La verginità nella donna
di Achille della Ragione

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Indice

 


Prefazione

Nel 1993 usciva il mio libro La frigidità e la verginità nella donna, il quale, per motivi editoriali, conteneva assieme due diversi argomenti.
Il volume incontrò successo e si esaurì nell’arco di un anno, ma da allora non è stato mai ristampato e non è consultabile su internet, se non parzialmente, per alcuni capitoli che sono divenuti nel frattempo articoli o oggetto di relazioni congressuali.
Ho voluto perciò dividere il libro in due e cominciare a metterlo in rete, cercando di venire incontro alle esigenze di lettura e di approfondimento di un tema: la verginità della donna, che sembrava di diminuito interesse, ma che recenti statistiche internazionali, ci indicano come stia risvegliando la curiosità e l’apprezzamento dei giovani.
Dopo aver definito il concetto di verginità nei secoli e la considerazione in cui viene tenuta nei popoli primitivi, ne ho descritto l’anatomia, per concludere con un’ipotesi personale sul suo significato funzionale.

Napoli febbraio 2010
Achille della Ragione

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La verginità:definizioni e pareri a cavallo dei secoli

La verginità ha sempre rappresentato qualcosa di importante e significativo per l’uomo sin dagli albori della civiltà.
Grave errore è stato in passato credere alla promiscuità dei popoli primitivi e alla totale libertà dell’unione fra i due sessi nelle società umane più antiche. Il fenomeno dei rapporti sessuali è stato sempre considerato come particolarmente grave e la prima attuazione di essi è stata sempre proceduta o accompagnata dai riti di un’iniziazione speciale.
Il desiderio di possesso esclusivo, la considerazione della donna come proprietà, la paura delle malattie veneree in alcuni periodi storici, la volontà e l’obbligo di consacrarsi ad un solo uomo, sono alcuni dei motivi per cui nei secoli il tabù della verginità ha arrovellato la mente degli uomini ed ha caratterizzato intere culture e religioni, come la giudaico cristiana, che le ha dato grande importanza.
Il cristianesimo che ravvivò le sante ispirazioni dell’umana coscienza soffocate dal paganesimo e dalle passioni e che rivelò degli obblighi che essa non avrebbe potuto conoscere doveva necessariamente inculcare la verginità per rafforzare l’animo dei praticanti.
Gesù Cristo volle nascere da una vergine, fu vergine egli medesimo. San Giovanni, il più casto, fu il suo discepolo prediletto, al quale morendo affidò la propria madre e San Giovanni passò in continenza tutta la vita. La sua legge proclama la preminenza della verginità sul matrimonio ed il Concilio di Trento grida anatema a chi sostenga il contrario. Ovunque e sempre le sacre vergini sono state oggetto di un rispetto pressappoco religioso; su tal punto le nazioni incivilite e le tribù selvagge si sono mostrate concordi: è nota la venerazione dei Romani per le loro vestali.
Tutti i popoli che avevano una così alta idea della verginità dovettero pensare che questo stato fosse gradito alle loro divinità; difatti la perpetua verginità fu spesso prescritta come condizione indispensabile per essere degni di servire la divinità, quasi sempre la continenza doveva accompagnare l’esercizio delle funzioni sacerdotali e l’adempimento di certi atti religiosi.
La violazione della verginità era guardata come un sacrilegio che attirava lo sdegno dei numi e meritava i più grandi castighi. Le vergini ree di questo delitto venivano punite con lo stesso supplizio sia a Roma come in Perù, venivano sepolte vive.
Presso gli Ebrei pur non essendovi mai stata una professione di verginità perpetua, nondimeno era lodata la vedovanza, in cui la donna nell’astenersi da un secondo matrimonio mostrava di amare la castità. Era severamente vietato entrare nel Sancta sanctorum e mangiare i pani di proposizione se non si era osservata la continenza.
I popoli primitivi hanno sempre accompagnato con rituali più o meno suggestivi la deflorazione matrimoniale.
Nell’antico Egitto vi era l’usanza che la giovane sposa, la sera delle nozze, fosse condotta dalle matrone nella camera nuziale; là l’imene era rotto da un bastone ricoperto da un panno bianco. Questo era poi gettato nel cortile interno, dove il marito riceveva i complimenti degli amici, se nel panno si constatava del sangue, prova della verginità della sposa. In epoca più vicina a noi tale costume era praticato da certe popolazioni arabe e beduine, anche se in forma un po’ diversa: è la suocera della giovane sposa che lacera l’imene con il suo dito avvolto in una pezzuola.
Molte culture hanno attribuito alla perdita della verginità una serie di trasformazioni fisiche e psichiche più o meno immaginarie.
A sproloquiare è un medico francese del Settecento:”La deflorazione è accompagnata da modificazioni organiche generali: aumento volumetrico del corpo tiroideo, manifestato da un lieve gonfiore del collo, stimolazione delle ghiandole a secrezione interna, rigoglio dei seni, mutamenti frequenti nel regime dei mestrui ecc. Ai mutamenti fisici si accompagna una vera metamorfosi dell’anima, la quale si esprime con atteggiamenti nuovi, con interessi prima sconosciuti, con un sentimento di felice pienezza della vita affettiva”.
Molti sono gli aneddoti e le definizioni che nel corso dei secoli sono stati dati alla verginità, ne ricordiamo alcuni tra i più spiritosi o i più significativi:
“Verginità: l’essere vergine. Purezza, purità, castità, innocenza, ingenuità, immacolatezza, candore” dal nuovissimo dizionario di Ferdinando Palazzi.
“Verginità. Stato di disgrazia” da un manoscritto di Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze.
“Verginità: imene non rotto” da anonimo dell’Ottocento.
“Se la castità non è una virtù è però certo una forza”, frase di Jules Renard.
“Verginità: o che sciagura!”, esclamazione di Catherine Deneuve, attrice francese specializzata nell’interpretazione di film erotici.
Dalla nuova Enciclopedia italiana del prof. Boccardo, edizione 1875: “ Verginità, nel senso fisiologico, è lo stato sia del maschio che della femmina non venuti ad atti carnali. Nelle vergini l’esistenza dell’imene è quasi costante, ma detto stato può venire distrutto da mestrui copiosi(sic!?) da scoli leucorroici(sic!?) o da un accidente qualsiasi. Non se ne trova traccia alcune volte in bambine appena nate, mentre è provato che può rimanere intatto dopo l’atto sessuale.
Per la religione cattolica verginità è lo stato di chi ha rinunciato al matrimonio per consacrarsi a Dio. Dovunque e sempre questo stato ha risvegliato l’idea di celeste purezza e di forza sovraumana.” La castità per il vocabolario è l’astinenza dai piaceri dell’amore, per me è la rinuncia alla felicità” sentenzia il sommo Goethe.
Sentiamo ora il parere che sulla verginità ci fornisce de Sade il divino marchese:” Castità e verginità per me le hanno inventate gli uomini per aumentare il loro piacere. Per gli animali e per tante genti del mondo sono cose senza senso, oppure per loro la femmina che si rifiuta al maschio o è malata o è perversa. Se la castità è una virtù, allora è virtuoso anche astenersi dal mangiare”.dopo il parere di de Sade, da cui deriva il termine sadismo, ecco ciò che pensava Masoch, dalle cui idee derivò il masochismo:”Solitamente per abolire uno stimolo qualsiasi della natura la prassi più elementare insegna che non c’è mezzo se non quello di soddisfarlo. Chi ha mangiato e bevuto non è più tormentato dal desiderio di cibi o di bevanda; chi ha dormito non prova più il bisogno di riposarsi; tuttavia nonostante queste realtà solari, per certi incorreggibili bigotti il desiderio sessuale dovrebbe fare eccezione. Per sopprimerlo non vi sarebbe cioè di meglio che perpetuarlo volontariamente! Il risultato di questa palese inversione di ogni logica più elementare non si fa attendere a lungo. Infatti la maggior parte delle anomalie sessuali che, in forma larvata o potenziale, sonnecchiano in moltissimi individui, deriva dalla repressione sessuale. Chi ci libererà da questa orrenda schiatta di nemici dell’umanità che un saggio governo dovrebbe costringere, non fosse che a titolo folcloristico al rispetto del dio Fallo, ripristinandone il culto nelle deserte are”.
La verginità è stata ritenuta spesso un bene così prezioso che veniva strenuamente difeso con tutti i mezzi, infatti è quasi certo che la cintura di castità fu inventata da sacerdoti africani per preservare questo bene così prezioso dagli assalti di giovani di poca fede e di molto ardore e proteggere dalle tentazioni le stesse vergini. In seguito questo strumento è servito per interdire alle donne ogni soddisfacimento erotico al di fuori di quello legittimo.
Grazie alle diligenti ricerche condotte sula cintura di castità da competenti e valorosi specialisti sappiamo che tale strumento era sconosciuto ai Greci ed ai romani e che sia giunto in Europa dall’oriente dopo essere nato in africa in quella zona geografica dove tutt’ora si pratica l’infibulazione, pratica della quale parleremo diffusamente nel capitolo dedicato ai costumi sessuali dei popoli primitivi. La prima descrizione della cintura di castità compare in un manoscritto del 1405, scritto da u militare di nome Kajser conservato nella biblioteca dell’università di Gottinga. Il più vecchio strumento conservato, chiamato Bellifortis, presentato come di origine fiorentina, fu adoperato da Francesco II di Carrara, che fu tiranno di Padova, il quale avrebbe usato per sua moglie una cintura che oggi si trova nel museo del Palazzo dei dogi a Venezia.
Dopo aver preservato la verginità delle della giovani africane e salvato dalle corna i signorotti medioevali in partenza per le crociate ha subito una raffinata evoluzione di cui ci parla l’autore di Historie d’O.
Dopo essere stata citata in diversi testi di letteratura erotica dalla Vita delle donne galanti del Brantone alla celebre Satira sodotica di Luisa Igea nella Historie d’O si perviene ad un’evoluzione dell’erotismo ed il mito della cintura oltrepassa lo stadio dell’immediata concezione di una rozza e grottesca tutela meccanica di un organo anatomico considerato un bene immobile, una privatissima proprietà cui si deve applicare un cancello per vietare l’ingresso agli estranei, per evolvere nell’ambito egualmente folle, ma assai più sottile, di una dimensione sadomasochistica in cui per l’appunto nell’Historie d’O è proprio uno dei componenti della coppia(in questo caso la donna) a sollecitare, attraverso l’applicazione dolorosa, ma più che altro simbolica di congegni meccanici alle parti più segrete del proprio corpo,l’ambito riconoscimento di una schiavitù amorosa e di un annullamento totale del suo essere in quanto entità autonoma, fenomeno già da tempo verificatosi sul piano psichico.

