A tutte le mie pazienti ed alle future lettrici
Prefazione
alla 6° edizione
Dopo oltre dieci anni dall’ultima edizione ed a venticinque dalla
prima era opportuno aggiornare alcuni argomenti di Pianeta donna
che, con oltre 23.000 copie vendute, costituisce un successo e da
solo rappresenta una tiratura pari a tutti gli altri miei
libri(oltre trenta), non solo di divulgazione medica, ma anche di
altro argomento.
Nel frattempo, attraverso internet, è possibile oggi raggiungere una
platea più vasta, non solo napoletana, divulgando una serie di
tematiche che interessano la donna dall’adolescenza alla menopausa.
Alcuni capitoli sono rimasti sostanzialmente invariati, mentre
alcuni, come la pillola del giorno dopo, sono stati riscritti
completamente, tenendo conto dei progressi della farmacologia.
Dopo oltre 35 anni di attività(dal 1972) ho da poco lasciato la
pratica professionale, ma continuo ad aggiornarmi attraverso la
costante lettura delle riviste specializzate ed è per me motivo di
grande emozione, incontrando vecchie pazienti, alcune divenute
nonne, ascoltare confidenzialmente che esse conservano ancora in
biblioteca una copia del mio libro o(meglio ancora) di averne fatto
dono ad un’amica o parente più giovane.
A tutte le mie pazienti ed alle future lettrici voglio perciò
dedicare questa mia modesta opera di divulgazione medica.
Napoli(nel cuore),15 dicembre 2009
Prefazione alla 5° edizione
Una nuova ristampa, a pochi anni dalle precedenti edizioni,
testimonia del successo di un libro che, poco alla volta, per la
chiarezza del linguaggio e per l’interesse degli argomenti trattati,
sta divenendo un classico della divulgazione medica.
Esso si rivolge alle donne, non gli adddetti ai lavori e fornisce
una risposta semplice e chiara, ma nello stesso tempo corretta
scientificamente, ai molti quesiti riguardanti l’aborto, la
contraccezione, la prevenzione dei tumori, la senologia, la
sessuologia, la ginecologia in generale.
In questa nuova edizione, oltre al rifacimento di alcune parti ed
alla segnalazione del nome di farmaci più recenti, sono stati
aggiunti un capitolo sulla pillola contraccettiva ed uno sulla
diagnosi precoce del cancro della mammella, argomento
importantissimo, trattandosi del tumore più diffuso nella donna,
vero killer del sesso femminile, contro il quale è possibile
un’adeguata ed efficace prevenzione.
A Napoli ed in Campania le donne, per atavica paura e per scarsa
sensibilizzazione, fanno ancora troppo poco per la prevenzione del
cancro della mammella e perciò ci auguriamo, trattando diffusamente
di questo argomento, di fare qualcosa per cambiare questa
situazione, sperando che le donne comincino a preoccuparsi più
attivamente della prevenzione di questo tumore.
Napoli, 1 marzo 1999 L’Editore
Prefazione alla 1° edizione
Con grande piacere ho aderito all’invito dell’amico, il dottor
Angelo Russo, titolare della casa editrice Biocontrol Press, il
quale desiderava da tempo una ristampa di alcuni capitoli
riguardanti soprattutto la contraccezione, ricavati da altre mie
precedenti opere oramai esaurite o di difficile reperimento quali:
Moderne metodiche per provocare l’aborto, Parliamone col ginecologo,
Nuove tecniche di sterilizzazione maschile e femminile ecc.
Questi capitoli sono stati rifatti ed aggiornati là dove era
necessario.
Scopo del libro è quello di fornire alla donna un rapido ma
esauriente panorama delle moderne metodiche anticoncezionali,
stimolandola ad adottarne qualcuna, fugando le paure e i pregiudizi
che ancora incombono su grandi scoperte come la pillola e la
spirale, che hanno liberato la donna, a condizione che ella lo
voglia, dalla secolare schiavitù delle gravidanze a ripetizione e
dell’aborto.
Sono inoltre trattati alcuni altri argomenti ginecologici su cui
spesso le donne vogliono sapere qualcosa in più dal ginecologo.
Napoli, 26 novembre 1984 Achille della Ragione
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Interruzione volontaria della gravidanza, Cenni legislativi
La legge 194 del 22 maggio 1978 ha radicalmente cambiato la
normativa che regola in Italia l’interruzione della gravidanza(I. V.
G.), permettendo l’esecuzione della stessa nelle prime 12 settimane
di gestazione(3 mesi) in una casistica molto ampia di casi, che
vanno dalle indicazioni mediche a quelle sociali e psicologiche.
E’ una legge tra le più liberali del mondo, che si basa
esclusivamente sulla volontà della donna, con ben poche restrizioni,
anche se è inficiata dalla nascita da un grave peccato originale:
l’ipocrita compromesso tra forze di sinistra e cattolici, frutto
dell’ambiguo clima politico dell’epoca, che ha prodotto l’aborto
giuridico di considerare lecita una prestazione eseguita in ambiente
ospedaliero e nelle pochissime cliniche private convenzionate e
reato grave la stessa prestazione, se effettuata in uno studio
privato, anche se attrezzato meglio di una struttura pubblica.
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La tecnica
dell’aspirazione secondo Karman
Riportiamo ora una breve descrizione del metodo Karman, rinviando
gli specialisti che volessero conoscere maggiori dettagli tecnici al
nostro volume Moderne metodiche per provocare l’aborto e le donne
alle pagine relative all’argomento sui miei libri Parliamone col
ginecologo e Pianeta donna.
L’interruzione della gravidanza servendosi del metodo
dell’aspirazione tramite la siringa di Karman può essere attuato con
la sicurezza della riuscita dell’intervento fino alla 9° settimana
di gestazione, cioè circa due mesi di ritardo dall’ultima
mestruazione (attenzione a non fare confusione tra data in cui si
sono avute effettivamente le ultime mestruazioni e data in cui si
attendevano e sono mancate). Dopo tale periodo è necessario
adoperare altre tecniche: aspirazione mediante l’isterosuttore (un
apparecchio elettrico in grado di generare pressioni negative fino
ad un’atmosfera) fino alla 12° settimana di gestazione, il classico
raschiamento (svuotamento della cavità uterina con pinze ad anelli
seguito da curettage delle pareti) fino alla 14° settimana,
induzione di una sorta di miniparto attraverso la somministrazione
per fleboclisi di prostaglandine fino a alla 20° - 22° settimana di
gestazione.
Il metodo Karman prende il nome dallo psicologo americano che circa
40 anni fa ha inventato tale sistema per indurre l’aborto nelle
prime fasi della gestazione. Il concetto di aspirare la gravidanza
dall’interno dell’utero attraverso delle sottili cannule di plastica
non era però una novità, perché tale sistema veniva adoperato in
maniera rudimentale con delle cannucce di bambù dai Cinesi già 3000
anni prima della nascita di Cristo.
Karman ha reintrodotto la tecnica con alcune modifiche. Ha ideato
una siringa di plastica di 50cc, che prende il suo nome, la quale
presenta all’estremità una valvola speciale che permette, quando si
carica la siringa, di produrre all’interno di essa una pressione
negativa di 0,3 atmosfere. Tale pressione negativa, una volta
liberata premendo la valvola, permette la suzione della gravidanza
dall’interno dell’utero verso l’esterno.
Questa siringa rimane sempre fuori della donna e alla sua estremità
si collocano delle cannule di plastica, da 0,4 a 0,8 centimetri a
seconda del periodo di gravidanza.
Nel raschiamento vengono adoperati dei dilatatori metallici (Hegar),
mentre Karman ha introdotto nell’aspirazione l’uso di dilatatori di
gomma semirigida (Porges) che anche in mani inesperte non possono
provocare gravi danni. L’intervento va eseguito ambulatorialmente
con relativa semplicità (per anni, sia in America che in Europa, è
stato praticato dalle stesse femministe) e, se effettuato senza
alcuna anestesia, produce una sintomatologia paragonabile a quella
di forti dolori mestruali.
La percezione del dolore è un fattore soggettivo variabile da donna
a donna e le condizioni che maggiormente ne influenzano l’intensità
sono la parità(il numero di figli avuto in precedenza) e lo stato
emotivo con cui affronta l’intervento.
Nella quasi totalità dei casi, donne che hanno avuto precedenti
gravidanze e che affrontano serenamente l’aborto percepiscono
soltanto scarsi dolori nei circa 60 secondi di durata
dell’intervento e nei 4 – 5 minuti successivi, durante i quali
l’utero si contrae energicamente, come meccanismo difensivo naturale
atto a ridurre al minimo la perdita di sangue.
