Il prototipo del nudo femminile
sdraiato viene generalmente fatto risalire al Giorgione, anche se
già nel I secolo d.C. viene realizzata, da un ignoto artista romano,
una Venere marina circondata da due amorini su di una parete
del peristilio in una casa patrizia di Pompei. Purtroppo una
rovinosa eruzione cancellerà dalla memoria degli uomini per circa
duemila anni la splendida dea dell’amore ed il suo giovane corpo
nudo e ne vieterà la visione. Quando sarà diseppelita gli artisti
avranno di nuovo creato quell’immagine poderosa in grado di scuotere
il torpore e di accendere la fantasia e da allora non si sono più
fermati.
fig.00 Ignoto artista romano Venere marina I secolo d.C. Pompei Casa
di Venere
Il Cinquecento inaugura la
spettacolare serie delle Veneri nude con la più sensuale e
misteriosa delle creazioni del Giorgione, la Venere
dormiente (fig 1) il
quale, nel 1509, ci fa dono dell’ immagine immortale di una placida
fanciulla che sogna e ci fa sognare. Il quadro, conservato nella
Gemaldegalerie di Dresda, ci mostra la novella dea, dalle forme
tornite ed appetibili, immersa in un ampio e tranquillo paesaggio,
con il corpo ignudo spavaldamente esposto, ad eccezione del pube,
dove poggia guardingo il palmo della mano.
fig.01 Giorgione Venere dormiente 1510 circa Dresda Gemaldegalerie
fig.02 Albrecht Durer ninfa della fonte 1525 Vienna
Kunsthistorisches museum
Il volto sereno, senza ombra di
turbamento, irradia una serafica beatitudine, mentre la ragazza è
teneramente abbandonata nel sonno e si identifica con la placida
calma della natura circostante, ma sembra felice di poter essere
contemplata, orgogliosa del suo seno sapientemente offerto, grazie
al braccio poggiato con astuzia dietro la testa, che amplifica ed
innalza i carnosi pomi dorati con le deliziose ciliegine.
Alla Venere del Giorgione fa eco la
Venere (fig 4) del Tiziano, tra i capolavori
dell’artista, realizzata nel 1538 e conservata a Firenze nella
Galleria degli Uffizi.
fig.03 Michelangelo La notte part. Tomba di Giuliano de Medici
1526-34 Firenze cappella medici
fig.03 bis Michelangelo Buonarroti Leda e il cigno 1529 circa Londra
National Gallery
Uno splendore di carni sanamente nude
ed un anelito a fissare per l’eternità un archetipo di bellezza
fisica femminile, in un periodo storico impregnato di un simbolismo
neoplatonico, che affonda le sue radici in una rilettura ficiniana
della mitologia. Non più l’ideale divinizzato del Botticelli, che,
succube dei deliranti sermoni del Savonarola, ritiene che la
bellezza risplenda tanto più luminosamente quanto più si avvicina
alla bellezza divina, bensì l’esaltazione di una donna vera, libera
ed appagata, resa con colori vividi, ambrati. Una dorata e morbida
beatitudine, folgorata da improvvise accensioni di luce e penetranti
bagliori, che il malizioso pennello del pittore imprime nella tela
con felicità. Lo sguardo languido sembra invitare lo spettatore a
godere, con la vista e la più sfrenata fantasia del giovane corpo,
nel quale due piccoli seni rifulgono come due boccioli di rosa,
impalpabili ed esposti con orgoglio all’ammirazione. Il triangolo
acuto che va dai capezzoli alla base del collo della Venere di
Giorgione diviene equilatero in Tiziano, quasi a dischiudere
l’armonia sonnolenta della fanciulla, che intende trasmettere la
sensazione dell’attesa, se non addirittura dell’eccitazione
sessuale.
fig.04 Tiziano Venere di Urbino 1537 - 38 Firenze Uffizi
fig.05 Jean Cousin Eva prima Pandora 1550 circa Parigi Louvre
Numerosi altri artisti si cimentano
sul soggetto e tra questi lo stesso Michelangelo che imprime nel
marmo e sulla tela (fig 3 - 3 bis ) una placida donna dalle forme
tornite e mascoline nella tomba per Giuliano de’ Medici ed una
peccaminosa fanciulla alle prese con il pressante quanto morboso
desiderio di un cigno dall’interminabile collo che protrude vigoroso
tra i seni.
fig.06 Joseph Heintz Venere ingioiellata dormiente 1590 - 1600
Vienna Kunsthistoriches
Nella Venere addormentata (fig
6), eseguita nell’ultimo decennio del secolo e conservata al
Kunsthistoriches museum di Vienna, Joseph Heintz ci offre la
perfezione di un corpo nudo, in apparente abbandono, dalla
carnagione levigata e dall’abbagliante biancore, sapientemente
esaltato dal giallo dell’oro e dalle perle intrecciate in un
ricercato e preziosissimo gioiello, che sottolinea, con insidiosa
insistenza, la provocante nudità esibita con malcelato
compiacimento. Dal dipinto trasuda un erotismo gelido, estremamente
studiato, che rammenta le tele di Baldung Grien. Un ornamento
originale è lo spinther, un pesante bracciale posto sopra un
fazzoletto, mentre avvolgente e completamente adiacente è l’altro
preziosissimo gioiello, che accarezza dolcemente senza sfiorarlo il
seno della fanciulla, certamente la favorita di un ricco signore.
fig.07 Paris Bordon Venere e amore 1550 circaVenezia Cá d'Oro
fig.08 Orazio Gentileschi Danae 1622 - 23 Cleveland museum of art
fig.09 Artemisia Gentileschi Sonno 1620 - 25 circa Virginia museo di
belle arti
I seni, preziosi più dei gioielli che
cercano di imbrigliarli, sono così teneri e graziosi e si innalzano
audaci come cuspidi, da emettere un canto melodioso; infatti ogni
seno, quando è così delicato come quello della Venere assopita,
possiede una particolare vibrazione musicale ed il suono, delizioso,
possiede sempre una diversa nota culminante.
Nel Seicento
sul tema del nudo sdraiato sono all’opera giganti del calibro di
Rubens e Rembrandt.
fig.010 Peter Paul rubens Angelica con l'eremita 1626 - 28 Vienna
Kunsthistorisches
fig.011 Rembrandt Danae 1636 San Pietroburgo Ermitage
Il primo,
nella sensuale Angelica e l’eremita (fig 10), prende
ispirazione da un episodio dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto,
nel quale si racconta che di Angelica s’innamorò un vecchio eremita,
profondo conoscitore di pozioni e stregonerie, il quale, alla vista
del corpo da schianto della fanciulla mollemente adagiata su un
morbido cuscino, decise seduta stante di approfittare delle sue arti
magiche e trasportò Angelica su di un’isola deserta. L’opera di
piccole dimensioni è in stridente contrasto con le grandi tele di un
tempo, animate da un senso di monumentalità nelle scene e di
pimpante turgore nelle anatomie femminili, mentre nel tenero idillio
tra l’eremita ed Angelica vi è ora il gusto per la finezza della
pennellata e l’intimità del tono narrativo.
fig.012 Pacecco De Rosa Venere dormiente scoperta da un satiro 1645
circa Napoli museo di San Martino.
Il secondo nel
1636 realizza Danae (fig 11), oggi all’Ermitage, prendendo
spunto dal celebre dipinto di Tiziano, di cui una replica autografa
si trova anch’essa nel museo russo. Le radiografie hanno dimostrato
che la moglie Saskia prestò il suo corpo per il dipinto, anche se
l’artista dopo la sua morte cambiò il volto.
Il riferimento
mitologico è certo anche se vi è qualche differenza iconografica,
essendo assente la pioggia di monete e di polvere di oro attraverso
la quale Giove vuole ingraziarsi Danae, chiusa dal padre in una
torre di bronzo e tante ne versa fino a quando non riesce a
possederla. La composizione è uno dei rari esempi di
rappresentazione di una donna nuda nella pittura olandese, vincolata
da una rigorosa morale calvinista e la stessa imperatrice Caterina
II, che fu proprietaria della tela, non la teneva in mostra nel suo
palazzo, perché turbata da una nudità così sconvolgente per la
sofferta carica di umanità della donna, accentuata da una luce calda
e da una pennellata carica di materia. Saskia, la diletta moglie
scomparsa non ancora trentenne, fu per lunghi anni la sua modella e
Rembrandt era solito ritrarla con un sorriso malizioso o con una
dolce espressione rassicurante o nelle vesti sontuose di ricca dama.
