Cap.8
L’erede di Paganini
Salvatore Accardo
Quando in un napoletano alla fantasia si accoppia la disciplina ci
troviamo di fronte ad una delle meraviglie del creato, come nel caso
di Salvatore Accardo in cui sono presenti tutte le caratteristiche
positive partenopee, quali la solare irrazionalità, la fantasia
creativa, l’amore per il bello, il culto della famiglia, lo spirito
di adattamento, ed il vizio della pastasciutta; coniugati però ad
una grande passione per la tecnica, per la perfezione stilistica e
per lo studio accurato; cioè tutti quegli ingredienti che sono
indispensabili al grande musicista. Questa miscela di qualità fa sì
che personaggi come il nostro Salvatore siano quanto di meglio possa
offrire il genere umano.
Il padre di Salvatore, Vincenzo, aveva un amore maniacale per la
musica e si dilettava a suonare il violino.
Egli come lavoro incideva cammei e li faceva così belli che il re
d’Italia in persona gli regalò in premio una crociera sul
transatlantico «Italia» per la incisione dedicata ai principi di
Piemonte.
A bordo don Vincenzo rimase folgorato dall’incontro con Casella,
Serato e Bonucci, i tre grandi violinisti del trio «Italia», per i
quali egli stravedeva. Egli giurò a se stesso che, se avesse avuto
un figlio, avrebbe dovuto essere un violinista ed il destino volle
che Salvatore fosse concepito proprio durante quella piacevole
crociera nel Mediterraneo.Dopo nove mesi, il 27 settembre 1941, la
nascita di Salvatore avviene per combinazione a Torino, perché la
guerra da poco scoppiata, aveva portato don Vincenzo in Germania e
mamma Ines, rimasta sola, aveva raggiunto, per stare in compagnia,
una sua sorella che risiedeva al nord.
Da bambino Salvatore si divertiva a costruire strumenti musicali ed
a trasformare con la sua fervida fantasia piccoli pezzi di legno in
meravigliosi violini con ingenui elastici tesi al posto delle corde.
Tutto ciò senza trascurare gli incontri con i coetanei, le partite
al pallone e gli altri naturali divertimenti che l’età comporta.
Salvatore che per le vie misteriose della trasmissione ereditaria ha
preso dal padre la passione per il violino ha soltanto sei anni
quando riceve in regalo il suo «quartino» e subito, senza che
nessuno glielo avesse insegnato riesce a ripetere le arie d’opera e
le canzoni napoletane ascoltate dal genitore.
In breve il bambino fa progressi incredibili tanto che a otto anni
corregge il padre che gli sta insegnando un pezzo difficile «Papà
hai sbagliato un sol». Don Vincenzo capisce che il ragazzo ha
bisogno di un vero insegnante e porta il ragazzo dal maestro Luigi
D’Ambrosio a Napoli.
L’appuntamento con il maestro era fissato per le 10 del mattino
nella sua casa di viale delle Acacie al Vomero alto. Fiduciosi, i
coniugi Accardo con Salvatore ed una valigetta zeppa di spartiti
musicali, bussano alla porta, ma la cameriera comunicò che il
maestro era assente e che non sarebbe tornato prima dell’ora di
pranzo. Al suo arrivo, si capì dallo sguardo che si era dimenticato
dell’appuntamento e che era contrariato per la presenza in casa di
scocciatori all’ora di pranzo. Distrattamente ingiunse al piccolo
Salvatore di prendere il violino, di accordarlo e di suonare
soltanto una scala. Dopo uno o due minuti di audizione il maestro
esclamò «Va bene ti accetto, piccirì tu farai grandi cose».
Don Vincenzo più emozionato che contento riuscì a stento a
balbettare: «Sapesse maestro quante cose sa suonare, anche se lei
non ha ascoltato che poche note».
Per Accardo fu una grande fortuna l’incontro con un grande maestro
come D’Ambrosio, caposcuola della tradizione napoletana del violino,
che intuì nel ragazzo la naturale qualità ed il talento e che gli
trasmise i segreti della tecnica. Egli fu inoltre la sua guida per
tutta la sua vita ed anche quanto Salvatore divenne un violinista
affermato, non si lasciò mai prendere dall'entusiasmo, perché
riteneva che ciò potesse essere dannoso per la sua costruzione di
uomo ed artista. Prima di morire gli confidò che doveva fare ogni
sforzo per tenere a freno il suo temperamento eccessivamente focoso,
perché in un violinista vero è più importante il rigore che il
talento.
