Venerdì 25 aprile,
alle ore 17:00, visita alla mostra su Salvator Rosa tra mito e magia.
Appuntamento biglietteria del museo di Capodimonte. (Visita
consigliata)
Sabato 26 aprile,
alle ore 11:00, visita alla mostra su Salvator Rosa tra mito e magia.
Appuntamento biglietteria del museo di Capodimonte.
Lunedì 28 aprile,
alle ore 17:00, incontro con il fotografo
Thomas Struth e visita gratuita della sua mostra e del museo Madre
Domenica 11 maggio,
alle ore 11:00, visita alla mostra su Salvator Rosa tra mito e magia.
Appuntamento biglietteria del museo di Capodimonte.
Sabato 17 maggio,
alle ore 17:00, visita del coro delle clarisse di S. Chiara (Affresco
di Lello da Orvieto) e della chiesa del Gesù. Appuntamento ingresso
monastero.
Sabato 24 maggio,
alle ore 10:30, visita delle chiese di San Giorgio Maggiore, San
Giuseppe dei Ruffo, S. Anna a Porta Capuana. Appuntamento 1^ chiesa.
Sabato 31 maggio,
alle ore 10:45, visita della Villa comunale: statue, fontane e flora.
La visita sarà guidata da Dante Caporali e Marianna D’Arienzo. Appuntamento
ingresso di piazza Vittoria.
Sabato 7 giugno,
alle ore 11:00, visita alla mostra su Salvator Rosa tra mito e magia.
Appuntamento biglietteria del museo di Capodimonte.
Achille della Ragione cicerone durante la visita del 5 gennaio 2008
Mostra di
Salvator Rosa al museo di Capodimonte
Tra mito e magia
Una delle più importanti
mostre italiane dell’anno Salvator Rosa tra mito e magia si aprirà il 19
aprile a Napoli nel museo di Capodimonte e sarà visitabile fino al 29 giugno.
Saranno visibili quasi cento dipinti, oltre ad alcune raffinate incisioni, in
una nuova elegante sede espositiva intitolata al compianto Raffaello Causa.
La rassegna, attesa da decenni, doveva interessare in un primo tempo solo il
tema a lui caro delle stregonerie, delle allegorie filosofiche e dei ritratti,
ma in seguito si è deciso di proporre anche alcuni significativi esempi di
quadri di paesaggio e di battaglia, generi nei quali la fama dell’artista fu
ampia e meritata.
Sono inoltre esposte delle bambocciate ed alcuni dipinti di autori coevi, tra
cui uno splendido Ribera, per gli opportuni raffronti con la pittura
napoletana del tempo. Sarà così possibile, in alcuni spazi del secondo piano
del museo, dedicato al secolo d’oro, paragonare le battaglie dell’artista con
quelle di Aniello Falcone e di Andrea De Lione e si potrà, forse, identificare
l’autore della grandiosa Mischia tra cavalieri ritenuta autografa dal Causa e
progredite le conoscenze sull’argomento, sospinta nel limbo degli ignoti,
anche se di grande valore.
Le tele provengono da musei italiani, europei e americani, come la Galleria
d’Arte Antica di Roma, la Galleria Palatina di Palazzo Pitti di Firenze, la
National Gallery di Londra, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, il
Metropolitan Museum di New York e da importanti collezioni private,
principalmente inglesi, difficilmente accessibili al grande pubblico.
Le opere sono state selezionate da un comitato scientifico internazionale,
composto da Nicola Spinosa (presidente), Marco Chiarini, Brigitte Daprà,
Sybille Ebert-Schifferer, Helen Langdon, Wolfgang Prohaska, Aurora Spinosa e
Caterina Volpi, a conferma dell’autorevolezza delle attribuzioni dei numerosi
inediti che vengono proposti per la prima volta.
