Cap.41
Napoli salvata dai preti
Antonio Loffredo
Don Antonio Loffredo è uno di quei preti, sconosciuti al grande
pubblico, i quali, armati di semplice buona volontà, hanno saputo
far rinascere un quartiere di Napoli afflitto dal degrado,
dall’isolamento, dalla microcriminalità e da mille altri problemi
con una ricetta miracolosa, fatta di tenacia e lavoro, ma
soprattutto seminando il fertile seme della speranza e del desiderio
di rinascita e di riscatto civile.
Egli si è guardato intorno ed ha visto tanta bellezza e giacimenti
di cultura che non attendevano che essere disseppelliti ed offerti
alla pubblica fruizione.
Il suo raggio d’azione è il quartiere Sanità, uno dei più popolari
della città, dove ci si immerge nella Napoli più genuina, costituita
da grida di bambini, lenzuola stese ad asciugare, motorini rombanti,
banchi di pescivendoli e verdummari, odori penetranti di cucina,
ragazzine sculettanti ed anziani dietro le finestre. In questo rione
il 15 febbraio 1898 nacque Totò ed una targa sulla facciata della
casa natale, in via Santa Maria Antesaecula, lo ricorda
semplicemente come “comico impareggiabile e uomo di buoni
sentimenti”, mentre a breve distanza, da tempo immemorabile, a
perenne vergogna degli amministratori e politici, attende l’apertura
il museo a lui dedicato.
L’appellativo Sanità deriva dalla circostanza che nell’antichità i
cristiani seppellivano i loro morti e che la loro presenza si
credeva avesse effetti taumaturgici su chi sostava in preghiera, i
quali a volte venivano risanati nel corpo, a volte nello spirito.
Don Antonio Loffredo è stato ed è aiutato nella sua opera di
risanamento, cominciata nel 2001 con la nomina a parroco, dai
“guaglioni” e tra questi vi sono anche fior di laureati come
Vincenzo Porzio, 27 anni, il quale fa parte della “paranza”,
associazione che gestisce i tesori artistici del rione, costituiti
dalle catacombe di San Gaudioso, poste sotto la chiesa di Santa
Maria alla Sanità e quelle di San Gennaro, dove il venerato patrono
dal sangue miracoloso ebbe sepoltura.
Questi volenterosi giovani hanno rifatto l’illuminazione, abbattuto
barriere architettoniche e reso agibili percorsi prima poco
frequentati, organizzando puntigliose visite guidate a
quell’ambiente maestoso, unico nel suo genere per il particolare
tipo di sepoltura, realizzato nel tufo tra il II ed il VI secolo e
decorato con affreschi.
In breve i visitatori sono passati da 9 mila a 40 mila l’anno,
creando 50 posti di lavoro per giovani strappati al miraggio della
malavita.
Un aiuto a Don Antonio Loffredo è stato portato anche dalle suore di
Maria Bambina è la dove non vi erano antichità strepitose da
valorizzare ci si è affidati al “moderno fantasioso”, come quando,
abbattendo un muro esterno di una vecchia canonica alle spalle della
basilica di San Severo, si è recuperato un grande giardino, dove
possono giocare i bambini dopo la scuola e non contenti si sono
create sculture metalliche realizzate dai ragazzi di un’altra
cooperativa “gli iron angels” dediti anche alla costruzione
d’infissi, porte blindate e cancelli.
Se percorriamo la salita Cinesi possiamo osservare un gruppo di case
che Don Antonio descrive orgoglioso come “serbatoi di umanità”.
Un’altra sorprendente iniziativa, posta nella basilica di San
Severo, è il “sanità music studio”, un moderno studio di
registrazione che funziona come sala di incisione. E si fa musica
anche in un’antica sala vicina alla chiesa si Santa Maria alla
Sanità, dove studiano i ragazzi, una cinquantina, sotto la guida del
direttore artistico Maurizio Baratta, cimentandosi con spartiti di
Mozart e Beethoven.
Vincenzo Pirozzi, figlio di un boss della camorra non ha seguito le
orme paterne, bensì ha realizzato un’associazione “sott ‘o ponte”,
frequentato da 86 soci, con laboratori di cinema, teatro e dizione.
La conclusione la affidiamo a Don Antonio Loffredo, il quale, senza
toni trionfalistici, afferma «alla Sanità l’illegalità ha sempre
trovato terreno fertile, o’ guappo da Sanità quando sputa fa o’ buco
‘nterra. Noi cerchiamo di educare alla giustizia, vivendo una
fraternità che va oltre la spaccatura fra buoni e cattivi, la
comunità cristiana deve essere come la fontana del villaggi, tutti
devono trovare un sorso d’acqua».
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