Cap.7
MOSTRA DI WASSILIJ KANDINSKIJ A MILANO
Un’interessante mostra di opere di Wassilij Kandinskij, proveniente
dalla raccolta del Centre Pompidou, si terrà a Milano presso il
Palazzo Reale fino al 27 aprile.
Una ghiotta occasione per conoscere un artista, in grado di dare
forma e voce al colore, protagonista assoluto nei suoi dipinti.
Tra i quadri in mostra: “Improvisation III” (1909), “Quadro con
macchia rossa” (1914), “Nel grigio” (1919), “Giallo-Rosso-Blu”
(1925), “Accento in rosa” (1926), “Azzurro cielo” (1940).
Il pittore russo Wassilij Kandinskij (Mosca 1866- Neully-sur-Seine
1944) era giunto alla pittura piuttosto tardi, oltre i trent’anni,
dopo essersi occupato, tra l’altro, di musica, arte popolare e
religioni primitive. Stabilitosi a Monaco nel 1906 s’interessò
subito agli esiti locali dello “Judenstil” ed alle varie tendenze
d’avanguardia con cui venne in contatto nei frequenti viaggi a
Parigi, sulle quali elaborò proprie tendenze estetiche.
Egli partiva da concetti ormai acquisiti, come l’autonomia del
quadro rispetto all’apparenza del reale e la valenza simbolica data
alle forme nello stesso “Jugendstil” ma, mentre quest’ultimo legava
ancora tali forme all’oggetto di rappresentazione («un quadro senza
oggetto è senza senso» si affermava), Kandinskij sostenne che forme,
segni, colori conservavano il loro valore simbolico ed espressivo
anche se completamente dissociati dalla configurazione dell’oggetto.
L’effetto, la sensazione, l’azione psicologica esercitata da una
pittura derivava, secondo lui, più dal rapporto stabilito tra gli
elementi formali che dalla fisionomia della cosa rappresentata.
Egli prese quindi ad usare le forme in rapporti liberi da qualsiasi
riferimento oggettivo, combinando linee e colori in armonie formali
autonome, in analogia con quelle musicali, dove l’espressione è il
prodotto di suoni «senza significato». Seguendo tale via, le cui
tappe sono ben documentate dalla sua produzione tra il 1908 ed il
1913, egli giungeva alle prime «composizioni» astratte della pittura
moderna. Malgrado la completa astrazione, l’effetto di tali
composizioni non è tuttavia puramente decorativo, poiché Kandinskij
crea accostamenti di linee, segni e macchie di colore in funzione di
una sollecitazione emozionale atta a provocare la «risonanza
interiore», in analogia a concetti già espressi nella pittura
simbolista e nello stesso “Judenstil”.
All’affermazione di tali valori assoluti nel campo della pittura
concorsero forse in parte, nel dotto e meditativo artista russo,
componenti culturali relative al pensiero filosofico e religioso
orientale, come l’aspirazione al distacco totale dalla realtà od il
raggiungimento della perfezione attraverso la via interna della
conoscenza, anziché quella esterna della rivelazione. Ma a tutto ciò
doveva anche fatalmente condurre quella ormai irreversibile tendenza
a distinguere sempre più ed a separare la realtà oggettiva dalla
realtà altra, autonoma dell’opera d’arte che, avviata da Manet (e
forse provocata dall’avvento della fotografia) aveva rappresentato
la nota dominante nel processo di rinnovamento del linguaggio
artistico promosso dalle varie avanguardie.
Nella sua autobiografia, “Sguardo sul passato”, scritta tra il 1913
ed il 1918, l’artista, con pagine appassionate, ripercorre il suo
amore per il colore, quel magma incandescente e caleidoscopico,
presente in tutti i suoi capolavori. Per lui il cromatismo è il
liquido amniotico entro cui germoglia la creazione.
I colori sono esseri viventi, dotati di una distinta personalità, di
una propria impronta, capaci di condurre fino all’osservatore
messaggi ed emozioni.
Essi, da quando escono maestosamente dal tubetto, con ribollente
giocosità e con forza arrogante, posseggono un’autonoma vitalità e
sono pronti in ogni momento a sottomettersi a nuove combinazioni,
mischiandosi l’un l’altro a creare un numero infinito di nuovi
universi.
Afferma: «La pittura è la collisione rimbombante di mondi
eterogenei, chiamati ad edificare, attraverso la lotta, un nuovo
mondo che si chiama opera».
«Il colore è il tramite per influenzare l’anima. E’ il tasto.
L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde.
L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare
l’anima. I quadri sono sinfonie le cui note sono i colori».
Il colore per Kandinskij è una porta che introduce a profondità
abissali e l’osservatore deve avere l’impressione di essere immerso
nel mezzo cromatico. Oltre la superficie, verso la profondità
spirituale, tramite la potenza dei colori l’uomo parla all’uomo del
sovraumano. Questo è il linguaggio dell’arte: parola di Kandoinskij!
Wassilij Kandinskij
Improvisation III
Quadro con macchia rossa
Nel grigio
Giallo,rosso,blu
Accento in rosa
Azzurro cielo
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