In questa tela viceversa l’artista ce la offre nella sua pura
nudità, esente da ogni ipocrisia o artificiosità, con un impasto di
colori armonioso e caldo e con felici toni di luce, che sembrano
amorevolmente accarezzare il corpo amato della donna dalle linee
morbide e flessuose. I seni piccoli ma graziosi, dalla carnagione
delicata e tersa hanno rappresentato per l’artista il porto sicuro
dove soffermarsi durante le burrasche della vita. La malattia della
moglie incombe minacciosa e l’artista vede quei seni in pericolo e
quindi si affretta a fissarli nell’eternità della tela, per poter
tornare sempre a contemplarli e ricordare il tempo trascorso con
essi, quando poteva giocare con quei delicati boccioli e sentirsi
completamente ristorato come se avesse a lungo bevuto un’acqua
diafana, appagato dopo aver conosciuto il più arcano segreto della
felicità.
fig.013 Francisco Velazquez Maya desnuda 1803 circa Madrid Prado
fig.014 Luca Giordano Venere dormiente e satiro 1663 Napoli museo
Capodimonte
La sensuale Venere allo specchio
(fig 13), realizzata dal Velazquez intorno al 1650 e per
un periodo a Napoli nella collezione del marchese del Carpio, oggi
conservata alla National Gallery di Londra, ci permette idealmente
di collegarci, con un sottile filo erotico, agli illustri precedenti
delle Veneri di Giorgione e di Tiziano, dipinte nel Cinquecento, e
di giungere fino alla Maya Desnuda (fig 20) di Goya ed alla
Olympia(fig 28) di Manet, che hanno visto la luce in
pieno Ottocento.
fig.015 Sebastiano Ricci Venere e due putti 1710 circa Vienna
mercato antiquariale
fig.016 Francois Boucher - Giovane ragazza sdraiata 1752 - Monaco
Alte Pinakoteck
Nella tela dello spagnolo la
fanciulla appare di spalle, mentre ne intravediamo confusamente il
volto e solo di riflesso nello specchio. Le sue forme sinuose e
sfuggenti sono di una modernità sconvolgente e rappresentano il
porto sicuro verso cui tutti gli uomini (nel senso di maschi
naturalmente) anelano di fermarsi e riposare per sempre. Le Veneri
nate dal pennello di Giorgione e di Tiziano evidenziano una donna
rinascimentale, ipercolesterolemica, dalle linee tornite e dalle
forme opulente, l’una dormiente, l’altra ben sveglia, che sanno
mettersi in posa con malcelata malizia e mostrare senza reticenze il
proprio corpo, ad eccezione del pube, glabro, pudicamente e
parzialmente ricoperto da una mano svogliata, calata ad aumentare il
mistero ed il desiderio.
Alla Maya del Goya presta il suo
corpo stupendo la duchessa D’Alba, proprietaria all’epoca della
Venere del Velazquez, che trasferisce in tal modo la sua straripante
bellezza dalla caducità della giovinezza nell’immortalità della
tela, mentre l’Olimpia del Manet ritrae a mo’ di prostituta la
modella Victorine, una provocazione che al Salon del 1865, diede
luogo a clamori e scandalo, a tal punto da indurre gli organizzatori
a collocare il quadro ad un’altezza dalla quale scoraggiava a un
tempo i furori degli ombrelli e gli sguardi dei benpensanti.
Tutte queste sfolgoranti immagini di
donne nude, che si offrono audacemente allo sguardo, trasferite
dalle riservate stanze dei collezionisti committenti alle pubbliche
sale dei musei, hanno negli anni accumulato un enorme potenziale
erotico inconscio e sono state vittima dell’ira bacchettona dei
singoli e delle istituzioni: la Venere allo specchio fu infatti
aggredita a colpi d’ascia nel 1914 da una suffragetta, femminista
ante litteram, che le cronache ci descrivono tanto racchia quanto
infuriata ed i cui fendenti scriteriati provocarono un delicato
restauro fatto durare dalla amministrazione del museo oltre
cinquant’anni, mentre la Maya desnuda, trasformata dalle poste
spagnole in francobollo, assieme alla collega vestita, fu per anni
respinta al mittente se spedita negli Stati Uniti, le cui autorità
erano certe di preservare in tal modo la morale dei cittadini di
quella grande nazione, ritenuta da sempre faro di libera
circolazione di idee e democrazia.
In questa
veloce carrellata è presente con numerosi esempi anche il
Settecento, il quale, dominato dal Rocaille e dal Rococò a
differenza del Seicento, secolo delle passioni e del dramma, è
nell’Arte ricerca di grazia languida e di raffinatezze formali, di
vaporose elegie e di frivoli sentimenti, di evasione dal grigiore
della realtà e di fuga nel mondo ideale della mitologia, ma
soprattutto di capricciosa gioia di vivere. L’iconografia muta
radicalmente e vanno di moda le figure affascinanti e gentili della
mitologia. In serie vengono riprodotte Venere, Diana e ninfe varie
che, nel pennello degli artisti settecenteschi, diventano pretesto
per un’esaltazione della bellezza. Qualche critico bacchettone
definì divinità da boudoir queste icone di una femminilità
adolescente ed acerba, empie di sottile erotismo e di sfacciata
provocazione.
fig.017 Jean Honore Fragonard Gimblette 1768 Parigi coll Cailleux
fig.018 Antonio Canova Venere con fauno 1792 circa Possagno
gipsoteca
I nudi nati
dal pennello degli artisti del secolo dei lumi sono giocosi,
sorridenti, senza pensieri, sia che siano veneziani che parigini,
come dimostrano le tele di Boucher e di Fragonard (fig
16 – 17) nelle quali il peccaminoso si mostra senza tentennamenti
all’occhio dell’osservatore.
fig.019 Johann Heinrich Fussli donna nuda con fanciulla che suona il
piano 1799 Basilea Kunstsammlung
fig.020 Francisco Goya - La Maya desnuda 1803 circa Madrid Prado
Ottocento
Durante
l’Ottocento al tema del nudo sdraiato si dedicano pittori affermati
come Renoir e Courbet, Ingres e Gauguin, perfino il severo Van Gogh
per un attimo trascura fiori e contadini per immortalare le
appetibili grazie di una fanciulla di colore (fig 35). Al loro
fianco una miriade di specialisti tra i quali si distinguono per
impegno ed impeto rappresentativo i pompiers, eroici pittori che
attizzano il fuoco delle passioni. Tra questi artisti mostriamo
esempi di Delaroche, Cabanel, Debat Ponsan e Comerre (fig 25 – 27 –
38 – 42).
Francesco Hayez,
fotografo… di corte dell’aristocrazia ambrosiana ed abile regista di
melodrammi privi di forza ideologica, raggiunse spesso la perfezione
formale, anche se si limitò il più delle volte a mettere in costume
dei manichini. Ripetitivi e privi di vita i suoi quadri di storia,
l’artista si espresse a più alti livelli nella ritrattistica, una
tematica che seppe esprimere con raffinata modulazione cromatica e
chiaroscurale, dando corpo a figure romantiche e inquiete. Ancora
più affascinanti sono le sue figure femminili, sensuali e
peccaminose, che trasmettono malinconia e turbamento. Imprevedibile
capolavoro è la Maddalena
penitente (fig 21),
eseguito nel 1825 e conservato nella Galleria d’Arte Moderna a
Milano, dove una santa dalle languide forme terrestri è placidamente
adagiata su un lenzuolo di un virgineo biancore con alle spalle un
panorama costituito da montagne scoscese ed invalicabili. Questa
eterea bellezza mediterranea dal volto sensuale ed accattivante e
dal fisico scultoreo che più che alla riflessione invita a sani
propositi bellicosi, sembra guardarci con indifferenza. Il suo
sguardo è trasognato, incurante degli affanni terreni e con gli
occhi che, pur fissando lo spettatore, sembrano proiettati fuori dal
tempo e dallo spazio. Dal dipinto promana una dolcezza celestiale,
serena, rassicurante che ci fa comprendere con quanta calma la santa
abbia compiuto la sua scelta, sicura della bontà della sua
decisione, illuminata dalla fede che tutto trascende, placando e
spegnendo tutti i sentimenti ed i desideri ed esaltando la calma
serafica, la serenità dell’animo, la certezza di una scelta
adamantina. Il suo incarnato emana una luce radiosa e possiamo
essere certi che se potessimo conquistarlo non andremmo all’inferno,
ma direttamente in paradiso.
fig.021 Francesco Hayez Maddalena 1825 Milano Galleria d'arte
moderna
Eugéne
Delacroix fu artista dalla
personalità complessa, attento alle tematiche sociali ed attratto
dal fascino dell’esotismo e del vicino Oriente, che seppe rievocare
con calda sensualità e con una tavolozza memore della lezione di
Rubens e dei Veneziani.
fig-022 Eugene Delacroix Donna che carezza un pappagallo 1827 Parigi
Louvre
Jean
Auguste Dominique Ingres,
fu pittore neoclassico o meglio classicista, grande ritrattista, ma
soprattutto cantore della bellezza femminile, che fissò sulla tela
in pose sensuali, solennemente e dolcemente nude, con un soffio
d’Oriente, che in quegli anni, siamo nella prima metà
dell’Ottocento, cominciava a fecondare gli schemi estetici
occidentali. Egli con Delacroix dominò a lungo la vita artistica
francese. Furono definiti dai fratelli Goncourt “I due gridi di
guerra dell’arte”. Ingres fu alfiere del neo classicismo, Delacroix
capofila del romanticismo.
