E’
di pochi giorni fa la notizia, riportata da autorevoli giornali stranieri
quali lo “Herald Tribune” ed il “Frankfurter Allgemain”, che Napoli
nell’immaginario popolare sta perentoriamente cessando di essere
considerata soltanto “pizza e mandolino” per configurarsi più
correttamente come un’antica e nobile capitale illuministica delle scienze
filosofiche e delle arti, la quale poco alla volta riemerge da un
ultradecennale sopore per assurgere ad un ruolo, che più le compete, di
città pilota del sud dell’Europa.
Napoli, città di antica
cultura e salde tradizioni , in equilibrio instabile tra un glorioso passato
e l’anelito a trasformarsi in una metropoli moderna capace di amalgamare
con sapienza “Ieri oggi e domani” potrebbe lanciarsi in un’ardita
ipotesi di sviluppo, che le spetta di diritto, non tanto per il suo
patrimonio storico-artistico e per le sue proverbiali doti umane di saggezza
e tolleranza,ma soprattutto per il suo tesoro più ambito quanto
misconosciuto:la gran massa di giovani, la più grande concentrazione di
energia vitale del mondo occidentale, una spettacolare risorsa fino ad oggi
umiliata ed ampiamente sottoutilizzata.
Le più recenti proiezioni statistiche disegnano fra meno di vent’anni una
variazione demografica fra le due sponde del Mediterraneo quanto meno
inquietante. E’ previsto infatti che la popolazione di pertinenza europea
(Spagna, Francia, Italia, Grecia ecc.) aumenterà di circa nove milioni,
mentre le nazioni nord-africane vedranno lievitare i propri abitanti di
oltre centocinquanta milioni di unità. Tenendo conto che il leggero
incremento numerico che si produrrà tra i paesi latini sarà del tutto
virtuale, perché provocato in larga misura da fenomeni immigratori
extra-comunitari che andranno a compensare
la nostra denatalità sempre più grave anno dopo anno, le
preoccupazioni che la situazione possa esplodere sono più che legittime.
Bisognerà riuscire a governare una situazione francamente ingovernabile. La
soluzione di una problematica di così impellente gravità rappresenta una
sfida per la prossima generazione, ma molti provvedimenti devono essere
attuati subito, anche se è gia tardi. Tra questi fondamentale la
creazione di un importante centro decisionale europeo politico-finanziario
situato nel baricentro del Mediterraneo, in grado di indirizzare
correttamente consistenti flussi monetari, tali da far lievitare in loco
occasioni di lavoro e di sviluppo economico per le popolazioni
nord-africane, allo scopo di arginare ondate migratorie di dimensioni
bibliche che finirebbero per stravolgere e travolgere la nostra stessa
civiltà.
Queste improcrastinabili decisioni, come trapela sempre più tra i membri
dell’Europarlamento stanno per essere prese, anzi si sta allestendo un
programma di vasto respiro che preveda di identificare una città pilota in
grado di assumersi il ruolo, non solo simbolico, ma principalmente operativo
di capitale del Mediterraneo. Si vocifera sempre più insistentemente che la
scelta dovrebbe privilegiare Barcellona, una città che negli ultimi anni ha
avviato un prodigioso sviluppo urbanistico. Per Napoli, antica capitale, si
tratterebbe di una nuova beffa e di una grande occasione perduta in un
momento drammatico per la città, decapitata dei suoi pochi centri
decisionali, uno dopo l’altro, in ultimo, perdita gravissima, del Banco di
Napoli, colonizzato da una banca del nord.
E Napoli avrebbe tutti i titoli, geografici, storici ed antropologici per
candidarsi a capitale del Mediterraneo, solo che volesse credere in questo
ruolo, sorretta, impresa improba, dall’opinione pubblica e dai suoi figli
migliori, gli intellettuali, che dovrebbero battagliare, al di là della
propria fede politica, affinché questo sogno possa realizzarsi. Sotto il
profilo geografico si può immaginare una grande città collocata in un
baricentro più strategico di quello partenopeo, con un porto attrezzato,
pur con notevoli margini di sviluppo, ed un entroterra ben collegato ad una
efficiente rete autostradale?
La nostra storia è tra le più gloriose, anche se poco nota, ma l’aspetto
peculiare più pregnante della nostra civiltà è costituito dalla
tolleranza che oggi che oggi ci fa costruire a Ponticelli una grande moschea
e che ci ha permesso nel corso di duemila e cinquecento anni di fagocitare
tutti gli invasori venuti da Oriente e da Occidente e di recepire, in un
mirabile crogiuolo, da ognuno i lati positivi, respingendo quando possibile
i negativi. Così dai Greci abbiamo ereditato, oltre alla finezza del
ragionamento ed all’amore per la conversazione, quella capacità di
arrangiarsi che distingue il napoletano, ed inoltre una non sopita
attrazione paganeggiante verso il mondo dei morti e dei riti esoterici,
tanto da far convivere senza problemi nelle catacombe di San Gennaro un
enorme fallo, simbolo della fertilità, al Cristo risorto.
Dagli Spagnoli, oltre alla camorra con le sue immutate regole, giunta tra
noi nel XVI secolo, abbiamo
trasfuso nel nostro codice genetico l’amore per il sangue e per la barocca
gestualità, il fuoco della follia e la profondità dello sguardo. E tanto
abbiamo ereditato a volte senza accorgercene da egiziani e Normanni, da
Angioini ed Austriaci. Nello stesso tempo il nostro spirito libertario ha
impedito a potentissimi imperi di dettarci leggi e costumi in disaccordo col
nostro carattere, così i Romani non riuscirono ad imporci la loro lingua e
gli Spagnoli, caso unico al mondo, fallirono, nonostante un ripetuto
impegno, nel tentativo di introdurre presso di noi l’odiosa Inquisizione.
Napoli capitale del Mediterraneo è un sogno malizioso, ma non proibito, la
cui realizzazione è in gran parte nelle nostre mani se una volta tanto
intellighenzia e politici, sindacalisti e mass-media facessero fronte comune
per assicurare alla città una risorsa prodigiosa che vale, oltre al
prestigio, migliaia di posti di lavoro di cui tutti noi abbiamo assoluta
necessità.
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