Cap.18
LA SEZIONE DI ARTE MODERNA DEI MUSEI VATICANI
Un mirabile connubio tra impressionismo, cubismo e cristianità
Dopo essere rimasti in estasi davanti alle stanze di Raffaello ed il
capolavoro della Cappella Sistina, entrare nella sezione di arte
religiosa moderna dei musei vaticani provoca sconcerto e stupore per
la improvvisa discontinuità nell'espressione artistica. Soltanto
dopo il visitatore percepirà che questi dipinti fanno parte di un
vasto progetto culturale che ha per oggetto il dialogo della Chiesa
con la modernità scaturito dal concilio Vaticano II. Nella sua
storia due volte millenaria il rapporto della chiesa con le arti è
stato fecondo e fruttuoso. Tutto quello che è possibile vedere
attraversando i musei vaticani; Raffaello nelle stanze e
Michelangelo alla Sistina, i sarcofagi paleocristiani e il Beato
Angelico, Botticelli e Caravaggio; è gloriosa dimostrazione di
quella felice alleanza plurisecolare. Per gran parte del suo
percorso la storia dell'arte in Occidente è la storia di un
equilibrio mirabile fra autonomia e libertà espressiva degli autori
e valori spirituali, dottrinali e politici di una religione che si
affidata alle figure per dare efficacia al suo messaggio. Mi pare
che il bisogno di realtà, di fisicità nella cultura cristiana sia
sempre vivissimo. Se io penso che per ricomporre l'universo nella
sua totalità e giustizia, Dio ha detto che l'anima riprenderà il suo
corpo solo quando, dopo la pausa che intercorre dalle innumerevoli
morti particolari al giudizio universale, l'uomo riacquisterà la sua
completa realtà, alla sua esatta conferma.
Ma il demonio con il nostro consenso e aiuto, ha capovolto questo
bisogno di realtà fisica da lucente in oscuro e perverso: in
peccato. Così facendo ci siamo poi messi di fronte alla
incompletezza del nostro considerare l'uomo solo materia. La morte
ci ha lasciato il suo terribile interrogativo tra le mani. E per
esempio, non conosco scrittore marxista che abbia risolto per sé e
per gli altri uomini questo interrogativo, a meno che non l'abbia
scavalcato o dimenticato. Ma la sua allora è una pace provvisoria,
una tregua. Tutta la Bibbia, tutto il Nuovo e Vecchio testamento, e,
quel che più conta, tutta l’Apocalisse parla per realtà: il loro
discorso si muove per via di immagini fisiche. Quando Giovanni ha la
visione della fine del mondo è esplicito: "... e scese fuoco dal
Cielo e li divorò. E il diavolo loro seduttore fu gettato nello
stagno di fuoco ... e vidi un gran trono bianco e quelli che c'erano
seduti sopra ... ". Ma anche venendo avanti nella storia, è un
continuo esempio di realizzazione fisica dello spirito che la
cultura cristiana ci offre, ben sapendo come sapeva che la
condizione fisica dell'uomo è invalicabile. Quando la Chiesa cercava
di darsi uno stile si attestava su quelli più tradizionali e
consolatori, ora affidandosi a forme di generico spiritualismo, ora
tentando nostalgici revival neoprimitivi, ora (è il fenomeno di cui
tutti ai nostri giorni siamo testimoni) aprendosi alle forme di un
caotico eclettismo che cerca di tenere insieme astrazione e figura,
novità e tradizione, liturgia e funzione, segno e messaggio.
Per decenni i tesori di spiritualità del cristianesimo sembravano
dissertare il mondo dell’arte.
Nei tardi anni Cinquanta, sotto Pio XII cominciarono ad entrare nei
Musei Vaticani Rouault, Morandi, Carrà, De Pisis, Rodin, De Chirico.
Partendo da quelle premesse più di trent’anni dopo, nel discorso
agli artisti tenuto nella Cappella Sistina il 7 maggio 1964, Paolo
VI elabora e propone una dottrina estetica che rimarrà una delle
pagine più alte nella storia del cattolicesimo novecentesco.
Partendo dalla consapevolezza della frattura fra la Chiesa e il
mondo delle arti e offrendo le condizioni per un nuovo statuto di
amicizia, il papa afferma la libertà dell' artista e il rispetto per
la forza innovativa dei linguaggi espressivi; e lo fa con parole di
dura, radicale critica nei confronti dell’istituzione da lui
rappresentata: «Vi abbiamo imposto come canone primo l’imitazione, a
voi che siete e creatori, sempre vivaci [...], di mille idee e di
mille novità [...]. Vi abbiamo peggio trattati, siamo ricorsi ai
surrogati, all’ oleografia, all’opera d’arte di pochi pregi e di
poca spesa [...] e siamo andati anche noi) per vicoli traversi, dove
l'arte e la bellezza e - ciò che è peggio per noi - il culto di a
Dio sono stati mal serviti». E ancora ritorna, papa Paolo VI, sulla
"missione" dell’artista chiamato a rendere visibile, nella pienezza
della sua libertà espressiva e quindi nell'esercizio della sua
responsabilità di creatore, ciò che è trascendente, inesprimibile,
"ineffabile".
Più tardi, nel 1973, nel discorso di inaugurazione del Museo di Arte
religiosa moderna, Paolo VI afferma ulteriormente la sua riflessione
distinguendo fra arte sacra e arte religiosa. Se la prima ha una
precisa connotazione di ruolo e di funzione perché è destinata a
qualificare il culto divino, la seconda offre all'artista uno
spettro di possibilità creative virtualmente infinito. Tutto ciò che
esprime l'umana spiritualità (stupore di fronte al miracolo della
natura, culto degli affetti, ascolto e riflessione di fronte ai
supremi interrogativi della vita, della morte, dell'assoluto e
dell’altrove) può essere argomento di arte religiosa.
La collezione che quel giorno di giugno del 1973 papa Paolo VI
consegnava alla gestione dei Musei Vaticani, dopo averla
personalmente e amorosamente costruita insieme al suo segretario
monsignor Pasquale Macchi, era destinata a testimoniare la
religiosità presente nell’arte moderna e contemporanea, ora affidata
a iconografie tradizionali (crocifissioni, natività ecc.) ora
sottesa a soggetti secolari quali paesaggi, nature morte, ritratti,
composizioni informali.
Partendo dal riconoscimento della religiosità immanente alle forme
figurative della modernità sarebbe stato possibile - era questo il
pensiero ultimo di Paolo VI - avviare la ricomposizione del divorzio
fra Chiesa e artisti .
E grazie a questa illuminata apertura alla modernità il visitatore
dei Musei Vaticani ha la sensazione di vivere nel suo tempo.
Bernard Buffet: Il battesimo di Cristo (1961)
Salvador Dalì: Crocefissione (1954)
Marc Chaghal: Cristo e il suo pittore (1951)
Vincent Van Gogh: Pietà (1890)
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