Cap.38
Un artista artigiano da salvare
Elio Chiurazzi
La prima volta che ho incontrato Elio Chiuriazzi è stato durante
l’edizione di «Napoli Monumenti Porte Aperte» del 1993.
A visitare l’antica fonderia, sita ai Ponti Rossi, tra la collina di
Capodimonte ed il traffico impazzito di piazza Ottocalli erano con
me mia moglie Elvira e la più colta coppia di amici che abbia,
l’avvocato Elio Rocco Fusco e consorte, la preside Amina Lucantonio.
Via dei Ponti Rossi 271 è un indirizzo da storia dell’arte da oltre
130 anni, qui sono state fuse opere di Gemito e di Mancini.
Ad accoglierci sul vialone della fabbrica, costituita da due grossi
padiglioni era il proprietario Elio Chiurazzi, rappresentante della
quarta generazione e pronipote del fondatore Gennaro Chiurazzi
allievo di quel Pietro Masulli che per primo concepì e tradusse in
atto l’idea di riprodurre l’arte antica; egli, ultimo erede della
più celebre famiglia italiana di fonditori, gentilissimo ci
accompagnò per tutta la visita, facendoci intrattenere a parlare con
gli operai specializzati ed illustrandoci alcuni antichi segreti
della lavorazione del bronzo.
Varcando il cancello dell’antica fonderia avemmo netta l’impressione
di correre indietro nel tempo e di entrare in una antica bottega
rinascimentale e bisogna sforzarsi per non dimenticare che ci
trovavamo nel XX secolo e poco lontano dal caotico centro della
città.
Il dottor Chiurazzi, laureato in legge e nato a Napoli nel 1929, ci
raccontò che il suo bisnonno aveva fondato agli inizi dell’800 una
scuola di artigiani, che nei primi anni venne ospitata nel Reale
Ospizio dei poveri di piazza Carlo III, per poi trasferirsi nella
sede attuale; mentre disponeva nel centro della città di due grandi
sale da esposizione ove mettere in mostra per la vendita copie
fedelissime dei reperti archeologici che in quel periodo venivano
incessantemente alla luce durante i lavori di scavo di Ercolano e
Pompei ed in parte anche di Roma.
A cosa è dovuta l’altissima fedeltà delle riproduzioni in bronzo che
escono da oltre un secolo dalla fonderia Chiurazzi? Il segreto ci
viene svelato dal dott. Elio ed è molto semplice: annessa alla
fabbrica esiste una importante gjpsoteca, cioè una collezione di
calchi in gesso, eseguiti sulle opere di arte originali.
L’importantissima raccolta, ricca di oltre 1500 forme tassellate in
gesso, opportunamente catalogate ed esposte in ambienti ricchi di
suggestione e di storia, costituisce un patrimonio artistico e
culturale veramente unico al mondo.
Circa trenta anni fa, ci racconta il dott. Chiurazzi, alla mia porta
venne a bussare un cliente di eccezione: era Paul Getty, che per il
suo museo di Malibù in California desiderava possedere la
riproduzione di tutti i più importanti capolavori scoperti
nell’antica Pompei e la cosa fu possibile e perfettamente
realizzabile per la presenza nella nostra gjpsoteca dei loro calchi
ed essendo gli unici al mondo a possederli fummo anche gli unici in
grado di duplicarli. Come pure ci riuscì di realizzare una copia
esatta del grandioso gruppo bronzeo del Laocoonte, un’opera
veramente difficile da realizzare.
Nessun museo al mondo permette che sulle proprie opere vengano
eseguiti dei calchi in gesso, per la riproduzione in bronzo o in
marmo, prosegue il dott. Chiurazzi, per il timore che tali opere
possano in qualche modo essere danneggiate e ciò dimostra
l’ignoranza della tecnica da parte dei responsabili del patrimonio
artistico.
In mani esperte non esiste, infatti, alcun rischio di danneggiare
gli originali, ma la diversa convinzione da parte dei direttori dei
musei, fa si che, non potendo crearsi nuovi calchi, le pochissime
gjpsoteche nel mondo che posseggono i modelli delle opere più
importanti rappresentano un patrimonio che deve essere assolutamente
conservato, tutelato e protetto.
La fonderia ha raggiunto il massimo della notorietà all’inizio del
secolo ed è sempre stata più famosa all’estero che in Italia, perché
i clienti sono stati in ogni epoca quasi tutti stranieri.
Il massimo della fama venne raggiunta nel 1900, quando il nonno del
dottor Chiurazzi volle partecipare con un’opera in bronzo
all’esposizione mondiale di San Louise classificandosi tra centinaia
di concorrenti al secondo posto.
Dopo questo successo cominciarono a giungere ordinazioni da tutto il
mondo e la fonderia lavorò per anni a pieno regime dando occupazione
in alcuni periodi fino ad un massimo di 600 operai specializzati.