Sulla copertina del catalogo troneggia il logo della mostra rappresentato dal
celebre autoritratto della National Gallery che invita alla meditazione con la
sua celebre frase:”Aut tace aut loquere meliora silentio”
La personalità dell’artista per essere apprezzata va collocata nel panorama
della pittura seicentesca e per chi volesse approfondire questo aspetto
consigliamo la consultazione del nostro saggio sull’argomento
http://www.guidecampania.com/dellaragione/articolo39/articolo.htm
Salvator Rosa, eredita dal Ribera il vezzo per i tipi volgari, l’amore per le
espressioni tragiche e la gioia nel rappresentare le sofferenze umane, mentre
dal Falcone recepisce la simpatia per la macchietta e la grande abilità nel
dipingere le battaglie.
Presto lascerà Napoli, che rimarrà sempre nel suo cuore e conserverà il suo
spirito partenopeo e la sua vena naturalistica, anche quando divenne una delle
maggiori personalità del Seicento italiano e l’eco della sua fama percorse
fino al Settecento tutta l’Europa.
Nel 1635 si trasferisce a Roma dove ha contatti con l’ambiente dei
Bamboccianti, con Claude Lorrain e Nicolas Poussin e comincia a cogliere del
paesaggio il suo aspetto pittoresco. Di questo periodo sono l’Erminia e
Tancredi e la Veduta di una baia conservati nella Galleria estense di Modena e
l’Incredulità di San Tommaso del museo civico di Viterbo.
Costretto a fuggire da Roma per le sue pungenti recite satiriche sotto la
maschera napoletana di Pascariello Formica, nel 1640 il Rosa si rifugiò a
Firenze sotto la protezione del cardinale De Medici, in un ambiente culturale
di scienziati e letterati nel quale si rinfocolarono le sue ambizioni di
umanista e filosofo stoico. Scrive le sue Satire e viene influenzato da
artisti come Jacques Callot e Filippo Napoletano. Il paesaggio naturale,
spoglio, selvaggio e carico di mistero, diventa scenario per la
rappresentazione idealizzata di episodi della vita di grandi filosofi e di
grandi personaggi storici, come nel Cincinnato chiamato alla fattoria e
nell’Alessandro e Diogene, entrambi nella prestigiosa collezione Spencer ad
Althorp o nella Selva dei filosofi conservata a Firenze a Palazzo Pitti.
Contemporaneamente dipinge grandiose scene di battaglie che nella loro
monumentalità si risolvono anche esse in solenni rappresentazioni ideali. Uno
spirito epico anima le sue tele come una fiamma, una torrida febbre percorre
le sue composizioni di grandi dimensioni, dotate di un ricco paesaggio con
città sullo sfondo, ruderi di templi ed edifici lontani che smorzano in parte
la tragicità delle scene. Nelle mischie furibonde si riesce a cogliere il
senso di un dramma cosmico come quello della guerra.
Negli ultimi anni del suo soggiorno fiorentino i suoi interessi artistici si
allargano ai temi esoterici della magia e della stregoneria, infatuato dalla
cultura magico filosofica di Giovan Battista Della Porta, ricordiamo Streghe
ed incantesimi, eseguito nel 1646, alla National Gallery, mentre la sua
pittura sempre più scura nei toni si concentra sulla rappresentazione
allegorica di temi morali ed idee filosofiche come nella Fortuna conservata al
Paul Getty museum di Malibu.
Animo estroso e bizzoso il Rosa fu pittore e disegnatore, incisore e poeta,
letterato e polemista, teatrante ed erudito, un personaggio veramente
complesso, dal temperamento vivace ed animoso, insofferente della società del
suo tempo, sdegnoso del volere dei committenti, ma nello stesso tempo ansioso
di essere ammirato.