Ingres è stato definito da taluni
critici campione dell’accademismo, non fu tuttavia un artista
accademico nel senso deteriore del termine, essendo lontano da
qualsiasi forma artistica del suo tempo, isolato nella tenace
ricerca degli ideali di bellezza classica, che egli sapeva
magistralmente cogliere ed interpretare.
I costumi adamitici… dei suoi
venerati greci, fonte primigenia della sua ispirazione, proseguivano
imperterriti nel mondo islamico, cui stava rivolgendosi con
curiosità l’attenzione dei romantici, suggestionata dai mirabolanti
racconti dei privilegiati che avevano potuto ammirare le donne nude
nel plus beau bain de Costantinople, ed egli ce ne fornisce
un esempio calzante nell’Odalisca con la schiava (fig 23) nel
quale ci rappresenta il culmine della voluttà in quel corpo nudo
teneramente adagiato, che sembra desiderare unicamente di essere
prima a lungo contemplato e poi finalmente conquistato.
fig.023 Jean Auguste Dominique Ingres Odalisca con la schiava 1839
Cambridge (Massachusetts) Fogg art museum
fig.024 Jean Baptiste Corot La Marietta -1843 Parigi museo de Petit
Palais
Alexandre Cabanel,
artista accademico francese, dai modi pittorici virtuosi e dalle
immagini stereotipate, ma pervase da un pathos sensuale, dipinse nel
1863 la Nascita di Venere (fig 27), un’opera che
intendeva coniugare la sensualità di Boucher con la perfezione
formale di Ingres. La tela fu acquistata da Napoleone III e ciò gli
valse grande notorietà e numerose altre committenze.
fig.025 Paul Delaroche Fanciulla in una fontana 1845 Besancon musee
des Beaux arts
fig.026 Louse Antoine Riesener La baccante Erigone gioca con la
pantera 1855 Parigi Louvre
fig.027 Alexandre Cabanel Nascita di Venere 1863 Parigi museo d'Orsay.
Venere è raffigurata con un incarnato
dal candore abbagliante e in una posa voluttuosa, che dimostra
l’insaziabile ardore del suo desiderio. La dea di sfolgorante
bellezza era, come a tutti noto, un’antica divinità italica garante
della fecondazione dei fiori, che fu assimilata dai Romani
all’Afrodite dei Greci e nella nuova veste favoriva lo sbocciare
della sensualità e gli amori illegittimi. La sua nascita,
poeticamente raffigurata da Cabanel tra la spuma delle onde,
sarebbe scaturita dal sangue versato nel mare da Urano, mutilato da
Cronos con l’aiuto della madre Gaia, che gli procurò il falcetto
fatale per la virilità paterna.
Offerta ai voraci occhi
dell’osservatore, con i seni turgidi dal desiderio, questa
incontrastata dea della bellezza, circondata da una corte di
servizievoli amorini si bea, languida e mellifluamente distesa,
delle carezze del vento e del mare e sembra sorpresa dello scandalo
che suscitò la sua esposizione al Salon, dove lo stesso Gauguin
esclamò: ”Questa Venere è assolutamente indecente, odiosamente
lubrica”.
fig,028 Edouard Manet Olympia 1863 Parigi museo D'Orsay
Gustave Courbet
è una delle figure di
spicco nel panorama figurativo francese dell’Ottocento. Pioniere del
Realismo, una corrente che si opponeva al convenzionalismo
dell’Accademia che trionfava al Salon, contribuì con la sua
arte innovativa a spianare la strada all’Impressionismo.
Il suo quadro
più dirompente: l’Origine del mondo, suscitò le ire dei
benpensanti, scandalizzati nel vedere realisticamente rappresentato
il loro oscuro oggetto del desiderio, attraverso il quale erano
venuti al mondo.
Nel Sonno
(fig 29) egli tratta un tema altrettanto scabroso non solo ai suoi
tempi: il lesbismo, accostando audacemente due superbi corpi nudi,
che, anche quando dormono, si cercano disperatamente. L’artista
diede alla sua creazione il nome di Pigrizia e lussuria,
mutato pudicamente dai successivi proprietari del dipinto, tra i
quali l’ambasciatore turco Khalil Bey, che lo conservava coperto da
una tenda, mostrandolo solo agli ospiti più importanti.
fig.029 Gustave Courbet Il sonno 1866 Parigi Petit Palais
fig.030 Alphonse Lecadre Il risveglio 1870 Londra Whitford and
Hughes Gallery
Al filone orientalista ed esotico si
iscrisse convinto anche Mariano Fortuny, artista catalano
caliente e vero mago della tavolozza in grado, con una cromia calda
e luccicante, di evocare mondi lontani difficili da raggiungere
nella realtà, ma a portata di mano della fantasia. Nell’Odalisca
(fig 31) del museo Nazionale di Catalogna a Barcellona, giocando sul
contrasto tra il biancore del corpo nudo della fanciulla e la figura
scura dell’arabo che, defilato in un angolo, suona malinconicamente
un liuto, rievoca un’atmosfera di traboccante erotismo e di fascino
misterioso. La giovane donna, mollemente adagiata su di un letto
spazioso con lenzuola ricamate e variopinte coperte, scimmiotta
immortali prototipi della storia dell’arte, dalla Venere di Tiziano
alla Maja desnuda di Goya, fino all’Olimpia di Manet, senza
raggiungerne la preziosità materica, ma il suo seno statuario
gareggia alla pari con le celebri rivali ed è talmente turgido ed
eccitante da far rischiare all’incauto osservatore un orgasmo
visivo.
fig.031 Mariano Fortuny Odalisca 1870 circa Barcellona museo di
Catalogna
fig032 Vito D'Ancona Odalisca1870 circa Milano Galleria d'arte
moderna
fig.033 Puvis de Chavannes la Speranza 1872 Parigi museo d'Orsay
Henri
Gervex, pittore accademico
francese, è artista poco noto, ma in grado di realizzare un grande
capolavoro: Rolla (fig 36), realizzato nel 1878 e conservato
al museo di Bordeaux, una scena drammatica intrisa di erotismo e
sensualità. E’ il momento che i pittori specialisti del nudo
femminile entrano in rotta di collisione con la fotografia, in grado
di fissare l’attimo fuggente, in concorrenza a sua volta con la
nascente cinematografia, che si serve di eccitanti scenografie ed
abili sceneggiature per descrivere intrighi e passioni, amanti
appassionati e mariti traditi, donne fatali e audaci ninfette, tutte
alle prese col demone del sesso e del desiderio sfrenato.
fig.034 Jean Baptiste Guillaumin Donna nuda sdraiata 1877 Parigi
museo d'Orsa
fig.035 Vincent Van Gogh Nudo sdraiato 1877 Wassenar collezione van
Deventer
fig.036 Henri Gervex Rolla 1878 Bordeaux museo di Belle Arti
Nel dipinto di Gervex, un trionfo di
colori smaglianti, che contrastano con le lenzuola bianchissime e
l’incarnato madreperlaceo della candida giovinetta dai seni acerbi,
in pochi attimi si consumano sesso e tragedia, ispirati al celebre
poemetto pubblicato nel 1833 da Alfred de Musset, che prende nome
dal protagonista maschile: Rolla, il quale, come ben si evince
dalla tela, da poco ha placato le novelle brame sessuali della
fanciulla. Egli è un giovane rotto a tutti i vizi, scriteriato eroe
della lussuria, aduso ai più raffinati piaceri della carne. In tre
anni ha dissipato un ingente patrimonio e con l’ultimo denaro,
inseguito dai creditori, si paga un notte di piacere con Maria, una
ragazza quindicenne, ancora vergine ed ingenua, spinta alla
prostituzione dalla matrigna. Al mattino Rolla è infinitamente
triste davanti alla miseria della sua vita ed incredulo davanti alla
beltà di un fiore appena reciso. Confessa alla ragazza di volerla
fare finita e Maria gli offre per dissuaderlo una preziosa collana
d’oro di famiglia che gli permetterebbe di saldare i debiti.