Scorrendo il registro delle ordinazioni si possono osservare oltre a
numerosi turisti, molte richieste eseguite da parte di famosi musei
e di illustri teste coronate europee. Tra i personaggi famosi che
più volte hanno ordinato riproduzioni anche un personaggio
inquietante Herman Goering, maresciallo di Hitler e numero 2 del
Reich.
Nell’arco degli anni sono passati per il cancello di ingresso posto
sui Ponti Rossi opere gigantesche dirette in tutto il mondo: la
Madonna del Carmine per Cuba, il gruppo equestre dell’Artigas per
Montevideo; le opere per il Carnegie Library College a Pittsburg,
una delle due quadriglie del Vittoriale a Roma; il gigantesco gruppo
La civiltà e la coscienza a Panama; il frontone dell’università ed
il gruppo equestre di Armando Diaz a Napoli.
Un settore molto importante di attività è costituito dalla
riproduzione di opere classiche, che richiedono, per ottenere una
elevata qualità, una raffinata tecnica di esecuzione che, ideata nel
passato, è restata inalterata fino ai giorni nostri ed è patrimonio
di pochissimi operai specializzati, i quali eseguono con passione un
lavoro artigianale difficile e meticoloso. Gli operai che lavorano
oggi sono soltanto una decina, coadiuvati da pochissimi apprendisti,
perché oggi è difficilissimo trovare dei giovani che vogliano
dedicarsi all’artigianato.
Il sistema che noi adoperiamo, prosegue Chiurazzi, per riprodurre
antichi capolavori è immutato da molti secoli e viene chiamato a
cera persa. Esso consiste nel chiudere in un involucro di gesso il
modello originale di cera che va poi esposto al calore, il quale
sciogliendo la cera lascia una forma vuota, una sorta di negativo
fotografico, nella quale vengono praticati alcuni pertugi attraverso
i quali si cola la lega fusa, che, raffreddandosi si solidifica
ricalcando positivamente lo stampo. L’opera in bronzo che si ottiene
deve poi essere lavorata al cesello e deve essere sottoposta a vari
tipi di patinatura.
Dopo la seconda guerra mondiale purtroppo il mercato internazionale
delle opere in bronzo ha subito una grave crisi che ha interessato
anche il settore della lavorazione del marmo. Le poche richieste
provengono da parte di enti privati e da qualche grande impresa.
La crisi maggiore ha colpito specificamente il settore del ricalco
tradizionale delle opere antiche, che costituisce il lavoro più
caratteristico della fonderia.
Il mio sogno ribadisce Elio Chiurazzi è quello di poter avviare una
scuola di artigianato artistico, di poter trasformare la mia azienda
in un bene culturale, perché altrimenti dopo di me la fonderia è
destinata a chiudere. I miei due figli un maschio ed una femmina
hanno già intrapreso carriere diverse. Ho inoltrato numerose
richieste di intervento e di aiuto senza mai ottenere risposta. Anni
fa riuscii a convincere un onorevole a presentare un’interrogazione
parlamentare, ma anch’essa non ha avuto alcun seguito.
«Eppure l’eccezionale interesse della fonderia e principalmente
l’unicità della gjpsoteca meriterebbe ben altra attenzione»,
ribadisce con amarezza Elio Chiurazzi «affinché la fonderia possa
continuare come scuola-laboratorio che assolva a compiti di
preparazione professionale; soltanto seguendo questa strada si
potrebbe valorizzare e perpetuare una tradizione unica».
Finita la visita ci rechiamo negli uffici amministrativi dove
possiamo ammirare antiche foto, vecchi registri, qualche pregevole
opera in bronzo riprodotta.
La mia attenzione è calamitata da un bronzo di Totò di cui da sempre
sono uno sviscerato estimatore. tale opera fu costruita nella
fonderia con l’ausilio di un artista contemporaneo per partecipare
alcuni anni fa ad un concorso indetto dal Comune di Napoli per un
omaggio da rendere al grande comico scomparso, collocando una sua
statua in una piazza della città.
Come per tante altre iniziative della nostra scalcinata
amministrazione, del concorso non s’è fatto più niente ed il busto
del nostro amato concittadino è rimasto nell’anticamera del dottor
Chiurazzi, cui chiedo se l’opera è in vendita perché sarei
interessato all’acquisto.
«Debbo chiedere il permesso all’artista, mi lasci il suo nome ed il
suo numero di telefono e le farò sapere entro qualche giorno».
Da allora è trascorso un tempo infinito, ma non ho ancora ricevuto
alcuna risposta.
Forse l’artista non ha dato il suo assenso, forse il mio viso ed il
mio cognome non hanno dato sufficienti garanzie che potessi spendere
una cifra cospicua per l’acquisto dell’opera o forse la
managerialità di questa vecchia ed illustre ditta è in declino.
Ai posteri l’ardua sentenza.
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