Prefazione
Nel 1993 usciva il mio libro La frigidità e la verginità nella
donna, il quale, per motivi editoriali, conteneva assieme due
diversi argomenti.
Il volume incontrò successo e si esaurì nell’arco di un anno, ma da
allora non è stato mai ristampato e non è consultabile su internet,
se non parzialmente, per alcuni capitoli che sono divenuti nel
frattempo articoli o oggetto di relazioni congressuali.
Ho voluto perciò dividere il libro in due e cominciare a metterlo in
rete, cercando di venire incontro alle esigenze di lettura e di
approfondimento di un tema: la verginità della donna, che sembrava
di diminuito interesse, ma che recenti statistiche internazionali,
ci indicano come stia risvegliando la curiosità e l’apprezzamento
dei giovani.
Dopo aver definito il concetto di verginità nei secoli e la
considerazione in cui viene tenuta nei popoli primitivi, ne ho
descritto l’anatomia, per concludere con un’ipotesi personale sul
suo significato funzionale.
Napoli febbraio 2010
Achille della Ragione
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La verginità:definizioni e pareri a cavallo dei secoli
La verginità ha sempre rappresentato qualcosa di importante e
significativo per l’uomo sin dagli albori della civiltà.
Grave errore è stato in passato credere alla promiscuità dei popoli
primitivi e alla totale libertà dell’unione fra i due sessi nelle
società umane più antiche. Il fenomeno dei rapporti sessuali è stato
sempre considerato come particolarmente grave e la prima attuazione
di essi è stata sempre proceduta o accompagnata dai riti di
un’iniziazione speciale.
Il desiderio di possesso esclusivo, la considerazione della donna
come proprietà, la paura delle malattie veneree in alcuni periodi
storici, la volontà e l’obbligo di consacrarsi ad un solo uomo, sono
alcuni dei motivi per cui nei secoli il tabù della verginità ha
arrovellato la mente degli uomini ed ha caratterizzato intere
culture e religioni, come la giudaico cristiana, che le ha dato
grande importanza.
Il cristianesimo che ravvivò le sante ispirazioni dell’umana
coscienza soffocate dal paganesimo e dalle passioni e che rivelò
degli obblighi che essa non avrebbe potuto conoscere doveva
necessariamente inculcare la verginità per rafforzare l’animo dei
praticanti.
Gesù Cristo volle nascere da una vergine, fu vergine egli medesimo.
San Giovanni, il più casto, fu il suo discepolo prediletto, al quale
morendo affidò la propria madre e San Giovanni passò in continenza
tutta la vita. La sua legge proclama la preminenza della verginità
sul matrimonio ed il Concilio di Trento grida anatema a chi sostenga
il contrario. Ovunque e sempre le sacre vergini sono state oggetto
di un rispetto pressappoco religioso; su tal punto le nazioni
incivilite e le tribù selvagge si sono mostrate concordi: è nota la
venerazione dei Romani per le loro vestali.
Tutti i popoli che avevano una così alta idea della verginità
dovettero pensare che questo stato fosse gradito alle loro divinità;
difatti la perpetua verginità fu spesso prescritta come condizione
indispensabile per essere degni di servire la divinità, quasi sempre
la continenza doveva accompagnare l’esercizio delle funzioni
sacerdotali e l’adempimento di certi atti religiosi.
La violazione della verginità era guardata come un sacrilegio che
attirava lo sdegno dei numi e meritava i più grandi castighi. Le
vergini ree di questo delitto venivano punite con lo stesso
supplizio sia a Roma come in Perù, venivano sepolte vive.
Presso gli Ebrei pur non essendovi mai stata una professione di
verginità perpetua, nondimeno era lodata la vedovanza, in cui la
donna nell’astenersi da un secondo matrimonio mostrava di amare la
castità. Era severamente vietato entrare nel Sancta sanctorum e
mangiare i pani di proposizione se non si era osservata la
continenza.
I popoli primitivi hanno sempre accompagnato con rituali più o meno
suggestivi la deflorazione matrimoniale.
Nell’antico Egitto vi era l’usanza che la giovane sposa, la sera
delle nozze, fosse condotta dalle matrone nella camera nuziale; là
l’imene era rotto da un bastone ricoperto da un panno bianco. Questo
era poi gettato nel cortile interno, dove il marito riceveva i
complimenti degli amici, se nel panno si constatava del sangue,
prova della verginità della sposa. In epoca più vicina a noi tale
costume era praticato da certe popolazioni arabe e beduine, anche se
in forma un po’ diversa: è la suocera della giovane sposa che lacera
l’imene con il suo dito avvolto in una pezzuola.
Molte culture hanno attribuito alla perdita della verginità una
serie di trasformazioni fisiche e psichiche più o meno immaginarie.
A sproloquiare è un medico francese del Settecento:”La deflorazione
è accompagnata da modificazioni organiche generali: aumento
volumetrico del corpo tiroideo, manifestato da un lieve gonfiore del
collo, stimolazione delle ghiandole a secrezione interna, rigoglio
dei seni, mutamenti frequenti nel regime dei mestrui ecc. Ai
mutamenti fisici si accompagna una vera metamorfosi dell’anima, la
quale si esprime con atteggiamenti nuovi, con interessi prima
sconosciuti, con un sentimento di felice pienezza della vita
affettiva”.
Molti sono gli aneddoti e le definizioni che nel corso dei secoli
sono stati dati alla verginità, ne ricordiamo alcuni tra i più
spiritosi o i più significativi:
“Verginità: l’essere vergine. Purezza, purità, castità, innocenza,
ingenuità, immacolatezza, candore” dal nuovissimo dizionario di
Ferdinando Palazzi.
“Verginità. Stato di disgrazia” da un manoscritto di Lorenzo il
Magnifico, signore di Firenze.
“Verginità: imene non rotto” da anonimo dell’Ottocento.
“Se la castità non è una virtù è però certo una forza”, frase di
Jules Renard.
“Verginità: o che sciagura!”, esclamazione di Catherine Deneuve,
attrice francese specializzata nell’interpretazione di film erotici.
Dalla nuova Enciclopedia italiana del prof. Boccardo, edizione 1875:
“ Verginità, nel senso fisiologico, è lo stato sia del maschio che
della femmina non venuti ad atti carnali. Nelle vergini l’esistenza
dell’imene è quasi costante, ma detto stato può venire distrutto da
mestrui copiosi(sic!?) da scoli leucorroici(sic!?) o da un accidente
qualsiasi. Non se ne trova traccia alcune volte in bambine appena
nate, mentre è provato che può rimanere intatto dopo l’atto
sessuale.
Per la religione cattolica verginità è lo stato di chi ha rinunciato
al matrimonio per consacrarsi a Dio. Dovunque e sempre questo stato
ha risvegliato l’idea di celeste purezza e di forza sovraumana.” La
castità per il vocabolario è l’astinenza dai piaceri dell’amore, per
me è la rinuncia alla felicità” sentenzia il sommo Goethe.
Sentiamo ora il parere che sulla verginità ci fornisce de Sade il
divino marchese:” Castità e verginità per me le hanno inventate gli
uomini per aumentare il loro piacere. Per gli animali e per tante
genti del mondo sono cose senza senso, oppure per loro la femmina
che si rifiuta al maschio o è malata o è perversa. Se la castità è
una virtù, allora è virtuoso anche astenersi dal mangiare”.dopo il
parere di de Sade, da cui deriva il termine sadismo, ecco ciò che
pensava Masoch, dalle cui idee derivò il masochismo:”Solitamente per
abolire uno stimolo qualsiasi della natura la prassi più elementare
insegna che non c’è mezzo se non quello di soddisfarlo. Chi ha
mangiato e bevuto non è più tormentato dal desiderio di cibi o di
bevanda; chi ha dormito non prova più il bisogno di riposarsi;
tuttavia nonostante queste realtà solari, per certi incorreggibili
bigotti il desiderio sessuale dovrebbe fare eccezione. Per
sopprimerlo non vi sarebbe cioè di meglio che perpetuarlo
volontariamente! Il risultato di questa palese inversione di ogni
logica più elementare non si fa attendere a lungo. Infatti la
maggior parte delle anomalie sessuali che, in forma larvata o
potenziale, sonnecchiano in moltissimi individui, deriva dalla
repressione sessuale. Chi ci libererà da questa orrenda schiatta di
nemici dell’umanità che un saggio governo dovrebbe costringere, non
fosse che a titolo folcloristico al rispetto del dio Fallo,
ripristinandone il culto nelle deserte are”.
La verginità è stata ritenuta spesso un bene così prezioso che
veniva strenuamente difeso con tutti i mezzi, infatti è quasi certo
che la cintura di castità fu inventata da sacerdoti africani per
preservare questo bene così prezioso dagli assalti di giovani di
poca fede e di molto ardore e proteggere dalle tentazioni le stesse
vergini. In seguito questo strumento è servito per interdire alle
donne ogni soddisfacimento erotico al di fuori di quello legittimo.
Grazie alle diligenti ricerche condotte sula cintura di castità da
competenti e valorosi specialisti sappiamo che tale strumento era
sconosciuto ai Greci ed ai romani e che sia giunto in Europa
dall’oriente dopo essere nato in africa in quella zona geografica
dove tutt’ora si pratica l’infibulazione, pratica della quale
parleremo diffusamente nel capitolo dedicato ai costumi sessuali dei
popoli primitivi. La prima descrizione della cintura di castità
compare in un manoscritto del 1405, scritto da u militare di nome
Kajser conservato nella biblioteca dell’università di Gottinga. Il
più vecchio strumento conservato, chiamato Bellifortis, presentato
come di origine fiorentina, fu adoperato da Francesco II di Carrara,
che fu tiranno di Padova, il quale avrebbe usato per sua moglie una
cintura che oggi si trova nel museo del Palazzo dei dogi a Venezia.
Dopo aver preservato la verginità delle della giovani africane e
salvato dalle corna i signorotti medioevali in partenza per le
crociate ha subito una raffinata evoluzione di cui ci parla l’autore
di Historie d’O.