Purtroppo il veleno sta già facendo il suo corso, una bugia
rassicura la fanciulla che si riaddormenta in una languida
posizione, pronta ad un rinnovato amplesso ed il giovane si
allontana per andare incontro al fatale ed ultimo appuntamento con
la morte.
fig.037 Laurence Alma Tadema Nel tepidarum 1881 Port Sunlight Lever
art Gallery
fig.038 Eduard Debat Ponsan Massaggio in un harem 1883 Tolosa museo
degli Agostiniani
fig.039 Francesco Netti Odalisca 1884 - 86 Bari collezione privata.
Henrie de Toulouse Lautrec
cominciò a disegnare da bambino come distrazione alle lunghe
giornate trascorse a letto per le precarie condizioni di salute,
aggravate da due rovinose cadute, che gli bloccarono lo sviluppo
degli arti inferiori. Trasferitasi la sua famiglia a Parigi, ebbe
occasione di conoscere i pittori impressionisti e di approfondire le
opere di Degas e Van Gogh, dalle quali rimase letteralmente
affascinato. Sentendosi rifiutato a causa delle sue deformità
fisiche, frequentava esclusivamente gli ambienti di Montmartre: sale
da ballo, teatri e caffè concerto, che diventano gli scenari dei
suoi dipinti più famosi, assieme al mondo dello spettacolo con i
suoi lustrini raffigurati con colori vivaci. Collabora inoltre come
disegnatore a giornali umoristici, per i quali utilizza nuove
tecniche di incisione, disegnando vignette e manifesti. Questa sua
attività suscita scalpore ed interesse per le notevoli innovazioni
stilistiche derivate dal suo interesse per le stampe giapponesi.
fig.040 Arnold Bocklin Mare calmo 1887 Berna Kunstmuseum
fig.041Federigo Zandomeneghi Nudo all'aperto 1890 circa Ass
sacerdoti Piceni
Nella prima metà degli anni Novanta
l’artista si dedica a descrivere nei suoi dipinti la vita che si
svolge nelle maison closes, le celebri case di tolleranza
parigine, in una delle quali, tra le più lussuose ed esclusive, dal
’93 si trasferisce a vivere, intrecciando una breve relazione con
una delle ragazze.
fig.042 Leon Comerre Pioggia d'oro 1890 circa Parigi Petit Palais
fig.043 Paul Gauguin Manau Tupapau 1892 New York collezione Goodyear
Alcune sue opere sono dedicate al
lesbismo, come il dipinto Due amiche (fig 44), realizzato nel
1895 e conservato a Zurigo nella collezione Buhrle, nel quale la più
audace spoglia con lo sguardo la compagna remissiva, il cui seno
floscio e molliccio non è certo da Guiness dei primati. Nelle case
di tolleranza il lesbismo veniva condannato, ma tollerato ed era
abbastanza diffuso tra le ragazze, le quali, dopo tanti uomini, la
sera cercavano una compagnia femminile. A partire dal 1881 alcuni
tra i locali più raffinati di Parigi, frequentati da ricchi
borghesi, cominciarono a permettere l’ingresso anche a coppie di
donne e l’evento fu visto come una ufficializzazione dell’amore
saffico.
fig.044 Toulouse Lautrec Amicizia 1895 Zurigo collezione Buhrle
Paul Gauguin,
dopo aver conosciuto Van Gogh ed aver vissuto ad Arles, si
trasferisce a Parigi, dove la sua fama cresce giorno dopo giorno. Ma
la potente sirena del mondo primitivo rappresenta per l’artista un
richiamo al quale non sa resistere e nel 1891 parte per Tahiti, dove
rimane affascinato da una natura incontaminata e da una vita
semplice ed autentica. Recepisce i colori ed i profumi del posto e
li trasferisce nella sua tavolozza. Dovrà tornare a Parigi, ma vi
resisterà soltanto due anni. Nel 1895 è di nuovo a Tahiti che sarà
la sua patria fino alla morte.
Alcune sue pitture sono intrise di
filosofia e simbolismi, che però non riescono a frenare la sua
libertà espressiva ed il suo amore per la pennellata calda e
sensuale, come in Manau Tupapau (fig 43) nel quale la ragazza
raffigurata ci attira irresistibilmente con la forza del suo
posteriore da sogno ed è bella quanto il fuoco del sole che brilla
nell’oro della sua epidermide creola, mentre i misteri dell’amore
dormono quieti nella notte dei suoi capelli. La sua pelle vellutata
risplende in una gamma di tonalità, un’evocazione lirica della
natura mediterranea della quale Gauguin, invecchiando, si era
perdutamente innamorato.
fig.045 Giacomo Grosso Fanciulla nuda sdraiata 1896 Torino Galleria
di arte moderna
fig.046 Lovis Corinth Nudo sdraiatointorno 1900 Brema Galleria
d'Arte
Novecento
Il Novecento vede numerosi artisti,
inclusi tutti i maggiori, alle prese con l’iconografia del nudo
sdraiato, un tema vissuto da taluni come un’ossessione.
Il primo ad esprimersi sul crinale del
secolo è Oscar Kokoschka,
il quale con la sua produzione costituirà il germe della nuova
ondata neo espressionistica e sarà punto di riferimento per tutti
gli artisti della transavanguardia, che percepiranno la sua ombra
inquietante. I suoi ritratti dai colori funerei esprimono malessere
e sofferenza interiore e nel primo decennio del Novecento imprimono
un nuovo corso all’arte viennese, dominata fino ad allora dalla
lezione di Klimt.
fig.047 Oscar Kokoschka Nudo inclinato intorno 1900 Germania
collezione Krefeld
La sua Donna distesa (fig 47),
eseguita nel 1900, fu dipinta avendo a modello una bambola a
grandezza naturale, costruita su precise indicazioni dell’autore in
modo che somigliasse il più possibile ad una donna. Kokoschka fu
ossessionato a lungo da questa opera, per la quale approntò
molteplici disegni preparatori e riuscì a trasferire all’inconsueta
modella la compattezza, la plasticità e lo scintillio delle forme
sode che trasmettono la loro insensibilità allo scorrere del tempo,
moltiplicandone il fascino misterioso.
Ben più eccitante fu la modella che
posò nello splendore della sua giovanile nudità per
Giovanni Boldini,
ferrarese, ma attivo a Parigi, il quale fu per oltre sessanta anni
il fedele interprete, ora beffardo ora indulgente, di una società
frivola e raffinata, che nelle sue opere sembra ancora vivere per la
freschezza e la straordinaria verosimiglianza dei suoi ritratti e
ci appare spensierata, volubile e felice. La bellezza femminile fu
per l’artista lo spunto per esprimere la sua ineguagliata capacità
di sciolta e briosa penetrazione psicologica, con cui fissa il
fascino delle sue dame avvolte in sete fruscianti, simbolo di un
mondo vacuo ma scintillante di vita.
fig.048 Giovanni Boldini La marchesa Casati nuda con le calze scure
1905 Roma collezione privata
Boldini produsse una quantità
impressionante di effigi indimenticabili, che decretarono il suo
successo internazionale quale ritrattista della moderna nevrosi
femminile del Novecento, della quale fu sottile indagatore,
immortalando come nessun altro artista l’immaginario erotico
femminile contemporaneo.
Donna nuda dalle calze scure
(fig 48), di collezione privata romana, eseguito nel 1905, ci
raffigura, sdraiata su un divano, una fanciulla dalle linee sinuose
e scattanti e lo sguardo penetrante da consumata maliarda, che
sembra compiacersi di essere ammirata in quella posa flessuosa di
completa accondiscendenza. Il dipinto è realizzato con un taglio
fotografico che lo rende modernissimo e nella ragazza possiamo
riconoscere la marchesa Casati, immortalata dall’artista in celebri
tele ove è elegantemente vestita e qui, giovanissima, in versione
nature. Il volto felino e le dita affusolate
dalle unghie affilate, pronte a graffiare, fanno trapelare il
carattere combattivo della ragazza. I suoi sono i seni della furia:
delicati, fragili, appuntiti, pronti a scattare, ma disponibili alla
resa e chi saprà vincere la loro irruenza sarà lautamente premiato;
potrà lisciare, vellutare, lucidare i seni più blandi, più morbidi,
più mansueti e libare con ampie boccate al calumet della pace dei
suoi capezzoli rosso rubino.
