Le
chiese di Ischia:
"Lacco
Ameno"
di
Achille della Ragione
Santa Restituta
Santa Maria delle Grazie
Altre chiese di Lacco ameno
Santa Restituta
Piazza Santa Restituta a Lacco Ameno è un luogo sul quale da duemila anni aleggia un'aura religiosa, vivendo un continuum temporale, che ci riporta agli albori del Cristianesimo ed ancora prima alla civiltà greco romana, come hanno ampiamente dimostrato gli scavi archeologici.
In questa area in periodo pagano (I sec. a.C.) esisteva un tempio dedicato ai Numi, quindi, nel IV secolo, sorse una piccola basilica paleocristiana, dedicata poi a Santa Restituta. Nell'812 viene distrutta dai Mauri , che sbarcano ad Ischia. Le reliquie della Santa vengono traslate a Napoli nella basilica costantiniana nell'845 e solamente nel 1036 l'oratorio viene ricostruito dal conte Marino Mellusi e dalla consorte Teodora, che ne affidano la custodia ai monaci benedettini.
Santa Restituta, interno
Nel XII secolo l'edificio fu integrato da una nuova cappella intercomunicante, mentre
l'horatorium fu prolungato ed elevato in altezza. Nel 1470 le strutture del tempio vengono ulteriormente ampliate, dopo che in precedenza erano state costruite mura difensive a protezione delle continue scorrerie saracene. Nel 1590 il vescovo di Ischia, monsignor
Polverino, cede ai Carmelitani la chiesa ed i terreni circostanti, con l'obbligo di costruire una torre, quale rifugio per religiosi e fedeli in caso di incursioni nemiche.
La quarta chiesa sorge verso l'ultimo decennio del Seicento ad opera del priore Andrea
Buonocore, il quale dedica il tempio alla Madonna del Carmine. Nell'ambito dei lavori di consolidamento della volta furono predisposte ampie decorazioni con stucchi e fu rifatto il pavimento, che ricoprì quello del 1470.
Nel 1822, due anni dopo il Concordato stipulato tra la Santa Sede e Ferdinando di
Borbone, al posto dei Carmelitani giunsero gli Agostiniani, i quali eseguirono ulteriori abbellimenti. Nel 1866, per la legge di soppressione degli ordini religiosi, dopo un breve intermezzo in cui vi risiedettero i Padri Serviti, la chiesa passò al Demanio.
E giungiamo così al catastrofico terremoto del 28 luglio 1883, che danneggiò gravemente la chiesa. Grazie all'intervento del cardinale Guglielmo
Sanfelice, arcivescovo di Napoli, la volta venne ricostruita con un sistema ligneo antisismico e si allestì un soffitto a cassettoni appoggiato a 24 coppie di colonne e capitelli corinzi, anch'essi di legno. L'attuale Santa Restituta venne solennemente inaugurata il 2 luglio 1886, come si legge sulla lapide marmorea posta sul lato destro dell'ingresso e fu affidata ad un rettore dipendente dall'ordine diocesano.
Santa Restituta ha una facciata neoclassica, completata nel 1910, con a destra il campanile, mentre la torre, costruita dai Carmelitani, nel 1589, è oggi sede degli uffici comunali.
La pianta è rettangolare, a navata unica, ai lati dieci campate trapezoidali, che fungono da
cappelline, con altari in marmo, impreziositi da quadri o statue lignee. Il soffitto a capriate, coperto da un
cassettonato, è scandito da coppie di semicolonne e capitelli rivestiti da legno e stucco oro e azzurro.
L'interno è ben illuminato grazie a quattro finestre per lato.
Una ricca balaustra in marmo delimita la zona absidale coperta da una cupola con lanternino.
Adiacente all'abside è presente una cappella coperta da una volta a botte, divisa da un profondo arcone decorato con eleganti stucchi.
Entrando nella chiesa a destra, collocato di recente e frutto di una donazione di una famiglia
ischitana, un dipinto sacro di ignoto autore romano del XVI secolo. Nella parte inferiore un paliotto bronzeo settecentesco raffigurante la Dormitio
Virginis.
Di fronte, sull'altra navata, una grande tela del Balbi raffigurante Sant'Agostino.
