Cap.1
L’ultimo epigono della supremazia forense
Alfredo De Marsico
Prima di trattare della vita e delle opere dell’ultimo epigono di
un’illustre tradizione forense, che ha visto primeggiare per decenni
illustri avvocati del calibro di Nicola Amore, Pessina, Porzio,
Giovanni Leone, Enrico De Nicola, voglio premettere che da ragazzo
ho sempre apprezzato le arringhe.
Andavo pazzo per le perorazioni di Cicerone, che ho ripetutamente
letto in latino per non perdere la spontaneità della lingua. Anche in
anni precedenti mi sono appassionato ad approfondire, su rari libri
d’antiquariato, le escursioni dialettiche di Carnelutti e De Marsico.Da
ragazzo ho ascoltato le fasi più salienti di memorabili processi in
Corte d’Assise, tra i quali quello di Pupetta Maresca, che si
svolgevano nella vecchia sede di vico San Sebastiano, nell’antico
refettorio del monastero domenicano dove aveva pontificato il sommo
San Tommaso, una stradina divenuta oggi squallido tappeto di
siringhe di eroinomani, negletto e dimenticato.
Alfredo De Marsico, nato a Sala Consilina nel 1888, si spegne a
Napoli nel 1985, città nella quale,nel 1909,ha conseguito la laurea
in giurisprudenza dopo aver frequentato le scuole a Rossano. Avido
di letteratura e“malato di poesia”, da giovane era istintivamente
portato all’arte oratoria. Pronunciò il primo discorso a 17 anni in
occasione dell’inaugurazione di un monumento a Francesco De Sanctis
ad Avellino per pubblicare, poco dopo, un saggio su San Francesco d’Assisi. Per
intraprendere la professione forense rinunciò alla carriera
giudiziaria ed al lavoro presso il Ministero della Pubblica
Istruzione, al cui concorso d’ammissione era risultato secondo su
1000 concorrenti.
Collaborò a varie riviste, non solo giuridiche, curando a lungo una
rubrica sulla letteratura tedesca, lingua che padroneggiava come il
francese, l’inglese ed il russo.
Allo scoppio della Grande Guerra, pur riformato, rinunciò al congedo
per svolgere un’attiva propaganda politica con infuocate conferenze.
Ammiratore di D’Annunzio e Salandra, si mantenne su posizioni
liberali per aderire poi al fascismo, influenzato dalla forte
personalità di Mussolini, nel timore di una rivoluzione
socialista. Come penalista esordì nel 1923 con una fortissima arringa
nel processo contro l’uxoricida Luigi Carbone, conquistandosi subito
un posto di prestigio nell’empireo dei principi del foro. Insegnò, a
partire dal 1915, nelle università di Roma, Camerino, Cagliari,
Bari, Bologna e Napoli.Dopo l’epurazione, dovuta all’adesione al
fascismo, chiuse la carriera di docente a Roma nel 1958.
La sua produzione scientifica è imponente, come i testi scritti a
commento delle arringhe e delle originali posizioni sul rapporto
Individuo-Stato, da lui ritenuti entrambi titolari di diritti
originari.
Suoi scritti sono:
La rappresentanza nel diritto processuale penale, Milano Società
Editrice Libraria,1915 ; Violenza privata, 1920 ; Principi
informatori del diritto penale internazionale: discorso inaugurale
dell’anno accademico1928-29 nella R. Università di Bari, Bari, F.lli
Laterza & Polo, 1929 ; Coscienza e volontà nella nozione del dolo,
Napoli, A.Morano, 1930 ; Studi di diritto penale, Napoli, A. Morano,
1930 ; Il pensiero di Alessandro Stoppato negli attuali orientamenti
del diritto penale, Padova CEDAM 1933 ; Il codice penale illustrato
articolo per articolo, De Marsico e altri, 3 voll., Milano, Società
Editrice Libraria, 1934-1936 ; L’unità del diritto penale, Roma,
Foro italiano, 1935 ; Orazio, Estratto da: L’eloquenza, anno 25,
fasc.7-8-9, V.2, Roma, L’eloquenza, 1935 ; Diritto penale: parte
generale, Napoli, E. Jovene 1935 ; Le conseguenze del reato nel
diritto penale sostantivo e processuale: lezioni universitarie
(1937-38), Napoli, E. Jovene, 1938 ; Eventi ed artefici, Napoli,A.
Morano, 1938
Delitti contro il patrimonio: lezioni universitarie 1939-40,
raccolte da Elio Positano, Napoli, E. Jovene, 1940 ; Dogmatica e
politica nella scienza del processo penale, Torino, Unione
Tipografico-Editrice Torinese, 1941 ; Voci e volti di ieri, Bari,
Laterza 1948 ; Nuovi studi di diritto penale, Napoli,
EdizioniScientifiche Italiane, 1951 ; Penalisti italiani, Napoli, E.