Tornato a Roma nel 1649 è ambito da facoltosi committenti ed è richiesto dalle
maggiori corti europee principalmente per i suoi paesaggi, spesso animati da
vivaci figurine ed imitati fino alla fine del Settecento. Lo scenario è spesso
quello del sud con le sue rocce ed i suoi panorami aspri e severi, resi con
una certa dose di libertà espressiva e di fantasia, che non permette mai di
identificare con precisione i luoghi rappresentati. Il fogliame è reso con
grande accuratezza e spesso sono presenti le caratteristiche torri di
avvistamento presenti in tutte le nostre coste flagellate dalle incursioni dei
saraceni. Le figure dei contadini sono riprese nell’atto di animare la
conversazione con una gestualità tipica delle popolazioni meridionali. La
scelta dei colori cupi ed ombrosi è una costante della paesaggistica rosiana
che tende a rappresentare le sue scene al tramonto, per rendere l’atmosfera
più raccolta e più intimo il discorrere dei personaggi.
Salvator Rosa conservò sempre nel cuore la sua città natale, trasfondendone
nelle sue pitture il carattere gioioso, la proverbiale saggezza e tolleranza
dei suoi abitanti.
Nei suoi paesaggi, nelle sue marine, nelle sue boscaglie vivo è il ricordo dei
panorami conosciuti ed ammirati da ragazzo, come pure la sua matrice
naturalistica funzionerà negli anni come imprinting culturale dal quale
l'artista non potrà mai prescindere.
Dopo aver a lungo prediletto la bambocciata, il Rosa passò al paesaggio, di
cui fu promotore di uno schema ideale, subordinando l'idea del vero all'idea
del bello e richiedendo alla rappresentazione quiete e dignità espressiva.
Egli sceglieva alberi maestosi, montagne imponenti, laghi silenziosi,
esaltando la bellezza del paesaggio, nel quale inseriva volentieri piccoli
personaggi a piedi o a cavallo: pastori, mandriani, contadini.
La sua adesione al paesaggio classico fu ad ogni modo non totalizzante, sia
per la presenza vivificante di figurine, sia per un certo gusto per il
pittoresco in grado di rompere il felice equilibrio del paesaggio ideale. I
suoi lavori risentono inoltre della sua visione stoica della realtà, perché
non bisogna dimenticare che il Rosa fu anche scrittore e poeta. La natura
rappresentata è selvaggia con radure boscose ed alberi dai rami e dai tronchi
spezzati, rocce scoscese, boschi ombrosi con aperture su brani di cielo
azzurro.
La piena scelta classicistica della sua pittura risale agli anni 1639 '40,
quando l'artista risiede a Firenze. ma conserva sempre vivo nella sua mente il
ricordo de: luoghi natii, di Capri e di Ischia, della costa puteolana come di
quella sorrentina.
Negli anni successivi il Rosa si allontana gradualmente dalla visione classica
della natura a vantaggio d: forme rese pittoricisticamente in chiave
preromantica. «Non più il limpido cielo azzurro dei paesaggi ideali del
periodo toscano, ma uno spazio dilatato e percorso da una luce fluida e
suggestiva, nella quale le figure declamano una scena eroica» (Salerno).
Questo nuovo tipo di paesaggio realizzato da Salvator Rosa resterà legato al
suo nome anche nel secolo successivo ed avrà un seguito affollatissimo di
seguaci. falsari ed imitatori.
Gli ultimi anni della sua attività, dopo il 1660 il Rosa, anche per la pittura
di paesaggio, utilizzò molto l'acquaforte, realizzando una nuova maniera
monumentale, «lontana da quegli esiti così vibranti e a volte drammatici del
periodo precedente: la pennellata forte e materica cede il posto ad una
pittura trasparente e vibratile, attraverso tocchi nervosi, nulla cedendo al
pittoresco e alla rappresentazione descrittiva» (Pacelli).
Oltre al paesaggio si dedicò a dipinti di soggetto filosofico e mitologico
come l’Humana fragilitas del Fitzwilliam museum di Cambridge e lo Spirito di
Samuele evocato davanti a Saul acquistato da Luigi XIV ed oggi al Louvre.