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Il concetto di verginità nei popoli primitivi

Riveste grande interesse studiare il diverso atteggiamento che hanno nei riguardi della verginità i popoli primitivi e nello stesso tempo come tale concetto è variato attraverso i secoli. Si osservano posizioni contraddittorie: popolazioni che tengono in gran conto la verginità femminile, di contro altre che non le attribuiscono alcuna importanza.
Alcuni popoli hanno viceversa ideato degli ingegnosi stratagemmi simbolici facendo sopportare in ogni villaggio il peso della verginità ad una sola fanciulla. Questo espediente è ancora in uso presso l’isola di Samoa, dove in ogni villaggio una giovane fanciulla vergine detta taupou ricopre tale carica ufficiale, la quale comporta varie attività onorifiche. Come le antiche vestali queste ragazze sono obbligate ad una verginità carica di simbolismo, infatti la taupou deve sopraintendere all’ospitalità offerta ai personaggi più eminenti, preparare per essi la Kawa ed istruire e guidare le giovani nella danza. Nella cultura degli abitanti dell’isola di Samoa si pretende che le donne si prestino docilmente ai desideri degli uomini e ciò nonostante, giungere illibate al matrimonio. Naturalmente ciò non è possibile e si è cercato pertanto di superare l’ostacolo facendo gravare l’onere su di una sola giovane: la taupou, maestra delle cerimonie. Su di essa si esercita da parte della comunità una costante sorveglianza e si fa di tutto per tenerla lontana dalle tentazioni.
I costumi di questi indigeni sono stati studiati a lungo e descritti dalla famosa etnologa Margareth Mead, la quale ci riferisce nella sua famosa opera Male and Female che in alcuni villaggi viene preteso che anche le giovani appartenenti alle famiglie più in vista devono pervenire illibate alle nozze ed il consigliere ufficiale del fidanzato ha l’incombenza di mostrare agli invitati della festa nuziale un dito avvolto in una stoffa bianca sporca di sangue. Se la fanciulla è già deflorata è obbligata a confessare il suo fallo alla propria famiglia, la quale provvederà ad imbrattare la pezzuola del consigliere dello sposo con il sangue di un pollo o di un altro animale.
In questa maniera gli indigeni è come se autorizzassero indirettamente i rapporti prematrimoniali, ripetendone alcuni aspetti in una cerimonia che ha puro valore simbolico.
Rimanendo in Oceania nelle altre isole della Polinesia le popolazioni sono ancora più tolleranti dei samoani sul problema della verginità che viene richiesta qualche volta soltanto alle fanciulle di rango elevato. In tutta la Micronesia persino questa piccola remora è ignota.
Nella Melanesia terra di contrasti si osservano posizioni divergenti: nell’isola di Owa Raha la popolazione non dà alcuna importanza all’illibatezza tanto da far scrivere a Bernatzik, un etnologo studioso dei loro costumi:” Gli uomini hanno una certa avversione per le vergini ed una volta un indigeno mi ha confessato di non voler avere rapporti con esse, preferendo lasciare questo duro lavoro ad un giovinetto”
In un arcipelago confinante con le isole D’Entrecasteraux le fanciulle iniziano tanto precocemente i rapporti sessuali, anche in epoca prepuberale, che è praticamente impossibile stabilire la data della deflorazione, comunque gli isolani sono del tutto indifferenti a questo problema.
Nelle isole Salomone e nelle Nuove Ebridi vi sono, affianco a popolazioni indifferenti, alcune tribù che attribuiscono molta importanza alla verginità.
Nella Nuova Guinea presso gli Arapesh esiste una singolare abitudine che ci viene raccontata da Margareth Mead, la quale fa si che nessuna giovinetta arrivi vergine al matrimonio: al presentarsi del menarca le ragazze vengono isolate in una capanna e sono sottoposte a particolari pratiche rituali; una di queste consiste nell’introdurre in vagina alcune foglie di ortica arrotolate allo scopo di far sviluppare il seno.
Sempre in Nuova Guinea osserviamo presso la tribù dei Banaro un’altra singolare tradizione che ci viene narrata da Thurnwald: al suocero viene affidato il compito di iniziare la nuora alla vita sessuale. Capita spesso che egli non possa adempiere a questo impegno … ed in tal caso sarà un suo amico da lui designato ad occuparsi dell’iniziazione della sposina.
L’iniziatore conduce la fanciulla in una dimora appartata e dopo averla sverginata si congiunge nei giorni successivi più volte carnalmente con lei, mentre il marito, invece, per poter fare uso dei suoi diritti coniugali, deve attendere che la moglie metta al mondo il primo figlio.
Da questa rapida carrellata tra le diverse popolazioni dell’Oceania riguardo la verginità possiamo notare una disparità di atteggiamenti notevole, dovuta al fatto che molte delle tribù esaminate, abitando in isole sperdute in mezzo al mare, per millenni non hanno avuto alcun contatto con altre culture, per cui hanno creato un grado elevato di originalità.
Nondimeno tali abitudini le ritroveremo però diffuse presso altre popolazioni nel resto del mondo. Gli atteggiamenti vanno dall’esigenza di conservare la verginità fino al matrimonio, alla scelta di una fanciulla destinata a simboleggiare l’illibatezza di tutte le sue compagne, oppure alla completa indifferenza alla questione. Alcune tribù provocano la deflorazione con manipolazioni che escludono il coito, mentre altre popolazioni affidano l’iniziazione delle giovinette ai membri anziani del villaggio.
Esamineremo ora le popolazioni africane, tra le quali anche esistono notevoli divergenze di opinioni.
I Dinka danno una notevole importanza alla verginità ed una ragazza sedotta può esigere dall’uomo che la deflorata che la sposi oppure chiedere un risarcimento di dieci o venti buoi. La mancanza del rispetto di tali norme scatena a volte una catena di feroci vendette chiamata Gari Gari.
I Watussi, famosa popolazione di giganti, esigono non soltanto la verginità delle giovani, ma anche un completo dominio dei sensi. Una volta sposati, il matrimonio non viene subito consumato: la novella sposina cerca di respingere gli slanci del marito ed ogni mattina le sue amiche si recano a farle visita e si informano se la sua costanza è stata coronata da successo. Dopo cinque o sei giorni la fanciulla comincia a dimostrarsi disponibile ed è la volta del marito a rifiutare il rapporto, fino a quando, dopo tanti tentennamenti, un mattino gli amici dei coniugi hanno la notizia della consumazione del matrimonio.
Tra le popolazioni della ex Guinea portoghese si osservano di nuovo usanze diverse. La maggior parte delle tribù concede molta libertà alle fanciulle, per cui poche rimangono intatte. Preso i Balante viene concessa alle fanciulle soltanto una parziale libertà in campo sessuale, simile al petting occidentale e la deflorazione viene riservata al marito. Nella stessa zona abitano anche i Fulup che pretendono rigorosamente la verginità della moglie.
Nell’Africa orientale vasti territori sono abitati dai Nandi, i quali hanno opinioni diverse sulla verginità. Un etnologo il Brjk ha studiato a lungo i loro costumi sessuali e ce ne ha raccontato nella sua opera Negu Eros alcune singolari abitudini. Prima del matrimonio la futura sposa deve sedere sopra uno sgabello a quattro gambe sul quale è vietato alle donne di sedersi in qualsiasi altro momento, una sorta di sedia ginecologica ante litteram, poi divarica le gambe e le “male lingue”, mentre la madre non è presente, le esaminano con aria indagatrice il sesso. Se la trovano ancora vergine la baciano affettuosamente e si rallegrano con lei e quando la lieta notizia arriva alle orecchie del padre della sposa egli ammazza una vacca ed imbandisce un banchetto. Una volta superata la prova dello sgabello gli sposi si ritirano in una capanna per consumare il matrimonio, mentre gli amici del marito si riuniscono nelle vicinanze pronti ad immobilizzare la moglie qualora intendesse fare resistenza alla penetrazione.
Presso i Nandi con ogni probabilità l’imene, come dimostrato presso altre popolazioni africane, deve essere particolarmente spesso, perché molti sono i racconti delle difficoltà incontrate dagli uomini al momento della deflorazione.
Si narra che, spesso il marito, è ancora Brjk a raccontare l’episodio, se trova difficoltà a deflorare la moglie, prende un coltello e taglia l’imene senza preavvisare la donna.
Ella singhiozza ed urla in modo che tutti possano udirla”muio, muio! Tutta colpa di mio padre che vuole un’altra vacca” eEd il marito seccato risponde:” domani porterò una vacca a tuo padre, ma prima farò uso dei miei diritti coniugali”.
Capita spesso che passino anche dieci o quindici giorni prima che un uomo riesca a penetrare la moglie, è forse questa la ragione principale per cui la verginità non è molto apprezzata dai Nandi. Le fanciulle non intatte vengono preferite perché il coito riesce più facile. Spesso i fidanzati controllano col dito se un altro giovanotto li ha esonerati da questa imbarazzante esperienza.
Thurwalald ha studiato la popolazione dei Gagga e ci spiega che presso di loro i rapporti prematrimoniali sono in genere proibiti, ma in pratica vengono tollerati, anche se in passato presso la maggior parte delle tribù venivano puniti i giovani che si univano carnalmente prima delle nozze. In seguito le severe misure repressive vennero abolite, perché i contravventori erano troppo numerosi e già verso la fine del secolo scorso i colpevoli erano soltanto oggetto di biasimo da parte degli anziani.
Sono i missionari cattolici ad aver notato presso i Shanibala l’usanza di consegnare una prte del prezzo pagato per le spese alla madre di quest’ultima se la giovane giunge vergine al matrimonio per premiarla di averla sorvegliata bene. Tale usanza è presente in Africa anche presso popolazioni pagane. Tra le popolazioni indigene, soprattutto della zona orientale: Somalia, Eritrea ecc è ancora oggi diffusa un’usanza molto crudele: l’infibulazione.
Tale usanza diffusissima nel passato, ma che tarda a scomparire consiste nell’asportazione chirurgica, spesso eseguita con strumenti rudimentali, della clitoride e delle piccole labbra. I lembi della ferita vengono poi uniti tra di loro, facendo sì che la cicatrice occluda quasi completamente l’introito vaginale, rendendo impossibile il rapporto sessuale e permettendo a stento la minzione. Tale usanza viene praticata sulle bambine in età prepubere ed in occasione della cerimonia nuziale viene seguita dalla defibulazione. In alcune zone i fidanzati usano perfino fornire un modello del pene, affinché l’apertura abbia le dimensioni adatte. In alcune tribù le donne vengono sottoposte nel corso della loro vita a numerose infibulazioni e defibulazioni, perché tale operazione viene a volte ripetuta anche dopo un parto, per impedire i rapporti coniugali durante il periodo dell’allattamento. I genitori traggono un vantaggio economico da questa usanza, perché impediscono la defibulazione fino all’intero pagamento del prezzo della sposa; inoltre non vi è alcuna necessità di sorvegliare le ragazze, non essendovi alcuna possibilità per loro di avere rapporti sessuali.
Personalmente mi è capitato nella mia pratica professionale di osservare alcune decine di volte giovani donne che erano state sottoposte ad infibulazione, soprattutto ragazze eritree: lo spettacolo è sconfortante, con ampie mutilazioni, spesso irregolari o interessanti la vagina, in cui si formano aderenze e restringimenti.
Ricapitolando anche in Africa, come abbiamo visto in Oceania, la verginità ha valutazioni diverse che oscillano da un’alta considerazione, all’assoluta indifferenza e persino al disprezzo e alle manipolazioni eseguite per provocare la rottura dell’imene, diffuse soprattutto tra gli Ottentotti, popolazione che presenta il famoso grembiule vulvare. Spesso la deflorazione viene eseguita da una persona diversa dal marito.
Tra le popolazioni primitive del continente americano ricordiamo i Chiroti e gli Ashluslaj, i quali sono del tutto indifferenti alla verginità delle loro giovani, al contrario dei Chiruguani, che la esigono assolutamente. Di loro ci parla l’etnologo Nordenskiald, il quale spiega che al momento delle nozze una Chiroti è piuttosto sfiorita e per lei con il matrimonio comincia il terzo periodo della sua vita, quello del lavoro, la chiruguana invece conserva ancora la propria giovinezza ed è in grado di piacere al marito, il quale però sposa soltanto una giovane illibata.
Nel Brasile settentrionale esiste una popolazione, gli Wapishana, che ha scoperto il metodo più sicuro per impedire i rapporti prematrimoniali. Una pratica ancora più sicura dell’infibulazione, anche se ciò può sembrare impossibile. Gli organi genitali delle fanciulle non vengono toccati affatto ed i giovani non sono sorvegliati o tenuti separati. Il coito presso questa popolazione rappresenta automaticamente il matrimonio, quindi se un celibe si unisce carnalmente ad una nubile da quel momento diventano marito e moglie.
Al termine di questa carrellata tra i costumi sessuali delle popolazioni primitive delle varie zone geografiche vogliamo descrivere un’altra forma di deflorazione, molto nota e molto discussa, che si riscontra sporadicamente in tutte le parti del mondo: lo jus primae noctis, il quale a volte viene considerato il diritto di sostituire lo sposo nella prima notte di matrimonio, mentre in altre occasioni il dovere di sostituire il marito nella delicata incombenza. La prima volta che si incontra tale situazione è, secondo antichi resoconti, in America meridionale tra gli indios aborigeni, dove tale privilegio era riservato a capi e sacerdoti.
Un altro racconto molto antico ambientato nell’isola di Simula, vicino Sumatra, ci illumina di come possa nascere a volte tale diritto e come venga accettato dalla popolazione. Diamo la parola all’ignoto narratore:” Il principe disse ai suoi sudditi che quando uno di loro intendesse sposarsi doveva prima mandare la fanciulla prescelta nella sua casa, ove lui le avrebbe insegnato a tingersi le unghie di rosso.
La ragazza doveva restare con lui per tre giorni e solo dopo poteva celebrare le nozze col suo fidanzato. Tutti i sudditi dissero che avrebbero obbedito e quando di lì a poco una fanciulla doveva sposarsi, il padre la inviò dal principe, il quale, non le insegnò la tintura, bensì la svergino e passò con lei tre notti, avendo sempre rapporti sessuali.
Dopo tre giorni la ragazza venne restituita al padre, al quale confessò tra le lacrime di essere stata disonorata dal principe. Il genitore disse alla ragazza di rassegnarsi e quindi la fece sposare, ma il genero, saputo dell’accaduto, protestò vivacemente presso i suoceri, che lo invitarono egualmente a rassegnarsi.
Dopo circa un anno e tante ragazze deflorate dal principe i sudditi si ribellarono al tiranno e lo uccisero.
Tra i Balante della ex Guinea portoghese lo jus primae noctis viene inteso in maniera diversa. Lì il capo ha il dovere di deflorare tutte le spose e di solito egli presta questo servizio soltanto se riceve in cambio cospicui regali. Nessuna donna si può maritare prima che il capo le abbia concesso i suoi favori.
Presso i Masai invece lo jus primae noctis, praticato da sempre ed in uso ancora oggi, viene concesso ad un compagno d’armi del marito, al quale non è concesso di rifiutare l’offerta, altrimenti lo sposo gli può chiedere per l’offesa il risarcimento di un bue.
Un terzo esempio ancora diverso di jus primae noctis ci viene riferito da Plass e Bartels, in uso presso i Mafioti nell’Africa occidentale, ove la prima notte di nozze viene venduta al miglior offerente. Le vergini coperte da un velo, vengono accompagnate di villaggio in villaggio, sino a quando non si trova l’uomo disposto a pagare un equo compenso.
Sicuramente tale originale diritto è sorto originariamente dal timore che l’emorragia provocata dalla deflorazione fosse pericolosa; quasi tutti i popoli temono infatti anche il sangue delle mestruazioni e permettono soltanto ad uomini ritenuti in possesso di particolari poteri soprannaturali di avere rapporti sessuali con le mestruanti. Ciò spiega anche il perché di un pagamento per chi esegue la deflorazione, affrontando i relativi presunti pericoli.
Altrove lo jus primae noctis rappresenta soltanto un simbolo di potere sui sudditi, che ha avuto il suo periodo di auge durante il Medioevo.