Dopo essere stata citata in diversi testi di letteratura erotica
dalla Vita delle donne galanti del Brantone alla celebre Satira
sodotica di Luisa Igea nella Historie d’O si perviene ad
un’evoluzione dell’erotismo ed il mito della cintura oltrepassa lo
stadio dell’immediata concezione di una rozza e grottesca tutela
meccanica di un organo anatomico considerato un bene immobile, una
privatissima proprietà cui si deve applicare un cancello per vietare
l’ingresso agli estranei, per evolvere nell’ambito egualmente folle,
ma assai più sottile, di una dimensione sadomasochistica in cui per
l’appunto nell’Historie d’O è proprio uno dei componenti della
coppia(in questo caso la donna) a sollecitare, attraverso
l’applicazione dolorosa, ma più che altro simbolica di congegni
meccanici alle parti più segrete del proprio corpo,l’ambito
riconoscimento di una schiavitù amorosa e di un annullamento totale
del suo essere in quanto entità autonoma, fenomeno già da tempo
verificatosi sul piano psichico.
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Il concetto di verginità nei popoli primitivi
Riveste grande interesse studiare il diverso atteggiamento che hanno
nei riguardi della verginità i popoli primitivi e nello stesso tempo
come tale concetto è variato attraverso i secoli. Si osservano
posizioni contraddittorie: popolazioni che tengono in gran conto la
verginità femminile, di contro altre che non le attribuiscono alcuna
importanza.
Alcuni popoli hanno viceversa ideato degli ingegnosi stratagemmi
simbolici facendo sopportare in ogni villaggio il peso della
verginità ad una sola fanciulla. Questo espediente è ancora in uso
presso l’isola di Samoa, dove in ogni villaggio una giovane
fanciulla vergine detta taupou ricopre tale carica ufficiale, la
quale comporta varie attività onorifiche. Come le antiche vestali
queste ragazze sono obbligate ad una verginità carica di simbolismo,
infatti la taupou deve sopraintendere all’ospitalità offerta ai
personaggi più eminenti, preparare per essi la Kawa ed istruire e
guidare le giovani nella danza. Nella cultura degli abitanti
dell’isola di Samoa si pretende che le donne si prestino docilmente
ai desideri degli uomini e ciò nonostante, giungere illibate al
matrimonio. Naturalmente ciò non è possibile e si è cercato pertanto
di superare l’ostacolo facendo gravare l’onere su di una sola
giovane: la taupou, maestra delle cerimonie. Su di essa si esercita
da parte della comunità una costante sorveglianza e si fa di tutto
per tenerla lontana dalle tentazioni.
I costumi di questi indigeni sono stati studiati a lungo e descritti
dalla famosa etnologa Margareth Mead, la quale ci riferisce nella
sua famosa opera Male and Female che in alcuni villaggi viene
preteso che anche le giovani appartenenti alle famiglie più in vista
devono pervenire illibate alle nozze ed il consigliere ufficiale del
fidanzato ha l’incombenza di mostrare agli invitati della festa
nuziale un dito avvolto in una stoffa bianca sporca di sangue. Se la
fanciulla è già deflorata è obbligata a confessare il suo fallo alla
propria famiglia, la quale provvederà ad imbrattare la pezzuola del
consigliere dello sposo con il sangue di un pollo o di un altro
animale.
In questa maniera gli indigeni è come se autorizzassero
indirettamente i rapporti prematrimoniali, ripetendone alcuni
aspetti in una cerimonia che ha puro valore simbolico.
Rimanendo in Oceania nelle altre isole della Polinesia le
popolazioni sono ancora più tolleranti dei samoani sul problema
della verginità che viene richiesta qualche volta soltanto alle
fanciulle di rango elevato. In tutta la Micronesia persino questa
piccola remora è ignota.
Nella Melanesia terra di contrasti si osservano posizioni
divergenti: nell’isola di Owa Raha la popolazione non dà alcuna
importanza all’illibatezza tanto da far scrivere a Bernatzik, un
etnologo studioso dei loro costumi:” Gli uomini hanno una certa
avversione per le vergini ed una volta un indigeno mi ha confessato
di non voler avere rapporti con esse, preferendo lasciare questo
duro lavoro ad un giovinetto”
In un arcipelago confinante con le isole D’Entrecasteraux le
fanciulle iniziano tanto precocemente i rapporti sessuali, anche in
epoca prepuberale, che è praticamente impossibile stabilire la data
della deflorazione, comunque gli isolani sono del tutto indifferenti
a questo problema.
Nelle isole Salomone e nelle Nuove Ebridi vi sono, affianco a
popolazioni indifferenti, alcune tribù che attribuiscono molta
importanza alla verginità.
Nella Nuova Guinea presso gli Arapesh esiste una singolare abitudine
che ci viene raccontata da Margareth Mead, la quale fa si che
nessuna giovinetta arrivi vergine al matrimonio: al presentarsi del
menarca le ragazze vengono isolate in una capanna e sono sottoposte
a particolari pratiche rituali; una di queste consiste
nell’introdurre in vagina alcune foglie di ortica arrotolate allo
scopo di far sviluppare il seno.
Sempre in Nuova Guinea osserviamo presso la tribù dei Banaro
un’altra singolare tradizione che ci viene narrata da Thurnwald: al
suocero viene affidato il compito di iniziare la nuora alla vita
sessuale. Capita spesso che egli non possa adempiere a questo
impegno … ed in tal caso sarà un suo amico da lui designato ad
occuparsi dell’iniziazione della sposina.
L’iniziatore conduce la fanciulla in una dimora appartata e dopo
averla sverginata si congiunge nei giorni successivi più volte
carnalmente con lei, mentre il marito, invece, per poter fare uso
dei suoi diritti coniugali, deve attendere che la moglie metta al
mondo il primo figlio.
Da questa rapida carrellata tra le diverse popolazioni dell’Oceania
riguardo la verginità possiamo notare una disparità di atteggiamenti
notevole, dovuta al fatto che molte delle tribù esaminate, abitando
in isole sperdute in mezzo al mare, per millenni non hanno avuto
alcun contatto con altre culture, per cui hanno creato un grado
elevato di originalità.
Nondimeno tali abitudini le ritroveremo però diffuse presso altre
popolazioni nel resto del mondo. Gli atteggiamenti vanno
dall’esigenza di conservare la verginità fino al matrimonio, alla
scelta di una fanciulla destinata a simboleggiare l’illibatezza di
tutte le sue compagne, oppure alla completa indifferenza alla
questione. Alcune tribù provocano la deflorazione con manipolazioni
che escludono il coito, mentre altre popolazioni affidano
l’iniziazione delle giovinette ai membri anziani del villaggio.
Esamineremo ora le popolazioni africane, tra le quali anche esistono
notevoli divergenze di opinioni.
I Dinka danno una notevole importanza alla verginità ed una ragazza
sedotta può esigere dall’uomo che la deflorata che la sposi oppure
chiedere un risarcimento di dieci o venti buoi. La mancanza del
rispetto di tali norme scatena a volte una catena di feroci vendette
chiamata Gari Gari.
I Watussi, famosa popolazione di giganti, esigono non soltanto la
verginità delle giovani, ma anche un completo dominio dei sensi. Una
volta sposati, il matrimonio non viene subito consumato: la novella
sposina cerca di respingere gli slanci del marito ed ogni mattina le
sue amiche si recano a farle visita e si informano se la sua
costanza è stata coronata da successo. Dopo cinque o sei giorni la
fanciulla comincia a dimostrarsi disponibile ed è la volta del
marito a rifiutare il rapporto, fino a quando, dopo tanti
tentennamenti, un mattino gli amici dei coniugi hanno la notizia
della consumazione del matrimonio.
Tra le popolazioni della ex Guinea portoghese si osservano di nuovo
usanze diverse. La maggior parte delle tribù concede molta libertà
alle fanciulle, per cui poche rimangono intatte. Preso i Balante
viene concessa alle fanciulle soltanto una parziale libertà in campo
sessuale, simile al petting occidentale e la deflorazione viene
riservata al marito. Nella stessa zona abitano anche i Fulup che
pretendono rigorosamente la verginità della moglie.
Nell’Africa orientale vasti territori sono abitati dai Nandi, i
quali hanno opinioni diverse sulla verginità. Un etnologo il Brjk ha
studiato a lungo i loro costumi sessuali e ce ne ha raccontato nella
sua opera Negu Eros alcune singolari abitudini. Prima del matrimonio
la futura sposa deve sedere sopra uno sgabello a quattro gambe sul
quale è vietato alle donne di sedersi in qualsiasi altro momento,
una sorta di sedia ginecologica ante litteram, poi divarica le gambe
e le “male lingue”, mentre la madre non è presente, le esaminano con
aria indagatrice il sesso. Se la trovano ancora vergine la baciano
affettuosamente e si rallegrano con lei e quando la lieta notizia
arriva alle orecchie del padre della sposa egli ammazza una vacca ed
imbandisce un banchetto. Una volta superata la prova dello sgabello
gli sposi si ritirano in una capanna per consumare il matrimonio,
mentre gli amici del marito si riuniscono nelle vicinanze pronti ad
immobilizzare la moglie qualora intendesse fare resistenza alla
penetrazione.
Presso i Nandi con ogni probabilità l’imene, come dimostrato presso
altre popolazioni africane, deve essere particolarmente spesso,
perché molti sono i racconti delle difficoltà incontrate dagli
uomini al momento della deflorazione.
Si narra che, spesso il marito, è ancora Brjk a raccontare
l’episodio, se trova difficoltà a deflorare la moglie, prende un
coltello e taglia l’imene senza preavvisare la donna.
Ella singhiozza ed urla in modo che tutti possano udirla”muio, muio!
Tutta colpa di mio padre che vuole un’altra vacca” eEd il marito
seccato risponde:” domani porterò una vacca a tuo padre, ma prima
farò uso dei miei diritti coniugali”.
Capita spesso che passino anche dieci o quindici giorni prima che un
uomo riesca a penetrare la moglie, è forse questa la ragione
principale per cui la verginità non è molto apprezzata dai Nandi. Le
fanciulle non intatte vengono preferite perché il coito riesce più
facile. Spesso i fidanzati controllano col dito se un altro
giovanotto li ha esonerati da questa imbarazzante esperienza.
Thurwalald ha studiato la popolazione dei Gagga e ci spiega che
presso di loro i rapporti prematrimoniali sono in genere proibiti,
ma in pratica vengono tollerati, anche se in passato presso la
maggior parte delle tribù venivano puniti i giovani che si univano
carnalmente prima delle nozze. In seguito le severe misure
repressive vennero abolite, perché i contravventori erano troppo
numerosi e già verso la fine del secolo scorso i colpevoli erano
soltanto oggetto di biasimo da parte degli anziani.