Negli ultimi anni della sua attività ritornò al paesaggio, dipingendo una
natura spoglia e solitaria come gli eremiti ed i filosofi che l’abitavano.
La maggior parte dei dipinti di Salvator Rosa è conservata dal Settecento in
Inghilterra, dove la sua fama giunse all’apice grazie ad una biografia
romanzata scritta nel 1824 da una fervente ammiratrice dell’artista Lady
Morgan. Oltre manica egli fu apprezzato più che in Italia e molti videro in
lui un precursore di Byron e del romantico ultra pittoresco. L’influsso del
pittore italiano sugli artisti inglesi e sulla pittura olandese di paesaggio
fu molto grande ed il paesaggio alla Salvator Rosa fu diffuso per molti anni
dopo la sua morte grazie ad una serie di epigoni ed imitatori ed acquistò il
carattere distintivo di un genere.
Salvator Rosa è senza dubbio il più prolifico disegnatore dell'età barocca,
con oltre 800 fogli, con tecniche e formati diversi, che ci sono pervenuti. La
sua produzione grafica è stata studiata in maniera esaustiva da critici
stranieri quali il Wallace ed il Mahoney, autore nel 1965 di un ampio
repertorio, che approfondisce in particolare i disegni eseguiti in funzione
dell'utilizzo per l'incisione, attività alla quale l'artista si dedicò
assiduamente nel settimo decennio del secolo e che è ben rappresentata nella
rassegna.
Il Rosa, oltre a studi preliminari all'esecuzione di incisioni, soprattutto
acqueforti, realizzò anche numerosi disegni destinati ad essere venduti come
opere d'arte indipendenti, nei quali amò rievocare quei misteriosi paesaggi,
aspri di rocce e densi di vegetazione con alberi morenti ed i classici rami
spezzati, animati da figure di eremiti e da candide creature di un
insuperabile epos virgiliano.
Egli si espresse con la più ampia libertà di esecuzione e pur riprendendo dal
Ribera alcuni elementi, quali la rapidità del tratto e la semplicità del
modellato, raggiunse apici sconosciuti al pur grande valenzano.
Nell'acquerello, tecnica prediletta dal Rosa, riuscì ad ottenere effetti di
luce di inusitata ampiezza; elevati livelli qualitativi gli erano altresì
congeniali attraverso l'uso della penna e del gessetto. Fecondo ed apprezzato
come incisore e come grafico, affidò alla diffusione dei suoi fogli gran parte
della sua fortuna, che fu pari alla sua fama di pittore.
L’artista come è noto non ebbe allievi diretti, ma si servì soltanto di aiuti
che sbozzavano le sue tele. Il De Dominici indica alcuni nomi come seguaci,
mentre il grande successo dell’artista giunse fino al secolo successivo con un
corteo di imitatori a volte anche molto modesti.
Oggi la critica, pur se ha in parte ridimensionato la figura artistica di
Salvator Rosa, comunque gli riserva una posizione significativa nel panorama
figurativo non solo italiano ma europeo e la grande mostra napoletana
concorrerà a diffondere la sua conoscenza tra gli appassionati e gli studiosi.
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Eureka
l’onore è salvo
Gentile dottore,
otto agosto ore dieci, 40
gradi all’ombra, mi appresto ad entrare nel Tribunale di Napoli al centro
direzionale per ritirare un documento, ma vengo bloccato dal drappello di
polizia che giudica indecente il mio abbigliamento.
Premetto che l’indumento
incriminato è un elegante calzoncino, griffatissimo ed ultrafirmato,
abbondantemente oltre il ginocchio, con il quale abitualmente entro in chiesa,
stipulo presso notai contratti da milioni di euro e, lo confesso, ricevo
sguardi interessati da focose fanciulle e da attempate signore.