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La psicanalisi ed il tabù della verginità

Freud nel suo famoso libro La vita sessuale, diviso in tre saggi, dedica uno di questi a trattare il problema del tabù della verginità femminile. Egli comincia il suo contributo esaminando l’aspetto etnologico:” Poche singolarità della vita sessuale dei popoli primitivi sono così sorprendenti per il nostro modo di sentire come la valutazione che essi fanno dell’illibatezza femminile. A noi l’alto valore che il corteggiatore ripone nella verginità della donna sembra così naturale e ovvio, che quasi ci troviamo imbarazzati se dobbiamo spiegare il perché del nostro giudizio. La pretesa moderna che la ragazza non porti nel matrimonio con un uomo alcun ricordo di relazioni sessuali con un altro, non è, a ben vedere altro che la continuazione logica del diritto all’esclusivo possesso di una donna, che forma l’essenza della monogamia, l’estensione di questo monopolio sul passato della donna”.
Freud afferma che attraverso la sua esperienza di terapeuta ha scoperto un aspetto fondamentale sulla vita amorosa della donna e cioè che l’uomo che soddisfi il desiderio d’amore di una vergine per lungo tempo ed a fatica soffocato ed abbia nel far ciò superato la resistenza in lei costituitasi attraverso gli influssi dell’ambiente e dell’educazione, diventerà l’uomo con cui ella stabilirà un rapporto duraturo, mentre la possibilità di tale rapporto resterà sbarrata ad ogni altro.
Sulla base di questa esperienza si viene a creare nella donna uno stato di soggezione che garantisce la continuazione indisturbata del suo possesso e la rende capace di resistere a nuove impressioni e tentazioni estranee.
La situazione di soggezione sessuale fu segnalata la prima volta da Krafft Ebing, il quale descrive il fenomeno di una persona con un grado assolutamente alto di dipendenza e di mancanza di autonomia nei confronti di un’altra persona con cui ha rapporti sessuali. Questa soggezione può talvolta divenire estrema, fino a rinunciare ai propri interessi.
Meditando potremo notare che tale dipendenza, in certa misura, è assolutamente necessaria, se il legame che si instaura tra un uomo ed una donna deve avere una certa durata, come nel caso del matrimonio. Una qualche misura di soggezione sessuale è in effetti indispensabile al mantenimento dell’unione in una società civile, per tenere a bada le tendenze poligame che lo minacciano, un fattore di rilevante importanza nella nostra comunità.
Lo studioso ci spiega che le condizioni dal cui concorso deriva la soggezione sessuale sono da un lato un grado insolito di innamoramento e dall’altro uno sconfinato egoismo, accoppiato a debolezza di carattere. L’analisi di questi soggetti permette però di precisare il fattore decisivo rappresentato dalla quantità di resistenza sessuale superata e la condizione è che ciò avvenga una volta soltanto.
La soggezione sessuale è pertanto più facile che si instauri, e più interamente, nelle donne che negli uomini.
Ritorniamo a Freud, il quale si interessa al comportamento degli uomini primitivi nei riguardi della verginità ed afferma che non è vero che essi non ripongano nessun valore all’illibatezza della loro sposa, anche se spesso è previsto che la deflorazione avvenga al di fuori del matrimonio. Al contrario egli ritiene che per le popolazioni primitive la deflorazione sia un atto importantissimo, diventato per questo oggetto di un tabù,di una proibizione di tipo religioso, anche se il costume a volte esige, invece di riservarlo allo sposo che costui eviti di compiere personalmente tale atto.
Freud ha studiato su tale argomento il materiale raccolto da vari etnologi e principalmente da Crawley, da Ploss e da Bartels ed è interessante compiere una carrellata su queste abitudini sessuali ad integrazione di ciò da noi già esposto nel relativo capitolo.
In molte popolazioni australiane la rottura dell’imene eseguita al di fuori del successivo matrimonio è una pratica molto diffusa; tale cerimonia consiste nella perforazione dell’imene da parte di una persona designata che non sia il marito, il quale deve assolutamente evitare di compiere la deflorazione come primo atto sessuale.
Presso i Dieri e le tribù confinanti, nel nord dell’Australia, vi è l’abitudine di rompere l’imene di una ragazza quando giunge alla pubertà. Nelle regioni di Portland e di Glenelg tale operazione è compiuta da una vecchia o talvolta si richiede ai bianchi di deflorare le ragazze. Altre volte la rottura artificiale dell’imene ha luogo durante l’infanzia, mentre se avviene all’avvento della pubertà è spesso legata ad un atto carnale cerimoniale.
Nelle tribù australiane praticanti l’esogamia l’imene è perforato artificialmente prima che gli uomini abbiano accesso alla ragazza in un ordine stabilito, l’atto si divide in due parti: perforazione e coito. Tale importante preliminare del matrimonio è diffuso anche tra i Masai, popolazione dell’Africa equatoriale, mentre tra i Sakai (Malesia), i Botta(Sumatra) e gli Alfoer(Celebes) è il padre della sposa a compiere la deflorazione.
Nelle Filippine esistono degli uomini la cui professione è deflorare le spose, in cui l’imene non fosse stato lacerato nell’infanzia da una vecchia adibita a tale scopo. Tra le tribù eschimesi è l’angelok, il sacerdote a sverginare tutte le spose.
La spiegazione fornita da Freud a queste consuetudini è legata all’orrore del sangue, in genere presente al momento della deflorazione.
Molti primitivi hanno timore del sangue, considerato la sede della vita, per cui il tabù della verginità può essere collegato a quello della mestruazione, rispettato quasi senza eccezione tra i “ selvaggi”. L’uomo primitivo spesso associa il fenomeno del flusso mestruale, per lui misterioso, al morso di uno spirito animale, quale segno del rapporto sessuale con questo spirito.
Freud avanza una seconda spiegazione, forse meno pertinente della prima per giustificare il terrore di deflorare una donna nell’uomo primitivo.
Egli osserva che questi soggetti siano spesso preda di disposizione all’angoscia, che apparirà più intensa in tutte le occasioni che implicano qualcosa di nuovo o di inspiegato tale da turbarli. Il primo rapporto sessuale rappresenta per loro certamente un atto grave da generare l’angoscia della prima volta, a maggior ragione se vi è spargimento di sangue.
Crawley, un etnologo che ha studiato per tutta la vita queste popolazioni, fornisce una terza spiegazione personale del tabù della verginità, collocandolo in un ampio contesto che abbraccia l’intera vita sessuale della donna. Egli ritiene che siano tabù non solo il primo rapporto, ma anche altre particolari situazioni quali mestruazioni, gravidanza, parto e puerperio.
L’osservare tali limitazioni comportamentali ci fa dubitare della presunta libertà sessuale dei selvaggi, sottoposti a tante solenni restrizioni, anche se talvolta l’esplosione della sessualità scavalca tutte le inibizioni, di solito sembra debba soggiacere a divieti più ampi di quelli attuati nel mondo ritenuto civile.
Ove l’uomo primitivo vede un pericolo egli pone un tabù, basato spesso su un timore verso la donna, vista come una creatura diversa dall’uomo, strana e misteriosa, per cui apparentemente ostile. Egli ha paura di essere contaminato dalla sua femminilità e di mostrarsi incapace.
L’effetto rilassante del coito sulle tensioni, può essere temuto, alla pari della percezione dell’influenza che la donna acquista su di lui attraverso il rapporto sessuale. In questa visione non vi è niente di arcaico, niente che non sia ancora vivo tra noi.
L’abitudine che abbiamo più volte osservato di risparmiare allo sposo la deflorazione è rispettata perché si crede in tal modo di evitare proprio al futuro marito qualcosa di particolarmente pericoloso. Noi invece abbiamo notato in precedenza in che maniera dovrebbe derivare uno speciale vincolo della donna verso l’uomo che l’ha sverginata.
Se potessimo ritenere decaduti nell’uomo moderno il timore del sangue ed il senso di angoscia del primitivo, potremmo ritenere del tutto assenti i pericoli insiti nella deflorazione, ma di nuovo l’analisi psicoanalitica ci pone davanti dei rischi e dei nuovi problemi. Lo studio del comportamento di donne che vivono oggi ed appartengono al nostro stadio di civiltà ci illumina su questo grave pericolo e perché esso minacci proprio il futuro marito. Esso esiste effettivamente e l’uomo primitivo con il tabù della verginità si difende da un pericolo percepito, sebbene di natura psichica.
Noi riteniamo reazione normale che la donna dopo il coito abbracci l’uomo al culmine del soddisfacimento, esprimendo così la sua gratitudine ed un pegno di soggezione durevole, ma ciò capita eccezionalmente dopo il primo amplesso, spesso deludente per lei, che rimane fredda ed insoddisfatta, perché di regola ci vuole molto tempo e la frequente ripetizione dell’atto sessuale prima che esso sia in grado di gratificarla.