Henri Matisse
per tutta la prima metà del Novecento domina con Picasso la scena
artistica mondiale, divenendo il fiero testimone della luce e del
colore e l’indiscusso cantore della felicità. Egli inizialmente
tende a dare ordine all’esplosione del fauvisme esaltandone
al massimo il cromatismo, ottenuto spesso attraverso il sapiente uso
di colori complementari. Quindi la tavolozza si scioglie e, liquida
e trasparente, dilaga per la tela. La sua cultura artistica, ampia e
variegata, spaziò dai primitivi italiani alle stampe giapponesi,
dalle icone bizantine all’arte musulmana.
fig.049 Henrie Matisse Blue nude 1907 museo di Balimora
La sua Donna blu, (fig 49) uno
dei capolavori della pittura del Novecento, pur nella immobilità
della sua posa tortuosa, esprime vita e ritmo, gioia di vivere ed
energia ed è rigorosamente scandita sul tono dominante
dell’azzurro, incarnando l’essenza universale del dinamismo e della
quiete. La grande novità del dipinto risiede nella forza del colore,
e nell’aver accentuato, fino all’enfasi, la spasmodica tensione del
corpo, che sprigiona un’incredibile energia vitale.
Pierre Auguste Renoir
è tra i più grandi artisti di tutti i tempi che farà sognare ad
occhi aperti generazioni di osservatori incantati dalle sue
realizzazioni, che trasmettono felicità ed ottimismo. I suoi grandi
nudi femminili somigliano a ritratti di dee pagane dalle forme
straripanti ed opulente. Egli sa leggere nell’animo delle donne che
trasferisce sulla tela con i loro languori, i loro dolci capricci,
la loro inquietante sensualità.
fig.050 Auguste Renoir Nudo lungo 1907 Parigi museo d'Orsay
Negli ultimi anni della sua vita una
grave forma di artrite immobilizzerà Renoir quasi del tutto, ma egli
continuerà ad amare la vita e dipingerà fino alla fine, addirittura
facendosi legare i pennelli alle dita oramai paralizzate o
limitandosi a guidare le mani di un suo assistente nell’esecuzione
delle opere. La vista di una fanciulla, giovane e soda, sembrava
resuscitarlo. La moglie con pazienza e rassegnazione raccontava che
egli sceglieva le domestiche in base alla loro pelle, che doveva
assorbire bene la luce e negli ultimi anni, vecchio ed esausto,
bastava la vista di un corpo nudo per dargli energia e fargli
prendere di nuovo con rinnovata lena il pennello per immortalarlo
sulla tela, come avvenuto per la placida signorina(fig 50) ritratta
senza veli e conservata al museo d’Orsay.
Gustav Klimt,
pittore austriaco, è il protagonista della Secessione austriaca,
movimento che si proponeva la creazione di uno stile avulso dall’accademismo,
coinvolgendo architetti e pittori. Vienna era in quegli anni una
delle capitali del mondo, dove vivevano musicisti come Mahler e
Schonberg, scrittori del livello di Musil ed intellettuali della
tempra di Freud e Wittegenstein. Nell’aria si respirava la fine di
un mondo, l’Impero austro ungarico, che aveva dominato a lungo e la
coscienza di questa futura ed imminente apocalisse era il carattere
distintivo della cultura decadentista di fine secolo. Klimt con una
precisione di disegno ed un’esecuzione sbalorditiva, derivata da una
rivisitazione della grande tradizione rinascimentale, ci fornisce
della Danae (fig 51) una rilettura impregnata da una calda
sensualità e da un cromatismo acceso, imbevuto di colori preziosi e
di fantastici ghirigori. Un rivoluzionario messaggio dell’artista,
che nella estenuante ricerca di ritmi decorativi e di colori
smaglianti, ha precorso la formazione delle correnti astrattiste.
fig.051 Gustav Klimt Danae 1907 - 08 Salisburgo Galerie Welz
fig.052 Felix Vallotton Sonno 1908 Ginevra museo d'Art e d'Historie
Henri Rousseau
non ebbe alcun successo in vita e solamente dopo la morte fu
riconosciuto il suo genio innovativo e divenne un punto di
riferimento importante per i contemporanei: i simbolisti riconobbero
nella sua produzione la rappresentazione del valore quasi religioso
della pittura in relazione alla musica, Picasso e Gauguin rimasero
affascinati dal suo ritorno alle origini, mentre i surrealisti
apprezzarono i processi di liberazione dell’inconscio. Il Sogno (fig 53), realizzato
nel 1910 e conservato al Metropolitan di New York, è l’ultimo dei
suoi grandi dipinti aventi per soggetto la giungla ed in esso il
Rousseau riversa un sentimento spontaneo di struggimento verso il
mondo naturale. Il quadro presenta una giovane donna nuda, che
sembra dominare con le sue splendide curve l’ambiente circostante.
La lettura psicoanalitica dell’opera ha indotto alcuni studiosi ad
identificare nella figura della donna la volontà dell’artista di
rappresentare la propria parte femminile nella duplice essenza
ferina ed angelica, noi, viceversa, siamo più propensi a vedere
nello splendido corpo della fanciulla al cospetto del leone, re
della foresta, la vittoria della bellezza sulle altre forze della
natura. La donna addormentata sul canapè sogna di essere trasportata
nella foresta, al suono ammaliante dello strumento dell’incantatore.
La signora, mollemente adagiata risalta col suo incarnato sul
fogliame fitto ingentilito da grossi fiori ed agili rampicanti; una
posa da salotto borghese trasferita in una foresta primordiale, un
sogno, naturalmente, nel quale tutto è possibile ed impossibile allo
stesso tempo, un universo onirico reso credibile attraverso l’uso di
forme e colori primari. Il risultato è una scena nella quale tutto è
semplice e immediato, ma nello stesso tempo misterioso ed ambiguo,
intorno una fauna esotica, rischiarata dai raggi di una luna piena
che fa capolino sulle fantasie e le ansie dei nostri tempi agitati.
fig.053 Henri Rousseau Sogno 1910 New York Museo di arte moderna
fig.054 William Glackens Nudo con mele 1910 New York Brooklyn museum
of art
Ernst Ludwig Kirchner,
pittore tedesco attivo nei primi tumultuosi decenni del Novecento,
si distinse tra gli espressionisti per la plastica essenzialità
delle sue immagini e rappresentò la tragedia della solitudine umana
entro il drammatico dinamismo del mondo contemporaneo.La sua
passione fu il nudo femminile, spesso la solitudine squallida delle
cortigiane. Come molti artisti contemporanei tedeschi fu toccato
dalla tragedia del nazismo, che ordinò la distruzione di gran parte
della sua produzione. Il suo Nudo allo specchio (fig
55), è dominato da colori vivacissimi posti sulla tela con una
stesura piatta analoga a quella dei fauves francesi, mentre è
paradigmatico lo sguardo indagatore dell’artista nei riguardi
dell’universo femminile, che rappresentò, non solo per lui, ma anche
per i suoi colleghi del gruppo denominato il Ponte, la polarità
fondamentale di quel rapporto che simboleggia la legge dell’Eros,
motore dell’intera dinamica cosmica. La figura della fanciulla è
folgorata da un lampo di luce di un candore insuperabile, che
affascina e non si può più dimenticare, una rapsodia dolcissima
nella cui armonia è dilettevole perdersi.
fig.055 Ernst Ludwig Kirchner Nudo con specchio 1910 Berlino museo
Brucke
fig.056 Raoul Dufy l'Indà Parigi Intorno al 1910 Galleria Louis
Carrà
fig.057 Ignacio Zuloaga y Zalabeta Irene 1910 Roma Galleria d'arte
moderna
Eduard Munch,
norvegese, anticipa l’Espressionismo in Germania e nell’Europa del
Nord, è pittore esoterico dell’amore, della gelosia, della morte e
della tristezza. Nella sua produzione sono rintracciabili molti
elementi della cultura nordica contemporanea, dai drammi di Ibsen e
Strindberg, all’esistenzialismo di Kierkegaard, fino ai primi saggi
di psicanalisi di Freud. Introduce nei suoi sofferti dipinti i
grandi temi dell’Espressionismo, dalla crisi dei valori all’angoscia
esistenziale, dalla solitudine al timore della morte. Il suo
universo simbolico è popolato da immagini fosche e da pensieri
angosciosi, solitudine e malinconia, alienazione e diffidenza,
incomunicabilità e torbide passioni, un vero inferno sulla terra nel
quale l’uomo è costretto a vivere. Nei suoi quadri vi è
costantemente inquietudine ed incubo. La sua arte fu giudicata dal
regime nazista degenerata e fu espulsa dai musei tedeschi. La sua Donna distesa (fig 60)
non guarda l’osservatore ed è il segno tangibile del suo rapporto
con l’altro sesso difficile e viziato da preconcetti, che
influenzarono la sua vita e la sua arte. Egli infatti credeva che
ogni donna fosse eternamente alla ricerca di un uomo come innamorato
o come marito ed avesse potenti “muscoli da schiaccianoci” tra le
cosce, dove intravedeva un severo pericolo, non certamente la porta
del paradiso.
fig.058 Otto Muller Due ragazze nella natura intorno 1910 Monaco
Collezione nazionale
fig.059 Mikhail Larionov The Katsap venus 1912 museo di Novgorod
fig.060 Edvard Munch Donna nuda distesa 1912 - 13 Londra collezione
privata
Amedeo Modigliani
incarna nell’immaginario popolare il mito dell’artista maledetto,
dalla vita sregolata, dedito all’alcool, alle donne ed alla droga e
questa fama è stata dilatata da libri e film di grande successo.