Nella descrizione successiva trascureremo le numerose statue devozionali, di scarso rilievo artistico, e soffermeremo la nostra attenzione su poche opere. A destra, su una Purificazione, proveniente dalla chiesa dello Spirito Santo, di ignoto, sul finir del Settecento ed una Madonna del Carmine, erroneamente assegnata in alcune guide a Decio Tramontano, da attribuirsi invece ad un sconosciuto pittore, venuto a contatto con la bottega di Michele Curia ed ispiratosi ad un prototipo eseguito da Silvestro Buono per il convento di Sant'Agostino alla Zecca. A sinistra abbiamo un Calvario che ricorda i modi pittorici di Silvestro Buono ed una Gloria della Trinità, proveniente dalla distrutta chiesa dello Spirito Santo, che può tranquillamente entrare nel catalogo del Di
Spigna, per le stringenti affinità nei putti, identici a quelli che ricorrono nelle tele del lacchese e nell'immagine dell'Eterno, sovrapponibile a quella della tela conservata nella chiesa di San Vito, datata 1745 e con la Natività in San Michele Arcangelo, eseguita nel 1746.
L'altare maggiore, in marmo policromo ed intarsi, proveniente dalla distrutta chiesa settecentesca dello Spirito Santo, presenta ai lati due graziose teste d'angeli, eseguite da Baldassarre De Luca nel 1792; esso è sovrastato da una grosso quadro, eseguito di recente dal Raimo, raffigurante la Madonna del Carmine, Sant'Agostino e Santa Restituta sulla barca guidata dagli angeli, copia della famosa tela di Luca Giordano, conservata a Napoli sull'altare di Santa Restituta. Ai lati: un San Tommaso da Villanova a sinistra ed un San Nicola da Tolentino a destra, opere di Filippo Balbi, pittore attivo nell'Ottocento, autore della serie di lunette con scene francescane nel chiostro del convento di San Francesco d'Assisi a
Forio.
Lungo tutte le pareti sovrastanti le campate trovano posto dieci grossi dipinti didascalici, rappresentanti gli episodi più salienti del martirio di Santa Restituta, rifacendosi alla narrazione della Passio di Pietro Diacono del secolo X. Essi furono eseguiti tra il 1885 ed il 1889 da Francesco
Mastroianni, un mediocre artista, seguace della corrente purista. Inoltre nello spazio tra le colonne lignee si osserva una serie di quadretti a colori illustranti la Via Crucis, mentre sull'ingresso fa bella mostra una cantoria arabescata in oro con l'organo inizio Settecento.
storie della passione di Mastroianni
Sotto il pulpito si entra in una piccola cappella settecentesca, ove si può ammirare una elegante balaustra in marmi policromi e, sul fondo, una statua lignea di Santa Restituta. Un caratteristico pavimento a riggiole decorate e alle pareti varie lapidi marmoree testimoniano un diffuso sentimento di devozione popolare, che riscontriamo anche nella visita della sacrestia, letteralmente tappezzata da ex voto d'argento ed infine uno sgargiante busto ligneo rappresentante la veneranda martire africana.
Annesso alla chiesa vi è un complesso museale, al quale si accede dal cortile esterno, che contiene numerose testimonianze, abbraccianti due millenni di storia. Esso, creato da un illustre studioso, padre Pietro Monti, occupa un'area di circa 1500 mq. distinta su due livelli. Illustra stratificazioni delle varie chiese, che si sono succedute nei secoli ed ospita i più importanti oggetti venuti alla luce nelle campagne di scavo.
La visita del museo è quanto mai interessante, la sua descrizione esula dal piano della nostra opera.
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cappella degli ex voto
museo archeologico sottostante
Santa Maria delle Grazie
Percorrendo l'elegante corso Angelo Rizzoli incontriamo la chiesa di Santa Maria delle Grazie, attuale parrocchia di Lacco Ameno, un piccolo gioiello di architettura settecentesca miracolosamente scampato a numerose calamità naturali. Oggi la chiesa appare soffocata dalle superfetazioni edilizie circostanti e si presenta nel suo insieme "come il risultato di una serie di interventi variamente distribuiti nel tempo, per finire, in tempi vicini a noi, con l'impiego dell'alluminio anodizzato per la porta d'ingresso" (Delizia).