Questa frigidità iniziale a volte tende a cronicizzarsi, nonostante la tenerezza e gli sforzi del marito e la genesi di questa patologia è insita in ciò che accade la prima volta. Dopo la deflorazione a volte si instaura un’ostilità verso l’uomo e questi impulsi rendono difficile la relazione, per cui il pericolo che corre l’uomo nello sverginare una donna e nell’attivazione di queste disordinate pulsioni. Il primo coito mobilita una serie di impulsi paradossali, che non scattano negli amplessi successivi.
Uno dei motivi che può concorrere all’innescarsi di tale meccanismo è da imputare al dolore che è causato alla vergine dalla rottura dell’imene, ma questo fattore, pur importante, non è da solo decisivo, perché bisogna valutare anche l’umiliazione narcisistica successiva alla distruzione di un organo che in molte culture porta ad un diminuito valore di una donna deflorata.
Un ulteriore motivo di delusione risiede nella circostanza che nella donna moderna aspettativa ed appagamento non sempre vanno d’accordo; il sesso a lungo considerato un divieto, quando viene consentito non soddisfa le attese.
Un analisi dell’evoluzione della libido, ottenuta attraverso numerose indagini psicoanalitiche, mette in evidenza che molti desideri sessuali dell’infanzia creano nella donna una sua formazione che anela solo vagamente al coito, per cui, il marito, sostituto dei sogni infantili, viene rifiutato come inadeguato.
Tanto più questa resistenza psichica verso il primo atto sessuale è tenace, tanto più il rifiuto come ostilità verso il marito verrà ad instaurarsi e basterà anche una piccola diminuzione della potenza virile ad accentuarlo. A tal proposito i costumi dei popoli primitivi ci appaiono saggi, affidando il compito della deflorazione ad un anziano, ad un prete o ad uno specialista, che sostituisca la figura paterna.
Questo delicato meccanismo psicologico ci fa ragione del tanto oppugnato “ius primae noctis” esercitato dal castellano medioevale, come sostenuto in passato da Storfer ed anche da Jung, il quale, nel suo aureo libretto L’importanza del padre nel destino dell’individuo, ha interpretato correttamente la diffusa istituzione delle “Notti di Tobia”, cioè il costume della continenza nelle prime tre notti dopo le nozze, come un riconoscimento del diritto del patriarca.
Possiamo trovare altri surrogati paterni che confermano le aspettative derivanti da questa nostra analisi con il fatto che spesso la deflorazione in passato venisse affidata addirittura alla divinità o quanto meno ai loro simboli. Infatti in alcune contrade la sposa novella doveva sacrificare l’imene al Lingam ligneo ed a quanto ci riferisce Sant’Agostino la stessa usanza esisteva nel cerimoniale matrimoniale romano del suo tempo con l’attenuante che la giovane donna doveva soltanto sedersi sul gigantesco fallo di Priapo.
In strati ancora più profondi della psiche femminile giacciono le radici di un altro motivo, il quale forse può essere dimostrato come il principale colpevole della paradossale reazione di ostilità verso l’uomo ed il cui influsso si scatena appunto al momento del primo coito, quando nella donna si attivano anche altri antichi impulsi, oltre quelli precedentemente descritti, che si oppongono decisamente alla funzione ed al ruolo femminile. Alcune donne attraversano uno stadio infantile durante il quale invidiano ai fratelli il segno della virilità e si sentono scoraggiate e minorate a causa della sua mancanza o meglio a causa della sua riduzione.
Adler ha identificato in questo comportamento la volontà di essere un uomo e ha dato a questo atteggiamento il nome di protesta mascolina. Freud ha parlato di “invidia del pene” ed ha incluso questo atteggiamento nel più ampio “complesso di evirazione”.
Il padre della psicanalisi ci descrive un caso capitato nella sua pratica professionale privata di una reazione abnorme di una giovane sposa allo sverginamento, in cui si evince nella storia evolutiva della psiche della donna l’attraversamento da bambina della fase virile in cui è presente l’invidia del pene maschile. Durante l’analisi ella confessò il suo desiderio di evirare il marito e di voler conservare il suo pene. In questa invidia bisogna scorgere l’avversità della donna verso l’uomo che per primo l’ha posseduta.
Ferenczy, altro famoso psicoanalista, cultore di paleobiologia, riconduce l’ostilità che scatta nella donna verso l’uomo al momento della deflorazione al periodo in cui i sessi si sono differenziati. Egli ritiene infatti che originariamente la copula avvenisse tra due individui consimili, di cui uno dei due divenne più forte ed obbligò il più debole a sopportare l’unione sessuale.
Sono numerosi i motivi di ordine psicologico che abbiamo elencato e che danno luogo nella donna alla reazione paradossale per cui si scatenano sentimenti di ostilità più o meno coscienti verso l’uomo che primo si unisca a lei.
L’esplosione di sessualità ancora acerba che si scatena sull’uomo spiega il senso del tabù e ci fa comprendere la prescrizione prevista in molte culture intesa a proteggere da tali pericoli proprio il marito, cioè l’uomo che deve entrare in una vita comune durevole con questa donna. Ai livelli più alti di civiltà l’importanza da noi segnalata di fronte a questi pericoli sembra passare in secondo piano di fronte alla promessa di soggezione e di fronte ad altri motivi ed allettamenti, per cui la verginità viene oggi considerata un bene tangibile al quale l’uomo non è obbligato a rinunciare, ma l’analisi psicologica dei disturbi matrimoniali ci svela come i motivi che inducono la donna deflorata a vendicarsi non sono del tutto estinti nemmeno nella vita psichica della donna moderna. Una conferma è fornita dal numero molto alto di donne frigide ed infelici in un primo matrimonio, che, sciolto questo, diventano mogli tenere e compiacenti di un secondo marito, come se la reazione arcaica si fosse esaurita sul primo uomo.
Il tabù della verginità è stato sempre presente attraverso i secoli ed è tuttora vivo, anche se assopito, nella nostra vita civile. L’anima popolare lo conosce e spesso gli scrittori si sono serviti di questo materiale per i loro lavori.
I motivi da noi esposti hanno trovato la loro più potente rappresentazione in un noto personaggio drammatico, nella Giuditta della omonima tragedia di Hebbel, dove la protagonista è una di quelle donne la cui verginità è protetta da un tabù. Il suo primitivo marito rimase paralizzato durante la prima notte di matrimonio da un’angoscia misteriosa e non ebbe più il coraggio di toccarla. Ella esclama orgogliosa:” la mia bellezza è velenosa come la belladonna, il suo godimento porta pazzia e morte”.
Quando gli Assiri assediano la città ella concepisce il piano di sedurre il generale che li comanda con la sua bellezza e di annientarlo, nasconde perciò sotto un motivo patriottico uno sessuale. Dopo la deflorazione per opera di questo gagliardo, che si vanta di essere forte e rozzo, ella attinge la forza della sua rivolta per tagliargli la testa, diventando così la liberatrice del suo popolo. Decapitare in questo caso equivale simbolicamente alla castrazione, di conseguenza Giuditta è la donna che castra l’uomo da cui è stata deflorata, come voleva fare nel suo sogno la giovane sposa di cui ci parla Freud.
Hebbel ha deliberatamente fornito un sostrato sessuale al racconto patriottico tratto dagli Apocrifi del Vecchio Testamento, variando il testo della Bibbia, ove manca ogni accenno alla sconvolgente notte nuziale di Giuditta; egli probabilmente con la sottile sensibilità del poeta ha percepito il motivo ancestrale che era andato perduto nella versione tradizionale ed ha restituito alla materia il precedente contenuto.
Spesso agli psicoanalisti capita di incontrare pazienti presso le quali le opposte reazioni di soggezione e di ostilità sono ambedue giunte ad espressione ed hanno mantenuto un intimo nesso tra di loro. Ci sono donne di questo genere che sembrano dissolversi completamente nei loro mariti senza potersi liberare di loro. Appena passano a rivolgere il loro amore su un altro uomo l’immagine del primo, sebbene non più amato, interviene con effetti inibitori. Lo studio analitico insegna allora che queste signore sono indubbiamente ancora soggette ai loro primi mariti, ma non più per amore, ma per soggezione come fossero incatenate. Non riescono a liberarsi da loro perché la loro vendetta su di essi non si è compiuta, in molti casi non hanno neppure fatto giungere a livello cosciente l’impulso vendicativo.
In conclusione possiamo perciò affermare che la deflorazione non ha la sola conseguenza di legare durevolmente la donna all’uomo; essa scatena anche la reazione arcaica di ostilità verso di lui, la quale può assumere forme patologiche che si manifestano abbastanza di frequente attraverso fenomeni inibitori della vita amorosa nel matrimonio e alla quale si può ascrivere la circostanza di una migliore riuscita delle seconde nozze.
Il sorprendente tabù della verginità, l’orrore con cui presso i primitivi lo sposo evita la deflorazione trovano la loro piena giustificazione in questa reazione ostile e paradossale.