A quindici anni Accardo ottenne il primo diploma, quindi l’anno
successivo vinse il concorso di Ginevra, ove ottenne la
soddisfazione di essere invitato dalla regina Maria Josè di Savoia a
Merlinge per un duetto che alla fine venne ricompensato da un
prezioso portasigarette con dentro mille franchi. L’anno dopo vinse,
unico italiano ad aver ottenuto tale riconoscimento, il premio
Paganini, e dopo di allora non si separò più dall’etichetta di
virtuoso, che lui ha sempre ritenuta sbagliata, perché considera
Paganini un grande musicista ed il suonare la sua musica non è
soltanto il pretesto per un’esibizione. Comincia la vita errante di
Salvatore Accardo, che gira il mondo con il suo violino per suonare
nei più prestigiosi teatri.
Egli prepara le sue esecuzioni a casa con lunghe ore di lavoro
paziente, di ricerca accurata, di costanti rifiniture, tutto in
previsione della grande esecuzione, che vede la luce soltanto in
concerto, quando si viene a creare quella ideale scintilla emotiva,
quella tensione elettrica, quel transfert con il pubblico che si
percepisce nell’aria. Per Accardo fare della musica è una missione e
non è semplicemente suonare uno strumento per quanto al massimo
livello, significa togliere le note da pagine scritte, fredde ed
inanimate per restituire loro la vita. Farle ascoltare alla gente
come lui le sente, assaporarle, gustarle, sognarle. Occhi chiusi,
dita che corrono, l’archetto sospeso a mezz’aria, Salvatore suonando
si trasfigura e nel silenzio assoluto della sala il canto acuto del
suo violino si alza, rimbalza sorride alle orecchie. Per il pubblico
è impossibile staccarsi dall’armonia che sgorga naturale da quel
legno abbracciato con tanto amore. La melodia diventa calamita,
afferra l’uditorio e lo fonde intorno al violinista. Il respiro si
interrompe nell’aria densa e immobile. Poi il suono tace e
finalmente mille mani riprendono vigore e si scatenano in un
applauso scrosciante, quasi ad allentare il peso magico
dell’incontro con la musica.
Accardo per eseguire le sue fantastiche musiche possiede oltre ad
una quindicina di violini di media importanza, di fattura italiana,
anche alcuni preziosissimi strumenti antichi: un «Guarnieri del
Gesù» del 1733 identico a quello su cui suonava Paganini, uno
«Stradivari» del 1741, un «Domenico Montagna» del 1717 ed un
«Muletto» del 1936. Il tutto per un valore commerciale complessivo
di alcuni miliardi. Salvatore porta sempre con se questi preziosi
violini in giro per il mondo, perché il suono che si riesce ad
ottenere con essi è inarrivabile, anche se diverso, infatti egli sul
Guarnieri esegue il concerto di Brahms, mentre con lo Stradivari
riesce ottimamente Beethoven. Il portarsi dietro più di un violino è
per Accardo una necessità, come può essere per un normale turista
portarsi in valigia un ricambio di biancheria; ma dovendosi
attraversare tante frontiere, alcune alquanto ostiche, numerosi sono
gli aneddoti capitati ad Accardo e che egli racconta volentieri.
Alcuni anni fa all’aeroporto di Santiago del Cile il doganiere
ispezionando minuziosamente tutto il bagaglio aprì anche l’astuccio
dello Stradivari, sul quale pensava di poter applicare un dazio per
l’acquisto di un oggetto nuovo e chiese minaccioso in quale negozio
fosse stato acquistato. Grande fu la meraviglia quando dai documenti
esibiti scoprì che il violino aveva più di duecento anni.
