Al Salone dell’antiquariato di Napoli è esposto un
dipinto di Alessandro D’Anna che raffigura una festa di Carnevale
del 1774 con sfilata di carri a Largo di Palazzo, l’attuale piazza
del Plebiscito.
La tela, di altissima qualità, si affianca ad una simile conservata
al museo di San Martino e costituisce un lampante documento visivo
di una festa mitica che a Napoli per secoli ha costituito una
eccezionale attrazione.
Nel quadro si affollano carri e cavalli bardati diligentemente in
fila, uomini impettiti nelle loro uniformi sgargianti, legioni di
Pulcinella danzatori, cappelli impiumati in una fantasmagorica gara
di eleganza, mentre il pubblico applaude gaudente. Attraverso
piccole pennellate pregne di sostanza cromatica l’artista ci
racconta una delle più esaltanti feste europee, una manifestazione
viva e palpitante della cultura napoletana dell’epoca.
La madre di tutte le feste partenopee, dal Carnevale alla
Piedigrotta, partiva dal ventre dei quartieri spagnoli e si
imperniava sul mitico Carro del Battaglino.
Erano tempi felici, tra i vicoli di Montecalvario non regnava la
famiglia Mariano e la zona non era come oggi ridotta a triste
ricettacolo di prostitute e lenoni, extra comunitari e femminielli,
tossici e spacciatori, bensì era la residenza di famiglie nobili e
di membri dell’illuminata borghesia partenopea.
Affianco alla chiesa di Santa Maria di Montecalvario esisteva una
confraternita ed i membri di questo sodalizio erano, a partire dal
1620, gli organizzatori di queste processioni che partivano la sera
del sabato santo ed attraverso via Toledo raggiungevano il Palazzo
Reale per poi rientrare.
La sfilata, giudicata dai contemporanei la più bella d’Europa,
constava di vari carri con le raffigurazioni dei Misteri e di uno
sul quale era l’Immacolata. Questo carro era il più celebrato ed al
suo allestimento collaboravano artisti famosi come Giacomo Del Po e
Gennaro Greco. Esso era ornato da figurazioni bibliche ed allegorie
religiose, ma nel 1684 se ne costruì uno con l’imperatore che
schiacciava il turco ed anche nel Settecento se ne fecero altri a
carattere politico. Una folla enorme seguiva la processione con il
viceré in prima fila.
La sua fama percorreva il continente e grandi personaggi accorrevano
a Napoli per assistervi. Alcune volte, per permettere a qualche
ospite di eccezione della Corte di assistervi, ne venne spostata la
data. Celebre l’episodio del 1630, quando nella nostra città si
trovava l’infanta Maria, sorella di Filippo IV, che doveva essere
ritratta dall’immortale pennello del Velazquez, ospite del Ribera.
Il Carnevale e la stessa Piedigrotta con la mitica sfilata dei carri
erano figlie di questa celebre processione, che durò poco meno di
due secoli.
A partire dall’Ottocento cominciò a prendere piede la sfrenata festa
di Piedigrotta, che raggiunse il culmine negli anni del regno di
Lauro. Chi ha i capelli bianchi ricorda quelle memorabili maratone
di gioia popolare che duravano quindici giorni. Durante il passaggio
per le strade cittadine dei mastodontici carri era permesso un po’
di tutto: sbracciarsi, calare coppoloni in testa a tipi soggetti,
esercitare vigorosamente la mano morta su sederi di tutte le età,
pur senza trascurare eventuali seni generosamente esposti,
dimenticando in tal modo le angustie quotidiane.
L’antico e mai sopito spirito greco della festa, nato tra
venerazioni priapiche e sfrenate danze liberatorie, sembrava
rivivere nel popolo festoso, esaltando lo spirito trasgressivo e
godereccio dei napoletani.
Bei tempi per chi li ha vissuti, oggi non ci resta che sperare che
questo pregevole dipinto, raro documento figurativo dei tempi
passati, possa essere acquistato dallo Stato e destinato al museo di
San Martino, a rammentare il nostro illustre passato quando Napoli
era la capitale di un regno e non della spazzatura.
Achille della Ragione
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