L’artista dipinse numerose donne dal volto minuto, il collo
abnormemente lungo e gli occhi a mandorla, che hanno reso la sua
pittura inconfondibile. Lo sguardo è perso nel vuoto, a rimarcare il
triste destino dell’uomo, costretto alla solitudine e ad una
malinconia senza scampo come nel Nudo disteso (61), uno dei
suoi capolavori più famosi.
La sua personale del 1917 suscitò
grande scandalo per la presenza di tanti corpi di donne con lo
sguardo insolente che fissavano l’osservatore ed il commissariato di
polizia dovette intervenire, minacciando di sequestrare i dipinti
più spinti, tra i quali vi era anche quello di cui stiamo parlando,
nel quale la modella, distesa su un letto coperto da una stoffa
variopinta, allunga il braccio sinistro sopra la testa per meglio
esporre la meraviglia di un appena accennato in perfetta sintonia
con un addome piatto mollemente allungato. Le sottili variazioni
cromatiche, ricche di una luce intensa e calda, mettono in risalto
la calma seraficache sembra dormire tranquilla, conscia
dell’eccitazione provocata nello spettatore dalle sue splendide
forme.
Modigliani adoperava numerose
modelle, a volte anche prostitute o ragazze di facili costumi, che
si offrivano, per pochi spiccioli, a posare di giorno e quasi sempre
a concludere la prestazione con una notte di follie. La modella del
dipinto possiede una carica di sensualità spontanea ed estremamente
coinvolgente, ostenta le sue forme in una posa quanto mai esplicita,
carica di un erotismo dirompente ed istintivo. Tutta la composizione
sembra fremere di una calda sensualità mentre un pizzico di
pruriginoso erotismo è fornito anche dai cespugli naturali, dal cavo
ascellare, pregno di afrori e ferormoni invitanti, al monte di
Venere, che richiama a viva voce gli intrighi di una inesplorata
foresta tropicale.
fig.061 Amedeo Modigliani Nudo sdraito con le braccia dietro la
testa 1916 Zurigo Stiftumg Sammlung
Tamara Gorska, in arte de Lempicka, dal cognome del primo marito,
pittrice polacca, fu una donna famosa per la sua vita mondana,
oltre che per la sua abilità di pittrice. Fu conosciuta per la sua
eccentricità portata agli estremi e per il mirabile connubio di
bellezza e perversione.
Durante la rivoluzione d’ottobre si
trasferì col marito a Parigi dove visse una vita ribelle e
dispendiosa, tra lussi e legami affettivi disinibiti sia maschili
che femminili. Amò l’uso di colori brillanti e ritrasse personaggi
dell’alta società in ambienti lussuosi e tra questi lei stessa in un
celebre autoritratto, che fece da copertina alla più diffusa rivista
tedesca, mentre è al volante di un’automobile da sogno, una Bugatti
verde, bella, fascinosa, ricca ed annoiata, dallo sguardo assente ed
impenetrabile. Nel 1927 fu invitata al Vittoriale da
D’Annunzio, il quale, celeberrimo conquistatore di donne fatali, con
la scusa di chiederle un ritratto, mise il moto tutto il suo
fascino, ma, a quel che raccontano le cronache, senza successo.Morì più che ottantenne e per sua
volontà le sue ceneri vennero disperse dalla figlia Kizette sulla
vetta del vulcano Popocatepetl, disperdendo al vento in mille luoghi
la sua inesausta vitalità, che per anni aveva dimorato nel suo
splendido corpo. Nel dipinto Le amiche (fig
65), le due donne nelle loro smaglianti nudità, fremono di una
vitalità inebriante, da protagoniste di un anticonformismo femminile
che osa esprimersi in maniera sfacciata, con pose ardite ed
inconsapevoli del volume e del peso dei propri corpi. Sono donne che
vogliono esprimere in tutti i sensi la loro eccentrica sensualità,
sfiorando, con la vistosa muscolatura, quella sottile ambiguità che
le rende ancora più affascinanti e misteriose. Sono donne che osano
spogliarsi completamente, senza pudore e senza compromessi, né
inutili moralismi, fiere dei loro enormi corpi modellati che
assurgono a prototipo di una moderna femminilità.
fig.062 Egon Schiele Nudo disteso 1917 Vienna coll Leopold
fig.063 Jean Gabriel Domergue Donna sdraiata intorno 1920 Parigi
collezione privata
fig.064 Adrien Henri Tanoux Salammba1921 Londra Whitford and
Hughes Gallery
fig.065 Tamara de Lempicka Le due amiche 1923 Ginevra museo d'arte
moderna
Felice Casorati
fu una figura di punta dell’avanguardia intellettuale italiana e pur
stando a contatto con la pittura metafisica, confermò la sua idea
classica dell’immagine e diede vita ad un’arte di grandi forme
statiche, di estrema semplicità e severità, inquadrate in uno spazio
prospettico rigorosamente cubico e sottolineate dall’assoluto
equilibrio delle masse cromatiche. Nella Conversazione platonica
(fig 67), eseguita nel 1925 ed in collezione privata torinese,
l’artista, con un sottile filo di ironia, mette a confronto un
signore d’età indefinibile ed una procace fanciulla dai pettorali da
schianto, l’uno di fronte all’altra in una muta conversazione, che
la dice lunga e rischia di passare da platonica a biblica…da un
momento all’altro.
fig.066 Francis Picabia Woman with a dog 1924 - 26 Parigi coll.
privata
fig.067 Felice Casorati Conversazione platonica 1925 Torino
collezione privata
Pierre Bonnard
fu tra gli animatori del gruppo dei Nabis e reagì all’Impressionismo
con una pittura più meditata e nello stesso tempo più netta nel
colore, disposto a campi chiaramente delimitati sulla tela. Nel suo
Bagnante distesa (fig 68), ci trasmette l’impressione di
un’istantanea rubata, scattata di sorpresa in un momento casuale con
l’ausilio di calde tonalità cromatiche, rese in sottili gradazioni
ed una leggera stesura del colore che si armonizzano con
l’incarnato roseo. Molti sono i nudi femminili ritratti
da Bonnard nell’intimità della toeletta o nell’umido della vasca da
bagno. Una specialità molto richiesta dalla committenza, che voleva
adornare i salotti delle proprie residenze con quadri gradevoli, che
potessero aiutare la fantasia e stimolare i sensi sopiti. Le sue
modelle preferite furono la moglie Marthae, tra l’altro bruttissima,
da cui la necessità di sfocare le immagini del volto e Dianae Vierny,
dalle forme sinuose e conturbanti, moglie dello scultore Aristide
Maillol. Nella tela in esame calde tonalità
cromatiche, rese in sottili gradazioni ed una leggera stesura del
colore si armonizzano con l’incarnato roseo della tenera fanciulla
che placidamente galleggia.
fig.068 Pierre Bonnard Bagnante distesa 1925 londra Tate Gallery
fig.069 Charles Wheeler Cosa la storia fina 1927 Adelaide Galleria
south Australia
fig.070 Max Beckmann Reclining nude 1927 coll Winterbotham
fig071 Francesco Menzio Reclining nude on a red background 1928
Torino Galleria Carlina
Marc Chagall,
possiede uno stile inconfondibile, ricco di colori caldi e di
morbidi effetti di luce, mentre le sue figure talvolta presentano
una scansione geometrica che richiama la lezione del cubismo. Nelle
sue tele sacro e profano, reale e miracoloso si mescolano in maniera
stupefacente come nella tela in esame (fig 75) nella quale il ritmo
narrativo induce alla tenerezza, con la fanciulla resa eterea, ad
interpretare sogni fantastici venati di malinconia, mentre in basso
compare la città di Vitebsk un caro ricordo per il pittore.
