Cap.32
Il più antico mestiere del mondo
Frida Kasslatter
Carneade: chi era costui? La stessa cosa potrebbe dirsi per Frida Kasslatter, sconosciuta alla gran parte dei miei 25 lettori, cui
cercherò di farla conoscere, affermando senz’ombra di dubbio: “Io la
conoscevo bene!”.
Di origine altoatesina, bionda ed altissima, si accorse a 16 anni di
possedere un fisico statuario e, soprattutto, di avere una vera e
propria miniera in mezzo alle cosce, che decise di mettere a frutto
e chi sa perché, si trasferì all’ombra del Vesuvio, dove aprì uno
studio… nella Galleria Umberto, procacciandosi i clienti con brevi
passeggiate a passo felpato tra un bar e l’altro, per salire poi con
la nuova conquista ad esercitare il più antico mestiere del mondo.
Non ebbe mai un protettore e se ne vantava.
La conobbi da ragazzo e la scritturai per una serata di spogliarelli
privati per alcuni amici arrapati, riuniti per l’occasione
eretica-erotica nella villa di Gian Filippo Perrucci. Erano altri
tempi ed anche vedere soltanto una donna nuda di quelle dimensioni
era uno spettacolo erettivo estremamente emozionante.Salimmo nel suo
nido d’amore e lei mi chiese se volevo provare il prodotto:
“certamente, ma prima fammi vedere come te la cavi nello
spogliarello”.
Abbassò le luci e si appartò pochi minuti in bagno, da dove uscì con
guanti rosa lunghissimi, calze dello stesso colore, reggicalze rosso
fuoco, reggiseno e mutandine di pizzo, che fece cadere lentamente
uno dopo l’altro. L’Eroica di Beethoven faceva da sottofondo
musicale.
Rimasta “nature”, rimasi colpito dai suoi seni, duri come il marmo,
carnosi, opulenti, che irradiavano una luce abbagliante, un
archetipo della bellezza muliebre. Rappresentavano il porto sicuro
verso cui ogni uomo anela di fermarsi e riposare per sempre,
preziosi come una boccetta di rare essenze, prorompenti, ma nello
stesso tempo fragili, come costituiti da sottile cristallo, che a
rompersi si disperdono come polvere di talco.
Mentre gli occhi, stregati, non potevano staccarsi dalla
contemplazione di quel corpo degno dello scalpello di Prassitele,
pensieri filosofici mi passavano per la mente: godere della bellezza
di un seno è l’esercizio più nobile che distingue l’uomo dalla
bestia, la civiltà dalla barbarie, è la sintesi di una condizione
umana immutabile, sospesa tra l’esaltazione dell’amore ed il terrore
della solitudine, tra la gioia di vivere ed il pensiero di morire e
ci aiuta ad affrontare più serenamente l’angoscia dell’esistenza, a
coglierne i piaceri ed a provarne la fragilità.
Lo spogliarello fu un trionfo e procurò nuovi ed affezionati clienti
a Frida, la quale, in seguito, grazie ai suoi sfolgoranti attributi
ed alla sua abilità di raffinata incantatrice, cominciò a far
perdere la testa ed a tenere in suo potere uomini potenti, caduti
tra le sue grinfie come teneri agnellini.
Tra questi un potente banchiere di Cava de’ Tirreni, che la ricoprì
letteralmente d’oro, novella Goldfinger.
Con il denaro guadagnato acquistò nei primi anni settanta il celebre
ristorante Zi’ Teresa.
Purtroppo non ebbe negli affari lo stesso successo ottenuto nella
precedente professione e fu costretta a chiudere il locale nel 1976.
Quando, qualche anno dopo, mi recai per intervistarla, i nuovi
proprietari mi riferirono che da poco era passata a miglior vita per
una brutta malattia: “cancro?”, chiesi timidamente, “aids” fu la
risposta.
SIC TRANSIT GLORIA MUNDI!
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