Non bisogna somministrare antispastici nell’immediato post abortum,
perché il rilasciamento dell’utero può far aumentare la perdita di
sangue, mentre possono essere di una certa utilità: far assumere
alla donna la posizione genu pettorale, avvicinando vigorosamente le
gambe al petto, situazione che allentando la tensione dei legamenti
utero sacrali dà un grosso sollievo soprattutto in pazienti con
utero retroverso, oppure la lenta manipolazione della regione pubica
e clitoridea, la quale crea una condizione di rilassamento generale
ed a carico dell’utero con diminuzione del disagio dopo l’aborto.
Anestesia – Se la donna che deve affrontare l’intervento non ha mai
partorito oppure vive l’evento in maniera fortemente emotiva, può
essere opportuno eseguire una forma di anestesia.
L’anestesia locale è più adatta per un raschiamento durante il quale
deve essere eseguita una notevole dilatazione del canale cervicale,
manovra di per sé molto dolorosa, mentre per il metodo Karman è più
adatta un’anestesia di tipo crepuscolare ottenuta con la
somministrazione endovena di 1 o 2 fiale di Valium(un tranquillante)
e ½ di Atropina, oppure una brevissima anestesia totale di 2 o 3
minuti, in tal caso è obbligatoria per precauzione la presenza dello
specialista rianimatore.
Con il primo tipo di anestesia(crepuscolare) si ottiene una
riduzione della sintomatologia del 70 – 80 % e la quasi completa
amnesia retrograda(dimenticanza dell’episodio), molto utile per
annullare il trauma psichico, che molto spesso può permanere a lungo
dopo l’aborto. Con l’anestesia totale l’assenza di dolore e di
trauma psichico è invece assoluta.
Visita preliminare – All’appuntamento per l’intervento è opportuno
che la donna si presenti a digiuno da almeno 3 – 4 ore, anche se non
deve essere praticato alcun tipo di anestesia, per impedire
l’insorgenza del vomito, che altrimenti si può presentare durante
l’intervento o nei minuti successivi.
Prima della visita ginecologica verrà sempre eseguita un’ecografia
pelvica allo scopo di stabilire la settimana di gestazione,
escludere una gravidanza extra uterina e diagnosticare un’eventuale
patologia ginecologica associata. Per l’esecuzione corretta
dell’esame ecografico è necessario che la vescica sia abbastanza
piena.
Dopo l’ecografia la donna, prima di essere sottoposta alla visita
ginecologica e generale, vuoterà la vescica e si toglierà tutti gli
abiti, indossando al massimo una camicetta leggera.
Prima della visita ginecologica si procederà all’esame obiettivo
generale, durante il quale bisognerà misurare la frequenza cardiaca
e la pressione arteriosa, auscultare il cuore ed i polmoni, palpare
il seno e l’addome, verificare la presenza di vene varicose agli
arti inferiori.
Tecnica – Dopo la visita e l’introduzione dello speculum, viene
fissato il collo dell’utero(portio) con una piccola pinza (Martin),
quindi si dilata leggermente il canale cervicale e si procede a 2 –
3 aspirazioni del materiale ovulare dalla cavità uterina attraverso
delle speciali cannule di plastica dal diametro di 4 – 6 millimetri,
collegate alla siringa di Karman, nella quale si genera una
pressione negativa di 0,3 atmosfere, sufficiente a risucchiare
all’esterno il contenuto uterino.
Finito l’intervento la donna, se non ha praticato alcuna anestesia,
percepisce per circa 5 minuti un dolore di tipo mestruale che può
essere mitigato come abbiamo esposto in precedenza.
Decorso – Dopo circa 30 minuti dalla fine dell’intervento la donna
può tornare tranquillamente a casa, ove potrà mangiare e riprendere
le sue abituali occupazioni, evitando unicamente per alcuni giorni i
lavori pesanti. Eviterà altresì per 7 – 10 giorni i rapporti
sessuali, i bagni di mare e le lunghe esposizioni al sole; potrà
invece proseguire la normale igiene quotidiana, andare dal
parrucchiere ed eseguire un breve bagno o la doccia ogni giorno alla
temperatura di 37°. Evitare per tutto il periodo delle perdite
ematiche l’uso degli assorbenti interni.
Ricordiamo che dopo l’aborto il ciclo è fertile e la data
dell’ovulazione è difficile da calcolare, anche se spesso è spostata
in avanti di una decina di giorni.
Dopo un aborto con il Karman il decorso è atipico, diverso da donna
a donna. In genere vi sono per 4 – 5 giorni non consecutivi delle
perdite di sangue simili a mestruazioni, nell’ordine di 2 – 6
assorbenti.
La caratteristica di queste perdite è l’estrema variabilità nel
senso della quantità: a volte la donna in un giorno cambia solo 2
assorbenti e l’indomani nessuno o quattro; molto spesso l’emorragia
cessa del tutto per ricominciare poi di nuovo.
In genere dopo circa una settimana tali perdite di sangue cessano
completamente e la successiva mestruazione ritorna intorno al 40°
giorno dopo l’intervento. Un 10% delle pazienti non presenta alcuna
perdita di sangue nei giorni successivi all’aborto e, per quanto
rientri nella normalità, molte donne si spaventano, perché collegano
la riuscita dell’intervento all’entità dell’emorragia, un funesto
ricordo di quando l’aborto veniva praticato dalle mammane
introducendo nell’utero una sonda, il famigerato “laccio”.
Un altro 10% delle donne lamenta invece uno stillicidio ematico per
tutti i 40 giorni del decorso fino alla comparsa della prima
mestruazione successiva(capo parto in miniatura). In questi casi
bisogna distinguere il caso in cui le perdite sono molto scarse, 1 –
2 assorbenti al dì, dal caso in cui sono più abbondanti, 4 – 5
assorbenti al giorno, a volte accompagnate da febbre e dolori al
basso ventre.
Nella prima evenienza si tratta di un decorso accettabile e la
continuità delle perdite è dovuta ad una crescita disordinata della
mucosa uterina; la situazione si normalizzerà dopo la prima
mestruazione. Nel secondo caso ci si trova davanti ad una
complicanza per la presenza di residui ovulari adesi alle pareti
uterine. Si può assumere una condotta di attesa, somministrando
regolatori del ciclo e contratturanti uterini, aspettando la prima
mestruazione, dopo la quale quasi sempre tutto si regolarizza,
oppure, se le perdite di sangue sono eccessive, bisognerà eseguire
di nuovo lo svuotamento dell’utero passando a volte anche la curette
sulle pareti per assicurarsi dell’assenza di materiale ovulare, che
dopo tanti giorni spesso aderisce tenacemente alle pareti.
La persistenza di residui ovulari non sempre dipende dalla non
perfetta esecuzione tecnica dell’intervento da parte del medico.
Esistono infatti dei rari tipi di placentazione penetrante(increta,
accreta, percreta) nelle quali i villi coriali entrano profondamente
alla ricerca del sangue materno nelle pareti uterine e non possono
ragionevolmente essere estratti completamente con l’aspirazione,
anche applicando correttamente la tecnica. Spesso è proprio la
presenza di questa patologia la responsabile delle lunghe perdite di
sangue, a volte 15 giorni dopo l’intervento. In questi casi
l’analisi di gravidanza permane a lungo positiva, con valori di
alcune centinaia di unità.
Terapia – La paziente comincerà subito dopo l’intervento ad assumere
una terapia antibiotica per via orale, preferibilmente una
tetraciclina e dei contratturanti uterini(Methergin) a gocce,
entrambi per quattro giorni.
In caso di febbre oltre i 38° è necessario passare ad un antibiotico
per via intramuscolo, riposo a letto e consultare al più presto il
ginecologo.
In caso di forti dolori al basso ventre assumere un antispastico (Buscopan
o Spasmex) a compresse o intramuscolo.
In caso di perdite di sangue superiori a 6 – 8 assorbenti al dì
praticare mattino e sera una fiala di Methergin più una fiala di
Sintocinon da 5 unità; applicare per alcune ore una borsa di
ghiaccio al basso ventre, un po’ più su della peluria pubica,
avvisare subito il medico ed in caso di aumento dell’emorragia
recarsi al più vicino ospedale.
Visita di controllo e contraccezione – Essa deve avvenire dopo dieci
giorni ed è molto importante per instaurare un discorso
contraccettivo, se non si è già provveduto in coincidenza con
l’esecuzione dell’aborto, infatti nelle donne che hanno già
partorito e che non presentano infiammazioni a carico dell’apparato
genitale è possibile introdurre subito una spirale, mentre la
pillola contraccettiva può essere assunta dal giorno successivo
all’interruzione di gravidanza.