Chiedo di parlare col
comandante, ma mi viene riferito che trattasi di un’ordinanza firmata dal
presidente del Tribunale in persona.
Non mi scoraggio, nonostante
sia venuto da fuori Napoli e riesco, in cambio di un bigliettone, a convincere
un corpulento garzone a chiudersi nella toilette ed a prestarmi il suo
pantalone, per quanto imbrattato e rattoppato.
Mi ripresento all’ingresso ed
osservo una straripante popolana entrare senza problemi in calzoncini, segno
evidente che le sue gambe sono giudicabili in maniera diversa dalle mie.
Grazie al maleodorante pantalone imprestatomi riesco finalmente ad entrare ed
a ritirare l’agognato documento.
L’episodio sembra irrilevante,
ma a mio parere è di una gravità inaudita. Vietare l’accesso ad un ufficio
pubblico e sindacare l’abbigliamento dei cittadini è prerogativa dei paesi
islamici più arretrati, dove i talebani si arrogano il potere di obbligare gli
uomini a farsi crescere la barba e le donne ad indossare il burka. Ma forse i
magistrati, stanchi di giudicare solo i comportamenti dei cittadini, vogliono
anche pontificare sui loro abbigliamenti, confondendo il decoro di
un’istituzione, che si misura in efficienza nel contrastare una delinquenza
oramai padrona del territorio, con i centimetri dei calzoncini maschili.
Corriere della sera
10 agosto 2007 – Repubblica (nazionale) 10 agosto 2007 – Roma 10
agosto 2007 – Lo Strillo settembre 2007
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Di nuovo polemiche sull’aborto
Gentile dottore,
l’irruzione della polizia al
policlinico di Napoli mentre si svolgeva un’interruzione di gravidanza alla
21° settimana (5mesi) e la provocazione di Giuliano Ferrara che, in
concomitanza dell’approvazione da parte dell’Onu di una moratoria sulla pena
di morte, ha proposto una sosta di meditazione anche sull’aborto ed ha
predisposto delle liste per le prossime elezioni ha riacceso le polemiche ed
il dibattito sulla legge 194.
Vorrei fare qualche
considerazione sul problema nella veste di addetto al settore da oltre 35 anni
e non nella comoda retroguardia dalla quale pontificano politici, opinionisti,
medici e bioetici.
La legge italiana è tra le più
permissive del mondo e prevede la possibilità dell’aborto in qualsiasi momento
della gestazione ove mai “siano accertate malformazioni del nascituro che
determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”(art
6). Ciò significa che l’interruzione in teoria potrebbe essere attuata anche
al nono mese di gestazione, ma in questo caso il termine più adatto è, senza
ombra di dubbio, quello di infanticidio. Stabilire categoricamente un termine
ultimo mi pare assolutamente necessario, soprattutto alla luce degli sviluppi
delle tecniche di rianimazione, che permettono di tenere in vita un feto di 22
- 23 settimane
Negli anni Settanta quando fu
varata la legge in Italia ed in molte altre nazioni europee il problema
demografico era assillante, mentre ora la crescita delle popolazioni
occidentali è ampiamente deficitaria per cui bisogna porre in atto con urgenza
dei validi correttivi, pena il tracollo della nostra civiltà nell’arco di 2 –
3 generazioni.
Bisogna garantire una presenza
paritaria nei consultori di operatori laici e cattolici, affinché
l’interruzione non sia la scelta obbligata, garantendo fondi al movimento per
la vita ed ai centri di assistenza che sconsigliano il ricorso all’aborto.
Le tecniche di interruzione
farmacologica della gravidanza sono una realtà attuata in tutto il mondo salvo
in Italia e la 194 dovrebbe accogliere e codificare una metodica ben accetta
dalle donne.
La Repubblica
15 febbraio 2008 - La Stampa 16 febbraio 2008 - Il Resto del
Carlino 16 febbraio 2008
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