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Anatomia

Per verginità si intende comunemente l’integrità dell’imene, ma cerchiamo di saperne di più, cominciando a conoscere meglio questo organo misterioso aiutati dai più insigni anatomici col Testut in testa.
L’imene è dunque un setto intermedio, incompleto, posto al limite tra i due condotti vaginale vulvare. La sua forma, come quella di tutti gli organi che non hanno una funzione ben definita, è molto variabile. Le varietà più comuni sono: semilunare, anulare e labiato.
L’imene semilunare, detto anche falciforme, presenta la forma di una semiluna, con concavità anteriore, il cui margine convesso occupa, a seconda dei casi, la metà o i due terzi dell’orificio inferiore della vagina.
L’imene anulare ha la forma di un diaframma circolare provvisto di un’apertura centrale come si evince dal nome. Questo orificio può occupare il centro della membrana oppure può trovarsi in un punto più o meno eccentrico. Tale orificio può avere delle dimensioni variabili. In alcuni soggetti presenta appena due o tre millimetri di diametro, giusto per la fuoriuscita del flusso mestruale; in altri casi, invece ha pressappoco le stesse dimensioni dell’orificio esterno della vagina ed in questo caso l’imene è ridotto ad un semplice cercine della mucosa disposto a forma di anello sul contorno del suddetto orificio. Si tratta in questo caso del cosiddetto imene “compiacente” che permette a volte l’introduzione del pene senza rompersi.
Dei sottotipi si hanno quando il margine imenale è frastagliato, si parla allora di imene frangiato, oppure, se l’orifizio è separato in due fori distinti da un setto, avremo l’imene biperforato.
Il terzo tipo è l’imene labiato, il quale è formato da due parti laterali separate da una fessura. Tali labbra sono naturalmente tanto più mobili quanto più estesa è la fissura che le separa, esse oscillano liberamente all’ingresso della vagina e si ribaltano tanto medialmente quanto lateralmente a guisa di battenti e possono così, se di struttura particolarmente elastica, senza subire rottura, permettere i rapporti sessuali.
Le malformazioni e le anomalie dell’imene sono molto frequenti. A volte l’imene può presentare due orifici uguali o non uguali divisi da un setto mediano. Spesso tale setto prosegue anche nella vagina dividendola in due.
In rari casi l’orifizio dell’imene può essere sostituito da una serie di piccoli orifizi disseminati su tutta la superficie come una grattugia, si parla in tal caso di imene cribriforme e la deflorazione può essere particolarmente difficile.
Meno rara è la presenza di imeni imperforati che è necessario incidere per permettere il deflusso del sangue mestruale.
Inoltre è sempre più frequente constatare l’assenza completa dell’imene per cause congenite, circostanza che deve avere sempre presente il medico legale.
Oggi è facile convincersi che la mancanza dell’imene o la sua riduzione di questo sepimento a forme così rudimentali, da permettere l’accoppiamento senza rompersi, sono constatazioni sempre più frequenti, tanto da potersi parlare di una graduale diminuzione di esso.
Tale circostanza già segnalata oltre cento anni fa dal Testut, il famoso anatomico francese e riconfermata in studi recenti, deve essere presente nella mente dello studioso che si interroghi sul significato funzionale dell’imene.
Destino dell’imene, formazione delle caruncole mirtiformi – Al momento dei primi rapporti sessuali, l’orificio imenale, quando la membrana sia morbida ed elastica, può dilatarsi in modo sufficiente perché la penetrazione del pene avvenga con facilità e senza dolore. In questi casi non vi è presenza di emorragia e l’imene persiste fino al primo parto. Aggiungiamo che fatti del genere sono meno rari di quanto normalmente si creda(trenta casi su settantacinque secondo Budin).
Altre volte l’imene si rompe al primo coito, che si presenta più o meno doloroso e raramente si accompagna ad una vera emorragia, quando la membrana è irrorata da numerosi vasi sanguigni. Il professor Lacassagne, citato dal dottor Magnin, riferisce di due casi mortali, in donne affette da difetti di coagulazione.
Gli “imeni resistenti” lacerandosi producono lesioni della mucosa vaginale e per via riflessa contrazioni muscolari dolorose, le quali rendono per un po’ di tempo il coito impossibile. Sono state segnalate a volte come conseguenza di questi piccoli traumatismi delle anurie transitorie su base nervosa.
Durante la deflorazione l’imene può, invece di rompersi, dilatarsi soltanto.
Come abbiamo già accennato quando l’imene è particolarmente grosso e carnoso e soprattutto molto irrorato, al momento della deflorazione vi può essere un’abbondante emorragia che comunque può essere controllata se la donna resta tranquillamente distesa sulla schiena e tiene le cosce strette o inserisce un tampone di ovatta tra le labbra della vulva.
Se l’imene è particolarmente resistente e l’uomo cerca di romperlo ugualmente, senza preoccuparsi del dolore della donna, può succedere eccezionalmente che le lesioni provocate da questo atto superino i limiti regionali e si estendano al setto retto vaginale delle piccole labbra ed al perineo.
Contrariamente all’opinione espressa da alcuni autori l’imene, dopo i primi rapporti, non si distrugge completamente e persiste almeno parzialmente fino al primo parto, allorché la testa del feto, dilatando smisuratamente l’orifizio vulvo vaginale, porta a termine la rottura della membrana imenale, determinando delle lacerazioni fino alla vulva, talora interessando anche questa zona. A causa della compressione subita la maggior parte dei lembi si disfanno e cadono, lasciando al loro posto una piaga che si cicatrizza. Le parti dell’imene che sfuggono alla distruzione si retraggono, formando sul contorno dell’orificio vulvo imenale un certo numero di formazioni irregolari, talune mammellonate, altre allungate, semifluttuanti, talora più o meno peduncolate. Rappresentano residui cicatriziali dell’imene, che vanno sotto il nome di caruncole mirtiformi o imenali.
Il numero e la posizione delle caruncole non sono meno variabili della loro forma. Spesso ne esiste una mediana ed una o più laterali, che occupano, come dice il loro nome, le prime la parte mediana(anteriore o posteriore) dell’anello vulvo vaginale, le altre la parte laterale di questo anello.