Alla visita di controllo la donna si presenterà dopo aver ripetuto
un test di gravidanza, che può essere eseguito anche se persistono
perdite ematiche, una precauzione molto importante perché con il
Karman, anche in mani molto esperte, soprattutto quando si
interviene dopo pochi giorni di ritardo(evenienza sempre più
frequente) e non si può adeguatamente controllare il materiale
estratto, può essere possibile in 1 caso ogni 250 la prosecuzione
della gravidanza. (Casistica segnalata dallo stesso Karman,
sovrapponibile a quella del sottoscritto).
Questa evenienza, se scoperta in tempo può essere facilmente risolta
ricorrendo ad una nuova aspirazione, altrimenti, se la donna non
ripete il test o non si presenta al controllo, il persistere della
gravidanza può avvenire con notevole ritardo.
La donna deve insospettirsi se dopo alcuni giorni persistono nausea,
vomito o tensione al seno. La prosecuzione della gravidanza può
dipendere da svariati motivi: gravidanza gemellare biovulare,
presenza di fibromi sottomucosi o malformazioni della cavità
uterina.
Nel corso della visita di controllo il medico fornirà la risposta
del pap test e ne spiegherà l’importanza ai fin della prevenzione
del cancro dell’utero, come pure inviterà la donna, dopo un attento
controllo delle mammelle ed averle insegnato la tecnica dell’autoesame,
a sottoporsi ogni anno agli esami strumentali necessari per uno
screening del carcinoma mammario.
Si potrà altresì impostare una terapia di eventuali patologie a
carico dei genitali e si approfondirà il discorso contraccettivo,
profittando del momento psicologico favorevole, affinché il ricorso
all’interruzione volontaria della gravidanza non abbia a ripetersi.
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La Spirale, Un efficace e comodo metodo
contraccettivo
I dispositivi intrauterini(I.U.D), più conosciuti dal pubblico con
il nome di spirale, sono il metodo contraccettivo che negli ultimi
anni sta incontrando la più larga diffusione tra le donne ed il
favore dei ginecologi, soppiantando la pillola ed altre metodiche
tradizionali.
I motivi di questo successo sono dovuti in parte all’assenza di
effetti collaterali sistemici, ma soprattutto al fatto di non
doversi assoggettare all’assunzione continua di pillole, che
richiedono un’attenzione psicologica per alcune donne stressante.
Le spirali hanno dimensioni e fogge diversissime e possono essere
classificate in I.U.D. di 1°, 2° e 3° generazione.
I dispositivi di 1° generazione sono costituiti da sola plastica e
funzionavano con un meccanismo irritativo da corpo estraneo. Essi
non debbono più essere adoperati per il basso indice di sicurezza e
per i maggiori effetti collaterali(meno metrorragie, spotting,
crampi uterini) collegati alle loro dimensioni maggiori di quelli di
2° generazione che, essendo potenziati dalla presenza di un
filamento di rame attorcigliato offrono una più elevata sicurezza
contraccettiva(intorno al 98%) con un minor numero di disturbi.
L’effetto anticoncezionale del rame pare sia collegato in parte al
suo potere spermicida, ma principalmente alla capacità posseduta
dagli ioni rame , liberatisi in cavità uterina, di inibire l’azione
dell’enzima anidrasi carbonica presente nell’endometrio, la cui
attivazione è necessaria per il processo di annidamento dell’ovulo
fecondato. La durata del massimo effetto contraccettivo della
spirale potenziata al rame è di circa due anni a partire da pochi
giorni dopo l’applicazione, perché dopo tale periodo di tempo il
metallo non viene più dismesso in maniera adeguata per il formarsi
di depositi calcarei attorno al dispositivo ed anche per
l’esaurimento della sostanza.
Dopo circa due anni è necessario perciò rimuovere la spirale e, se
la donna vuole proseguire la contraccezione, è consigliabile
togliere la vecchia e metterne una nuova nella stessa seduta, onde
evitare periodi senza protezione contraccettiva pericolosissimi per
una coppia abituata ad avere rapporti liberi senza precauzioni.
L’utero non ha bisogno di periodi di riposo e se la donna ha
tollerato bene la spirale non vi è alcun motivo di rinviare
l’applicazione di un nuovo dispositivo intrauterino.
La 3° generazione contempla spirali potenziate dalla dismissione
continua di microdosi di progesterone. Esse hanno delle prestazioni
superiori rispetto agli altri modelli, quali il più elevato indice
di sicurezza(99,5%) e minori effetti collaterali, durano però di
meno, circa 12 mesi.
Molte donne e purtroppo anche numerosi ginecologi credono che la
spirale debba necessariamente essere applicata nell’utero durante le
mestruazioni. Viceversa viene preferito a volte quel periodo
unicamente per alcuni motivi di importanza decrescente che ora
descriveremo, ma non si tratta di una condizione assolutamente
obbligatoria.
Il principale scopo per cui si aspetta il 3° - 4° giorno del ciclo è
che soltanto allora si ha la sicurezza che la donna non sia gravida
e non si corra il rischio, introducendo il dispositivo nell’utero,
di danneggiare un eventuale embrione di pochi giorni di vita, la cui
presenza non positivizza un test di gravidanza e sfugge anche ad
un’ecografia.
Il secondo motivo è costituito dalle perdite di sangue che in genere
sono presenti dopo l’applicazione e che vanno a confondersi col
mestruo.
Ed infine, ultima ragione, anche se valida parzialmente solo nelle
donne che non hanno mai partorito, è che a volte durante l’uscita
del sangue mestruale il canale cervicale, attraverso il quale in
senso inverso deve passare la spirale, aumenta leggermente il suo
diametro.
Un momento particolarmente favorevole per l’applicazione della
spirale è subito dopo un’interruzione volontaria di gravidanza;
infatti il canale cervicale già dilatato, l’anestesia più o meno
leggera a cui la paziente è sottoposta, ma soprattutto la volontà
della donna a non voler più cadere in una situazione simile,
rappresentano delle condizioni ideali all’attuazione immediata di un
valido discorso contraccettivo.
Anche le donne che non hanno mai partorito possono oggi
tranquillamente adoperare la spirale; infatti mentre i dispositivi
in uso anni fa erano relativamente grandi e negli uteri delle
nullipare davano spesso luogo a disturbi, oggi i modelli potenziati
dal rame o dal progesterone hanno assunto dimensioni ridottissime,
per cui spesso possono essere adoperati da donne che non hanno mai
partorito, nelle quali è però necessario che, oltre alle normali
controindicazioni valide per tutte le pazienti, il flusso non duri a
lungo e non sia particolarmente doloroso, perché soprattutto nel
primo trimestre questi disturbi potrebbero aumentare.
La durata dell’effetto contraccettivo è diverso a secondo del
modello, infatti gli I.U.D di 1° generazione, costituiti dal solo
supporto di plastica, hanno un indice di sicurezza più basso e
producono maggiori effetti collaterali, in compenso la loro durata è
illimitata e la donna deve unicamente presentarsi alle periodiche
visite di controllo senza mai sostituire la spirale, il cui indice
di sicurezza rimane invariato nel tempo e è calcolato intorno al
95%, cioè su 100 donne in un anno 5 rimangono gravide.
Quelle potenziate dal rame di 2° generazione durano due anni e se
trascorso tale periodo il dispositivo non viene sostituito la
formazione di concrezioni calcaree ne riduce la sicurezza, che
scende gradualmente dal 98 al 95% ed anche meno.
I dispositivi che emettono progesterone hanno un indice di sicurezza
intorno al 99,5%, durano un anno, sono le più tollerate ed in alcuni
casi riducono l’entità del flusso mestruale.
Bisogna poi sfatare due grossi pregiudizi duri a morire, che
inducono molte donne a non adoperare la spirale, cioè che gli I.U.D.
provochino tumori e gravidanze extra uterine.
Per quel che riguarda i tumori la paura è del tutto ingiustificata,
infatti numerose e vaste statistiche hanno oramai dimostrato in
maniera inequivocabile che l’incidenza dei tumori benigni e maligni
nella sfera genitale femminile è uguale in donne portatrici di
spirale o che adottano altre o nessuna metodica contraccettiva.
Anzi molte indagini hanno dimostrato che nelle donne che adoperano
dispositivi intrauterini, per i controlli periodici ai quali sono
sottoposte(visita ginecologica, pap test, palpazione del seno)
eventuali affezioni patologiche, sia di natura infiammatoria che
tumorale, vengono scoperte con grande anticipo sui normali tempi
diagnostici, con notevole vantaggio per le terapie, che vengono
instaurate prontamente.