Accensione cromatica, scomposizione e compenetrazione dei piani,
simultaneità e combinazione surreale delle immagini, materializzano
una visione simile ad una fiaba, una favola incantevole nel cuore
dell’arte moderna.
fig.072 Suzanne Valadon Nudo sdraiato su un sofà 1928 Parigi
collezione privata
fig.073 Andre Derain Nudo sul sofa 1931 Parigi museo de l'Orangerie
fig.074 Giorgio de Chirico Nudo sulla spiaggia 1932 Roma Galleria
d'arte moderna
fig.075 Marc Chagall Nudo sopra Vitebsk 1933 Parigi collezione Ida
Chagall
René Magritte,
pittore belga, inizia la sua attività influenzato dal Cubismo e dal
Futurismo, le avanguardie del Novecento, che allora dettavano legge.
Aderirà poi al movimento surrealista e nella sua pittura illustrerà
oggetti e realtà assurde come la Donna pesce (fig 77) lambita
dalle onde e resa con tonalità fredde ed ambigue, la quale ci fa
percepire il silenzio dell’universo e lo stordimento dell’uomo
moderno, sperduto in un mondo di immagini, simboli e convenzioni.
fig.076 Moise Kisling Nudo di Arletty 1933 Ginevra museo d'arte
modena
fig.077 Rena Magritte Invenzione collettiva 1935 Belgio coll privata
Stanley Spencer
è tra i massimi maestri della pittura britannica del Novecento.
Egli si è sempre dedicato esclusivamente a quadri non convenzionali
di un espressionismo caricaturale, intrisi da un singolare gusto
dell’enfasi e della deformazione. L’arte non deve essere sempre e
soltanto una glorificazione della bellezza femminile, nell’ottica
neoclassica benedetta dal Winckelmann di un corpo perfetto e senza
difetti, sintesi mirabile di vigore ed armonia, come piaceva agli
artisti ed ai filosofi greci. La modernità attraverso
l’espressionismo prima ed il cubismo poi, sconvolge il modo di
configurare l’immagine e preferisce una rappresentazione realistica
anche del brutto e dell’orrido ed a volte dello squallore e del
degrado fisico, resi con il linguaggio dell’angoscia, della
polemica, della teatralità, ma sempre nel puntuale rispetto del dato
reale. E’ una rivoluzione copernicana nell’ideale estetico, ritenuto
un dogma per molti secoli. E per convincerci il pittore ritrae
ripetutamente la moglie (fig 78), una visione incurante dei nefasti
effetti che un seno sgradevole in massimo grado, cascante e
rattrappito ed un cespuglio arruffato e nauseabondo possono produrre
sul lecito desiderio erotico dell’osservatore.
fig.078 Stanley Spencer Nude 1935 Londra coll privata
fig.079 Man Ray Donna nuda con scacchiera 1936 New York collezione
privata
fig.080 Andre Masson The earth 1939 Parigi Centro Pompidou
fig.081 Francois Desnoyer Reclining nude Bayonne 1940 circa museo
Bonnar
Salvador Dalì,
pittore spagnolo noto per la sua eccentricità, è autore di quadri
originali dalla pennellata fluida e sfuggente, nei quali sogno e
realtà si fondono alla perfezione. Dalì dava libero sfogo al suo
inconscio e nelle sue opere rappresentava il momento critico in cui
il delirio creativo prende forma caratterizzato da un nitore del
disegno e da un cromatismo vivace, come avviene in Sogno (fig
84), nel quale prevale un effetto illusionistico ed una complessità
di meccanismi automatici di sensazioni, in uno spazio prospettico
dilatato in cui sono inseriti, oltre allo spettacolare corpo nudo di
Gala, animali ed oggetti.
La modella è Gala Diaconova, amante
di Dalì in un primo momento e poi moglie, madre, musa, consigliera,
angelo custode. La procace signora russa, più anziana di quasi 15
anni di Salvador, prima di divenire sua moglie, aveva frequentato
con assiduità e biblicamente molti esponenti dell’intellighenzia
europea, dei quali era stata moglie, amante fissa od occasionale.
Gala rappresenta il prototipo di quella marea di donne dell’Est, più
o meno nobili, più o meno attraenti, che, trasferitesi in Europa
occidentale, hanno rivestito per decenni un importante ruolo
culturale in Francia, Italia, Germania ed anche nel mondo anglo
sassone. Sono state alla base di molte idee nate non solo nella
pittura e nella scultura, ma anche nel teatro, nella letteratura,
nella musica. Queste russe emigrate, molte di religione israelita,
rappresentano un capitolo della cultura europea ancora poco
conosciuto, sono le nonne…, colte e raffinate, delle orde che hanno
invaso l’occidente dopo la caduta del muro di Berlino ed il
dissolvimento dell’impero sovietico, muse ispiratrici di grandi
uomini ieri, badanti, modelle, avventuriere oggi, ogni tempo ha ciò
che si merita.
fig.082 Giovan Battista Crema Allegoria di un martirio 1940 circa
Roma collezione privata
fig.083 Marcel Duchamp Cascata d'acqua 1944 -46 Filadelfia museum of
art
fig.084 Salvador Dali Un secondo prima della puntura 1944 Madrid
museo Thyssen Bornemisza
L’ispirazione del quadro venne da una
puntura di un’ape mentre la donna stava dormendo. Di conseguenza
l’acme del dolore avviene in un momento di incoscienza, dando luogo
ad una serie di sensazioni ingigantite dall’assenza del controllo
cosciente. Il dipinto fissa una sequenza di istanti precedenti e
posteriori: la puntura è simboleggiata dalla baionetta che sta per
trafiggere, chiaro richiamo fallico, il dolore è dato dall’irrompere
delle allucinazioni, quali le tigri inferocite che fuoriescono dalla
bocca di un pesce, che a sua volta spunta da un melograno; senza
calcolare l’elefante con le gambe da insetto che cammina, novello
Gesù, sul pelo dell’acqua. Il corpo di Gala è sempre giovane,
anche se, quando viene realizzato il quadro, la modella ha oltre
cinquanta anni, segno evidente che la sua bellezza vive eternamente
nella memoria del pittore, rimasto stregato come tanti altri uomini
dalla sua bellezza mirabile ed apparentemente irraggiungibile.
fig.085 Victor Brauner Il trionfo del dubbio 1946 Houston coll Menil.
Paul Delvaux,
pittore belga, è tra i principali esponenti del movimento
surrealista, compagno di viaggio di Giorgio De Chirico e Renè
Magritte; egli con la sua pittura entra in diretto contatto con la
dimensione onirica, vero epicentro della poetica surrealista, nata
in seguito all’elaborazione delle ricerche della psicanalisi. Il percorso artistico di Delvaux pone
l’accento sul sogno e sulla mitologia. Le sue opere, fantastiche,
minuziosamente rifinite per la sua indiscussa abilità di
disegnatore, sono spesso ambientate tra le rovine di antiche città
immerse in una luce lunare. I suoi dipinti sono legati all’immagine
diafana e sensuale del corpo femminile, che si presenta come un
essere arcano, talora trasfigurato in metamorfosi vegetali e
collocato in paesaggi surreali, dove i simboli della modernità
convivono con le architetture della Grecia classica a testimoniare
contaminazioni di stili provenienti da epoche diverse. Nella Voce pubblica (fig 86)
Delvaux, solitario esploratore dell’immagine, che si inoltra senza
timore tra i nodi mirabolanti della psiche, apre una finestra sulle
nostre più segrete pulsioni, attingendo generosamente alla
profondità della nostra coscienza, dove l’inorganicità del simbolo
convive con la forza proliferante dell’energia elementare. Egli ama
definire creature complesse immerse in un paesaggio antico e
proiettate in un futuro da brivido, un incubo che ci insegue dagli
albori dell’umanità.
fig.086 Paul Delvaux la Voce pubblica 1948 Bruxelles Museo di Belle
Arti.
fig.087 Antonio Donghi Nudo allo specchio1950 circa Italia
collezione privata
Max Ernst,
pittore tedesco, evoca mondi fantastici, nei quali l’orrido si
mescola col patetico, la logica cede al caso, la razionalità alle
più incredibili allucinazioni. Adopera un linguaggio al di fuori di
ogni convenzione ed a differenza di altri surrealisti, come Magritte
o Dalì, che accettano la geometria euclidea ed adottano la
consuetudine prospettica, crea un suo spazio originalissimo e
conduce l’osservatore negli abissi dell’irrazionale, tra paesaggi
misteriosi ed inquietanti, nei quali ribollono forze incontrollate e
raccapriccianti, intrise di un erotismo fuori da ogni regola, che la
morale e l’educazione tengono normalmente sepolte nell’inconscio più
profondo. Il giardino di Francia (fig 88) è la lampante
conferma di un inestricabile intreccio tra realtà e fantasia, tra
anatomia e geografia, tra eros e bellezza.
