Ed alla fine la montagna partorì un topolino, così è capitato alla
mostra Vade retro, sponsorizzata da Vittorio Sgarbi, rifiutata da
molte città ed alla fine approdata a Firenze nella Palazzina reale
col pomposo nome di Arte ed omosessualità. Da Von Gladen a Pierre
et Gilles.
Sontuoso il catalogo con saggi ed introduzioni… di Vittorio Sgarbi e
dell’onorevole… Luxuria nel quale si cerca di dare una patina di
cultura all’argomento tradotto in mostra da una cospicua serie (220)
di foto, disegni, pitture, video e sculture, più irriverenti che
artistiche, provocanti, confuse e ben poco meditative.
Anche in passato sul tema si sono espressi artisti di ben altra
tempra di quelli visibili a Firenze: dalla produzione vascolare
dell’antica Grecia e dai bassorilievi persiani agli albori dell’arte
orientale come nel rinascimento italiano e nel barocco. Un sottile
filo ideale che giunge fino ai nostri giorni, sviluppandosi
autonomamente, molto tempo prima dell’accettazione più o meno
diffusa del diverso.
Nella mostra si susseguono una infinità di falli di lusinghiere
proporzioni che possono fare la gioia non solo degli addetti al
settore, ma anche di signore e signorine di tutte le età alle quali
la mostra è particolarmente consigliata, si potrà cosi apparire alla
page e nello stesso tempo sognare ad occhi aperti davanti a quel ben
di dio in libera esposizione.
I nomi di alcuni artisti sembrano intonarsi perfettamente con le
opere rappresentate: Piscitelli, Durini, addirittura Arrivabene, che
ci consegna immagini di orgasmi autoerotici.
Manca dalla rassegna una delle opere… che ne sconsigliarono
l’inaugurazione a Milano: la foto rubata a Sircana dai servizi
segreti, mentre il braccio destro di Prodi, felicemente coniugato e
pubblico difensore della famiglia, cercava in privato di usufruire
delle grazie di corpulenti travestiti. Ed a proposito di travestiti
la palma di opera più repellente e schifosa va senza dubbio
assegnata ad un’immagine di un ex uomo evirato e dotato di una neo
vagina esposta senza ritegno e con malcelata ostentazione.
Unica eccezione, in un grigiore dove fotomontaggi di falli a volontà
suppliscono a creatività e fantasia, è costituito da Miss Kitty la
terracotta di Paolo Schmidlin terribilmente somigliante a Benedetto
XVI, con l'anello papale al
dito, una molletta tra i capelli, una mantellina aperta sul petto,
un perizoma e delle autoreggenti,
ma soprattutto con una straordinaria
aura di omosessualità che si percepisce ad occhi chiusi. La scultura
è posta dietro una tenda bianca, una sorta di censura alla Duchamp,
in maniera tale che sia visibile solo a chi vuole vederla, un
espediente per accentuare la curiosità e moltiplicare all’infinito
la sfrontata irriverenza dell’artista, un vero artista del quale
sentiremo parlare a lungo.
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