Per quel che riguarda la possibilità che la spirale possa favorire
l’instaurarsi di una gravidanza extra uterina possiamo escludere
categoricamente questa eventualità.
Bisogna però precisare che, mentre la pillola, se correttamente
assunta, blocca l’ovulazione e di conseguenza con il 100% di
sicurezza impedisce l’instaurarsi di una gravidanza, sia essa
uterina che extra uterina, l’azione della spirale è diversa ed
attraverso diversi meccanismi impedisce l’annidamento dell’ovulo
fecondato nell’utero; ma se l’attecchimento avviene per suo conto ad
esempio in una tuba, la presenza della spirale non impedisce questo
evento. Perciò se la donna era destinata ad avere una gravidanza
extra uterina, la subirà nonostante la presenza della spirale, ma
non certo per colpa di questa. Rammentiamo per inciso che la
gravidanza ectopica è un’evenienza alquanto rara.
Le visite di controllo nelle portatrici di spirale, se non sono
presenti particolari disturbi, possono avere una frequenza identica
a quella di tutte le donne, che dovrebbero recarsi una volta l’anno
dallo specialista per una valutazione dell’apparato genitale,
integrato dall’esecuzione del pap test e dalla visita al seno.
Le donne che utilizzano la spirale possono tranquillamente adoperare
gli assorbenti interni senza alcun timore che il dispositivo possa
spostarsi, perché esso si trova all’interno dell’utero e solo il
filo per la rimozione protrude in vagina, inoltre la spirale non può
essere percepita durante il rapporto sessuale, come ben sanno tutte
coloro che la utilizzano di nascosto, senza che mariti e fidanzati,
di parere contrario, lo sappiano mai.
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Pillola del giorno dopo
La pillola del giorno dopo è un mezzo contraccettivo d’emergenza, il
quale, assunto entro 48 – 72 dal rapporto, permette di evitare una
gravidanza indesiderata, che potrebbe verificarsi in seguito ad un
coito non protetto o al fallimento di un metodo anticoncezionale, ad
esempio la rottura di un profilattico.
Non bisogna confondere i farmaci adoperati con questa finalità con
prodotti(RU486) usati per indurre l’aborto entro la 7° settimana di
gravidanza.
I prodotti in vendita in Italia, a base di un ormone progestinico,
il levonorgestrel, sono due: Norlevo (Angelini) e Levonelle (Schering),
dei quali vanno assunte due pillole, la prima il più presto
possibile e la seconda a distanza di 12 ore. In Italia, a differenza
di altre nazioni, è necessaria la prescrizione del medico,
circostanza che ha dato luogo a varie forme di ostruzionismo da
parte di sanitari, medici e farmacisti, che ritengono erroneamente
di poter essere obiettori.
L’ efficacia della pillola del giorno dopo è tanto più alta, quanto
minore è il tempo trascorso dal rapporto sessuale non protetto, è
massima (superiore al 95%) se assunta entro le 24 ore dal rapporto e
diminuisce fino ad annullarsi oltre le 72 ore di intervallo. In caso
di insuccesso non sono stati mai segnalati danni al feto, per cui si
può decidere liberamente se proseguire o meno la gravidanza.
Il farmaco agisce nel bloccare l’ovulazione o, se essa è già
avvenuta, creando modificazioni nell’endometrio(la mucosa che copre
le pareti interne dell’utero) tali da impedire l’impianto
dell’ovulo, eventualmente fecondato.
Agisce pertanto con un meccanismo misto, sia contraccettivo che
abortivo.
Qualora invece al momento dell' assunzione del farmaco la gravidanza
fosse già impiantata nell' utero, la pillola del giorno dopo non
sarebbe più efficace e non riuscirebbe ad interrompere la
gestazione. Tale circostanza potrebbe verificarsi o in caso di
assunzione troppo tardiva del farmaco o per un concepimento
derivante da un altro rapporto avvenuto in epoca antecedente.
Tenuto conto che è pressoché impossibile individuare con certezza
quando si verifica l'ovulazione, anche se essa, avviene in genere a
metà del ciclo, nel caso si voglia avere la massima probabilità di
evitare una gravidanza, può essere indicato il ricorso alla pillola
del giorno dopo un rapporto non protetto avvenuto in qualsiasi
momento.
Non vi sono controindicazioni all’uso del farmaco, purché si ricorra
ad esso occasionalmente. Non può essere assolutamente considerato un
mezzo contraccettivo.
I farmaci attualmente utilizzati, eccezionalmente possono comportare
effetti collaterali quali nausea, vomito, cefalea, tensione
mammaria, perdite ematiche.
La mestruazione successiva può comparire con leggero ritardo ed a
volte è leggermente più copiosa. Se comunque si verifica un ritardo
significativo (5-7 giorni), tenuto conto della efficacia non
assoluta, è consigliabile fare un test di gravidanza.
Qualora si volesse utilizzare in futuro la pillola contraccettiva,
l'uso di questa può essere iniziato con a partire dal primo giorno
della mestruazione successiva.
A nostro parere la migliore condotta per una donna che si trova
davanti ad un rapporto imprevisto è quello di decidere di farsi
applicare, entro un massimo di 5 giorni dall’episodio, un
dispositivo uterino medicato(spirale), il quale oltre a dare una
sicurezza contraccettiva quasi totale, superiore in ogni caso al
99%, ha il vantaggio di risolvere drasticamente il problema
contraccettivo per un lungo periodo, vincendo la pigrizia della
donna, che spesso non consulta il ginecologo per mancanza di tempo o
di volontà e che invece, sotto la spinta di una paura più o meno
giustificata, provvede in maniera adeguata alla soluzione del
problema contraccettivo.
Basta che non esistano controindicazioni, quali possono essere stati
infiammatori acuti o mestruazioni molto dolorose.
La spirale inibisce l’annidamento di un ovulo eventualmente
fecondato nell’utero anche dopo una settimana dal rapporto
pericoloso, perché l’impianto avviene vari giorni dopo la
fecondazione.
Per la maggiore efficacia contraccettiva, per il più ampio tempo a
disposizione dopo il rapporto e, soprattutto, perché si risolve per
alcuni anni il problema contraccettivo, l’introduzione di una
spirale rappresenta senza dubbio la decisione più saggia ed
opportuna.
Anche se la spirale non sarà ben tollerata dalla donna, evenienza
rara, il dispositivo sarà rimosso dopo la mestruazione e si
provvederà in quell’occasione a prescrivere un contraccettivo più
adatto.
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Utilità del pap test
Uno dei più insidiosi nemici della donna è rappresentato dal cancro
dell’utero, ma si tratta di un nemico che, anche se subdolo e
micidiale, potrebbe essere sconfitto sempre e completamente dalla
donna.
Purtroppo non accade che raramente che a vincere sia la donna,
infatti molto spesso è il cancro a trionfare nella terribile
battaglia, nella quale una volta che esso ha acquistato un certo
vantaggio, lascia la paziente ed i medici che le si affiancano per
aiutarla senza alcuna speranza e costretti ad uno scontro il cui
esito è purtroppo scontato: la sofferenza prima e la morte poi,
ineluttabile.
Per vincere sempre la sua battaglia la donna possiede un sistema
semplicissimo, innocuo, indolore ed efficace costantemente:
sottoporsi una volta l’anno ad un prelievo vaginale per eseguire il
pap test, pochi secondi una spesa minima ed il cancro è sconfitto!
Se tutte le donne si sottoponessero a questa semplice indagine il
cancro dell’utero scomparirebbe dalla faccia della terra e
troverebbe posto soltanto nei libri di storia della medicina.
Il cancro dell’utero è un nemico subdolo, potremmo dire scorretto;
infatti prima di manifestarsi in maniera implacabile sta zitti
zitto, senza dar luogo ad alcun sintomo né fastidio per la donna, la
quale ignora di albergare dentro di sé un’insidia mortale.
In questa fase silente che a volte dura anche alcuni anni l’unico
metodo per rivelare la presenza del cancro è data dal pap test.
Svelato in questa fase pre clinica, prima cioè di essersi
manifestato con sintomi quali dolore, febbre, perdite di sangue,
dimagramento ecc., il cancro è sempre curabile nel 100% dei casi
tramite un intervento chirurgico che porta alla guarigione totale e
definitiva senza alcun pericolo di ricadute.
Se invece il carcinoma viene scoperto dal ginecologo a seguito di
una visita richiesta dalla donna per dei fastidi clinici, in genere
rappresentati da un’importante emorragia, allora la battaglia è già
persa in partenza, ancora prima di cominciare qualunque terapia, la
quale potrà rappresentare soltanto un palliativo.