Sono i missionari cattolici ad aver notato presso i Shanibala
l’usanza di consegnare una prte del prezzo pagato per le spese alla
madre di quest’ultima se la giovane giunge vergine al matrimonio per
premiarla di averla sorvegliata bene. Tale usanza è presente in
Africa anche presso popolazioni pagane. Tra le popolazioni indigene,
soprattutto della zona orientale: Somalia, Eritrea ecc è ancora oggi
diffusa un’usanza molto crudele: l’infibulazione.
Tale usanza diffusissima nel passato, ma che tarda a scomparire
consiste nell’asportazione chirurgica, spesso eseguita con strumenti
rudimentali, della clitoride e delle piccole labbra. I lembi della
ferita vengono poi uniti tra di loro, facendo sì che la cicatrice
occluda quasi completamente l’introito vaginale, rendendo
impossibile il rapporto sessuale e permettendo a stento la minzione.
Tale usanza viene praticata sulle bambine in età prepubere ed in
occasione della cerimonia nuziale viene seguita dalla defibulazione.
In alcune zone i fidanzati usano perfino fornire un modello del
pene, affinché l’apertura abbia le dimensioni adatte. In alcune
tribù le donne vengono sottoposte nel corso della loro vita a
numerose infibulazioni e defibulazioni, perché tale operazione viene
a volte ripetuta anche dopo un parto, per impedire i rapporti
coniugali durante il periodo dell’allattamento. I genitori traggono
un vantaggio economico da questa usanza, perché impediscono la
defibulazione fino all’intero pagamento del prezzo della sposa;
inoltre non vi è alcuna necessità di sorvegliare le ragazze, non
essendovi alcuna possibilità per loro di avere rapporti sessuali.
Personalmente mi è capitato nella mia pratica professionale di
osservare alcune decine di volte giovani donne che erano state
sottoposte ad infibulazione, soprattutto ragazze eritree: lo
spettacolo è sconfortante, con ampie mutilazioni, spesso irregolari
o interessanti la vagina, in cui si formano aderenze e
restringimenti.
Ricapitolando anche in Africa, come abbiamo visto in Oceania, la
verginità ha valutazioni diverse che oscillano da un’alta
considerazione, all’assoluta indifferenza e persino al disprezzo e
alle manipolazioni eseguite per provocare la rottura dell’imene,
diffuse soprattutto tra gli Ottentotti, popolazione che presenta il
famoso grembiule vulvare. Spesso la deflorazione viene eseguita da
una persona diversa dal marito.
Tra le popolazioni primitive del continente americano ricordiamo i
Chiroti e gli Ashluslaj, i quali sono del tutto indifferenti alla
verginità delle loro giovani, al contrario dei Chiruguani, che la
esigono assolutamente. Di loro ci parla l’etnologo Nordenskiald, il
quale spiega che al momento delle nozze una Chiroti è piuttosto
sfiorita e per lei con il matrimonio comincia il terzo periodo della
sua vita, quello del lavoro, la chiruguana invece conserva ancora la
propria giovinezza ed è in grado di piacere al marito, il quale però
sposa soltanto una giovane illibata.
Nel Brasile settentrionale esiste una popolazione, gli Wapishana,
che ha scoperto il metodo più sicuro per impedire i rapporti
prematrimoniali. Una pratica ancora più sicura dell’infibulazione,
anche se ciò può sembrare impossibile. Gli organi genitali delle
fanciulle non vengono toccati affatto ed i giovani non sono
sorvegliati o tenuti separati. Il coito presso questa popolazione
rappresenta automaticamente il matrimonio, quindi se un celibe si
unisce carnalmente ad una nubile da quel momento diventano marito e
moglie.
Al termine di questa carrellata tra i costumi sessuali delle
popolazioni primitive delle varie zone geografiche vogliamo
descrivere un’altra forma di deflorazione, molto nota e molto
discussa, che si riscontra sporadicamente in tutte le parti del
mondo: lo jus primae noctis, il quale a volte viene considerato il
diritto di sostituire lo sposo nella prima notte di matrimonio,
mentre in altre occasioni il dovere di sostituire il marito nella
delicata incombenza. La prima volta che si incontra tale situazione
è, secondo antichi resoconti, in America meridionale tra gli indios
aborigeni, dove tale privilegio era riservato a capi e sacerdoti.
Un altro racconto molto antico ambientato nell’isola di Simula,
vicino Sumatra, ci illumina di come possa nascere a volte tale
diritto e come venga accettato dalla popolazione. Diamo la parola
all’ignoto narratore:” Il principe disse ai suoi sudditi che quando
uno di loro intendesse sposarsi doveva prima mandare la fanciulla
prescelta nella sua casa, ove lui le avrebbe insegnato a tingersi le
unghie di rosso.
La ragazza doveva restare con lui per tre giorni e solo dopo poteva
celebrare le nozze col suo fidanzato. Tutti i sudditi dissero che
avrebbero obbedito e quando di lì a poco una fanciulla doveva
sposarsi, il padre la inviò dal principe, il quale, non le insegnò
la tintura, bensì la svergino e passò con lei tre notti, avendo
sempre rapporti sessuali.
Dopo tre giorni la ragazza venne restituita al padre, al quale
confessò tra le lacrime di essere stata disonorata dal principe. Il
genitore disse alla ragazza di rassegnarsi e quindi la fece sposare,
ma il genero, saputo dell’accaduto, protestò vivacemente presso i
suoceri, che lo invitarono egualmente a rassegnarsi.
Dopo circa un anno e tante ragazze deflorate dal principe i sudditi
si ribellarono al tiranno e lo uccisero.
Tra i Balante della ex Guinea portoghese lo jus primae noctis viene
inteso in maniera diversa. Lì il capo ha il dovere di deflorare
tutte le spose e di solito egli presta questo servizio soltanto se
riceve in cambio cospicui regali. Nessuna donna si può maritare
prima che il capo le abbia concesso i suoi favori.
Presso i Masai invece lo jus primae noctis, praticato da sempre ed
in uso ancora oggi, viene concesso ad un compagno d’armi del marito,
al quale non è concesso di rifiutare l’offerta, altrimenti lo sposo
gli può chiedere per l’offesa il risarcimento di un bue.
Un terzo esempio ancora diverso di jus primae noctis ci viene
riferito da Plass e Bartels, in uso presso i Mafioti nell’Africa
occidentale, ove la prima notte di nozze viene venduta al miglior
offerente. Le vergini coperte da un velo, vengono accompagnate di
villaggio in villaggio, sino a quando non si trova l’uomo disposto a
pagare un equo compenso.
Sicuramente tale originale diritto è sorto originariamente dal
timore che l’emorragia provocata dalla deflorazione fosse
pericolosa; quasi tutti i popoli temono infatti anche il sangue
delle mestruazioni e permettono soltanto ad uomini ritenuti in
possesso di particolari poteri soprannaturali di avere rapporti
sessuali con le mestruanti. Ciò spiega anche il perché di un
pagamento per chi esegue la deflorazione, affrontando i relativi
presunti pericoli.
Altrove lo jus primae noctis rappresenta soltanto un simbolo di
potere sui sudditi, che ha avuto il suo periodo di auge durante il
Medioevo.
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La psicanalisi ed il tabù della verginità
Freud nel suo famoso libro La vita sessuale, diviso in tre saggi,
dedica uno di questi a trattare il problema del tabù della verginità
femminile. Egli comincia il suo contributo esaminando l’aspetto
etnologico:” Poche singolarità della vita sessuale dei popoli
primitivi sono così sorprendenti per il nostro modo di sentire come
la valutazione che essi fanno dell’illibatezza femminile. A noi
l’alto valore che il corteggiatore ripone nella verginità della
donna sembra così naturale e ovvio, che quasi ci troviamo
imbarazzati se dobbiamo spiegare il perché del nostro giudizio. La
pretesa moderna che la ragazza non porti nel matrimonio con un uomo
alcun ricordo di relazioni sessuali con un altro, non è, a ben
vedere altro che la continuazione logica del diritto all’esclusivo
possesso di una donna, che forma l’essenza della monogamia,
l’estensione di questo monopolio sul passato della donna”.
Freud afferma che attraverso la sua esperienza di terapeuta ha
scoperto un aspetto fondamentale sulla vita amorosa della donna e
cioè che l’uomo che soddisfi il desiderio d’amore di una vergine per
lungo tempo ed a fatica soffocato ed abbia nel far ciò superato la
resistenza in lei costituitasi attraverso gli influssi dell’ambiente
e dell’educazione, diventerà l’uomo con cui ella stabilirà un
rapporto duraturo, mentre la possibilità di tale rapporto resterà
sbarrata ad ogni altro.
Sulla base di questa esperienza si viene a creare nella donna uno
stato di soggezione che garantisce la continuazione indisturbata del
suo possesso e la rende capace di resistere a nuove impressioni e
tentazioni estranee.
La situazione di soggezione sessuale fu segnalata la prima volta da
Krafft Ebing, il quale descrive il fenomeno di una persona con un
grado assolutamente alto di dipendenza e di mancanza di autonomia
nei confronti di un’altra persona con cui ha rapporti sessuali.
Questa soggezione può talvolta divenire estrema, fino a rinunciare
ai propri interessi.
Meditando potremo notare che tale dipendenza, in certa misura, è
assolutamente necessaria, se il legame che si instaura tra un uomo
ed una donna deve avere una certa durata, come nel caso del
matrimonio. Una qualche misura di soggezione sessuale è in effetti
indispensabile al mantenimento dell’unione in una società civile,
per tenere a bada le tendenze poligame che lo minacciano, un fattore
di rilevante importanza nella nostra comunità.
Lo studioso ci spiega che le condizioni dal cui concorso deriva la
soggezione sessuale sono da un lato un grado insolito di
innamoramento e dall’altro uno sconfinato egoismo, accoppiato a
debolezza di carattere. L’analisi di questi soggetti permette però
di precisare il fattore decisivo rappresentato dalla quantità di
resistenza sessuale superata e la condizione è che ciò avvenga una
volta soltanto.
La soggezione sessuale è pertanto più facile che si instauri, e più
interamente, nelle donne che negli uomini.