La chiesa fu costruita nel 1675 dalla famiglia Monti, che la destinò a cappella privata. Essa corrispondeva all'attuale presbiterio, illuminato dalla cupola sul coro, e al robusto portale in pietra lavica, che fungeva da ingresso dal cortile adiacente. Dopo vari lavori di ampliamento, nel 1732, la struttura fu completata e negli anni divenne il centro della vita religiosa della ridente cittadina, ottenendo dalla Santa Sede numerosi benefici e privilegi. Il nuovo edificio assunse la veste attuale, con una navata centrale fiancheggiata da due corridoi, che, ricongiungendosi, formano due zone absidali ed una cupola svettante. Nel 1833 il terremoto causò danni gravissimi e la chiesa rimase chiusa per oltre cinquanta anni. Soltanto nel 1943, dopo ampi lavori, fu riaperta al culto. La facciata fu rifatta rispettando quella primitiva, essa è sormontata da colonne e capitelli, movimentata da nicchie e cornici ed in alto vivacizzata da un mosaico raffigurante la Madonna delle Grazie. Anche l'interno fu ricreato rispettando la struttura architettonica antica: una pianta basilicale divisa in tre navate con volta a vela, lunettata al centro, mentre nelle navate laterali la copertura utilizza voltine a crociera, un'imponente cupola, sostenuta da un alto tamburo, all'incrocio del transetto con l'asse maggiore.
Entrando, a sinistra dell'ingresso, proveniente dalla chiesa dell'Annunziata, sita in località
Fundera, vi è una pila per l'acqua santa, databile alla fine del Cinquecento, recentemente adattata a fonte battesimale. Poco più avanti, in una bacheca, vi è una statua lignea di Santa Lucia, opera di un ignoto artista, della prima metà dell'Ottocento, autore probabilmente anche della statua della Madonna delle Grazie posta nella zona absidale.
Sulla parete sinistra è collocato un pulpito in legno intagliato di artigianato campano, databile alla fine del secolo
XVI.
L'altare del transetto sinistro, in marmi policromi, è settecentesco, opera di un ignoto artigiano di gusto napoletano; esso proviene da una chiesa francescana per la presenza del simbolo dell'ordine nel paliotto. Sulla parete sinistra del presbiterio vi è un dipinto settecentesco raffigurante la Fuga in Egitto, esso è una copia del famoso dipinto del Solimena conservato nella chiesa di Donnalbina a Napoli, probabilmente l'esercitazione di un seguace.
Nella zona presbiteriale l'altare maggiore, in marmi policromi, della seconda metà del Settecento, proviene da una non identificata chiesa dell'area napoletana. Esso infatti, eseguito in collaborazione tra un marmoraro ed un ignoto scultore della cerchia di Francesco Pagano, fu acquistato nel 1955 dal parroco presso un antiquario e poi donato alla chiesa.
In una nicchia nella zona absidale vi è poi una statua lignea raffigurante la Madonna delle Grazie, realizzata nella seconda metà del Novecento da un ignoto scultore campano di ambito provinciale. La Madonna, in un incendio, nel 1955, perse i suoi splendidi abiti di stoffa, che vennero sostituiti, nel 1970 in fibra di vetro colorata. In un'altra nicchia, dopo il secondo altare della parete destra, vi è una statua in legno scolpito e dipinto, raffigurante San Vincenzo
Ferrer. L'opera, della seconda metà del secolo XVIII, è caratterizzata da una plastica vigorosa e venne realizzata da uno scultore dell'ambito di Francesco Di Nardo.
In sacrestia trovano posto: una scultura lignea raffigurante il Redentore, eseguita da Francesco Citarella nella seconda metà del Novecento ed una statua di San Gennaro settecentesca di scuola napoletana.
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Altre chiese di Lacco ameno
Chiesa dell'Assunta
Giunti in piazza Rosario si incontra la chiesa dell'Assunta, sorta nel 1684 come confraternita laicale e vicino ad essa si possono intravedere i ruderi dell'antica chiesa del Santissimo Rosario, distrutta dal terremoto nel 1883. La confraternita veniva incontro alle esigenze, sia spirituali che di sepoltura di tutti gli abitanti di Lacco, che fino ad allora si erano serviti della Congregazione della Pietà di
Casamicciola; infatti nei registri del 1686, rinvenuti in archivio, si legge la dizione di Oratorio del casale di Lacco, per distinguersi dal vicino comune.
Sin dal finire del Seicento la Congregazione ha organizzato una sacra rappresentazione, che si svolge ancora oggi la mattina del giorno di Pasqua per ricordare il mistero della Resurrezione.
La processione è simile alla "Corsa dell'Angelo" che si celebra in altri comuni ischitani e vengono utilizzate le statue normalmente conservate in sacrestia: la Madonna del Rosario, il Cristo risorto, l'Angelo, San Giovanni e Santa Maria Maddalena.