Ribadita, crediamo, l’assoluta inutilità di sottoporsi
periodicamente a questa indagine, descriviamola brevemente: il pap
test prende il nome dal suo ideatore, il ginecologo di origine greca
Papanicolau e consiste nel prelevare dalla vagina e dal collo
dell’utero(portio) della donna un po’ di secrezione, servendosi di
una spatoletta di legno; tale manovra è naturalmente completamente
indolore. L’indagine può essere eseguita senza problemi, servendosi
di speciali spatole, anche nelle donne vergini.
Il secreto vaginale, una volta raccolto con la spatoletta, viene
strisciato su dei vetrini, quindi sottoposto ad una serie di
colorazioni e poi letto al microscopio.
Le cellule esaminate vengono inquadrate in 5 classi indicate con i
numeri da I a V.
La I classe è rappresentata da cellule normali.
La II classe da cellule con caratteri di infiammazione.
La III, IV e V classe sono costituite da cellule con aspetti di
anormalità sospette di degnazione neoplastica(tumorale).
Quando il pap test dà luogo come risultato ad una di queste ultime
classi è necessario procedere ad ulteriori accertamenti(biopsia
della portio, raschiamento diagnostico, colposcopia) per definire
con certezza la diagnosi.
Per quel che riguarda la frequenza con la quale bisogna sottoporsi
al pap test come regola generale tutte le donne dopo i 18 anni
dovrebbero sottoporsi a tale esame ogni 12 mesi; ciò è valido per
coloro i cui risultati siano la I o al massimo la II classe.
Sarà ad ogni modo il ginecologo a cui ci si rivolge per lo striscio
a consigliare, quando consegna il risultato, dopo quanto è opportuno
ripresentarsi per un nuovo esame.
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Terapia sostitutiva in
menopausa
L’aumentata longevità della popolazione ha fatto sì che oggi un
numero sempre crescente di donne viva molti decenni dopo gli anni
della vita feconda e tale circostanza riveste notevoli risvolti in
termini sociali, medici ed economici, per cui un accurato
trattamento della menopausa ed un’opportuna prevenzione di patologie
invalidanti come l’osteoporosi e l’arteriosclerosi è interesse sia
del singolo che della collettività.
Il climaterio è un momento delicato per le donne, poiché la
cessazione del flusso mestruale è vissuta da molte come menomazione
e perdita di ruolo nella società.
Possiamo affermare che con l’arrivo della menopausa la frequenza di
consultazione dal ginecologo deve aumentare, in contrasto con
l’abitudine di molte donne che ritengono chiuso il rapporto col
proprio medico con il cessare dell’età feconda.
I controlli da eseguire in menopausa sono numerosi e vanno da
particolari esami clinici a indagini strumentali e di laboratorio.
Tra gli esami di laboratorio, da eseguire una volta l’anno vi sono:
urine, azotemia, glicemia, colesterolo totale, HDL, LDL, creatinemia,
fosfatasi alcalina etc.
Consigliabile anche la ricerca del sangue occulto nelle feci, la
misurazione ogni 3 – 4 mesi della pressione arteriosa e, se si è in
sovrappeso, ogni tre anni, un test da carico con glucosio.
Nel corso della visita ginecologica, oltre al pap test, è opportuno
anche un esame colposcopio per la valutazione del collo uterino ed
un’ecografia pelvica per determinare lo spessore dell’endometrio.
Al seno va dedicata particolare attenzione con l’esecuzione ogni due
anni di una mammografia.
Per determinare la densità ossea e prevedere il rischio di frattura
da osteoporosi, per valutare la velocità della perdita ossea e per
monitorare i risultati di un trattamento specifico è utile eseguire
la mineralometria ossea (MOC) all’inizio della menopausa e poi una
volta l’anno, eseguendola sulla colonna vertebrale sotto i 65 anni e
sul femore sopra tale età.
Spesso la fine dei flussi mestruali si accompagna a fastidiosi
disturbi collaterali: vampate di calore, vertigini, palpitazioni,
nervosismo, secchezza vaginale e questi sintomi, se durano a lungo
richiedono un trattamento farmacologico.
Le vampate, conosciute anche come caldane, sono il disturbo più
frequente e consiste in un’improvvisa sensazione di caldo
localizzata nella parte superiore del corpo, specialmente al viso ed
al collo, seguita da una marcata sudorazione. Dura pochi minuti, ma
nell’arco della giornata si può manifestare più volte. Per alcune
donne è un disturbo passeggero che si risolve nell’arco di qualche
settimana, ma a volte dura anche per quattro cinque anni, alterando
la qualità della vita.
Per combattere questo disturbo sono utili alcune regole di
comportamento quali indossare indumenti in fibre naturali come il
cotone, che facilitano la traspirazione, vestirsi a strati in modo
da poter togliere facilmente un indumento in caso di vampata,
utilizzare poche spezie piccanti e limitare il consumo di bevande e
zuppe calde.
Il 50% delle donne in menopausa ha problemi all’apparato genito
urinario, provocati dalle modificazioni che avvengono a carico di
questi organi; in particolare, per quanto riguarda la vagina, il
calo degli estrogeni provoca un assottigliamento delle sue pareti,
che diventano meno elastiche e una riduzione delle sue secrezioni.
Questa situazione porta nel tempo ad una minore resistenza
all’aggressione di virus e batteri e quindi ad una maggiore facilità
alle infezioni. Sono inoltre più frequenti una forma di prurito
apparentemente inspiegabile, le irritazioni e la secchezza vaginale.
Oltre a creare uno stato di disagio, questi disturbi aumentano il
rischio durante i rapporti sessuali di dolore e fastidio.
Esiste poi la problematica ampiamente dibattuta di prolungare
all’infinito il ciclo mestruale con la speranza di allungare la
giovinezza. Naturalmente per evitare delusioni non bisogna farsi
soverchie illusioni.
Alcuni ginecologi consigliano di assumere la pillola a tempo
indeterminato, per permettere alla donna di continuare ad avere ogni
mese una parvenza di flusso mestruale e per conservare fresca la
mucosa vaginale e toniche le mammelle.
Se si decide di seguire questo indirizzo sono necessari dei
controlli medici periodici, sia clinici che di laboratorio.
Negli ultimi anni vi è la tendenza di adoperare al posto della
terapia sostitutiva con estrogeni un approccio più naturale, ma non
meno efficace ai sintomi della menopausa, utilizzando degli
integratori vegetali contenenti fitoestrogeni. La prima sostanza
entrata nella farmacopea è stata la soia per il suo ricco contenuto
di parti attive, seguita in tempi più recenti dal trifoglio rosso,
un vegetale contenente gli isoflavoni, più facilmente assimilabili e
più efficaci della soia ed inoltre anche altri componenti dotati di
effetti positivi sui vasi sanguigni, sul sistema vascolare e
sull’attività degli osteoblasti, le cellule responsabili della
costruzione del tessuto osseo, responsabili, quando inefficienti,
dell’instaurarsi dell’osteoporosi.
Numerosi studi hanno dimostrato i benefici del trifoglio rosso(Menoflavon)
assunto alla dose di una compressa al dì.
Per la secchezza vaginale, uno dei disturbi più fastidiosi della
menopausa, spesso associata a diminuzione del desiderio sessuale e
con il tempo a coito doloroso e disturbi urinari, se non è
sufficiente l’utilizzo di creme emollienti e lubrificanti, può
essere necessario l’uso di una crema vaginale(Colpogyn) contenente
ormoni, con un’applicazione per sei giorni al mese.
Per potenziare l’effetto della terapia sostitutiva è buona norma
affiancare ai farmaci una correzione dello stile di vita, dimagrendo
se si è in sovrappeso, smettere di fumare, seguire un’alimentazione
sana e praticare una regolare attività sportiva.
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Pillola del giorno dopo
La pillola del giorno dopo è un mezzo contraccettivo d’emergenza, il
quale, assunto entro 48 – 72 dal rapporto, permette di evitare una
gravidanza indesiderata, che potrebbe verificarsi in seguito ad un
coito non protetto o al fallimento di un metodo anticoncezionale, ad
esempio la rottura di un profilattico.
Non bisogna confondere i farmaci adoperati con questa finalità con
prodotti(RU486) usati per indurre l’aborto entro la 7° settimana di
gravidanza.
I prodotti in vendita in Italia, a base di un ormone progestinico,
il levonorgestrel, sono due: Norlevo (Angelini) e Levonelle (Schering),
dei quali vanno assunte due pillole, la prima il più presto
possibile e la seconda a distanza di 12 ore. In Italia, a differenza
di altre nazioni, è necessaria la prescrizione del medico,
circostanza che ha dato luogo a varie forme di ostruzionismo da
parte di sanitari, medici e farmacisti, che ritengono erroneamente
di poter essere obiettori.