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La deflorazione

Dopo aver descritto dettagliatamente l’anatomia dell’imene ci pare opportuno parlare anche se brevemente della lacerazione dello stesso che avviene al momento del primo rapporto e sull’argomento citare, da due opposti di vista, sia il parere delle femministe, espresso nel famoso libro Noi ed in nostro corpo, sia la descrizione che della tecnica della deflorazione fa il dottor Van De Velde nell’altrettanto famoso Il matrimonio perfetto.
Diamo la parole alle femministe:” Insomma che cosa significa verginità; certamente uno stato fisico, ma, cosa ben più importante uno stato mentale. Quelle di noi che sono cresciute in famiglie religiose sono convinte che perdere la verginità prima del matrimonio sia un peccato. Gran parte di noi collega il sesso al matrimonio e dovendo conservarci illibate spesso arriviamo a sposarci impreparate, senza riflettere sulla scelta. Oggi la sollecitazione ad avere esperienze pre matrimoniali è forte quanto un tempo la costrizione a rimanere intatte.
Gli uomini l’hanno sempre fatta lunga sulla rottura dell’imene. I manuali sul matrimonio dedicano capitoli interi sull’argomento. I pornografi la sfruttano nei loro racconti. Finalmente sotto i miei violenti attacchi la prima difesa cedette e ci entrai a metà … inondando di sperma la sua vagina sanguinante ecc. Il primo rapporto spesso non è doloroso, l’uomo non ha bisogno di essere un ariete, la donna non deve necessariamente strillare o svenire.
La mitologia distorce la realtà per rappresentare le donne più deboli e gli uomini più aggressivi di quanto siano.
Quando scegliete di iniziarvi alla vita sessuale con un amico cercate di fare un’esperienza gradevole e gioiosa. Concedetevi tempo e spazio per imparare a conoscere il vostro corpo, sia da sole che con il partner, solo così porrete basi positive per il futuro. Comunicatevi sensazioni e paure. Parlate del controllo delle nascite e scegliete in anticipo un metodo contraccettivo.
Passate insieme qualche ora esplorando il vostro corpo(guardando, toccando, sentendo l’odore e il gusto). Potete arrivare assieme all’orgasmo senza coito ed imparare ad eccitarvi ed a darvi piacere a vicenda. Potete cominciare da sole ad allargarvi l’imene, poi continuerete assieme. Esso è una membrana cedevole che circonda in parte o in tutto l’apertura della vagina ed in parte la chiude. Si allarga già inserendo le dita nella vagina, sole o con il partner, durante il petting, servendosi di un tampone o masturbandosi; non invece con l’esercizio fisico, come cavalcare o arrampicarsi sugli alberi. In alcuni casi l’imene non ha bisogno di essere allargato. Da sole accoccolatevi sopra uno specchio ed esplorate la zona genitale, inserite poi nella vagina un dito inumidito o se potete due o tre e muoveteli delicatamente su e giù lungo le pareti della vagina. Chiedete all’amico di fare altrettanto per alcuni giorni prima del rapporto.
Poiché l’imene ha forme e dimensioni diverse può darsi che l’ingresso del pene o delle dita dia qualche fastidio o causi un leggero fastidio con perdita di sangue, ma gran parte del fastidio si può evitare rimandando la penetrazione a quando sarete eccitate al massimo e la vagina sarà ben lubrificata.
Alcune donne comunque ci hanno riferito di aver perso molto sangue durante il primo rapporto, per cui è possibile sempre una piccola emorragia, anche se si è ben preparate. Il coito come ogni esperienza migliora con il tempo e con la pratica, per cui se rimanete deluse dal primo rapporto si tratta di attendere.
Passiamo ora al dottor Van De Velde, il quale scrive negli anni Cinquanta, un periodo nel quale spesso deflorazione faceva rima con luna di miele ed infatti questo è il titolo del capitolo in cui il famoso sessuologo ci introduce al rito del primo rapporto sessuale della donna: “ Cominciamo dal principio, cioè dalla consumazione del matrimonio, essa non si identifica sempre con la deflorazione, poiché non sempre la donna arriva vergine al matrimonio. Nei casi in cui la sposa sia già abituata al coito, tutto ciò che segue ha un’importanza relativa, mentre invece ha molta importanza quando si tratta di una fanciulla intatta ed il marito non deve pensare che la deflorazione sia una cosa facile da prendere alla leggera.
Due sono gli ostacoli da superare: uno fisico ed uno psichico, il quale è sempre presente anche quando vi sia l’amore in tutta la sua pienezza, la donna sia disposta favorevolmente, si abbandoni interamente e giunga a nascondere a se stessa le proprie inibizioni.
Cercherò di rendere tutto più comprensibile con l’esempio di ciò che avviene nel regno animale, osservando una femmina in periodo di frecola. Tutte le femmine desiderano essere coperte, ma quelle che non lo sono ancora state si comportano in maniera differente da quelle che hanno avuto questa esperienza. Anche queste ultime fanno finta di fuggire dal maschio, ma è evidente che si tratta di una sollecitazione erotica destinata ad aumentare l’eccitazione del maschio e della femmina stessa. Le cose avvengono in tutt’altro modo con la femmina vergine; essa quando fugge mostra chiaramente come l’istinto all’accoppiamento lotti disperatamente con l’apprensione. Chiunque possieda una cagna non ha che da osservare i loro occhi quando il cane le cerca. La paura nettamente riconoscibile, malgrado l’istinto all’accoppiamento, mentre la cagna già coperta in precedenza non domanda di meglio che di farsi coprire.
Questa paura nella sua essenza è certamente più di una semplice apprensione per il dolore quale riscontriamo nella vergine umana, che non ignora come la lacerazione dell’imene possa farla soffrire. Non si può dubitare che questa paura fatta di una resistenza incosciente ha cause più profonde ed un significato maggiore di quello che non sia una semplice paura di sensazioni dolorose. Chi voglia comprendere non ha che da rendersi conto di quali cambiamenti fondamentali della vita femminile si tratti, ha infatti inizio la vita sessuale attiva con tutte le sue conseguenze, le sue incombenze ed i suoi pericoli. Bisogna tener conto di questa apprensione sia essa incosciente, subcosciente o per una piccola parte cosciente.
Ciò non vuol dire che l’uomo debba porvi rimedio comportandosi con debolezza, indecisione o con mezzi inadeguati. Ma non bisogna dimenticare che proprio in questa occasione egli deve mostrare quel tatto opportuno da cui dipendono in larga misura la sua felicità e quella della sua compagna. Può affermarsi che spesso la sorte di un matrimonio dipende dalla prima notte.
Oltre agli ostacoli psicologici esiste poi l’ostacolo fisico costituito dall’imene, mentre i movimenti di difesa, come stringere le cosce, non sono troppo importanti. Allorquando si manifestano tali resistenze esse mostrano chiaramente l’impreparazione psicologica della donna e ogni tentativo di deflorazione va procrastinato.
“Non iniziare il tuo matrimonio con uno stupro” affermava Balzac”perché un simile comportamento verrebbe pagato a caro prezzo”.
Per quanto riguarda la tecnica della deflorazione bisogna tener presente ciò che avviene meccanicamente durante il primo rapporto sessuale: il pene penetra dall’alto davanti e la sua punta scivola lungo la parete anteriore del vestibolo nell’orificio esistente, quindi continuando il suo movimento in avanti esso tende il bordo anteriore dell’imene e lo strappa, manovra che provoca un certo dolore, sopportabile se si tratta di una donna che abbia un imene normale e non sia ipersensibile. La durata dello strappo può essere abbreviata e ridotta ad un solo istante se l’uomo, non appena ha la sensazione dell’ostacolo che fa resistenza ad una penetrazione più profonda, reagisce con un colpo, non brutale, ma tuttavia abbastanza energico.
Se la donna, per evitare il dolore, non si ritira ma invece si avanza incontro al pene, lo strappo dell’imene si compie subito, la deflorazione è consumata e l’introduzione del pene è cosa fatta. L’emorragia causata dalla piccola lacerazione è di minima entità e cessa per proprio conto. Ordinariamente il decubito dorsale, tenere strette le cosce ed evitare ogni toccamento delle pareti ferite sono sufficienti ad arrestarla
Se non si riesce a strappare l’imene nel modo predetto non bisogna continuare i tentativi, da rinviare al domani o anche al posdomani. Tentativi prolungati, ripetuti frequentemente o troppo energici hanno di solito, come unico risultato un aumento della sensibilità o dell’apprensione, diminuendo la possibilità di successo. Di conseguenza il colpo finale deve essere dato con una certa prudenza, per potersi arrestare non appena si dovesse percepire un imene troppo resistente, un dolore intenso o una paura esagerata.
“Procedi con dolcezza e con circospezione, non tentare di vincere con un colpo violento la resistenza della corolla chiusa; impara a padroneggiare l’impetuosità del tuo desiderio e se la natura ti ha creato troppo potente, non esitare a procrastinare ai giorni successivi i tuoi tentativi di deflorazione” così parla il vecchio saggio maomettano Omar Halebj nel suo libro El Ktab, a dimostrazione della saggezza degli orientali, a differenza degli occidentali, i quali temono di apparire imbelli o impotenti se si mostrano poco aggressivi. Presso alcuni popoli la religione o i costumi non autorizzano la prima copula prima che siano trascorsi 2- 3 giorni dal matrimonio.
Tuttavia il vecchio detto”ne quid nimis”(non esagerare mai) conserva tutto il suo valore, un differire troppo a lungo la deflorazione può causare molteplici inconvenienti. A chi domanderà in proposito un consiglio preciso risponderò: quando dopo tre tentativi scaglionati in più giorni non si sarà riusciti a compiere completamente il coito sarà bene rivolgersi ad un ginecologo, esperto anche di sessuologia e di psicologia; egli potrà quasi sempre risolvere la situazione o facendo alcune piccole incisioni dell’imene o con un supporto psicologico, o spesso con ambedue i mezzi in quanto che, se gli impedimenti fisici o psichici permangono troppo a lungo, le difficoltà non fanno che accrescersi.
Una volta introdotto il pene pochi movimenti saranno bastanti perché l’uomo, che si trova in uno stato di eccitazione erotica, eiaculi.
Raramente detti movimenti potranno provocare l’orgasmo nella donna e sarebbe inopportuno insistere. Meglio che le parti lese dell’imene non siano sottoposte a sollecitazioni meccaniche oltre il tempo strettamente necessario. Nel caso specifico è più importante fermarsi che tentare il raggiungimento di una distensione in altri casi auspicabile.
Ci si può domandare se non sia opportuno ottenere questa distensione per mezzo di giochi di eccitamento. Se dopo l’eiaculazione la donna rimane preda di un’eccitazione tanto forte da farle desiderare di raggiungere l’orgasmo è consigliabile proseguire con carezze ed altro a condizione che venga manipolata solo la zona clitoridea, escludendo l’introito vaginale. In genere è però preferibile che il primo coito si limiti alla lacerazione dell’imene, aprendo la via alla copula.
Un’attività maschile oltrepassante lo stretto necessario potrebbe ferire la sensibilità di una fanciulla più o meno scontrosa, dotata di sentimenti realmente virginali. Bisogna pertanto evitare di ferire il pudore, una dote da rispettare, un fiore che fornisce alla donna un profumo incomparabile, una rarità con i costumi moderni.
Il marito dovrà dunque usare con la più grande circospezione dei preludi amorosi prima della copula, dai baci alle carezze ed alle parole dolci, evitando che l’atmosfera erotica si scaldi oltre misura.
Questa riserva deve estendersi alla vista del corpo. I desideri di Paolo Silenzioso, il quale, nell’amore richiede la nudità completa dei due corpi, non potranno essere soddisfatti se non quando vi sia una certa confidenza tra i due coniugi. Chiedere alla compagna di esporre le sue nudità agli sguardi dell’uomo e per di più alla presenza del pene, che a lei deve apparire enorme, servirà solo ad aumentare la resistenza psichica e l’inibizione. Tuttavia … non ogni giovane sposa è una fanciulla timida e casta, chiaramente questo comportamento non si applica alla fanciulla vergine unicamente per avere l’imene ancora intatto!
Poiché solitamente nella donna viene a mancare l’eccitazione locale, fa difetto la secrezione mucosa che favorisce lo scivolamento del pene, il che rende la penetrazione più difficile e dolorosa, si raccomanda perciò l’uso di un lubrificante da applicarsi all’ingresso della vulva.
I genitali devono essere assolutamente puliti, perché al di là dell’estetica, una minima ferita può provocare un’infezione.
Spesso tra i celibi si hanno delle idee sbagliate sulla luna di miele, immaginata come un ininterrotto delirio di voluttà ed estasi, viceversa le settimane successive al matrimonio sono un periodo di prova, durante il quale la donna deve apprendere poco alla volta a provare le sensazioni erotiche, arrivando all’orgasmo solo dopo un certo addestramento. La frigidità all’inizio interessa la quasi totalità delle donne.
La luna di miele diventa perciò un periodo di prova per entrambi i coniugi, anche per l’uomo, il quale deve imparare ad essere altruista e ad autodisciplinarsi. Le prime settimane non devono essere troppo dense ed il momento del ritorno, sempre assai precario per la donna per via del cambiamento di vita, mentre l’uomo ritorna alle sue occupazioni abituali, potrà essere dedicato a tecniche di coito più sofisticate con reciproco gradimento.

