Una eccezionale rarità iconografica, che ! farà discutere
a lungo storici dell’arte e del costume, bacchettoni e
antropologi, è ritornata alla luce, dopo secoli di forzato
oblio, a Massa Marittima, ridente paesino toscano dal glorioso
passato medioevale: un albero dai frutti prodigiosi. Non si
tratta né di pomi né di agrumi, bensì di sessi maschili,
numerosi ed al punto giusto di maturazione.
(fig. 1)
Pochi dei miei lettori, solo i più affezionati, ricorderanno
un mio articolo di circa 10 anni fa, ripubblicato ora nella
miscellanea “Le ragioni di della Ragione”, che rendeva
conto di una mia rara scoperta iconografica. Un affresco,
risalente al secolo XIV, con un Cristo nudo, che esponeva
senza pudicizia i suoi attributi virili, che si erano salvati
dalla furia iconoclasta del tempo, perchè la chiesa che lo
ospitava era stata coperta da una successiva, la quale aveva
funzionato, fino a pochi anni or sono, da gigantesco perizoma
architettonico.
Nell’affresco di Massa Marittima il salvataggio… è
consistito in uno spesso strato di calcare naturale, che ha
ricoperto per secoli il dipinto da sguardi censori, che non
sono mancati, soprattutto durante la Controriforma. Un
recupero dell’edificio, le Fonti dell’Abbondanza, un
grande loggiato costruito nel 1265, dove sgorgavano le acque
sorgive cittadine, ha permesso la straordinaria scoperta.
(fig. 2)
Il dipinto, di scuola senese, raffigura un imponente albero
della vita gotico (fig. 1) ai cui rami frondosi sono appesi in
bella mostra una moltitudine di falli turgidi (fig. 2), che
attirano l’attenzione, sia di corvi famelici che di due
gruppetti di donne posti ai due lati ai piedi dell’albero.
Le donne a destra della composizione sembrano aspettare
pazientemente il loro turno di raccolta…, mentre quello a
sinistra è variamente impegnato (fig. 3): una donzella cerca
di allontanare con un bastone i corvi, per salvaguardare
l’integrità dei frutti…, due donne si accapigliano
ferocemente nel disputarsi un poderoso esemplare ed infine una
fanciulla, di nascosto, ne sta nascondendo uno, molto
appetibile dietro la veste.
L’opera rappresenta un unicum iconografico, non solo per la
pittura italiana, ma in tutta l’arte occidentale.
Probabilmente, anche se nessuna fonte locale ne accenna,
rappresenta simbolicamente una di quelle originali
processioni, di derivazione pagana: le falloforie, durante le
quali si portavano in giro per il contado dei falli
giganteschi per propiziarsi la fecondità della terra e verso
questi simulacri priapei accorrevano le fanciulle del luogo,
le sposate per accarezzarli, le vergini per baciarli,
assicurandosi per il futuro contro la sterilità.
(fig. 3)
Discutendo con il professor Bagnoli, illustre storico
dell’arte dell’università di Siena, della sorprendente
scoperta, viene in mente l’unico dipinto che possa
apparentarsi a quello di Massa Marittima: una piccola
decorazione su una parete del castello di Moos di Appiano nel
Trentino. Un opera coeva realizzata in un periodo in cui la
nostra pittura si nutriva esclusivamente di scene religiose
convenzionali, ma nel caso in questione si trattava di un
prodotto destinato allo sguardo ed al divertimento privato dei
nobili, mentre nel nostro albero dell’abbondanza... ci
troviamo, per la sua collocazione in luogo pubblico, davanti
ad un affresco realizzato per essere esposto orgogliosamente
al popolo su commissione di un’autorità cittadina (fig.
4-5).
(fig. 4)
(fig. 5)
Per chi volesse accertarsi de visu di questa piccante scoperta
artistica consigliamo di affrettarsi, perchè purtroppo il
calcare eliminato dai restauratori si sta riformando
rapidamente, per via dell’acqua sorgiva che scorre proprio
alle spalle dell’affresco, il quale rischia in tempi brevi
di essere ricoperto.
E sarebbe un vero peccato che questo messaggio di gioia e di
speranza pagana, passato indenne alla furia sessuofobica dei
secoli scorsi, quando la Chiesa mise le mutande anche ai
capolavori ignudi dell’immortale Michelangelo nella Cappella
Sistina, dovesse scomparire di nuovo e forse definitivamente.
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