L’ efficacia della pillola del giorno dopo è tanto più alta, quanto
minore è il tempo trascorso dal rapporto sessuale non protetto, è
massima (superiore al 95%) se assunta entro le 24 ore dal rapporto e
diminuisce fino ad annullarsi oltre le 72 ore di intervallo. In caso
di insuccesso non sono stati mai segnalati danni al feto, per cui si
può decidere liberamente se proseguire o meno la gravidanza.
Il farmaco agisce nel bloccare l’ovulazione o, se essa è già
avvenuta, creando modificazioni nell’endometrio(la mucosa che copre
le pareti interne dell’utero) tali da impedire l’impianto
dell’ovulo, eventualmente fecondato.
Agisce pertanto con un meccanismo misto, sia contraccettivo che
abortivo.
Qualora invece al momento dell' assunzione del farmaco la gravidanza
fosse già impiantata nell' utero, la pillola del giorno dopo non
sarebbe più efficace e non riuscirebbe ad interrompere la
gestazione. Tale circostanza potrebbe verificarsi o in caso di
assunzione troppo tardiva del farmaco o per un concepimento
derivante da un altro rapporto avvenuto in epoca antecedente.
Tenuto conto che è pressoché impossibile individuare con certezza
quando si verifica l'ovulazione, anche se essa, avviene in genere a
metà del ciclo, nel caso si voglia avere la massima probabilità di
evitare una gravidanza, può essere indicato il ricorso alla pillola
del giorno dopo un rapporto non protetto avvenuto in qualsiasi
momento.
Non vi sono controindicazioni all’uso del farmaco, purché si ricorra
ad esso occasionalmente. Non può essere assolutamente considerato un
mezzo contraccettivo.
I farmaci attualmente utilizzati, eccezionalmente possono comportare
effetti collaterali quali nausea, vomito, cefalea, tensione
mammaria, perdite ematiche.
La mestruazione successiva può comparire con leggero ritardo ed a
volte è leggermente più copiosa. Se comunque si verifica un ritardo
significativo (5-7 giorni), tenuto conto della efficacia non
assoluta, è consigliabile fare un test di gravidanza.
Qualora si volesse utilizzare in futuro la pillola contraccettiva,
l'uso di questa può essere iniziato con a partire dal primo giorno
della mestruazione successiva.
A nostro parere la migliore condotta per una donna che si trova
davanti ad un rapporto imprevisto è quello di decidere di farsi
applicare, entro un massimo di 5 giorni dall’episodio, un
dispositivo uterino medicato(spirale), il quale oltre a dare una
sicurezza contraccettiva quasi totale, superiore in ogni caso al
99%, ha il vantaggio di risolvere drasticamente il problema
contraccettivo per un lungo periodo, vincendo la pigrizia della
donna, che spesso non consulta il ginecologo per mancanza di tempo o
di volontà e che invece, sotto la spinta di una paura più o meno
giustificata, provvede in maniera adeguata alla soluzione del
problema contraccettivo.
Basta che non esistano controindicazioni, quali possono essere stati
infiammatori acuti o mestruazioni molto dolorose.
La spirale inibisce l’annidamento di un ovulo eventualmente
fecondato nell’utero anche dopo una settimana dal rapporto
pericoloso, perché l’impianto avviene vari giorni dopo la
fecondazione.
Per la maggiore efficacia contraccettiva, per il più ampio tempo a
disposizione dopo il rapporto e, soprattutto, perché si risolve per
alcuni anni il problema contraccettivo, l’introduzione di una
spirale rappresenta senza dubbio la decisione più saggia ed
opportuna.
Anche se la spirale non sarà ben tollerata dalla donna, evenienza
rara, il dispositivo sarà rimosso dopo la mestruazione e si
provvederà in quell’occasione a prescrivere un contraccettivo più
adatto.
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La piaghetta, cosa è, come si cura
La cervicite cronica erosiva(infiammazione di vecchia data del collo
dell’utero) è volgarmente conosciuta sotto il nome di piaghetta.
Ogni qual volta la donna è affetta da un riscaldamento vaginale
trascurato con bruciore, prurito e perdite bianco giallastre,
possono crearsi le condizioni favorevoli per il formarsi di una
piaghetta sul collo dell’utero, provocata dai germi patogeni per
lungo tempo presenti nell’ambiente vaginale.
La migliore profilassi(prevenzione) di questa patologia è perciò
costituita dal curare preventivamente ogni infezione vaginale, anche
minima, al suo primo apparire, seguendo l’opportuna terapia, che
soltanto il ginecologo può prescrivere dopo una visita ed
eventualmente uno “striscio”. Una volta instauratasi la piaghetta
diventa cronica e non risponde più ad alcuna terapia medica, come
candelette, lavande interne, antinfiammatori ecc. La
somministrazione di questi farmaci può soltanto mitigare per breve
tempo la noiosa sintomatologia costituita da perdite bianche e da
dolori al basso ventre accentuati durante i rapporti sessuali.
Una volta cronicizzata l’unica terapia risolutiva della piaghetta,
che dà luogo ad una guarigione completa, è rappresentata dalla
diatermocoagulazione, detta pure causticazione, cioè una terapia di
tipo fisico.
Prima di procedere alla causticazione è necessario eseguire un pap
test per accertarsi che si tratti di una forma benigna ed in alcuni
casi anche una coltura del secreto vaginale con antibiogramma, per
individuare e debellare preventivamente eventuali germi presenti in
vagina. Come pure è opportuno, attraverso la visita ginecologica,
escludere la presenza contemporanea di un’annessite, cioè di
un’infiammazione delle ovaie, che potrebbe essere riacutizzata dalla
causticazione.
Il piccolo intervento viene eseguito tranquillamente in ambiente
ambulatoriale e non richiede anestesia, perché il tessuto su cui si
agisce è privo di nervi conduttori del calore e del dolore. Al
massimo a qualche paziente particolarmente ansiosa può essere
opportuna un’endovena di tranquillante allo scopo di creare delle
condizioni di rilassamento, per evitare che interpretino come dolore
le normali manovre della visita e l’introduzione dello speculum.
La causticazione si esegue preferibilmente nei giorni successivi
alle mestruazioni per far sì che la completa cicatrizzazione avvenga
prima del successivo flusso.
Nei giorni successivi si avranno perdite abbondanti bianche e
brunastre e si potrà avere anche una piccola perdita di sangue dopo
10 – 15 giorni per la caduta dell’escara(crosticina che si forma sul
punto della guarigione).
Attraverso la diatermocoagulazione viene distrutta la parte ammalata
e si dà modo, dai margini della piccola ulcerazione che si viene a
costituire sul collo dell’utero, alla mucosa sana di svilupparsi e
di ricoprire la zona ammalata. Qualcosa di simile a quello che
accade sotto ai nostri occhi su una ferita o una scottatura su una
mano: la formazione di una crosticina, la sua caduta dopo alcuni
giorni e la completa guarigione.
Come terapia coadiuvante dopo la causticazione si introducono per 10
– 15 sere degli ovuli cicatrizzanti e disinfettanti(Vidermina) e
saranno altresì vietati per lo stesso periodo i rapporti sessuali.
Una visita di controllo è necessaria dopo circa 30 giorni per
accertarsi della completa guarigione; infatti rare volte, quando si
è in presenza di piaghe molto estese, è necessario eseguire
l’intervento in due tempi a distanza di un mese l’uno dall’altro.
La presenza di una piaghetta, oltre ai fastidi che arreca alla donna
ed al partner nei rapporti sessuali, è una condizione predisponente
all’instaurarsi del cancro del collo dell’utero, per cui è opportuna
sempre la terapia definitiva tramite la causticazione.
Una volta guarita, la donna osserverà la massima attenzione ad
eventuali nuove infezioni vaginali, che curerà prontamente, perché
la causticazione guarisce completamente la piaghetta, ma non
assicura l’immunità per il futuro, per cui, se non si fa attenzione,
ci si può riammalare.
Stranamente molte pazienti, anche dopo la diagnosi, non si
preoccupano di curarsi e ciò avviene per due motivi, di cui uno del
tutto singolare. Infatti è ancora colpevolmente diffusa la credenza
popolare che con la piaghetta non si rimanga gravide, per cui molte
donne credono di poterla adoperare come metodica contraccettiva.
Naturalmente questa convinzione è del tutto priva di fondamento,
perché l’unica cosa che questa patologia può arrecare alle donne è
il persistere di perdite bianche e gialle, maleodoranti e fastidiose
ed una maggiore predisposizione ad ammalarsi di cancro del collo
dell’utero.