Ancora più gustoso l’episodio capitato ad Accardo la prima volta che
si è recato negli Stati Uniti per suonare tanti anni fa. Premesso
che, soprattutto a Chicago negli anni ’30, sono vissuti parecchi
famosi gangster di nome Accardo, tra cui Tony, il luogotenente di
Lucki Luciano, il poliziotto dopo aver letto il suo nome sul
passaporto cominciò a fare mille domande tra cui cosa conteneva
quell’astuccio? Che mestiere fai? Accardo rispose di essere un
musicista, ma davanti all’incredulità del doganiere dovette
abbracciare il violino e suonare un pezzo di Bach.
Il nome di Accardo è legato indissolubilmente al mito di Paganini,
il fantastico musicista italiano del Settecento sul cui conto nei
secoli si sono create tante leggende come quella che, suonando egli
infinitamente meglio degli altri, lo potesse fare unicamente perché
aveva venduto l’anima al diavolo o che Paganini suonava
meravigliosamente solo a contatto di un vasto pubblico che lo
esaltasse, ricavando da questa situazione una tensione erotica
spinta a volte fino all’orgasmo.
Accardo ha inciso per Deutsche Grammophon, Philips ed Emi tutte le
più belle opere di Paganini, soprattutto i 24 Capricci ed inoltre le
suonate a quattro di Rossini, il doppio concerto di Brahms e le sue
Humoresques di Sibelius.
Di recente è stato dedicato al mito di Paganini un film che ha avuto
un grande successo, nel quale il musicista genovese era impersonato
dall’attore Klaus Kinski, mentre le musiche da lui suonate erano
opera di Salvatore Accardo.
Durante i suoi numerosi viaggi all’estero Salvatore porta sempre con
se nell’astuccio del suo violino alcuni oggetti a cui è
particolarmente affezionato e che gli ricordano la sua famiglia,
come una fotografia del padre morto nel 1970 ed un suo lavoro di
incisione di cammei, inoltre la prima dedica che gli fece il maestro
D’Ambrosio su una riproduzione di Paganini, qualche regalo della
moglie ecc.
Da molti anni Accardo è andato via da Napoli e vive a Roma, pur
dichiarandosi napoletano al 100%, tranne nel tifo che è per la
Juventus. Egli ha scelto di vivere nella capitale sia perché è la
città della moglie Rosy e sia perché la presenza di un aeroporto
internazionale a due passi da casa gli permette di ridurre di molto
i tempi durante le sue trasferte all’estero. Vive in un splendido
attico ai Parioli, in un elegante palazzina con i pavimenti di legno
e stanze molto grandi. Il salotto è arredato con molto gusto con 2
divanetti, alcune poltroncine di color turchese ed un tavolino
dell’ottocento inglese, mentre negli angoli capeggiano due enormi
altoparlanti neri di un fantastico impianto stereo da vero
professionista.Oltre ai coniugi la famiglia è composta anche da tre
cagnolini Lyuba, Gessica e Gal, che, molto educati fanno sempre
grandi feste agli ospiti.Salvatore ama molto stare in casa, ove
gradisce ricevere gli amici senza mai uscire, tanto da essere stato
affettuosamente soprannominato culo di pietra.
Per lui la musica rappresenta il lavoro ed una grande passione, ma
non è tutto nella vita e ciò ebbe modo di valutarlo alcuni anni fa,
quando a seguito di un incidente dovette sospendere la sua attività
per molti mesi. Un tamponamento in auto gli aveva leso un nervo che
va dal collo al braccio destro. Il non poter suonare creò in
Salvatore all’inizio uno stato di depressione, ma poi con l’aiuto
della moglie e di pochi veri amici riuscì a superare la crisi a
guarire ed a fortificarsi nel carattere, tanto da stare ora meglio
di prima.
Napoli sta sempre nei pensieri di Salvatore, egli ci ritorna appena
glielo consentono i suoi numerosi impegni intorno al mondo e proprio
nella sua città egli ha contribuito a creare, divenendone l’anima,
le «Settimane di musica di insieme», che rappresentano il suo fiore
all’occhiello di musicista, con un dialogo diretto col pubblico
negli incontri quotidiani che avvengono nell’incanto di Villa
Pignatelli, ove si crea una simbiosi ideale tra chi costruisce
lentamente il suo linguaggio d’arte e colui che di questo linguaggio
è il destinatario naturale. Le prime 2 settimane musicali ebbero un
pubblico di 40-50 spettatori, ma dal terzo anno il successo fu tale
che non si sapeva dove mettere la gente.
