
anglo-olandese ha registrato la parola ragù negli Stati Uniti,
costringendo in futuro le aziende italiane a pagare un dazio per
commercializzare all’estero un prodotto tipico della nostra cucina.
Il ragout di origine francese è un intingolo con retaglie di pollo
finemente preparato che serve a condire riso e verdure, ben diverso
da quello nostrano che solo a Napoli sanno fa’.
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Totò in Miseria e nobiltà
Jusepe de Ribera-Il mangiatore di maccheroni (Hartford, Wadsworth
Atheneum)
Filippo Palizzi-I mangiamaccheroni
Venditori di maccheroni
Fabbrica di maccheroni
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