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Conclusioni, statistiche ed ipotesi sulla verginità

L’imene come tutti gli organi e i tessuti del corpo umano deve avere una finalità o averla avuta in passato, come è il caso dell’appendice cecale, che con tutta probabilità rappresenta un residuo di un intestino primitivo in tempi in cui la nutrizione dell’uomo era diversa da quella attuale.
L’imene è posseduta da tutti i mammiferi, anche se in alcuni si presenta in maniera rudimentale; non rappresenta quindi un organo specifico della specie umana, per cui non potremmo trovare alcun significato teleonomico legato alle abitudini sessuali proprie della donna.
La presenza dell’imene integro se da un lato permette il fluire per gravità verso l’esterno del sangue mestruale, rende difficile ai germi, presenti in numero notevole nella zona perianale, di penetrare in vagina, nella quale, prima della pubertà, non è presente alcun sistema di difesa e di auto purificazione naturale. Il ph tende verso l’alcalinità il che crea un habitat favorevole all’instaurarsi delle infezioni. Viceversa con la pubertà il mutato quadro ormonale con l’innalzarsi del tasso degli estrogeni induce la formazione e lo sviluppo del bacillo di Doderlain, il quale, trasformando il glicogeno presente in vagina in acido lattico, provoca un abbassamento del ph verso l’acidità: una condizione negativa per lo sviluppo dei batteri ed il prodursi di infezioni vaginali.
Una volta creatosi questo sistema di difesa la funzione dell’imene viene a cessare per cui la sua integrità non è più necessaria e ciò viene a coincidere con il periodo dei primi rapporti sessuali, che, nella donna da poco fertile e mestruata, sono auspicabili per la riproduzione della specie.
Tale teoria cerca di giustificare la presenza dell’imene e rappresenta una mia idea personale, sarà forse una descrizione poco romantica, ma allo stato delle attuali conoscenze scientifiche e alla luce anche dei dati etnografici e antropologici mi sembra per il momento la spiegazione più plausibile.
Vorremmo segnalare la spiegazione che viene data della verginità da un famoso zoologo Desmond Morris. Egli si esprime così sul problema nel suo noto libro la scimmia nuda: “Un’altra caratteristica concomitante, che sembra si manifesti unicamente nella nostra specie, è la conservazione dell’imene o verginità femminile. Nei mammiferi inferiori questo si manifesta come uno stadio embrionale durante lo sviluppo del sistema uro genitale, mentre nello scimmione nudo viene conservato come parte del processo di neotenia. La sua persistenza fa sì che la prima copula nella vita della femmina presenti qualche difficoltà. Poiché l’evoluzione si è spinta tanto avanti da rendere la donna il più reattiva possibile da un punto di vista sessuale, a prima vista sembra strano che essa si sia dotata di un meccanismo che si oppone al coito. La situazione non è però tanto contraddittoria come sembra. Rendendo la prima copula difficile e persino dolorosa, l’imene fa in modo che questa non venga effettuata alla leggera. Chiaramente durante l’adolescenza si ha un periodo di prova sessuale, di divertimento, in cerca di un compagno adatto. In questo periodo i giovani maschi non hanno alcun motivo valido per astenersi da una copula completa. Se tra i due membri della coppia non si viene a formare alcun legame, i maschi non si sono compromessi in alcun modo e possono continuare fino a quando trovino una compagna adatta. Se anche le giovani femmine si spingessero così lontano senza formare una coppia, esse potrebbero facilmente ritrovarsi gravide e avviate verso una situazione di maternità, prive però di un compagno che stesse loro vicino.
Mettendo un freno parziale a questa tendenza femminile, l’imene fa in modo che nella donna, prima di compiere il passo definitivo, si sia sviluppata una profonda partecipazione emotiva di tale intensità da farle accettare l’iniziale disagio fisico”(Morris).
Tale atteggiamento secondo lo scienziato favorirebbe anche il formarsi di una coppia fissa nella specie umana, rappresentando un fattore favorevole fondamentale per l’allevamento dei figli, che raggiungono la pubertà e la completa autonomia in ritardo rispetto ad esempio, al topo, al cane, all’elefante.
Una condizione che noi riteniamo decisiva per giustificare la monogamia della nostra specie, non spiegabile in base a considerazioni di ordine culturale.
Pur con tutto il rispetto dovuto ad una teoria espressa da uno scienziato così autorevole ci sentiamo di dissentire e di poter muovere almeno tre obiezioni:
1) L’imene almeno nei mammiferi superiori è presente costantemente, anche se in maniera rudimentale e non rappresenta quindi una prerogativa della specie umana.
2) L’esperienza del dolore della deflorazione per trasmettersi necessita di un sistema di passaggio delle conoscenze difficilmente ipotizzabile nelle donne dell’età della pietra.
3) Quale significato funzionale dovrebbe avere l’imene, per quanto rudimentale, della cagna o della topolina?
Negli ultimi anni, dopo il rapporto Kinsey, sono state eseguite numerose indagini statistiche sul numero di donne che giunge vergine al matrimonio, nelle varie aree geografiche e culturali ed anche sull’importanza che viene attribuita dall’uomo al valore dell’illibatezza.
In tutti i paesi occidentali si è assistito negli ultimi decenni ad un calo verticale della percentuale di donne che giunge vergine al matrimonio, la quale può essere calcolata in Italia, secondo recenti indagini dell’A.I.E.D., intorno al 30% circa, con una diversa distribuzione tra nord e sud del paese. Tali statistiche sono più o meno in linea con altre simili effettuate negli ultimi anni in Francia, Inghilterra e Stati Uniti.
Gli uomini assegnano all’illibatezza un’importanza inferiore che in passato, ma le percentuali non sono in linea con il numero vertiginoso di donne che giungono deflorate alle nozze. In ogni caso si assiste in tutto il mondo occidentale ad un calo considerevole della valutazione dell’importanza della verginità femminile nella misura in cui cresce l’indipendenza economica e l’emancipazione della donna. Tale andamento sta però registrando negli ultimi 2 – 3 anni una leggera inversione di tendenza, come se i giovani tendessero lentamente a ritrovare dei valori del passato, che erano stati quasi completamente abbandonati.
Abbiamo in precedenza osservato come gli anatomici e gli zoologi studiosi di anatomia comparata hanno segnalato un aumento percentuale delle donne prive di imene o in possesso di imeni di dimensioni ridotte. Questa circostanza potrebbe essere interpretata come il segno di un diminuito significato funzionale dell’organo e potrebbe costituire una conferma indiretta della nostra teoria, secondo la quale, la creazione nell’interno della vagina di sistemi biologici di autoconservazione del ph e di conseguenza di difesa verso le infezioni dall’esterno sta diminuendo il significato funzionale di “barriera” che poteva ragionevolmente essere attribuito in passato all’imene. Al di la del suo significato funzionale sotto il profilo biologico abbiamo visto come gli uomini abbiano sempre attraverso i secoli attribuito a questa barriera ed alla sua integrità un profondo significato culturale ed abbiano creato un tabù, il quale, anche se diminuito di validità negli ultimi decenni, persiste immutato nell’inconscio collettivo.
Per secoli la donna è stata considerata una proprietà privata dell’uomo, una merce, ma oramai la concezione della verginità legata a questi principi è divenuta anacronistica e tramontata quasi completamente nel mondo occidentale.
Ma il tabù della verginità non è legato soltanto a meschine considerazioni di ordine economico; gli studi psicoanalitici ci hanno fornito infatti più di una chiave di lettura di questo tabù e ci hanno dimostrato che esistono delle basi psicologiche molto forti radicate anche nella psiche delle donne moderne ed emancipate.
Al momento della deflorazione sono presenti due aspetti fisici molto importanti e caratterizzanti: la perdita di sangue e il dolore.
L’uomo civile non possiede lo stesso terrore del sangue che nutrono le popolazioni primitive, per cui i meccanismi “ematici” alla base del tabù si può affermare che siano oggi quasi completamente inesistenti o quanto meno possano essere rimossi.
Diverso è per il dolore che spesso la donna avverte al momento del primo rapporto; esso spesso è alla base, con altri meccanismi psicologici che abbiamo in precedenza studiato, dell’ostilità che nella donna si accende nei riguardi dell’uomo con il quale ha il primo rapporto sessuale.
Una tecnica adeguata, un eccesso di attenzione e di tenerezza ed un po’ di vasellina o altro lubrificante adoperato preliminarmente possono annullare o ridurre notevolmente il dolore del primo amplesso, spegnendo così uno dei meccanismi, attraverso cui si instaura l’ostilità della donna.