fig.088 Max Ernest Il giardino di Francia 1962 Parigi Centro
Pompidou
fig.089 Martial Raisse Made in Japan 1964 Washington hirshom museum
fig.090 Tom Wesselmann Great american nude 1964 New York coll
Clements
Pablo Picasso,
pittore, scultore e ceramista spagnolo domina incontrastato, come un
gigante, il panorama artistico mondiale del Novecento. Estremamente
longevo ed infaticabile ha realizzato quasi 10.000 opere,
distribuite tra i musei e le più importanti collezioni private del
mondo. Si stabilisce a Parigi nel 1904,
attraversa il periodo blu e rosa, dalle tonalità dei
colori dominanti e dipinge con nobile trasporto quadri di poveri e
di saltimbanchi con una linea castigata ed espressiva. E’ poi
affascinato dall’arte primitiva africana, che lo indurrà alla totale
scomposizione delle forme e ad un proficuo sodalizio con Braque,
fondatore con Pablo del cubismo. La fratricida guerra civile spagnola
lo avvicinerà alle problematiche sociali e politiche, alle quali
dedicherà il grande dipinto Guernica, la sua opera più celebre, un
disperato grido di protesta e di dolore contro l’orrore dei
bombardamenti, reso in una icastica, tragica grafia. Dal dopoguerra la sua produzione
viene riconosciuta come la voce più alta dell’Arte e Picasso diviene
l’alfiere incontrastato di tutte le avanguardie pittoriche, dettando
legge, attivo fino alla morte avvenuta nel 1973. Il suo Nudo disteso con la collana
(fig 92) ci offre un corpo smontato nella sua consistenza materica,
indifferente alla realtà che lo circonda e rappresentante un
archetipo deformato e folle della femminile bellezza, il quale
conserva intatto il fascino e la prepotente seduzione dei più
eccitanti attributi del sesso debole...
fig.091Francis Bacon Henrietta Maraes 1966 Londra collezione privata
fig.092 Pablo Picasso Nudo disteso con collana 1968 Londra Tate
Gallery
Balthazar Klossowski de Rola, detto
Baltus, è pittore visionario, potente evocatore di un mondo
fantastico popolato di fanciulle impuberi viste con malcelata
malizia, a tal punto che la critica meno attenta gli ha più volte
proposto l’appellativo imbarazzante di artista culturalmente
pedofilo. Le bambine ragazze di nove, dieci
anni, protagoniste delle sue tele inquietanti, hanno il seno piatto
appena sbocciato ed il pube glabro e si abbandonano in pose
voluttuose da consumate maliarde, senza mai guardare negli occhi
l’osservatore e spesso specchiandosi ansiose di scorgere sul proprio
corpo le agognate trasformazioni indotte dalla pubertà. Nel
Gatto allo specchio I (fig 93), di collezione privata,
prima di una serie di tre tele sullo stesso tema, l’artista, nel
1980, raffigura una bambina che cerca di intravedere allo specchio
la linea acerba del suo corpo e nel frattempo intrattiene un
curioso gioco con il gatto, che invita a specchiarsi. Anche Baltus,
come tanti illustri colleghi del passato, soggiace al fascino
misterioso della donna che si guarda allo specchio, allegoria spesso
correlata alla vanità ed alla bellezza, ma in questo caso la
giovane, nella sua ancora innocente nudità, si avvicina alla
contemplazione con il volto arrossato e lo sguardo ironico, priva di
peccati e forse ansiosa di commetterli. La ragazza è felice della
sua età e delle sue delicate forme, che sbocciano radiose e,
divertita, sembra voler provocare ed attirare il felino in un
rituale dalle regole misteriose, mentre il suo corpo, dalle gambe
simbolicamente allargate e dal busto leggermente eretto appare
stilizzato in una posa innaturale e di non facile equilibrio.
fig.093 Balthus Gatto allo specchio1977 80 Coll privata
Lucian Freud
nasce a Berlino, ma trasferitosi con la famiglia in Inghilterra nel
1933, poco dopo l’ascesa al potere di Hitler, ottiene la
naturalizzazione britannica. Secondo i maldicenti la sua carriera
fortunata è stata favorita dal suo cognome, suo nonno era un certo
Sigmund, fondatore della psicanalisi, dai suoi matrimoni, dalle sue
amicizia con la Londra che conta, dal regista di 007 Ian Fleming al
precedente marito di Camilla, neo sposa di Carlo d’Inghilterra, per
finire anche da suo nipote, genero del re dell’informazione
mondiale, il plurimiliardario Murdoch. Alcuni critici stizzosi lo
hanno definito il “peggior importante artista di fine secolo”. Le sue opere provocano un asfissiante
senso di angoscia, senza un apparente coinvolgimento dell’artista.
Freud predilige il ritratto e col tempo si infittiscono i nudi sia
maschili che femminili. I suoi personaggi sono corpi impietosamente
trasferiti sulla tela, sono corpi inermi, arrendevoli nella loro
oscenità. Spesso giacciono riversi o sul fianco e per definirli
l’artista adopera robuste pennellate, in uno scontro ideale tra
l’immagine reale ed il pensiero dell’esecutore, un tormentoso
confronto frequente nella pittura moderna, come nella sua Rose
(fig 94) che ci espone senza ritegno un corpo sgraziato ai limiti
del ripugnante ed affetto da un mal di vivere che troverà, tra i
contemporanei dell’artista, altri cantori in Francis Bacon ed
Alberto Giacometti.
fig.094 Lucian Freud Rose 1978 79 Tokyo coll Itani
fig.095 F Scott Hess Hachett 1980 circa The open window Freedman
gallery
fig.096 Cindy Sherman Senza titolo 1992 New York collezione artista
E concludiamo la nostra carrella
attraverso i secoli con Fernando Botero, pittore colombiano,
caratterizzato dalla dilatazione oltre misura delle forme
anatomiche, un segno distintivo del suo stile. I quadri di Botero
nascono per soddisfare un’insopprimibile esigenza di ricerca
interiore. La sua tavolozza vive di colori gentili, gialli
paglierino e verdi rosati e della completa assenza delle ombre, che
egli teme possano inquinare l’idea che vuole trasmettere sulla tela.
Ama esasperare senza limiti le forme anatomiche ed i suoi personaggi
acquistano dimensioni esuberanti, apparentemente irreali, dove il
dettaglio diventa la massima espressione ed i grandi volumi
trionfano indisturbati. La trascendenza dell’artista, a cui nulla
interessa della condizione umana, rende i protagonisti delle sue
opere dei prototipi senza dimensioni morali o psicologiche, senza
anima. Essi non provano gioia né dolore, hanno lo sguardo perso nel
vuoto oppure strabico, non battono le ciglia, vedono senza vedere.
Grazie allo stellare distacco emotivo, la sua pittura acquista la
dignità e la serafica tranquillità del grande classicismo, come
nella Grande Odalisca (fig 97) nel quale l’enorme bambinona,
nella sua innocente nudità, si raffigura come Venere e non è
certamente più volgare di un frutto ben maturo, con la sua scorza o
sbucciato, decisa nello sguardo, invitante ed accogliente. Ella si
predispone all’occhio esterrefatto dell’osservatore, si acciambella,
stringendo pudicamente le gambe e creando intorno a sé una nicchia
dove un compagno di avventura è invitato come amante, ad accarezzare
le sue forme generose di divinità dell’opulenza e nello stesso
tempo di brava ragazza. Niente di più moderno di questo epicureismo
alleggerito da ogni totem e tabù vittoriano. Niente di meno
contemporaneo, niente di più fedele alla Venere allo specchio di
Velazquez o alla Maja desnuda di Goya, di questi ripetuti inni
all’innocenza della voluttà. Nei suoi dipinti per Botero ciò che
conta veramente è poter gioire dell’essere in vita con buona salute
ed opulenta complessione.Il seno della fanciulla, incorniciato
da una collana quasi trasparente, deborda senza limiti e senza
ritegno, straripando nelle pieghe di un infinito adipe e sembra
voler abbracciare tutta l’umanità per chiedere affetto e
comprensione.
fig.097 Fernando Botero Odalisque 1998 col artista
fig.098 Philip Pearlstein Model whih old african drum 1999 New York
col Pearlstein
fig.099 Lingzi Donna nuda con la mela 2007 Italia collezione privata
Achille della Ragione |