Ritorniamo a Freud, il quale si interessa al comportamento degli
uomini primitivi nei riguardi della verginità ed afferma che non è
vero che essi non ripongano nessun valore all’illibatezza della loro
sposa, anche se spesso è previsto che la deflorazione avvenga al di
fuori del matrimonio. Al contrario egli ritiene che per le
popolazioni primitive la deflorazione sia un atto importantissimo,
diventato per questo oggetto di un tabù,di una proibizione di tipo
religioso, anche se il costume a volte esige, invece di riservarlo
allo sposo che costui eviti di compiere personalmente tale atto.
Freud ha studiato su tale argomento il materiale raccolto da vari
etnologi e principalmente da Crawley, da Ploss e da Bartels ed è
interessante compiere una carrellata su queste abitudini sessuali ad
integrazione di ciò da noi già esposto nel relativo capitolo.
In molte popolazioni australiane la rottura dell’imene eseguita al
di fuori del successivo matrimonio è una pratica molto diffusa; tale
cerimonia consiste nella perforazione dell’imene da parte di una
persona designata che non sia il marito, il quale deve assolutamente
evitare di compiere la deflorazione come primo atto sessuale.
Presso i Dieri e le tribù confinanti, nel nord dell’Australia, vi è
l’abitudine di rompere l’imene di una ragazza quando giunge alla
pubertà. Nelle regioni di Portland e di Glenelg tale operazione è
compiuta da una vecchia o talvolta si richiede ai bianchi di
deflorare le ragazze. Altre volte la rottura artificiale dell’imene
ha luogo durante l’infanzia, mentre se avviene all’avvento della
pubertà è spesso legata ad un atto carnale cerimoniale.
Nelle tribù australiane praticanti l’esogamia l’imene è perforato
artificialmente prima che gli uomini abbiano accesso alla ragazza in
un ordine stabilito, l’atto si divide in due parti: perforazione e
coito. Tale importante preliminare del matrimonio è diffuso anche
tra i Masai, popolazione dell’Africa equatoriale, mentre tra i Sakai (Malesia),
i Botta(Sumatra) e gli Alfoer(Celebes) è il padre della sposa a
compiere la deflorazione.
Nelle Filippine esistono degli uomini la cui professione è deflorare
le spose, in cui l’imene non fosse stato lacerato nell’infanzia da
una vecchia adibita a tale scopo. Tra le tribù eschimesi è l’angelok,
il sacerdote a sverginare tutte le spose.
La spiegazione fornita da Freud a queste consuetudini è legata
all’orrore del sangue, in genere presente al momento della
deflorazione.
Molti primitivi hanno timore del sangue, considerato la sede della
vita, per cui il tabù della verginità può essere collegato a quello
della mestruazione, rispettato quasi senza eccezione tra i “
selvaggi”. L’uomo primitivo spesso associa il fenomeno del flusso
mestruale, per lui misterioso, al morso di uno spirito animale,
quale segno del rapporto sessuale con questo spirito.
Freud avanza una seconda spiegazione, forse meno pertinente della
prima per giustificare il terrore di deflorare una donna nell’uomo
primitivo.
Egli osserva che questi soggetti siano spesso preda di disposizione
all’angoscia, che apparirà più intensa in tutte le occasioni che
implicano qualcosa di nuovo o di inspiegato tale da turbarli. Il
primo rapporto sessuale rappresenta per loro certamente un atto
grave da generare l’angoscia della prima volta, a maggior ragione se
vi è spargimento di sangue.
Crawley, un etnologo che ha studiato per tutta la vita queste
popolazioni, fornisce una terza spiegazione personale del tabù della
verginità, collocandolo in un ampio contesto che abbraccia l’intera
vita sessuale della donna. Egli ritiene che siano tabù non solo il
primo rapporto, ma anche altre particolari situazioni quali
mestruazioni, gravidanza, parto e puerperio.
L’osservare tali limitazioni comportamentali ci fa dubitare della
presunta libertà sessuale dei selvaggi, sottoposti a tante solenni
restrizioni, anche se talvolta l’esplosione della sessualità
scavalca tutte le inibizioni, di solito sembra debba soggiacere a
divieti più ampi di quelli attuati nel mondo ritenuto civile.
Ove l’uomo primitivo vede un pericolo egli pone un tabù, basato
spesso su un timore verso la donna, vista come una creatura diversa
dall’uomo, strana e misteriosa, per cui apparentemente ostile. Egli
ha paura di essere contaminato dalla sua femminilità e di mostrarsi
incapace.
L’effetto rilassante del coito sulle tensioni, può essere temuto,
alla pari della percezione dell’influenza che la donna acquista su
di lui attraverso il rapporto sessuale. In questa visione non vi è
niente di arcaico, niente che non sia ancora vivo tra noi.
L’abitudine che abbiamo più volte osservato di risparmiare allo
sposo la deflorazione è rispettata perché si crede in tal modo di
evitare proprio al futuro marito qualcosa di particolarmente
pericoloso. Noi invece abbiamo notato in precedenza in che maniera
dovrebbe derivare uno speciale vincolo della donna verso l’uomo che
l’ha sverginata.
Se potessimo ritenere decaduti nell’uomo moderno il timore del
sangue ed il senso di angoscia del primitivo, potremmo ritenere del
tutto assenti i pericoli insiti nella deflorazione, ma di nuovo
l’analisi psicoanalitica ci pone davanti dei rischi e dei nuovi
problemi. Lo studio del comportamento di donne che vivono oggi ed
appartengono al nostro stadio di civiltà ci illumina su questo grave
pericolo e perché esso minacci proprio il futuro marito. Esso esiste
effettivamente e l’uomo primitivo con il tabù della verginità si
difende da un pericolo percepito, sebbene di natura psichica.
Noi riteniamo reazione normale che la donna dopo il coito abbracci
l’uomo al culmine del soddisfacimento, esprimendo così la sua
gratitudine ed un pegno di soggezione durevole, ma ciò capita
eccezionalmente dopo il primo amplesso, spesso deludente per lei,
che rimane fredda ed insoddisfatta, perché di regola ci vuole molto
tempo e la frequente ripetizione dell’atto sessuale prima che esso
sia in grado di gratificarla.
Questa frigidità iniziale a volte tende a cronicizzarsi, nonostante
la tenerezza e gli sforzi del marito e la genesi di questa patologia
è insita in ciò che accade la prima volta. Dopo la deflorazione a
volte si instaura un’ostilità verso l’uomo e questi impulsi rendono
difficile la relazione, per cui il pericolo che corre l’uomo nello
sverginare una donna e nell’attivazione di queste disordinate
pulsioni. Il primo coito mobilita una serie di impulsi paradossali,
che non scattano negli amplessi successivi.
Uno dei motivi che può concorrere all’innescarsi di tale meccanismo
è da imputare al dolore che è causato alla vergine dalla rottura
dell’imene, ma questo fattore, pur importante, non è da solo
decisivo, perché bisogna valutare anche l’umiliazione narcisistica
successiva alla distruzione di un organo che in molte culture porta
ad un diminuito valore di una donna deflorata.
Un ulteriore motivo di delusione risiede nella circostanza che nella
donna moderna aspettativa ed appagamento non sempre vanno d’accordo;
il sesso a lungo considerato un divieto, quando viene consentito non
soddisfa le attese.
Un analisi dell’evoluzione della libido, ottenuta attraverso
numerose indagini psicoanalitiche, mette in evidenza che molti
desideri sessuali dell’infanzia creano nella donna una sua
formazione che anela solo vagamente al coito, per cui, il marito,
sostituto dei sogni infantili, viene rifiutato come inadeguato.
Tanto più questa resistenza psichica verso il primo atto sessuale è
tenace, tanto più il rifiuto come ostilità verso il marito verrà ad
instaurarsi e basterà anche una piccola diminuzione della potenza
virile ad accentuarlo. A tal proposito i costumi dei popoli
primitivi ci appaiono saggi, affidando il compito della deflorazione
ad un anziano, ad un prete o ad uno specialista, che sostituisca la
figura paterna.
Questo delicato meccanismo psicologico ci fa ragione del tanto
oppugnato “ius primae noctis” esercitato dal castellano medioevale,
come sostenuto in passato da Storfer ed anche da Jung, il quale, nel
suo aureo libretto L’importanza del padre nel destino
dell’individuo, ha interpretato correttamente la diffusa istituzione
delle “Notti di Tobia”, cioè il costume della continenza nelle prime
tre notti dopo le nozze, come un riconoscimento del diritto del
patriarca.
Possiamo trovare altri surrogati paterni che confermano le
aspettative derivanti da questa nostra analisi con il fatto che
spesso la deflorazione in passato venisse affidata addirittura alla
divinità o quanto meno ai loro simboli. Infatti in alcune contrade
la sposa novella doveva sacrificare l’imene al Lingam ligneo ed a
quanto ci riferisce Sant’Agostino la stessa usanza esisteva nel
cerimoniale matrimoniale romano del suo tempo con l’attenuante che
la giovane donna doveva soltanto sedersi sul gigantesco fallo di
Priapo.
In strati ancora più profondi della psiche femminile giacciono le
radici di un altro motivo, il quale forse può essere dimostrato come
il principale colpevole della paradossale reazione di ostilità verso
l’uomo ed il cui influsso si scatena appunto al momento del primo
coito, quando nella donna si attivano anche altri antichi impulsi,
oltre quelli precedentemente descritti, che si oppongono decisamente
alla funzione ed al ruolo femminile. Alcune donne attraversano uno
stadio infantile durante il quale invidiano ai fratelli il segno
della virilità e si sentono scoraggiate e minorate a causa della sua
mancanza o meglio a causa della sua riduzione.
Adler ha identificato in questo comportamento la volontà di essere
un uomo e ha dato a questo atteggiamento il nome di protesta
mascolina. Freud ha parlato di “invidia del pene” ed ha incluso
questo atteggiamento nel più ampio “complesso di evirazione”.
Il padre della psicanalisi ci descrive un caso capitato nella sua
pratica professionale privata di una reazione abnorme di una giovane
sposa allo sverginamento, in cui si evince nella storia evolutiva
della psiche della donna l’attraversamento da bambina della fase
virile in cui è presente l’invidia del pene maschile. Durante
l’analisi ella confessò il suo desiderio di evirare il marito e di
voler conservare il suo pene. In questa invidia bisogna scorgere
l’avversità della donna verso l’uomo che per primo l’ha posseduta.
Ferenczy, altro famoso psicoanalista, cultore di paleobiologia,
riconduce l’ostilità che scatta nella donna verso l’uomo al momento
della deflorazione al periodo in cui i sessi si sono differenziati.