Altre pazienti non si rivolgono invece al ginecologo per paura della
causticazione, ritenendo che si tratti di un intervento difficile e
doloroso, mentre la terapia avviene in pochi minuti e senza che la
donna avverta nessuna sintomatologia dolorosa, perché la parte
malata che si va a distruggere è completamente priva di fibre
dolorifiche.
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La pillola contraccettiva
La scoperta della pillola contraccettiva ad opera del dottor Pincus
va considerata una delle più importanti della storia dell’umanità,
perché ha liberato la donna dalla secolare schiavitù delle
gravidanze indesiderate ed ha limitato sensibilmente il ricorso
all’aborto volontario.
Dalle prime esperienze negli anni Cinquanta ad oggi la pillola ha
subito una notevole riduzione degli effetti collaterali(nausea,
fastidio al seno, aumento di peso) a volte presenti nel passato e
oggi quasi completamente scomparsi.
Le pillole più recenti sono assunte con una nuova tecnica di
somministrazione, che permette di diminuire la quota di farmaco ed
azzerare i disturbi collaterali.
Il rischio di gravidanze indesiderate durante l’uso della metodica è
vicino a 0 ed è legato principalmente ad errori di assunzione o ad
alcuni farmaci assunti contemporaneamente, che ne diminuiscono
l’efficacia.
Le pazienti che tendono a dimenticarla non sono adatte a questa
tecnica contraccettiva, perché basta saltare una sola pillola per
correre seri rischi di una gravidanza indesiderata, situazione che
può essere aggravata dalla circostanza che talune volte il ciclo si
presenta egualmente(falsa mestruazione).
Somministrazione – La tecnica di assunzione è ormai standardizzata:
si prescrive alla donna una pillola al giorno iniziando dal 1°
giorno di mestruazione e proseguendo per 21 giorni. Si inizierà il
successivo ciclo dopo una pausa di sette giorni, durante i quali
compaiono le mestruazioni e si continuerà nei mesi seguenti con le
stesse modalità. La sicurezza contraccettiva è certa già dalla prima
pillola assunta.
Bisogna consigliare alla donna di prendere la pillola la sera prima
di coricarsi, suggerendole di associare l’assunzione ad un gesto
consueto(lavarsi i denti, spogliarsi) ed invitando il partner, se
convivente, a collaborare nei primi tempi, affinchè non vi siano
dimenticanze. Nel caso di dimenticanza di una pillola alla sera, se
ne potranno prendere due il giorno successivo: una al mattino e una
alla sera; se viceversa la dimenticanza supera le 48 ore può
intervenire la mestruazione; altrimenti si consiglierà alla paziente
di continuare il trattamento per non interferire sulla regolarità
del ciclo, adottando però delle precauzioni, perché l’ovulazione può
lo stesso verificarsi.
Se la dimenticanza avviene nella seconda metà del ciclo il rischio
di gravidanza è minimo. Nei casi in cui alla sospensione non faccia
seguito entro qualche giorno la mestruazione è opportuno eseguire un
test di gravidanza, informare il ginecologo ed attendere il
ripristino del ciclo.
Interruzione periodica – Per lungo tempo si è pensato che la
somministrazione della pillola non potesse essere continua, ma
necessitasse di pause durante le quali l’organismo si “riposava”;
viceversa essa può essere assunta per periodi molto lunghi, ad ogni
modo è prudente un’interruzione ogni anno per un mese per accertarsi
del ripristino spontaneo del ciclo.
Effetti collaterali positivi e negativi – Sono molto ridotti e
possono dividersi in positivi e negativi.
Tra i primi sono da considerare:
1) Regolarizzazione del ciclo.
2) Scomparsa del dolore mestruale
3) Beneficio sull’acne e sulla peluria superflua.
Tra quelli negativi vanno segnalati:
1) Nausea e vomito compaiono di rado e spesso sono presenti soltanto
durante il primo mese di somministrazione.
2) Depressione, rara e solo in soggetti predisposti.
3) Modificazione della libido. Spesso effetto di suggestione.
4) Aumento del peso corporeo; è l’effetto collaterale più temuto
dalle donne, è dovuto alla maggiore imbibizione dei tessuti e
scompare con l’interruzione del trattamento. In alcune donne ci può
essere a volte invece diminuzione del peso, se si adoperano prodotti
a clima progestinico prevalente. Alle variazioni di peso a volte si
accompagnano modesti fenomeni di cellulite.
5) Perdite di sangue intermestruale, spesso sono imputabili ad una
non corretta assunzione del contraccettivo ad orari sempre diversi,
è facile farle scomparire aumentando il dosaggio della pillola.
6) Amenorrea post pillola; è una sindrome caratterizzata da
iperprolattinemia(aumento di un ormone nel sangue) e galattorrea(secrezione
lattea). Compare eccezionalmente e necessita di un’opportuna
terapia.
7) Turgore mammario, è frequente soprattutto nel primo ciclo e nelle
donne giovani, si accompagna a senso di lieve dolorabilità e modesto
aumento volumetrico, spesso ben accetto.
8) Cefalea, se compare è un sintomo da prendere in seria
considerazione, si impone l’interruzione del trattamento ed una
diagnosi esatta del disturbo
9) Pesantezza alle gambe, è frequente nelle donne predisposte,
affette da alterazioni venose (varici). In genere se sono presenti
grosse vene varicose è preferibile indirizzarsi verso i dispositivi
intrauterini.
Effetti sistemici
Sul fegato – Sconsigliato l’uso della pillola in soggetti che hanno
sofferto di recente di epatite virale o che presentano grossi
calcoli nella cistifellea.
Sul metabolismo degli zuccheri – Nelle donne diabetiche è
sconsigliabile l’uso della pillola ed una certa prudenza va adottata
nelle pazienti con antecedenti in più di un familiare di diabete.
Sulla pressione arteriosa – A volte il contraccettivo agisce come
rilevatore di una predisposizione all’ipertensione.
Sull’apparato cardiovascolare - Rappresenta il più temuto tra gli
effetti collaterali, oggi fortunatamente rarissimo con i dosaggi
molto bassi dei prodotti dell’ultima generazione. Bisogna prevenire
questa possibilità evitando l’associarsi dei fattori di rischio: età
vicina alla menopausa, fumo, ipercolesterolemia, diabete,
ipertensione.
Sulla coagulazione – Le pillole odierne non modificano in maniera
significativa i fattori della coagulazione, per cui le complicanze
tromboemboliche sono oggi praticamente scomparse.
Sul metabolismo dei grassi – Un aumento del colesterolo o dei
trigliceridi è molto raro, sono da controllare ogni anno le pazienti
fumatrici oltre i trentacinque anni.
Sugli occhi – Bisogna evitare l’uso degli estro progestinici in
pazienti con pregresse trombosi retiniche e nelle donne affette da
miopia di forte entità.
Sull’apparato uditivo – Se compare una sordità improvvisa, evenienza
rarissima, il farmaco è da interrompere immediatamente.
Sulla pelle – Relativamente frequente nei mesi estivi e nelle
pazienti che si espongono al sole eccessivamente è la comparsa di
una pigmentazione scura della pelle. Nelle pazienti predisposte,
oltre all’adozione di creme solari a schermo totale, è
consigliabile, se possibile, eseguire l’interruzione annuale di un
mese durante l’estate.
Bisogna poi sfatare la paura, assolutamente ingiustificata, che la
pillola possa favorire l’insorgenza del cancro, anzi le donne che
praticano la contraccezione ormonale, per i controlli clinici e di
laboratorio a cui sono sottoposte periodicamente, sono in grado di
diagnosticare eventuali patologie neoplastiche a carico
dell’apparato genitale e delle mammelle con grande anticipo e quindi
con possibilità di terapie risolutive.
Interazione con altri farmaci – La somministrazione contemporanea di
alcuni farmaci può ridurre la sicurezza contraccettiva. Un prodotto
in grado di annullare l’effetto della pillola è la rifampicina(Rifadin),
un antibiotico spesso adoperato nelle infezioni urinarie. Anche
alcuni anticonvulsionanti ed analgesici sono in grado di ridurre
l’effetto anticoncezionale. Il segnale che può mettere in allarme la
donna è la comparsa di perdite intermestruali durante l’assunzione
di un medicinale.
Riepilogando possiamo stabilire:
Controindicazioni assolute – Antecedenti trombo embolici, epatopatie
gravi, cardiopatie trombogene, neoplasie maligne, diabete,
nefropatie gravi, iperlipidemie, epilessia
Controindicazioni transitorie – Gravidanza, allattamento, interventi
chirurgici programmati, emorragie genitali da diagnosticare.
