Se non esistesse la felicità la vita non sarebbe degna di essere
vissuta, anzi forse non esisterebbe affatto, almeno quella
dell’uomo, che pare sia l’unico essere in grado di provarla, a
differenza del dolore, che affligge tutti i viventi.
Alla base esiste una differenza biologica fondamentale: gli animali
posseggono come noi fibre nervose specializzate e zone cerebrali
adibite a percepire la sofferenza fisica, mentre solo gli uomini
hanno un complesso sistema di mediatori chimici, imperniato
principalmente sulle endorfine e raffinate ramificazioni neurotiche
in grado di elaborare la complessa sensazione della felicità.
Da millenni poeti e scrittori ne hanno parlato, filosofi e fondatori
di religioni hanno cercato e consigliato il modo per raggiungerla,
migliaia di aforismi hanno tentato di definirla, ma l’essenza della
felicità continua a sfuggire, soprattutto a quelli che non sono
riusciti mai ad assaporarla pienamente.
In gran parte il destino decide la quantità di felicità che ci
spetta, infatti per goderne dobbiamo possedere un adeguato corredo
genetico, che ci predisponga, con delicati equilibri tra recettori
centrali e vettori periferici, ad una soddisfacente fruizione. Una
parte secondaria rivestono poi l’ambiente, le relazioni sociali, gli
incontri, soprattutto con l’altro sesso, le abitudini di vita,
l’età, lo stato di salute.
Essere sani e possibilmente giovani, anzi sono condizioni
imprescindibili per essere felici.
Credere in Dio, avere molti amici, allegri e sorridenti, non porsi
grandi traguardi, difficili da raggiungere, avere abbastanza denaro,
ma non troppo, sono altri ingredienti utili per raggiungere lo
scopo.
Drasticamente ridimensionati dalle indagini scientifiche e
psicologiche sono i miti della società occidentale: potere,
ricchezza, successo non sono la ricetta giusta.
Recenti ricerche hanno identificato un’area precisa del cervello
deputata alle emozioni piacevoli localizzata nel lobo frontale
dell’emisfero sinistro ed un neurotrasmettitore specializzato: la
dopamina.
Anche un medico della mutua attento può constatare nei suoi
pazienti affetti da ictus, che quelli colpiti nell’emisfero sinistro
vanno incontro a disturbi di tipo depressivo, mentre gli altri
spesso sono colpiti da uno stato perenne di euforia del tutto
ingiustificata. Esperimenti eseguiti con la Pet, una moderna tecnica
in grado di valutare i flussi sanguigni, hanno dimostrato che i
soggetti esaminati in situazioni di allegria sono interessati da un
aumentato afflusso di sangue verso il lobo frontale sinistro, mentre
quando si prova tristezza e depressione è interessata la zona
omologa di destra, come pure alcuni studi eseguiti sui monaci
tibetani, mentre praticano la meditazione trascendentale, hanno
dimostrato un iperafflusso verso il lobo frontale sinistro, in
coincidenza con le loro dichiarazioni di essere felici.
Una società profondamente materialista come la nostra cerca delle
scorciatoie per raggiungere i suoi scopi ed una dimostrazione
lampante è l’aumento vertiginoso della frequentazione da parte degli
studenti delle cattedre, appositamente create in molte università
americane, per insegnare a raggiungere la felicità.
I consigli principali che vengono elargiti dagli esperti sono di
praticare una costante attività fisica, che sembra aumenti la
concentrazione nel sangue dei mediatori chimici responsabili di
stati emotivi gradevoli e cercare di pensare positivo: ritornare
ogni sera con la mente a tre situazioni piacevoli pare faccia
miracoli.
Naturalmente in attesa che la farmacologia trovi la soluzione del
problema con una pilloletta e possiamo essere certi che quando verrà
messa in commercio le farmacie saranno prese d’assalto.
Achille della Ragione
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