Egli ritiene infatti che originariamente la copula avvenisse tra due
individui consimili, di cui uno dei due divenne più forte ed obbligò
il più debole a sopportare l’unione sessuale.
Sono numerosi i motivi di ordine psicologico che abbiamo elencato e
che danno luogo nella donna alla reazione paradossale per cui si
scatenano sentimenti di ostilità più o meno coscienti verso l’uomo
che primo si unisca a lei.
L’esplosione di sessualità ancora acerba che si scatena sull’uomo
spiega il senso del tabù e ci fa comprendere la prescrizione
prevista in molte culture intesa a proteggere da tali pericoli
proprio il marito, cioè l’uomo che deve entrare in una vita comune
durevole con questa donna. Ai livelli più alti di civiltà
l’importanza da noi segnalata di fronte a questi pericoli sembra
passare in secondo piano di fronte alla promessa di soggezione e di
fronte ad altri motivi ed allettamenti, per cui la verginità viene
oggi considerata un bene tangibile al quale l’uomo non è obbligato a
rinunciare, ma l’analisi psicologica dei disturbi matrimoniali ci
svela come i motivi che inducono la donna deflorata a vendicarsi non
sono del tutto estinti nemmeno nella vita psichica della donna
moderna. Una conferma è fornita dal numero molto alto di donne
frigide ed infelici in un primo matrimonio, che, sciolto questo,
diventano mogli tenere e compiacenti di un secondo marito, come se
la reazione arcaica si fosse esaurita sul primo uomo.
Il tabù della verginità è stato sempre presente attraverso i secoli
ed è tuttora vivo, anche se assopito, nella nostra vita civile.
L’anima popolare lo conosce e spesso gli scrittori si sono serviti
di questo materiale per i loro lavori.
I motivi da noi esposti hanno trovato la loro più potente
rappresentazione in un noto personaggio drammatico, nella Giuditta
della omonima tragedia di Hebbel, dove la protagonista è una di
quelle donne la cui verginità è protetta da un tabù. Il suo
primitivo marito rimase paralizzato durante la prima notte di
matrimonio da un’angoscia misteriosa e non ebbe più il coraggio di
toccarla. Ella esclama orgogliosa:” la mia bellezza è velenosa come
la belladonna, il suo godimento porta pazzia e morte”.
Quando gli Assiri assediano la città ella concepisce il piano di
sedurre il generale che li comanda con la sua bellezza e di
annientarlo, nasconde perciò sotto un motivo patriottico uno
sessuale. Dopo la deflorazione per opera di questo gagliardo, che si
vanta di essere forte e rozzo, ella attinge la forza della sua
rivolta per tagliargli la testa, diventando così la liberatrice del
suo popolo. Decapitare in questo caso equivale simbolicamente alla
castrazione, di conseguenza Giuditta è la donna che castra l’uomo da
cui è stata deflorata, come voleva fare nel suo sogno la giovane
sposa di cui ci parla Freud.
Hebbel ha deliberatamente fornito un sostrato sessuale al racconto
patriottico tratto dagli Apocrifi del Vecchio Testamento, variando
il testo della Bibbia, ove manca ogni accenno alla sconvolgente
notte nuziale di Giuditta; egli probabilmente con la sottile
sensibilità del poeta ha percepito il motivo ancestrale che era
andato perduto nella versione tradizionale ed ha restituito alla
materia il precedente contenuto.
Spesso agli psicoanalisti capita di incontrare pazienti presso le
quali le opposte reazioni di soggezione e di ostilità sono ambedue
giunte ad espressione ed hanno mantenuto un intimo nesso tra di
loro. Ci sono donne di questo genere che sembrano dissolversi
completamente nei loro mariti senza potersi liberare di loro. Appena
passano a rivolgere il loro amore su un altro uomo l’immagine del
primo, sebbene non più amato, interviene con effetti inibitori. Lo
studio analitico insegna allora che queste signore sono
indubbiamente ancora soggette ai loro primi mariti, ma non più per
amore, ma per soggezione come fossero incatenate. Non riescono a
liberarsi da loro perché la loro vendetta su di essi non si è
compiuta, in molti casi non hanno neppure fatto giungere a livello
cosciente l’impulso vendicativo.
In conclusione possiamo perciò affermare che la deflorazione non ha
la sola conseguenza di legare durevolmente la donna all’uomo; essa
scatena anche la reazione arcaica di ostilità verso di lui, la quale
può assumere forme patologiche che si manifestano abbastanza di
frequente attraverso fenomeni inibitori della vita amorosa nel
matrimonio e alla quale si può ascrivere la circostanza di una
migliore riuscita delle seconde nozze.
Il sorprendente tabù della verginità, l’orrore con cui presso i
primitivi lo sposo evita la deflorazione trovano la loro piena
giustificazione in questa reazione ostile e paradossale.
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Anatomia
Per verginità si intende comunemente l’integrità dell’imene, ma
cerchiamo di saperne di più, cominciando a conoscere meglio questo
organo misterioso aiutati dai più insigni anatomici col Testut in
testa.
L’imene è dunque un setto intermedio, incompleto, posto al limite
tra i due condotti vaginale vulvare. La sua forma, come quella di
tutti gli organi che non hanno una funzione ben definita, è molto
variabile. Le varietà più comuni sono: semilunare, anulare e
labiato.
L’imene semilunare, detto anche falciforme, presenta la forma di una
semiluna, con concavità anteriore, il cui margine convesso occupa, a
seconda dei casi, la metà o i due terzi dell’orificio inferiore
della vagina.
L’imene anulare ha la forma di un diaframma circolare provvisto di
un’apertura centrale come si evince dal nome. Questo orificio può
occupare il centro della membrana oppure può trovarsi in un punto
più o meno eccentrico. Tale orificio può avere delle dimensioni
variabili. In alcuni soggetti presenta appena due o tre millimetri
di diametro, giusto per la fuoriuscita del flusso mestruale; in
altri casi, invece ha pressappoco le stesse dimensioni dell’orificio
esterno della vagina ed in questo caso l’imene è ridotto ad un
semplice cercine della mucosa disposto a forma di anello sul
contorno del suddetto orificio. Si tratta in questo caso del
cosiddetto imene “compiacente” che permette a volte l’introduzione
del pene senza rompersi.
Dei sottotipi si hanno quando il margine imenale è frastagliato, si
parla allora di imene frangiato, oppure, se l’orifizio è separato in
due fori distinti da un setto, avremo l’imene biperforato.
Il terzo tipo è l’imene labiato, il quale è formato da due parti
laterali separate da una fessura. Tali labbra sono naturalmente
tanto più mobili quanto più estesa è la fissura che le separa, esse
oscillano liberamente all’ingresso della vagina e si ribaltano tanto
medialmente quanto lateralmente a guisa di battenti e possono così,
se di struttura particolarmente elastica, senza subire rottura,
permettere i rapporti sessuali.
Le malformazioni e le anomalie dell’imene sono molto frequenti. A
volte l’imene può presentare due orifici uguali o non uguali divisi
da un setto mediano. Spesso tale setto prosegue anche nella vagina
dividendola in due.
In rari casi l’orifizio dell’imene può essere sostituito da una
serie di piccoli orifizi disseminati su tutta la superficie come una
grattugia, si parla in tal caso di imene cribriforme e la
deflorazione può essere particolarmente difficile.
Meno rara è la presenza di imeni imperforati che è necessario
incidere per permettere il deflusso del sangue mestruale.
Inoltre è sempre più frequente constatare l’assenza completa
dell’imene per cause congenite, circostanza che deve avere sempre
presente il medico legale.
Oggi è facile convincersi che la mancanza dell’imene o la sua
riduzione di questo sepimento a forme così rudimentali, da
permettere l’accoppiamento senza rompersi, sono constatazioni sempre
più frequenti, tanto da potersi parlare di una graduale diminuzione
di esso.
Tale circostanza già segnalata oltre cento anni fa dal Testut, il
famoso anatomico francese e riconfermata in studi recenti, deve
essere presente nella mente dello studioso che si interroghi sul
significato funzionale dell’imene.
Destino dell’imene, formazione delle caruncole mirtiformi – Al
momento dei primi rapporti sessuali, l’orificio imenale, quando la
membrana sia morbida ed elastica, può dilatarsi in modo sufficiente
perché la penetrazione del pene avvenga con facilità e senza dolore.
In questi casi non vi è presenza di emorragia e l’imene persiste
fino al primo parto. Aggiungiamo che fatti del genere sono meno rari
di quanto normalmente si creda(trenta casi su settantacinque secondo
Budin).
Altre volte l’imene si rompe al primo coito, che si presenta più o
meno doloroso e raramente si accompagna ad una vera emorragia,
quando la membrana è irrorata da numerosi vasi sanguigni. Il
professor Lacassagne, citato dal dottor Magnin, riferisce di due
casi mortali, in donne affette da difetti di coagulazione.
Gli “imeni resistenti” lacerandosi producono lesioni della mucosa
vaginale e per via riflessa contrazioni muscolari dolorose, le quali
rendono per un po’ di tempo il coito impossibile. Sono state
segnalate a volte come conseguenza di questi piccoli traumatismi
delle anurie transitorie su base nervosa.
Durante la deflorazione l’imene può, invece di rompersi, dilatarsi
soltanto.
Come abbiamo già accennato quando l’imene è particolarmente grosso e
carnoso e soprattutto molto irrorato, al momento della deflorazione
vi può essere un’abbondante emorragia che comunque può essere
controllata se la donna resta tranquillamente distesa sulla schiena
e tiene le cosce strette o inserisce un tampone di ovatta tra le
labbra della vulva.
Se l’imene è particolarmente resistente e l’uomo cerca di romperlo
ugualmente, senza preoccuparsi del dolore della donna, può succedere
eccezionalmente che le lesioni provocate da questo atto superino i
limiti regionali e si estendano al setto retto vaginale delle
piccole labbra ed al perineo.
Contrariamente all’opinione espressa da alcuni autori l’imene, dopo
i primi rapporti, non si distrugge completamente e persiste almeno
parzialmente fino al primo parto, allorché la testa del feto,
dilatando smisuratamente l’orifizio vulvo vaginale, porta a termine
la rottura della membrana imenale, determinando delle lacerazioni
fino alla vulva, talora interessando anche questa zona. A causa
della compressione subita la maggior parte dei lembi si disfanno e
cadono, lasciando al loro posto una piaga che si cicatrizza. Le
parti dell’imene che sfuggono alla distruzione si retraggono,
formando sul contorno dell’orificio vulvo imenale un certo numero di
formazioni irregolari, talune mammellonate, altre allungate,
semifluttuanti, talora più o meno peduncolate. Rappresentano residui
cicatriziali dell’imene, che vanno sotto il nome di caruncole
mirtiformi o imenali.