Controindicazioni relative – Obesità, gravi varicosità agli arti
inferiori, forti fumatrici, distrofie ovariche e mammarie, fibromi
uterini, tendenza a dimenticare la pillola, avversione psicologica.
Controlli periodici – La sorveglianza della paziente comincia con la
prescrizione, prima della quale, oltre all’anamnesi(raccolta di
notizie) è necessario eseguire una visita ginecologica, integrata
dalla palpazione delle mammelle, dalla citologia vaginale(pap test)
e dalla misurazione della pressione arteriosa. Utile è una ecografia
pelvica ed il dosaggio della glicemia, dei trigliceridi, del
colesterolo e delle transaminasi.
Dopo tre mesi è opportuna, per valutare gli eventuali effetti
collaterali, una visita di controllo durante la quale misurare peso
e pressione. In seguito sono sufficienti dei controlli annuali,
durante i quali si ripeterà il pap test ed alcune analisi di
laboratorio.
L’abbandono della metodica nelle donne ben seguite è molto basso per
cui si deve concludere che la pillola oggi deve essere considerata
il mezzo contraccettivo più fisiologico e sicuro(assieme alla
spirale) e, scomparsi quasi del tutto gli effetti collaterali
negativi, si avvicina sempre più al contraccettivo ideale.
Grazie ad essa è stato fortemente ridimensionato il ricorso
all’aborto e le gravidanze indesiderate.
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Diagnostica
in senologia
Per tutte le donne sotto i 40 anni di età, che non presentano alcuna
sintomatologia, è sufficiente eseguire con cadenza annuale la visita
clinica, integrata da un esame ecografico delle mammelle, effettuato
con sonde speciali adatte all’esplorazione di questo organo.
Di scarsa utilità affiancare una termografia o una diafanoscopia,
esami complementari, che a volte forniscono un ausilio diagnostico,
ma che non devono mai essere adoperati da soli nei programmi di
screening, perché forniscono un elevato numero di falsi negativi e
di falsi positivi, cioè patologia non evidenziata oppure
diagnosticata erroneamente e non confermata da altre indagini
strumentali più accurate.
Se attraverso l’esame clinico o gli esami strumentali viene
evidenziata o sospettata qualche patologia, è necessario passare ad
esami più approfonditi che sono costituiti dalla mammografia ed in
alcuni casi dall’ago aspirazione della lesione mammaria.
Il discorso è diverso nelle donne oltre i 40 anni d’età per le quali
i protocolli preventivi dell’Organizzazione mondiale per la Sanità e
delle più importanti Società mediche internazionali per la lotta al
cancro della mammella prevedono, oltre all’esame clinico effettuato
dal senologo, anche l’esecuzione annuale di una mammografia, che
costituisce l’unico accertamento in grado di diagnosticare cancri
molto piccoli, del diametro di pochi millimetri, in fase preclinica,
cioè quando non solo non danno luogo ad alcuna sintomatologia per la
donna, ma sfuggono per le loro minuscole dimensioni anche al più
accurato esame clinico eseguito da un medico esperto in senologia.
Il medico di famiglia ed il ginecologo non dovranno mai stancarsi
dallo sfatare nella donna l’ingiustificata paura dei “raggi”.
Con le moderne attrezzature mammografiche infatti la dose di
radiazioni assorbite durante l’esecuzione di una mammografia
equivale all’esposizione di tre giorni al sole di Roccaraso o di
Madonna di Campiglio, mentre i vantaggi in termini di diagnosi
precoce sono di gran lunga superiori.
Purtroppo a Napoli ed in Campania non esistono ancora seri programmi
di prevenzione del cancro della mammella, basati sull’esecuzione di
indagini mammografiche effettuate su grosse fette di popolazione
femminile ed è perciò auspicabile che l’opinione pubblica delle
donne, sensibilizzata dai medici sull’importanza di questi screening
periodici, solleciti le forze politiche affinchè tali programmi di
prevenzione vengano previsti ed attivati al più presto dagli
ambulatori degli ospedali.
Un cancro diagnosticato precocemente assicura alla donna la
sopravvivenza alla malattia nella quasi totalità dei casi attraverso
l’esecuzione di interventi non demolitivi come la vecchia
mastectomia radicale, che procurava alla donna gravi mutilazioni
fisiche, estetiche, funzionali e psicologiche. Oggi quando si giunge
alla diagnosi precoce è possibile attraverso la quadrantectomia
eliminare soltanto il cancro ed una piccola zona di tessuto
contiguo, consentendo alle donne di conservare la mammella colpita
dalla malattia.
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Nuove
terapia della frigidità
Il problema della frigidità femminile rappresenta il problema
sessuologico di più frequente consultazione dal ginecologo.
Spesso la donna, più che una frigidità assoluta , lamenta una scarsa
sensibilità erotica ed una difficoltà al raggiungimento
dell’orgasmo.
Nel 50% dei casi la donna non vi riesce per colpa dell’uomo, il
quale eiacula troppo in fretta prima che la donna si sia
“riscaldata” a sufficienza.
Per ovviare al problema dell’eiaculazione precoce, che affligge
moltissimi uomini, in particolare i più giovani, può essere
consigliata l’applicazione sul glande 5 minuti prima del rapporto
sessuale di una pomata anestetica(Luan), la quale rallenta per un
certo tempo la sensibilità, per cui l’uomo e la donna, che hanno
tempi di reazione diversi, possono raggiungere l’orgasmo
contemporaneamente.
Un’altra possibilità da valutare è costituita all’assunzione di
alcuni psicofarmaci che vanno singolarmente prescritti dallo
specialista.
In donne vicino alla menopausa si sono avuti risultati incoraggianti
con l’assunzione quotidiana per lunghi periodi del Viagra, ma la
letteratura sull’argomento è ancora controversa.
Quando invece l’origine della frigidità non è dovuta alla breve
durata del rapporto, si possono ottenere dei grossi risultati
attraverso dei semplici esercizi sessuali, che la donna, una volta
istruita, eseguirà a casa per alcuni mesi.
Solo di recente si è scoperta la notevole importanza che riveste,
nell’attivazione dell’orgasmo, un muscolo che circonda le pareri
vaginali: il pubo coccigeo. Questo muscolo si stende dal pube al
coccige ed ha il compito di sostenere il pavimento pelvico con gli
organi contenuti, impedendone l’abbassamento.
Il pubo coccigeo è innervato dal nervo genitale, l quale percepisce
gli stimoli a partenza clitoridea, dalle piccole labbra,
dall’introito vaginale e dall’ano, inviando segnali ai centri
nervosi superiori. Nello stesso tempo il nervo genitale trasmette
segnali dal cervello al muscolo pubo coccigeo, inducendo quella
serie di ritmiche contrazioni che si associano alle manifestazioni
più comuni di orgasmo femminile.
Attraverso un particolare strumento diagnostico: il vaginometro di
della Ragione, si può misurare il tono muscolare del pubo coccigeo
ed insegnare, con opportuni segnali, alla donna come contrarlo più
energicamente.
In seguito vengono insegnati degli esercizi sessuali di contrazione
e rilasciamento vaginale da eseguire con l’ausilio di un particolare
tutore rigido di lattice: il Femtone, il quale va introdotto nella
vagina della donna e serve per esercitarsi nella contrazione e nel
rilasciamento del pubo coccigeo.
I risultati che si ottengono dopo 1 – 2 mesi di terapia sono ottimi
nel 90% dei casi ed ogni donna, anche se non affetta da frigidità,
può attraverso questi esercizi aumentare notevolmente la sua
risposta orgasmica ed il suo erotismo.
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Altri lavori dello
stesso autore
1) Moderne metodiche per provocare l’aborto – Edizioni Florio
2) Parliamone col ginecologo – Ed. Dick Pearson
3) Su un nuovo metodo di sterilizzazione tubarica reversibile – Ed.
Monduzzi
4) Miglioramenti tecnici nell’esecuzione dell’I. V. G. – Ed.
Monduzzi
5) Incidenza di immunizzazione nei confronti del fattire Rh nel post
abortum a seconda dell’epoca gestazionale valutata mediante il test
di Kleihauer Betke Braun – Ed. Cofese
6) Interruzione volontaria della gravidanza tramite una associazione
originale di prostaglandine ed ossitocici – Ed. cofese
7) Studio multicentrico sulle metodiche farmacologiche per provocare
l’I.V.G. – Ed. Cofese
8) Un nuovo approccio diagnostico e terapeutico al problema della
frigidità femminile – Ed. Cofese
9) La frigidità e la verginità nella donna – Edizioni Biocontrol
Press
10)Atlante di semeiotica fisica mammaria(In corso di pubblicazione)
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