Una prerogativa di queste settimane musicali è quella di ammettere
il pubblico anche alle prove a Villa Pignatelli, sede della
manifestazione, che ha così tante sale che gli appassionati possono
spostarsi da una all’altra prova.L’idea di Accardo ha avuto molto
successo ed i musicisti che partecipano una volta vogliono tornare
sempre anche l’anno successivo, per il piacere di passare alcuni
giorni a Napoli, che nel mese di novembre è molto affascinante e per
poter trasmettere la propria esperienza musicale ad altri colleghi
spesso più giovani.
Per il suo impegno nell’organizzazione delle settimane musicali
Accardo ha avuto numerosi riconoscimenti tra cui il più prestigioso:
il premio Leonetti, attribuito a coloro che maggiormente hanno
contribuito alla valorizzazione dell’immagine di Napoli nel contesto
internazionale e Salvatore è un artista che ha proiettato la sua
fama su Napoli, facendo della propria città il centro dei suoi
interessi.
Negli ultimi anni Accardo oltre che a scrivere un’importante opera
in due volumi sull’“arte del violino” ha voluto provare più di una
volta l’esperienza di direttore di orchestra, per rompere la
monotonia del violino, nonostante il suo repertorio sia vastissimo e
vada da Vivaldi a Penderecki. Accardo dirige non per esibizione, ma
unicamente per operare un completamento della sua personalità
artistica ed inoltre si dedica alla musica da camera ed a suonare la
viola.
Negli ultimi anni Accardo è più volte intervenuto sulla questione
dell’insegnamento della musica nella scuola ed ha avuto spesso
parole pesanti sulla conduzione dei conservatori in Italia.Egli
ritiene che nonostante molti allievi si dedichino allo studio del
violino, soltanto pochi riescono a sfondare, perché mancano dei
maestri validi e quindi manca un insegnamento di qualità. Egli non
crede che possano esistere dei maestri che non suonino bene, ma che
sappiano insegnare, perché per insegnare bisogna saper suonare. Nel
violino ad esempio se non si sanno fare certi colpi d’arco, il
picchettato, o il saltellato, gli armonici non si possono
assolutamente insegnare.
Inoltre un’altra grossa sciagura per i conservatori è la politica
che ha invaso anche il mondo della musica. I partiti si sono
impossessati di teatri, orchestre, scuole di musica e di ballo; per
cui se un direttore artistico appartiene ad un partito, il
sovrintendente o il direttore d’orchestra deve appartenere, per
equilibrio, ad un altro partito e naturalmente le scelte spesso non
cadono sulle persone che valgono.
Nel 1982 ebbi un privilegio di eccezione: poter ascoltare Salvatore
Accardo, che eseguiva nella Carnagie Hall, la famosa sala di
concerti di New York, i 24 Capricci di Paganini sul «Guarnieri di
Gesù» che fu proprietà dell’autore e che oggi è gelosamente
custodito dal comune di Genova.Il teatro, pur abituato ai grandi
avvenimenti artistici, avendo visto maestri come Toscanini o
Stokowski, era pervaso da una atmosfera particolarmente
elettrizzante, che esplose alla fine del concerto in un’ovazione
della durata di molti minuti.
L’avvenimento artistico fu seguito in un silenzio religioso ed i 24
Capricci furono eseguiti da Accardo tutti di un fiato, cosa che
avviene eccezionalmente.Uscendo dal teatro con mia moglie ebbi netta
la sensazione di aver ascoltato qualcosa di eccezionale. La stessa
profonda emozione che mi aveva procurato veder lavorare al teatro
Totò o Eduardo, oppure ammirare allo stadio S. Paolo i dribbling
irresistibili dell’impareggiabile Maradona.
Immagino che un’eguale emozione la possano aver provato nei secoli
scorsi soltanto coloro che hanno avuto la fortuna di ascoltare
un’esibizione di Mozart bambino o recitare gli attori della
compagnia di Shakespeare, o nei tempi moderni gli spettatori dei
Beatles o più semplicemente il ginecologo di Claudia Schiffer.
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