Il numero e la posizione delle caruncole non sono meno variabili
della loro forma. Spesso ne esiste una mediana ed una o più
laterali, che occupano, come dice il loro nome, le prime la parte
mediana(anteriore o posteriore) dell’anello vulvo vaginale, le altre
la parte laterale di questo anello.
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La deflorazione
Dopo aver descritto dettagliatamente l’anatomia dell’imene ci pare
opportuno parlare anche se brevemente della lacerazione dello stesso
che avviene al momento del primo rapporto e sull’argomento citare,
da due opposti di vista, sia il parere delle femministe, espresso
nel famoso libro Noi ed in nostro corpo, sia la descrizione che
della tecnica della deflorazione fa il dottor Van De Velde
nell’altrettanto famoso Il matrimonio perfetto.
Diamo la parole alle femministe:” Insomma che cosa significa
verginità; certamente uno stato fisico, ma, cosa ben più importante
uno stato mentale. Quelle di noi che sono cresciute in famiglie
religiose sono convinte che perdere la verginità prima del
matrimonio sia un peccato. Gran parte di noi collega il sesso al
matrimonio e dovendo conservarci illibate spesso arriviamo a
sposarci impreparate, senza riflettere sulla scelta. Oggi la
sollecitazione ad avere esperienze pre matrimoniali è forte quanto
un tempo la costrizione a rimanere intatte.
Gli uomini l’hanno sempre fatta lunga sulla rottura dell’imene. I
manuali sul matrimonio dedicano capitoli interi sull’argomento. I
pornografi la sfruttano nei loro racconti. Finalmente sotto i miei
violenti attacchi la prima difesa cedette e ci entrai a metà …
inondando di sperma la sua vagina sanguinante ecc. Il primo rapporto
spesso non è doloroso, l’uomo non ha bisogno di essere un ariete, la
donna non deve necessariamente strillare o svenire.
La mitologia distorce la realtà per rappresentare le donne più
deboli e gli uomini più aggressivi di quanto siano.
Quando scegliete di iniziarvi alla vita sessuale con un amico
cercate di fare un’esperienza gradevole e gioiosa. Concedetevi tempo
e spazio per imparare a conoscere il vostro corpo, sia da sole che
con il partner, solo così porrete basi positive per il futuro.
Comunicatevi sensazioni e paure. Parlate del controllo delle nascite
e scegliete in anticipo un metodo contraccettivo.
Passate insieme qualche ora esplorando il vostro corpo(guardando,
toccando, sentendo l’odore e il gusto). Potete arrivare assieme
all’orgasmo senza coito ed imparare ad eccitarvi ed a darvi piacere
a vicenda. Potete cominciare da sole ad allargarvi l’imene, poi
continuerete assieme. Esso è una membrana cedevole che circonda in
parte o in tutto l’apertura della vagina ed in parte la chiude. Si
allarga già inserendo le dita nella vagina, sole o con il partner,
durante il petting, servendosi di un tampone o masturbandosi; non
invece con l’esercizio fisico, come cavalcare o arrampicarsi sugli
alberi. In alcuni casi l’imene non ha bisogno di essere allargato.
Da sole accoccolatevi sopra uno specchio ed esplorate la zona
genitale, inserite poi nella vagina un dito inumidito o se potete
due o tre e muoveteli delicatamente su e giù lungo le pareti della
vagina. Chiedete all’amico di fare altrettanto per alcuni giorni
prima del rapporto.
Poiché l’imene ha forme e dimensioni diverse può darsi che
l’ingresso del pene o delle dita dia qualche fastidio o causi un
leggero fastidio con perdita di sangue, ma gran parte del fastidio
si può evitare rimandando la penetrazione a quando sarete eccitate
al massimo e la vagina sarà ben lubrificata.
Alcune donne comunque ci hanno riferito di aver perso molto sangue
durante il primo rapporto, per cui è possibile sempre una piccola
emorragia, anche se si è ben preparate. Il coito come ogni
esperienza migliora con il tempo e con la pratica, per cui se
rimanete deluse dal primo rapporto si tratta di attendere.
Passiamo ora al dottor Van De Velde, il quale scrive negli anni
Cinquanta, un periodo nel quale spesso deflorazione faceva rima con
luna di miele ed infatti questo è il titolo del capitolo in cui il
famoso sessuologo ci introduce al rito del primo rapporto sessuale
della donna: “ Cominciamo dal principio, cioè dalla consumazione del
matrimonio, essa non si identifica sempre con la deflorazione,
poiché non sempre la donna arriva vergine al matrimonio. Nei casi in
cui la sposa sia già abituata al coito, tutto ciò che segue ha
un’importanza relativa, mentre invece ha molta importanza quando si
tratta di una fanciulla intatta ed il marito non deve pensare che la
deflorazione sia una cosa facile da prendere alla leggera.
Due sono gli ostacoli da superare: uno fisico ed uno psichico, il
quale è sempre presente anche quando vi sia l’amore in tutta la sua
pienezza, la donna sia disposta favorevolmente, si abbandoni
interamente e giunga a nascondere a se stessa le proprie inibizioni.
Cercherò di rendere tutto più comprensibile con l’esempio di ciò che
avviene nel regno animale, osservando una femmina in periodo di
frecola. Tutte le femmine desiderano essere coperte, ma quelle che
non lo sono ancora state si comportano in maniera differente da
quelle che hanno avuto questa esperienza. Anche queste ultime fanno
finta di fuggire dal maschio, ma è evidente che si tratta di una
sollecitazione erotica destinata ad aumentare l’eccitazione del
maschio e della femmina stessa. Le cose avvengono in tutt’altro modo
con la femmina vergine; essa quando fugge mostra chiaramente come
l’istinto all’accoppiamento lotti disperatamente con l’apprensione.
Chiunque possieda una cagna non ha che da osservare i loro occhi
quando il cane le cerca. La paura nettamente riconoscibile, malgrado
l’istinto all’accoppiamento, mentre la cagna già coperta in
precedenza non domanda di meglio che di farsi coprire.
Questa paura nella sua essenza è certamente più di una semplice
apprensione per il dolore quale riscontriamo nella vergine umana,
che non ignora come la lacerazione dell’imene possa farla soffrire.
Non si può dubitare che questa paura fatta di una resistenza
incosciente ha cause più profonde ed un significato maggiore di
quello che non sia una semplice paura di sensazioni dolorose. Chi
voglia comprendere non ha che da rendersi conto di quali cambiamenti
fondamentali della vita femminile si tratti, ha infatti inizio la
vita sessuale attiva con tutte le sue conseguenze, le sue incombenze
ed i suoi pericoli. Bisogna tener conto di questa apprensione sia
essa incosciente, subcosciente o per una piccola parte cosciente.
Ciò non vuol dire che l’uomo debba porvi rimedio comportandosi con
debolezza, indecisione o con mezzi inadeguati. Ma non bisogna
dimenticare che proprio in questa occasione egli deve mostrare quel
tatto opportuno da cui dipendono in larga misura la sua felicità e
quella della sua compagna. Può affermarsi che spesso la sorte di un
matrimonio dipende dalla prima notte.
Oltre agli ostacoli psicologici esiste poi l’ostacolo fisico
costituito dall’imene, mentre i movimenti di difesa, come stringere
le cosce, non sono troppo importanti. Allorquando si manifestano
tali resistenze esse mostrano chiaramente l’impreparazione
psicologica della donna e ogni tentativo di deflorazione va
procrastinato.
“Non iniziare il tuo matrimonio con uno stupro” affermava Balzac”perché
un simile comportamento verrebbe pagato a caro prezzo”.
Per quanto riguarda la tecnica della deflorazione bisogna tener
presente ciò che avviene meccanicamente durante il primo rapporto
sessuale: il pene penetra dall’alto davanti e la sua punta scivola
lungo la parete anteriore del vestibolo nell’orificio esistente,
quindi continuando il suo movimento in avanti esso tende il bordo
anteriore dell’imene e lo strappa, manovra che provoca un certo
dolore, sopportabile se si tratta di una donna che abbia un imene
normale e non sia ipersensibile. La durata dello strappo può essere
abbreviata e ridotta ad un solo istante se l’uomo, non appena ha la
sensazione dell’ostacolo che fa resistenza ad una penetrazione più
profonda, reagisce con un colpo, non brutale, ma tuttavia abbastanza
energico.
Se la donna, per evitare il dolore, non si ritira ma invece si
avanza incontro al pene, lo strappo dell’imene si compie subito, la
deflorazione è consumata e l’introduzione del pene è cosa fatta.
L’emorragia causata dalla piccola lacerazione è di minima entità e
cessa per proprio conto. Ordinariamente il decubito dorsale, tenere
strette le cosce ed evitare ogni toccamento delle pareti ferite sono
sufficienti ad arrestarla
Se non si riesce a strappare l’imene nel modo predetto non bisogna
continuare i tentativi, da rinviare al domani o anche al posdomani.
Tentativi prolungati, ripetuti frequentemente o troppo energici
hanno di solito, come unico risultato un aumento della sensibilità o
dell’apprensione, diminuendo la possibilità di successo. Di
conseguenza il colpo finale deve essere dato con una certa prudenza,
per potersi arrestare non appena si dovesse percepire un imene
troppo resistente, un dolore intenso o una paura esagerata.
“Procedi con dolcezza e con circospezione, non tentare di vincere
con un colpo violento la resistenza della corolla chiusa; impara a
padroneggiare l’impetuosità del tuo desiderio e se la natura ti ha
creato troppo potente, non esitare a procrastinare ai giorni
successivi i tuoi tentativi di deflorazione” così parla il vecchio
saggio maomettano Omar Halebj nel suo libro El Ktab, a dimostrazione
della saggezza degli orientali, a differenza degli occidentali, i
quali temono di apparire imbelli o impotenti se si mostrano poco
aggressivi. Presso alcuni popoli la religione o i costumi non
autorizzano la prima copula prima che siano trascorsi 2- 3 giorni
dal matrimonio.