Il sisma del 1883 non distrusse completamente l'edificio, il quale, in tempi recenti è stato interessato da notevoli ampliamenti e ristrutturazioni interessanti la sacrestia e la facciata, mentre il campanile fu realizzato nel 1972. Nel 1988, con l'autorizzazione del vescovo d'Ischia, si ebbe infine la solenne incoronazione della prodigiosa immagine della beata Vergine
Maria, invocata Madonna dell'Assunta.
L'interno presenta una sola navata e la volta affrescata dall'immagine della Assunta circondata da angeli.
Entrando vi sono due lapidi ed un elegante crocifisso ligneo. Poco più avanti, in una nicchia è conservata una Madonna del Rosario dono, nel 1926, degli emigrati lacchesi negli Stati Uniti. Vi è poi un antico dipinto di scuola napoletana raffigurante San Pietro ed un altro che rappresenta l'Annunciazione. L'altare maggiore in marmi policromi, presenta in alto una grande pala dell'Assunta.
Altre opere d'arte degne di citazione sono: il pulpito ligneo ed un dipinto raffigurante la Nascita di Sant'Anna, entrambi del Seicento e la cantoria lignea con il piccolo organo realizzati nel XVIII secolo.
Chiesa di San Rocco e Congrega di Sant'Anna
Usciti dalla piazza svoltando a sinistra, dopo pochi passi si incontra la chiesa di San Rocco, a cui è annessa la Congrega del Pio Monte di Sant'Anna. La sua esistenza si fa risalire al 1542, quando viene citata in un documento del notaio Polidoro Albano; a lungo ne ebbe il patronato l'Università. Il nuovo luogo di culto fu edificato in conseguenza del fitto popolamento che ebbe la zona di
Cassiano, a tal punto che la chiesa diede poi il nome a tutta la zona: contrada San Rocco.
L'edificio attuale è il risultato di una serie di ristrutturazioni cominciate nel 1970, mentre prima del sisma del 1883, che la distrusse completamente, la chiesa era formata da otto archi, il soffitto era a botte con stucchi e una cupoletta a scodella sormontava l'altare maggiore. Ricostruita dopo l'evento tellurico, subì nel 1960 nuovamente gravi danni a seguito di un terribile temporale, che colpì le strutture portanti creando il pericolo di un crollo. Nel 1976 si completarono i lavori con la costruzione del campanile ed il rifacimento della facciata.
Entrando nell'interno ad una sola navata, sulla parete a destra dell'ingresso, ci accoglie un'acquasantiera ottocentesca di artigianato campano, costituita da una vaschetta a forma di conchiglia decorata nella parte interna da due riccioli ed in una nicchietta la statua di Sant'Aniello. Più avanti, sulla porta della sacrestia, si trova un dipinto raffigurante una Madonna col Bambino, realizzato da un artista di scuola napoletana del XIX secolo, mentre la cornice, pregevole, porta la data 1898.
Nella zona presbiteriale è collocato l'altare maggiore, datato 1766, proveniente dalla cappella della famiglia De Siano, crollata durante il terremoto, mentre sulla parete di fondo vi è una coppia di dipinti raffiguranti San Rocco e San Francesco d'Assisi, realizzati nella prima metà del Settecento da un ignoto pittore campano di ambito provinciale. Sull'altare vi è una Educazione della Vergine, datata 1628.
Chiesa dell'Annunziata
Scendendo via San Rocco e imboccando via Fundera, la strada che conduce all'ospedale
Rizzoli, si giunge nei pressi della chiesa dell'Annunziata, antica parrocchia di Lacco Ameno.
Come apprendiamo dalle parole del Di Lustro, un benemerito studioso locale, che ha dedicato una vita a reperire notizie sulle chiese ischitane da archivi polverosi ed al quale siamo debitori di tante preziose informazioni,"una chiesetta rurale sotto il titolo della Santissima Nunciata del Casal dello Lacco esisteva di già nel 1400, ma fu nel 1540 che il canonico Aniello Monte, con propri beni, ne fece eseguire l'ampliamento e una completa ristrutturazione, ottenendo dalla Curia il diritto di patronato per i suoi nipoti e per i loro discendenti in linea maschile". Eretta a parrocchia vi fu un momento in cui ha goduto, nel 1598, della più alta rendita (90 ducati) della diocesi d'Ischia. A metà del Settecento la chiesa si abbellì con stucchi, statue e pitture, una parte delle quali, eseguite ad affresco, sono tornate alla luce durante i recenti restauri degli anni Sessanta.