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Glossario

Acidità – In una soluzione acquosa la presenza di un eccesso di ioni idrogeno che dà luogo ad una situazione opposta a quella di alcalinità(PH>7).
Acido lattico - Acido idrossicarbossilico che nel corpo umano si forma nel tessuto muscolare per scissione del glicogeno in condizioni di insufficiente apporto di ossigeno. In vagina la sua produzione ad opera del bacillo di Doderlain provoca un abbassamento del ph verso l’acidità e di conseguenza minore recettività alle infezioni.
AIED- Iniziali della principale organizzazione italiana interessata allo studio ed alla diffusione della contraccezione e della sessualità(Associazione italiana educazione demografica).
Alcalinità- In una soluzione acquosa l’eccesso di ioni ossidrili, che crea una situazione opposta a quella di acidità(PH<7).
Anuria – Soppressione transitoria o definitiva della secrezione urinaria. L’anuria riflessa si istituisce su base nervosa ed è sempre transitoria.
Cercine – In anatomia qualsiasi formazione anulare rilevata che circonda un qualcosa, in particolare il cercine genitale è una sporgenza circolare situata intorno alla cloaca ed al tubercolo genitale nello sviluppo degli organi genitali esterni dei mammiferi, nelle femmine darà luogo alla formazione delle grandi labbra e nel maschio contribuisce alla formazione dello scroto.
Clitoride – Organo erettile femminile impari e mediano, analogo al pene maschile, però rudimentale, situato nell’angolo anteriore della vulva. Dotato nel suo interno di una struttura spugnosa come i corpi cavernosi maschili. Quando la femmina è eccitata si crea un iperafflusso di sangue e l’organo entra in erezione.
Copula – Il rapporto sessuale tra un uomo ed una donna.
Detumescenza – Scomparsa della rigidità del pene con ritorno allo stato normale di flaccidità.
Doderlain – Famoso medico tedesco (1860 – 1941) direttore della clinica ginecologica di Monaco, che ha dato il nome ad un bacillo non patogeno che si rinviene nel secreto vaginale. Tale bacillo ha una notevole importanza nella omeostasi del ph vaginale, creando una barriera verso la penetrazione in vagina di germi dall’esterno.
Eiaculazione – Emissione dello sperma dal pene attraverso l’uretra peniena. Esso avviene sotto l’impulso delle contrazioni ritmiche dei muscoli bulbo ed ischio cavernosi al momento dell’orgasmo. Per eiaculazione precoce si intende un’intempestiva emissione dello sperma.
Esogamia – L’obbligo sancito dalle leggi tribali di scegliere la propria moglie fuori dal gruppo sociale cui l’individuo appartiene.
Etnologo – Studioso di etnologia, branca che si interessa dei popoli e della loro cultura e li analizza secondo le loro abitudini.
Frecola- Periodo dell’anno, nel quale gli animali di sesso femminile sono attratti sessualmente dai maschi e disposti ad accoppiarsi.
Gari – Gari – Particolare tipo di faida consistente in una serie di vendette che può durare anche molti anni.
Glicogeno – Particolare tipo di sostanza glicidica di riserva degli organismi animali. Presente soprattutto nel fegato e nei muscoli serve a produrre energia. Nella vagina in presenza del bacillo di Doderlein aumenta l’acidità locale, permettendo una migliore difesa contro le infezioni.
Grembiule delle Ottentotte – Detto anche velo del pudore è costituito dalle piccole labbra che, nelle donne ottentotte e boscimane, per una particolare ipertrofia, pendono tra le cosce per circa 15 – 20 centimetri.
Kawa - Nel linguaggio mauri kawa significa amaro. Le vergini nell’isola di Samoa offrono una bevanda di tale nome, diffusissima in Micronesia e Polinesia, ottenuta frantumando nell’acqua le radici fresche di una pianta locale. Tale bevanda presa in piccole dosi produce un senso di benessere e di vigore. Essa è preparata, offerta e bevuta con un apposito cerimoniale.
Libido – La carica di energia postulata da Freud che rappresenta l’aspetto psichico della pulsione sessuale. Per Jung viceversa la libido deve essere intesa come desiderio o impulso non inibito da istanze morali o di altro genere.
Neotenia – In zoologia fenomeno del raggiungimento della maturità sessuale durante il periodo larvale di un animale.
Ph – Sigla con cui in chimica si esprime l’acidità o la basicità di una soluzione.
Sotadica – Dicesi di una composizione letteraria quando essa è oscena e scurrile come gli scritti rimastici del poeta Sotade
Specie – In zoologia rappresenta l’unità fondamentale della classificazione e raggruppa l’insieme degli individui simili tra loro che posseggono tre criteri di definizione in comune: affinità morfologiche, distribuzione geografica e riproduzione sessuale di individui somiglianti ai genitori.
Taupou – E’ la fanciulla che in alcuni villaggi dell’isola di Samoa si fa carico della verginità di tutte le ragazze divenendo simbolo di illibatezza.
Teleonomia - In biologia termine introdotto da J. Monod(1970) per definire il finalismo insito nelle strutture e nelle forme tipiche degli organismi viventi.
Terapia psicoanalitica – Si tratta di uno strumento di conoscenza psicoterapica scoperto da Freud alla fine del diciannovesimo secolo, che viene adottata per il trattamento di ammalati psichici, in particolare affetti da nevrosi.
Vestale – Nome dato nella Roma antica alle vergini sacerdotesse addette al culto di Vesta, custodi del sacro fuoco.

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Altri lavori di medicina dello stesso autore

1) Moderne metodiche per provocare l’aborto – Edizioni Florio – Napoli 1978
2) Incidenza di immunizzazione nei confronti del fattore Rh nel post abortum a seconda dell’epoca gestazionale valutata mediante il test di Kleihauer Betke Braun – Ed. Cofese - Palermo 1980
3)Parliamone col ginecologo – Ed. Dick Pearson – Napoli 1981
4) Miglioramenti tecnici nell’esecuzione dell’I.V.G – Edizioni Monduzzi – Bologna 1983
5) Su un nuovo metodo di sterilizzazione tubarica reversibile – Ed. Monduzzi – Bologna 1983
6) Pianeta donna – Edizioni Biocontrol Press – Napoli 1984(6° edizione 2009 disponibile su internet)
7) Trattamento delle sindromi anorgasmiche femminili con l’accentuazione del tono del muscolo pubo coccigeo mediante esercizi di feedback sotto la guida di un nuovo miografo vaginale ideato dall’autore – Edizioni Monduzzi – Bologna 1985
8) Interruzione volontaria della gravidanza tramite una associazione originale di prostaglandine ed ossitocici – Ed. Cofese – Palermo 1991
9) Studio multicentrico sulle metodiche farmacologiche per provocare l’I.V.G. – Ed. Cofese – Palermo 1992
10) Un nuovo approccio diagnostico e terapeutico al problema della frigidità femminile – Ed. Cofese – Palermo 1992
11) Nuovo contributo casistico all’interruzione volontaria della gravidanza tramite un’associazione originale di prostaglandine ed ossitocici ideata dall’autore, in Atti dell’International Congres of Obstetric and Gynecology – Isola d’Elba 1992
12) Induzione della I.V.G. attraverso un’associazione di prostaglandine ed ossitocici ideata dall’autore. attualità e prospettive – Edizioni Cofese – Palermo 1993
13) Nuovo protocollo diagnostico e terapeutico della frigidità - Edizioni Cofese – Palermo 1993
14) La frigidità e la verginità nella donna – Edizioni Biocontrol Press – Napoli 1993
15) Atlante di semeiotica fisica mammaria(In corso di pubblicazione)

Achille della Ragione

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