Gli psicanalisti, nelle loro dotte elucubrazioni hanno
diviso gli uomini in due distinte categorie: ciuccioni, che inseguono per
tutta la vita il seno delle donne, per rammentarsi di quello della mamma e
feticisti, adoratori più o meno espliciti del sedere, quale fonte di piaceri
raffinati.
La pittura, la scultura, il cinema, i rotocalchi, i concorsi di bellezza hanno
nei secoli glorificato questo prezioso attributo femminile e, mentre Tinto
Brass, con ambizioni filosofiche, ha scritto un piccolo trattato
sull’argomento, noi vogliamo proporre una piccola carreggiata di immagini per
la gioia degli occhi e per gli spericolati ed innocui giochi della fantasia.
Nel cinema capostipite indiscusso e fonte primaria di delizie visive e sogni
proibiti è il posteriore sodo e vigoroso di Brigitte Bardot (fig.1), che
surclassa quello pur esuberante della bagnina Anderson (fig.2) e quello
stilizzato e sfuggente della Kidman (fig.3), un’icona proibita per le nuove
generazioni.
L’arte ha sempre dedicato grande attenzione alla bellezza femminile dalla
statuaria che, con la rigida fissità della materia, ben rende la ricercata
consistenza coriacea dell’attributo, come nella Venere (fig.4) di ignoto
conservata nella collezione Pagliara, alla pittura che con Botero nella Donna
di spalle (fig.5), realizzata nel 1989 ed in collezione privata ginevrina, ci
raffigura un’enorme bambinona, nella sua innocente nudità, certamente non più
volgare di un frutto ben maturo, con la sua scorza o sbucciato, decisa
nell’esposizione, invitante ed accogliente. Ella si predispone all’occhio
esterrefatto dell’osservatore, creando intorno a sè una nicchia dove un
compagno di avventura è invitato come amante, ad accarezzare le sue forme
generose di divinità dell’opulenza e nello stesso tempo di brava ragazza.
Niente di più moderno di questo epicureismo alleggerito da ogni totem e tabù
vittoriano. Niente di meno contemporaneo, niente di più fedele alla Venere
allo specchio di Velazquez o alla Maja desnuda di Goya, di questi ripetuti
inni all’innocenza della voluttà. Nei suoi dipinti per Botero ciò che conta
veramente è poter gioire dell’essere in vita con buona salute ed opulenta
complessione.
Terminiamo questa rapida carrellata proponendo un sedere di miss Italia (fig.
6), di top model da calendario (fig.7), di strega…, in piena attività a dorso
di una scopa (fig.8) e di un’arzilla sessantenne (fig.9) ancora in splendida
forma.
Il successo del nostro precedente elogio del sedere
femminile ci ha spinto a ritornare con rinnovata lena sull’argomento,
segnalando nuovi esempi dell’attenzione dedicata nei secoli alla tematica da
parte di pittori, scultori, fotografi o semplici, quanto raffinati, estimatori
della materia.
Cominciamo il nostro excursus accolti da un sedere allegro (fig.1), che ci
invita ad accomodarci ed a partire dalle più antiche espressioni artistiche in
lode dell’agile e scoppiettante attributo femminile.
Tra i più celebri sederi di consistenza marmorea una posizione di rilievo è
occupata dalla Afrodite Callipige (fig.2) del museo Archeologico di Napoli,
una statua ispirata alla Cnidia del sommo Prassitele, che per primo, nel IV
secolo a.C., aveva avuto l’ardire di descrivere la bellezza femminile
esplorandone ogni dettaglio anatomico. Il nudo, trattato con gusto malizioso,
trova pretesto nel tema idillico della fontana, alla quale la dea è in
procinto di bagnarsi, per cui solleva la veste e, volgendo lo sguardo
indietro, può ammirare sullo specchio dell’acqua il suo splendido kallipygos,
da cui il nome del famoso marmo, che traduciamo per gli ignoranti: dal bel
sedere.
