In un solo giorno sono ricomparsi, come per incanto, tre quadri di
Giuseppe Marullo, uno stanzionesco poco noto, misconosciuto a lungo
dalla critica per l’epiteto che gli affibbiò il Causa di
“ritardatario ispido e legnoso”. Viceversa l’artista negli ultimi
anni, grazie anche alla pubblicazione di un’esaustiva monografia,
molto apprezzata dagli studiosi, ha riconquistato numerose posizioni
nell’affollata classifica del secolo d’oro della pittura napoletana
e più di una volta in aste internazionali ha raggiunto quotazioni di
centinaia di migliaia di euro.
Due tele, provenienti dalla chiesa di Sant’Agostino alla Zecca, sono
il fiore all’occhiello di una mostra di restauri, visitabile fino
alla fine di gennaio presso il Maschio angioino a Napoli, curata
dalla dottoressa Luciana Arbace. Un’occasione unica per ammirare
splendidi capolavori restituiti alla gioia di un cromatismo
scintillante grazie all’opera di accorti restauratori coordinati da
Bruno Tatafiore, in grado di cancellare l’insulto dell’incuria degli
uomini e del trascorrere inesorabile del tempo. In mostra anche
dimenticati dipinti di Agostino Beltrano, Fabrizio Santafede,
Niccolò De Simone, Giovanni Balducci, Francesco Di Maria e tanti
altri artisti, più o meno noti, che hanno contribuito alla gloria
artistica della città di Napoli.
fig.1
I due quadri di Marullo di grandi dimensioni sono firmati e datati
1663, un anno in cui l’artista realizzò più di un capolavoro, come
dimostra la tela, di recente esposta nel museo dell’Opera del Suor
Orsola Benincasa.
Esse rappresentano una Maddalena (fig. 1) ed una Santa Maria
Egiziaca (fig. 2), spesso raffigurate emaciate e discinte dai
pittori seicenteschi, mentre il Marullo le rende in una studiata
posa teatrale da prima donna, abituata a calcare con disinvoltura il
palcoscenico, con il volto dolcissimo e lo sguardo trasognato.
Elegantemente vestite con ampie vesti di seta di cui pare di sentire
il fruscio. Interessante notare che le due fanciulle sono modelle
diverse da quella preferita dall’artista ed immortalata
ripetutamente con il caratteristico cono d’ombra sulla guancia
sinistra, un imprinting patognomonico in grado di far riconoscere il
pittore nelle opere non firmate.
fig.2
E spesso la firma dell’artista in passato veniva cancellata da
mercanti di pochi scrupoli, desiderosi di spacciare dipinti di
Marullo per opere di pittori più quotati. Come è capitato al Rachele
e Giacobbe di collezione Luongo a Roma, la splendida copertina della
monografia, che firmata per esteso, elegantemente in latino, Joseph
Marullus, si vide orbata dell’autografo ed essendo di altissima
qualità fu facile contrabbandarla per Pacecco De Rosa. Una sorte
simile probabilmente è capitata alla tela esitata l’altra sera in un
asta Blindarte a Napoli.
Un Giacobbe ed il gregge di Labano (fig. 3), immersa in un’atmosfera
rustica, che accentua la spontaneità naturalistica delle figure. Un
dipinto collocabile in una fase importante dell’artista, quando ai
continui riferimenti stanzioneschi si aggiungono soluzioni apprese
dallo stile figurativo spagnolo conosciuto ed apprezzato a Napoli
attraverso la pittura di Jusepe De Ribera. Un felice acquisto per lo
sconosciuto collezionista che ha usufruito di un prezzo molto
favorevole.
fig.3
19/12/2006
Achille della Ragione
|