Tuttavia il vecchio detto”ne quid nimis”(non esagerare mai) conserva
tutto il suo valore, un differire troppo a lungo la deflorazione può
causare molteplici inconvenienti. A chi domanderà in proposito un
consiglio preciso risponderò: quando dopo tre tentativi scaglionati
in più giorni non si sarà riusciti a compiere completamente il coito
sarà bene rivolgersi ad un ginecologo, esperto anche di sessuologia
e di psicologia; egli potrà quasi sempre risolvere la situazione o
facendo alcune piccole incisioni dell’imene o con un supporto
psicologico, o spesso con ambedue i mezzi in quanto che, se gli
impedimenti fisici o psichici permangono troppo a lungo, le
difficoltà non fanno che accrescersi.
Una volta introdotto il pene pochi movimenti saranno bastanti perché
l’uomo, che si trova in uno stato di eccitazione erotica, eiaculi.
Raramente detti movimenti potranno provocare l’orgasmo nella donna e
sarebbe inopportuno insistere. Meglio che le parti lese dell’imene
non siano sottoposte a sollecitazioni meccaniche oltre il tempo
strettamente necessario. Nel caso specifico è più importante
fermarsi che tentare il raggiungimento di una distensione in altri
casi auspicabile.
Ci si può domandare se non sia opportuno ottenere questa distensione
per mezzo di giochi di eccitamento. Se dopo l’eiaculazione la donna
rimane preda di un’eccitazione tanto forte da farle desiderare di
raggiungere l’orgasmo è consigliabile proseguire con carezze ed
altro a condizione che venga manipolata solo la zona clitoridea,
escludendo l’introito vaginale. In genere è però preferibile che il
primo coito si limiti alla lacerazione dell’imene, aprendo la via
alla copula.
Un’attività maschile oltrepassante lo stretto necessario potrebbe
ferire la sensibilità di una fanciulla più o meno scontrosa, dotata
di sentimenti realmente virginali. Bisogna pertanto evitare di
ferire il pudore, una dote da rispettare, un fiore che fornisce alla
donna un profumo incomparabile, una rarità con i costumi moderni.
Il marito dovrà dunque usare con la più grande circospezione dei
preludi amorosi prima della copula, dai baci alle carezze ed alle
parole dolci, evitando che l’atmosfera erotica si scaldi oltre
misura.
Questa riserva deve estendersi alla vista del corpo. I desideri di
Paolo Silenzioso, il quale, nell’amore richiede la nudità completa
dei due corpi, non potranno essere soddisfatti se non quando vi sia
una certa confidenza tra i due coniugi. Chiedere alla compagna di
esporre le sue nudità agli sguardi dell’uomo e per di più alla
presenza del pene, che a lei deve apparire enorme, servirà solo ad
aumentare la resistenza psichica e l’inibizione. Tuttavia … non ogni
giovane sposa è una fanciulla timida e casta, chiaramente questo
comportamento non si applica alla fanciulla vergine unicamente per
avere l’imene ancora intatto!
Poiché solitamente nella donna viene a mancare l’eccitazione locale,
fa difetto la secrezione mucosa che favorisce lo scivolamento del
pene, il che rende la penetrazione più difficile e dolorosa, si
raccomanda perciò l’uso di un lubrificante da applicarsi
all’ingresso della vulva.
I genitali devono essere assolutamente puliti, perché al di là
dell’estetica, una minima ferita può provocare un’infezione.
Spesso tra i celibi si hanno delle idee sbagliate sulla luna di
miele, immaginata come un ininterrotto delirio di voluttà ed estasi,
viceversa le settimane successive al matrimonio sono un periodo di
prova, durante il quale la donna deve apprendere poco alla volta a
provare le sensazioni erotiche, arrivando all’orgasmo solo dopo un
certo addestramento. La frigidità all’inizio interessa la quasi
totalità delle donne.
La luna di miele diventa perciò un periodo di prova per entrambi i
coniugi, anche per l’uomo, il quale deve imparare ad essere
altruista e ad autodisciplinarsi. Le prime settimane non devono
essere troppo dense ed il momento del ritorno, sempre assai precario
per la donna per via del cambiamento di vita, mentre l’uomo ritorna
alle sue occupazioni abituali, potrà essere dedicato a tecniche di
coito più sofisticate con reciproco gradimento.
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Conclusioni, statistiche ed ipotesi sulla verginità
L’imene come tutti gli organi e i tessuti del corpo umano deve avere
una finalità o averla avuta in passato, come è il caso
dell’appendice cecale, che con tutta probabilità rappresenta un
residuo di un intestino primitivo in tempi in cui la nutrizione
dell’uomo era diversa da quella attuale.
L’imene è posseduta da tutti i mammiferi, anche se in alcuni si
presenta in maniera rudimentale; non rappresenta quindi un organo
specifico della specie umana, per cui non potremmo trovare alcun
significato teleonomico legato alle abitudini sessuali proprie della
donna.
La presenza dell’imene integro se da un lato permette il fluire per
gravità verso l’esterno del sangue mestruale, rende difficile ai
germi, presenti in numero notevole nella zona perianale, di
penetrare in vagina, nella quale, prima della pubertà, non è
presente alcun sistema di difesa e di auto purificazione naturale.
Il ph tende verso l’alcalinità il che crea un habitat favorevole
all’instaurarsi delle infezioni. Viceversa con la pubertà il mutato
quadro ormonale con l’innalzarsi del tasso degli estrogeni induce la
formazione e lo sviluppo del bacillo di Doderlain, il quale,
trasformando il glicogeno presente in vagina in acido lattico,
provoca un abbassamento del ph verso l’acidità: una condizione
negativa per lo sviluppo dei batteri ed il prodursi di infezioni
vaginali.
Una volta creatosi questo sistema di difesa la funzione dell’imene
viene a cessare per cui la sua integrità non è più necessaria e ciò
viene a coincidere con il periodo dei primi rapporti sessuali, che,
nella donna da poco fertile e mestruata, sono auspicabili per la
riproduzione della specie.
Tale teoria cerca di giustificare la presenza dell’imene e
rappresenta una mia idea personale, sarà forse una descrizione poco
romantica, ma allo stato delle attuali conoscenze scientifiche e
alla luce anche dei dati etnografici e antropologici mi sembra per
il momento la spiegazione più plausibile.
Vorremmo segnalare la spiegazione che viene data della verginità da
un famoso zoologo Desmond Morris. Egli si esprime così sul problema
nel suo noto libro la scimmia nuda: “Un’altra caratteristica
concomitante, che sembra si manifesti unicamente nella nostra
specie, è la conservazione dell’imene o verginità femminile. Nei
mammiferi inferiori questo si manifesta come uno stadio embrionale
durante lo sviluppo del sistema uro genitale, mentre nello scimmione
nudo viene conservato come parte del processo di neotenia. La sua
persistenza fa sì che la prima copula nella vita della femmina
presenti qualche difficoltà. Poiché l’evoluzione si è spinta tanto
avanti da rendere la donna il più reattiva possibile da un punto di
vista sessuale, a prima vista sembra strano che essa si sia dotata
di un meccanismo che si oppone al coito. La situazione non è però
tanto contraddittoria come sembra. Rendendo la prima copula
difficile e persino dolorosa, l’imene fa in modo che questa non
venga effettuata alla leggera. Chiaramente durante l’adolescenza si
ha un periodo di prova sessuale, di divertimento, in cerca di un
compagno adatto. In questo periodo i giovani maschi non hanno alcun
motivo valido per astenersi da una copula completa. Se tra i due
membri della coppia non si viene a formare alcun legame, i maschi
non si sono compromessi in alcun modo e possono continuare fino a
quando trovino una compagna adatta. Se anche le giovani femmine si
spingessero così lontano senza formare una coppia, esse potrebbero
facilmente ritrovarsi gravide e avviate verso una situazione di
maternità, prive però di un compagno che stesse loro vicino.
Mettendo un freno parziale a questa tendenza femminile, l’imene fa
in modo che nella donna, prima di compiere il passo definitivo, si
sia sviluppata una profonda partecipazione emotiva di tale intensità
da farle accettare l’iniziale disagio fisico”(Morris).
Tale atteggiamento secondo lo scienziato favorirebbe anche il
formarsi di una coppia fissa nella specie umana, rappresentando un
fattore favorevole fondamentale per l’allevamento dei figli, che
raggiungono la pubertà e la completa autonomia in ritardo rispetto
ad esempio, al topo, al cane, all’elefante.
Una condizione che noi riteniamo decisiva per giustificare la
monogamia della nostra specie, non spiegabile in base a
considerazioni di ordine culturale.
Pur con tutto il rispetto dovuto ad una teoria espressa da uno
scienziato così autorevole ci sentiamo di dissentire e di poter
muovere almeno tre obiezioni:
1) L’imene almeno nei mammiferi superiori è presente costantemente,
anche se in maniera rudimentale e non rappresenta quindi una
prerogativa della specie umana.
2) L’esperienza del dolore della deflorazione per trasmettersi
necessita di un sistema di passaggio delle conoscenze difficilmente
ipotizzabile nelle donne dell’età della pietra.
3) Quale significato funzionale dovrebbe avere l’imene, per quanto
rudimentale, della cagna o della topolina?
Negli ultimi anni, dopo il rapporto Kinsey, sono state eseguite
numerose indagini statistiche sul numero di donne che giunge vergine
al matrimonio, nelle varie aree geografiche e culturali ed anche
sull’importanza che viene attribuita dall’uomo al valore
dell’illibatezza.
In tutti i paesi occidentali si è assistito negli ultimi decenni ad
un calo verticale della percentuale di donne che giunge vergine al
matrimonio, la quale può essere calcolata in Italia, secondo recenti
indagini dell’A.I.E.D., intorno al 30% circa, con una diversa
distribuzione tra nord e sud del paese. Tali statistiche sono più o
meno in linea con altre simili effettuate negli ultimi anni in
Francia, Inghilterra e Stati Uniti.
Gli uomini assegnano all’illibatezza un’importanza inferiore che in
passato, ma le percentuali non sono in linea con il numero
vertiginoso di donne che giungono deflorate alle nozze. In ogni caso
si assiste in tutto il mondo occidentale ad un calo considerevole
della valutazione dell’importanza della verginità femminile nella
misura in cui cresce l’indipendenza economica e l’emancipazione
della donna. Tale andamento sta però registrando negli ultimi 2 – 3
anni una leggera inversione di tendenza, come se i giovani
tendessero lentamente a ritrovare dei valori del passato, che erano
stati quasi completamente abbandonati.