Una posa identica all’Afrodite, mutatis mutandis, è quella assunta dalla
Merckel, immortalata questa estate da quasi tutti i quotidiani europei, che
hanno dedicato ampio spazio in prima pagina con foto e servizi ai glutei della
cancelliera, sorpresi nature al sole di Ischia. Non pubblichiamo la foto per
decenza e per non turbare i consolidati rapporti di amicizia tra i due paesi,
ma un dubbio però ci assale e rischia di turbare i nostri sonni. Chi ci
assicura che si sia trattato propriamente del deretano più votato della
Germania? Chi può mettere la mano sul fuoco... ed assicurarci dell'identità
delle importanti chiappe. Le fonti diplomatiche pare non abbiano confermato,
nè smentito! Ma forse i giornali dedicando tanta attenzione ad un argomento
del genere a discapito dei tanti problemi che ci attanagliano hanno voluto
semplicemente prenderci per il cu...
Ritornando ai marmi non si può, in periodo di par condicio, escludere dalla
trattazione il sedere bisex dell’Ermafrodito dormiente (fig.3), conservato
alla Galleria Borghese di Roma, che ripropone un tema esaltato dall’ateniese
Policle e che poi incontrò successo, come prodigio naturale, tra i Romani,
descritto con particolari piccanti dallo stesso Ovidio in un passo delle
Metamorfosi.
Una variante della statua, conservata al Louvre, possiede una sorta di
materasso, eseguito dal Bernini, per escludere dallo sguardo delle persone più
vereconde, gli attributi sessuali multipli del dormiente.
Passando alla pittura proponiamo un quadro di Toulouse Lautrec, il quale nella
prima metà degli anni Novanta si dedica a descrivere nei suoi dipinti la vita
che si svolge nelle maison closes, le celebri case di tolleranza parigine, in
una delle quali, tra le più lussuose ed esclusive, dal ’93 si trasferisce a
vivere, intrecciando una breve relazione con una delle ragazze.
Nella Donna nuda dai capelli rossi accovacciata (fig.4), eseguito nel 1897 e
conservato a Parigi nella collezione Pellet, è ritratta la fiamma del pittore
in una posizione abituale per le professioniste del sesso. La tavolozza
risente dei colori puri delle stampe giapponesi ed è resa preziosa dalle
pennellate rapide, che lasciano scorgere in alcuni punti il disegno
circostante. Questa, come altre sue tele, suscitavano grande scandalo tra la
critica, che viceversa accettava tranquillamente le decine di nudi integrali
esposti al Salon con etichette di comodo, che facevano divenire soggetti
biblici, mitologici o storici ragazzotte, spesso prostitute, dalle forme
opulente, generosamente esposte.
La protagonista del dipinto è spiata nella sua intimità e palpabile è la
malinconia struggente di questa fanciulla, costretta ad una posa appusata per
soddisfare un desiderio particolare di qualche cliente. Il seno scende a
piombo, parallelo al corpo, disegnando una linea sinuosa, che sembra voler
vincere la legge di gravità. La signorina…, come tante sue coetanee è affetta
da una sindrome caratteristica descritta con precisione dal poeta Charles
Baudelaire lo spleen, un misto di noia e di angoscia, una consapevolezza
triste del vuoto esistenziale, che la vita frenetica di Montmartre tenta
inutilmente di esorcizzare. E di questo culetto ottocentesco possiamo mostrare
un invitante gemello del XXI secolo ( fig.4bis).
L’Impressionismo è prodigo di sederi appetibili, segno ineludibile di una
preferenza che nel tempo è divenuta proverbiale. Passiamo agevolmente da un
deretano bagnato (fig.4), immortalato dalla sbrigliata fantasia di Renoir ad
uno asciutto (fig.5), esito del voglioso pennello di Degas.
Renoir fu l’appassionato cantore della ricca e gaia borghesia francese
dell’epoca, ritratta in scene corali, oppure intime e sensuali.
Intorno al 1880 Renoir si innamora di una sua modella, Aline Charigot, che
diventerà sua moglie, una giovane di straordinaria bellezza, dai lunghi
capelli biondi, dal seno prominente e dal sedere sodo, una virtù… che faceva
letteralmente impazzire l’artista.
“Se non esistesse la donna nuda non avrei scelto di fare il pittore, quando ne
ho dipinto una, se ho voglia di toccarla e di pizzicarla, vuol dire che ho
concluso bene il mio lavoro”. Era la frase che Renoir amava ripetere fino alla
noia.