Da circa 50 anni la chiesa non funziona più da parrocchia.
L'esterno dell'edificio si presenta semplice ed armonioso, come tante chiesette
ischitane, che negli anni non hanno perso il taglio architettonico originario. L'interno presenta un'unica navata contornata da pregevoli arconi impreziositi da stucchi.
Entrando sulla parete sinistra si osserva un affresco molto deperito, una tempera su intonaco, raffigurante il Battesimo di
Gesù, attribuibile ad Alfonso Di Spigna e facente parte sicuramente di un ciclo più vasto, oggi scomparso. Poco più avanti vi è un confessionile di fine Ottocento, di artigianato campano, costituito da un vano centrale sormontato da un archetto, con uno sportello decorato da una specchiatura rettangolare. Segue una nicchietta con la statua lignea di San Ciro e la cappella gentilizia dei fondatori, dedicata a San Giuseppe.
Nella zona presbiteriale l'altare maggiore, in marmi policromi, è opera di un ignoto artigiano di ambito napoletano, attivo verso la seconda metà del Settecento. Il paliotto, nella parte centrale, presenta un tondo a bassorilievo raffigurante l'Annunciazione, mentre il ciborio a baldacchino, con una porticina di recente fattura, è impreziosito da graziosi cherubini. La pala d'altare è moderna, eseguita nel 1970 dal pittore
Matacena.
In una bacheca a destra del presbiterio vi è una scultura in legno scolpito e dipinto, raffigurante l'Ecce homo, eseguita da un ignoto artista campano attivo a metà del Settecento.
In sacrestia è collocata un'acquasantiera, in marmo bianco, databile alla prima metà del Settecento, mentre un'altra, più tarda di circa 60-70 anni, accoglie i visitatori a destra dell'ingresso. Ed infine, sulla parete destra, un olio su tavola,
tardocinquecentesco, raffigurante il sangue di Gesù.
Chiesa di San Giuseppe
In località Fango incontriamo la chiesa di San Giuseppe, la cui bolla di fondazione risale al 1714, con il patronato della famiglia Verde di
Forio. Danneggiata dal terremoto del 1883 continuò a funzionare a lungo, ma nel 1966, giudicata insufficiente per la popolazione della zona, nel frattempo accresciutasi, fu completamente demolita e ricostruita dalle fondamenta. Nel 1973 fu edificato il campanile, munito di orologio e tre campane, mentre la facciata, priva di frontone e di motivi ornamentali, si chiude con un marcapiano curvilineo. All'ingresso vi è un imponente portale settecentesco in pietra lavica. L'interno è a navata unica e pianta pentagonale.
Tra le opere d'arte conservate ricordiamo l'altare maggiore, in marmi policromi, della prima metà dell'Ottocento e la statua lignea del santo titolare, San Giuseppe, datata 1869; è conservata inoltre una statua di Santa Rita e due opere di artisti ischitani contemporanei: una tela di Eugenio Saviano, del 1970 ed un dipinto ad olio di Mario
Mazzella.
Cappella gentilizia Calise-Piro
Infine, collocata sulla circumvallazione, descriviamo la Cappella gentilizia Calise -
Piro, conosciuta anche come cappella della Pietà. Essa venne costruita nel 1893 da Carlo
Piro.
Sulla facciata prospetta un elegante portale, in marmo bianco e legno di castagno, di artigianato campano fine Ottocento, in perfetto stato di conservazione.
L'altare maggiore, in marmi policromi, è di una semplicità assoluta ed è stato eseguito alla fine del secolo XIX da un ignoto artigiano campano.
Nella zona della cantoria è conservato uno splendido organo in legno, eseguito da Giuseppe Galasso nel 1893.
Tra gli arredi sacri preziosi segnaliamo un incensiere in argento fuso, eseguito nel 1897 da un ignoto artigiano campano e donato alla chiesa dal cavaliere Ambrogio
Piro.
Sulla parete di fondo è presente una coppia di dipinti raffiguranti Sant'Ambrogio e San Carlo
Borromeo, eseguiti nel 1893 dal pittore Antonio Scotti Lachianca. Ed infine, dello stesso artista, una Pietà, copia del quadro di Annibale Carracci conservato nel museo di
Capodimonte.
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