Abbiamo in precedenza osservato come gli anatomici e gli zoologi
studiosi di anatomia comparata hanno segnalato un aumento
percentuale delle donne prive di imene o in possesso di imeni di
dimensioni ridotte. Questa circostanza potrebbe essere interpretata
come il segno di un diminuito significato funzionale dell’organo e
potrebbe costituire una conferma indiretta della nostra teoria,
secondo la quale, la creazione nell’interno della vagina di sistemi
biologici di autoconservazione del ph e di conseguenza di difesa
verso le infezioni dall’esterno sta diminuendo il significato
funzionale di “barriera” che poteva ragionevolmente essere
attribuito in passato all’imene. Al di la del suo significato
funzionale sotto il profilo biologico abbiamo visto come gli uomini
abbiano sempre attraverso i secoli attribuito a questa barriera ed
alla sua integrità un profondo significato culturale ed abbiano
creato un tabù, il quale, anche se diminuito di validità negli
ultimi decenni, persiste immutato nell’inconscio collettivo.
Per secoli la donna è stata considerata una proprietà privata
dell’uomo, una merce, ma oramai la concezione della verginità legata
a questi principi è divenuta anacronistica e tramontata quasi
completamente nel mondo occidentale.
Ma il tabù della verginità non è legato soltanto a meschine
considerazioni di ordine economico; gli studi psicoanalitici ci
hanno fornito infatti più di una chiave di lettura di questo tabù e
ci hanno dimostrato che esistono delle basi psicologiche molto forti
radicate anche nella psiche delle donne moderne ed emancipate.
Al momento della deflorazione sono presenti due aspetti fisici molto
importanti e caratterizzanti: la perdita di sangue e il dolore.
L’uomo civile non possiede lo stesso terrore del sangue che nutrono
le popolazioni primitive, per cui i meccanismi “ematici” alla base
del tabù si può affermare che siano oggi quasi completamente
inesistenti o quanto meno possano essere rimossi.
Diverso è per il dolore che spesso la donna avverte al momento del
primo rapporto; esso spesso è alla base, con altri meccanismi
psicologici che abbiamo in precedenza studiato, dell’ostilità che
nella donna si accende nei riguardi dell’uomo con il quale ha il
primo rapporto sessuale.
Una tecnica adeguata, un eccesso di attenzione e di tenerezza ed un
po’ di vasellina o altro lubrificante adoperato preliminarmente
possono annullare o ridurre notevolmente il dolore del primo
amplesso, spegnendo così uno dei meccanismi, attraverso cui si
instaura l’ostilità della donna.
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Glossario Acidità – In una soluzione acquosa la presenza di un eccesso di ioni
idrogeno che dà luogo ad una situazione opposta a quella di
alcalinità(PH>7).
Acido lattico - Acido idrossicarbossilico che nel corpo umano si
forma nel tessuto muscolare per scissione del glicogeno in
condizioni di insufficiente apporto di ossigeno. In vagina la sua
produzione ad opera del bacillo di Doderlain provoca un abbassamento
del ph verso l’acidità e di conseguenza minore recettività alle
infezioni.
AIED- Iniziali della principale organizzazione italiana interessata
allo studio ed alla diffusione della contraccezione e della
sessualità(Associazione italiana educazione demografica).
Alcalinità- In una soluzione acquosa l’eccesso di ioni ossidrili,
che crea una situazione opposta a quella di acidità(PH<7).
Anuria – Soppressione transitoria o definitiva della secrezione
urinaria. L’anuria riflessa si istituisce su base nervosa ed è
sempre transitoria.
Cercine – In anatomia qualsiasi formazione anulare rilevata che
circonda un qualcosa, in particolare il cercine genitale è una
sporgenza circolare situata intorno alla cloaca ed al tubercolo
genitale nello sviluppo degli organi genitali esterni dei mammiferi,
nelle femmine darà luogo alla formazione delle grandi labbra e nel
maschio contribuisce alla formazione dello scroto.
Clitoride – Organo erettile femminile impari e mediano, analogo al
pene maschile, però rudimentale, situato nell’angolo anteriore della
vulva. Dotato nel suo interno di una struttura spugnosa come i corpi
cavernosi maschili. Quando la femmina è eccitata si crea un
iperafflusso di sangue e l’organo entra in erezione.
Copula – Il rapporto sessuale tra un uomo ed una donna.
Detumescenza – Scomparsa della rigidità del pene con ritorno allo
stato normale di flaccidità.
Doderlain – Famoso medico tedesco (1860 – 1941) direttore della
clinica ginecologica di Monaco, che ha dato il nome ad un bacillo
non patogeno che si rinviene nel secreto vaginale. Tale bacillo ha
una notevole importanza nella omeostasi del ph vaginale, creando una
barriera verso la penetrazione in vagina di germi dall’esterno.
Eiaculazione – Emissione dello sperma dal pene attraverso l’uretra
peniena. Esso avviene sotto l’impulso delle contrazioni ritmiche dei
muscoli bulbo ed ischio cavernosi al momento dell’orgasmo. Per
eiaculazione precoce si intende un’intempestiva emissione dello
sperma.
Esogamia – L’obbligo sancito dalle leggi tribali di scegliere la
propria moglie fuori dal gruppo sociale cui l’individuo appartiene.
Etnologo – Studioso di etnologia, branca che si interessa dei popoli
e della loro cultura e li analizza secondo le loro abitudini.
Frecola- Periodo dell’anno, nel quale gli animali di sesso femminile
sono attratti sessualmente dai maschi e disposti ad accoppiarsi.
Gari – Gari – Particolare tipo di faida consistente in una serie di
vendette che può durare anche molti anni.
Glicogeno – Particolare tipo di sostanza glicidica di riserva degli
organismi animali. Presente soprattutto nel fegato e nei muscoli
serve a produrre energia. Nella vagina in presenza del bacillo di
Doderlein aumenta l’acidità locale, permettendo una migliore difesa
contro le infezioni.
Grembiule delle Ottentotte – Detto anche velo del pudore è
costituito dalle piccole labbra che, nelle donne ottentotte e
boscimane, per una particolare ipertrofia, pendono tra le cosce per
circa 15 – 20 centimetri.
Kawa - Nel linguaggio mauri kawa significa amaro. Le vergini
nell’isola di Samoa offrono una bevanda di tale nome, diffusissima
in Micronesia e Polinesia, ottenuta frantumando nell’acqua le radici
fresche di una pianta locale. Tale bevanda presa in piccole dosi
produce un senso di benessere e di vigore. Essa è preparata, offerta
e bevuta con un apposito cerimoniale.
Libido – La carica di energia postulata da Freud che rappresenta
l’aspetto psichico della pulsione sessuale. Per Jung viceversa la
libido deve essere intesa come desiderio o impulso non inibito da
istanze morali o di altro genere.
Neotenia – In zoologia fenomeno del raggiungimento della maturità
sessuale durante il periodo larvale di un animale.
Ph – Sigla con cui in chimica si esprime l’acidità o la basicità di
una soluzione.
Sotadica – Dicesi di una composizione letteraria quando essa è
oscena e scurrile come gli scritti rimastici del poeta Sotade
Specie – In zoologia rappresenta l’unità fondamentale della
classificazione e raggruppa l’insieme degli individui simili tra
loro che posseggono tre criteri di definizione in comune: affinità
morfologiche, distribuzione geografica e riproduzione sessuale di
individui somiglianti ai genitori.
Taupou – E’ la fanciulla che in alcuni villaggi dell’isola di Samoa
si fa carico della verginità di tutte le ragazze divenendo simbolo
di illibatezza.
Teleonomia - In biologia termine introdotto da J. Monod(1970) per
definire il finalismo insito nelle strutture e nelle forme tipiche
degli organismi viventi.
Terapia psicoanalitica – Si tratta di uno strumento di conoscenza
psicoterapica scoperto da Freud alla fine del diciannovesimo secolo,
che viene adottata per il trattamento di ammalati psichici, in
particolare affetti da nevrosi.
Vestale – Nome dato nella Roma antica alle vergini sacerdotesse
addette al culto di Vesta, custodi del sacro fuoco.
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Altri lavori di medicina dello stesso autore
1) Moderne metodiche per provocare l’aborto – Edizioni Florio –
Napoli 1978
2) Incidenza di immunizzazione nei confronti del fattore Rh nel post
abortum a seconda dell’epoca gestazionale valutata mediante il test
di Kleihauer Betke Braun – Ed. Cofese - Palermo 1980
3)Parliamone col ginecologo – Ed. Dick Pearson – Napoli 1981
4) Miglioramenti tecnici nell’esecuzione dell’I.V.G – Edizioni
Monduzzi – Bologna 1983
5) Su un nuovo metodo di sterilizzazione tubarica reversibile – Ed.
Monduzzi – Bologna 1983
6) Pianeta donna – Edizioni Biocontrol Press – Napoli 1984(6°
edizione 2009 disponibile su internet)
7) Trattamento delle sindromi anorgasmiche femminili con
l’accentuazione del tono del muscolo pubo coccigeo mediante esercizi
di feedback sotto la guida di un nuovo miografo vaginale ideato
dall’autore – Edizioni Monduzzi – Bologna 1985
8) Interruzione volontaria della gravidanza tramite una associazione
originale di prostaglandine ed ossitocici – Ed. Cofese – Palermo
1991
9) Studio multicentrico sulle metodiche farmacologiche per provocare
l’I.V.G. – Ed. Cofese – Palermo 1992
10) Un nuovo approccio diagnostico e terapeutico al problema della
frigidità femminile – Ed. Cofese – Palermo 1992
11) Nuovo contributo casistico all’interruzione volontaria della
gravidanza tramite un’associazione originale di prostaglandine ed
ossitocici ideata dall’autore, in Atti dell’International Congres of
Obstetric and Gynecology – Isola d’Elba 1992
12) Induzione della I.V.G. attraverso un’associazione di
prostaglandine ed ossitocici ideata dall’autore. attualità e
prospettive – Edizioni Cofese – Palermo 1993
13) Nuovo protocollo diagnostico e terapeutico della frigidità -
Edizioni Cofese – Palermo 1993
14) La frigidità e la verginità nella donna – Edizioni Biocontrol
Press – Napoli 1993
15) Atlante di semeiotica fisica mammaria(In corso di pubblicazione) |