I suoi grandi nudi femminili somigliano a ritratti di dee pagane dalle forme
straripanti ed opulente. Egli sa leggere nell’animo delle donne che
trasferisce sulla tela con i loro languori, i loro dolci capricci, la loro
inquietante sensualità.
Talune volte impiega una giovane modella dagli occhi ed i capelli nerissimi e
dalle forme favolose, Suzanne Valadon, ma, scoperto dalla moglie Aline in un
contatto tutt’altro che professionale, non potè continuare ad usufruire dei
suoi preziosi servigi… E’ suo il notevole posteriore del dipinto, un dettaglio
nella tela Bagnanti, conservato a Filadelfia in collezione Tyson. Negli ultimi
anni della sua vita una grave forma di artrite immobilizzerà Renoir quasi del
tutto, ma egli continuerà ad amare la vita e dipingerà fino alla fine,
addirittura facendosi legare i pennelli alle dita oramai paralizzate o
limitandosi a guidare le mani di un suo assistente nella lavorazione delle
sculture. La vista di un seno o di un sedere nuovo, giovane e sodo sembrava
resuscitarlo. La moglie con pazienza e rassegnazione raccontava che egli
sceglieva le domestiche in base alla loro pelle…, che doveva assorbire bene la
luce e negli ultimi anni, vecchio ed esausto, bastava la vista di un corpo
nudo per dargli energia e fargli prendere di nuovo in mano con rinnovata lena
il pennello.
Edgar Degas, occupa un posto particolare nel panorama della Parigi
impressionista. Amò ritrarre la Parigi notturna ed il mondo dello spettacolo,
ma col passare degli anni non avrà occhi che per le donne, con un debole per
le ballerine, e le ritrasse spesso dal buco della serratura nei momenti più
intimi, entrando meritatamente tra i voyeur, senza entrare nel merito
dell’accusa, avanzatagli dalle cronache del tempo, di incallito pedofilo.
“Voglio presentare la bestia umana che si occupa delle sue cose, una gatta che
si lecca” amava ripetere ai suoi interlocutori “Le mie figure femminili sono
esseri semplici, che si occupano di piccole cose, tra queste il lavarsi ed
asciugarsi è una delle principali.” Nel pastello in esame (fig.6) l’artista
porta la sua tecnica a nuove ed ineguagliate vette di virtuosismo, mescolando
tempera ed olio raffinato per ottenere nuovi effetti di tessitura e di luce.
La scena è pervasa da una sensualità sottile, con lo asciugamano, beato lui,
pronto ad intrufolarsi dappertutto come la più dolce delle carezze. Una
delizia per gli occhi vedere quel delicato solco che delimita, divide e dà
mistero a quelle magistrali creazioni di Dio: le natiche.
Un tuffo nel passato con una donna guerriero dalle terga poderose e
combattive, un’Amazzone (fig.7), pronta a saltare sulla groppa del destriero
ed a combattere e far soffrire gli uomini, ma chi di noi, pur sapendo di
rischiare la pelle, non vorrebbe incontrarla?
E che dire del culo di una diavolessa (fig.8), verde di rabbia, che si
contrappone ardita alla potenza celeste, tra toni surreali e colori squillanti
in un altare, conservato a Monaco nella Alte Pinakothek, con l’aggiunta di una
seconda faccia, creazione irridente della sfrenata fantasia di Michael Pacher.
La fotografia domina la scena degli ultimi decenni ed il materiale a cui
attingere è poco meno che sterminato, circostanza che rende difficile la
scelta.
Opteremo per proporre delle chiappe tatuate (fig.9), di proprietà della
compagna di un celebre calciatore portoghese, conosciuta nell’ambiente come la
Fica di Figo.
Senza eccedere ammireremo un esemplare doppio (fig.10), giovane e, più unico
che raro, imperforato.
E concluderemo questa breve carrellata brindando al sublime attributo
femminile con la coppa di inebriante champagne (fig.11) offertaci dalla
fanciulla che ci ha accolto allegramente all’inizio del viaggio.