Jovene, 1960 ; Eventi ed artefici: seconda serie, Napoli, A. Morano,
1965 ; Falsità in atti, 1967 ; Sul peculato per distrazione con
particolare riguardo al peculato bancario, 1968 ; La lotta contro il
dolore e la legge penale, 1971 ; Arringhe, 5 voll., Napoli, Jovene,
1975-2000 ; Prefazioni, Fasano, Schena Editore, 1978 ; Discorsi e
scritti, Napoli, Consiglio dell’Ordine degli avvocati e dei
procuratori, 1980 ; Biblioteche forensi e cultura, Napoli, Giannini,
1982
Le toghe d’Italia, 2 voll., Bari, Laterza 1982 ; 25 luglio43 –
memorie per la storia, Bari, Laterza, 1983 ; Il sole tramonta sul
tavolo di questa Corte d’assise: pagine da un diario epistolare,
Fasano, Schena, 1989 ; Mio padre racconta, a cura di Maria
Antonietta Stecchi De Bellis, Bari, G.Laterza,1996 ; Discorsi
sull’unità d’Italia, Fasano, Schena, 1997
Tra la vasta bibliografia su De Marsico mi piace citare:
Aldo Cafiero, Commemorazione di Alfredo De Marsico: Castel Capuano,
21 dicembre1995, Napoli, Giannini, 1996
Vittorio Valentino, Ricordo di Alfredo De Marsico, giurista,
avvocato, oratore, gloria della scuola forense napoletana: Napoli,
novembre 1995, Giannini, 1996
Carla Masi Doria e Massimo di Lauro (a cura di), Alfredo De Marsico:
l’avvocato, lo scienziato del diritto, l’uomo delle istituzioni, Atti
del Convegno di Napoli, Napoli, Jovene, 2006
Giuseppe D’Amico, Alfredo De Marsico: il mago della parola,
Battipaglia, Laveglia & Carlone, 2010
Sandro Setta, in Dizionario Biografico degli italiani (ad vocem)
L’ oratoria di De Marsico, che s’inseriva nella grande tradizione
forense napoletana, rifuggiva dalla retorica imperante nelle aule
giudiziarie, improntandosi “ad una più sagace penetrazione tecnica
ed a una maggiore adesione alla verità dei fatti scaturenti dalle
risultanze processuali. E De Marsico si atterrà sempre a questa
regola, con una oratoria certamente forbita, ma fatta di sostanza,
di deduzioni logiche e serrate, atte a superare tutti gli ostacoli,
senza aggiramenti e discutibili abilità”.
Fu otto volte presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli, di
cui tenne la guida fino al 1980. Dopo la morte, un discorso funebre
dell’avvocato Renato Orefice, presidente dell’Ordine, accompagnò la
collocazione di un suo busto a Castel Capuano. Nel 1995, un decennio
dopo la morte, un altro busto in bronzo fu collocato nella sala del
Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli.
Deputato a Napoli dal 1924, si impegnò nella stesura di una
legislazione di stampo fascista e fece parte del Direttorio per le
riforme legislative. Il partito lo incaricò di difendere nel 1925 i
camerati imputati nel delitto di Don Minzoni.
Il 5 febbraio fu nominato Ministro di Grazia e Giustizia, nonostante
fosse inviso ai settori estremisti del regime. Clamorosa la sua
opposizione alla pena di morte. Egli riteneva che con la conquista
dell’Impero, raggiunto lo “scopo supremo”, fosse necessario
ristabilire lentamente la libertà e riteneva l’alleanza con la
Germania nazista in contrasto con la civiltà giuridica
italiana. Contrario all’entrata in guerra, ebbe un ruolo di rilievo
nella seduta del Gran Consiglio del fascismo che, il 25 luglio del
1943, votò la sfiducia a Mussolini.Morto Dino Grandi, per molti anni
è rimasto l’ultimo superstite di quella storica riunione. Fu
condannato a morte in contumacia nel processo di Verona intentato
dalla Repubblica Sociale Italiana contro i 19 firmatari della
mozione Grandi.
Con l’avvento della Repubblica Italiana, fu epurato per quattro anni
dalla professione e per sette anni dall’insegnamento. Reintegrato nei
propri diritti, svolse ancora, fino agli inizi degli anni ‘80,
un’intensa attività didattica e professionale, ammirato protagonista
dei più noti processi come il processo Ippolito, segretario generale
del Comitato nazionale per l’energia nucleare, accusato di peculato,
falso ideologico, abuso ed interesse privato in atti d’ufficio (in
questo processo, svoltosi a Roma nel 1964, fu tra i difensori degli
altri imputati in concorso nei suddetti reati), il processo
Negrosoli, medico imputato d’uxoricidio, che egli accusò, a Bologna
nel 1965, come patrono di parte civile in una memorabile arringa, il
processo Pignatelli, sempre a Bologna nel 1979, in cui difese un
meridionale imputato d’omicidio in una rissa. A novantatre anni,
nell’ottobre del 1980, fu difensore di Izzo nel processo per
omicidio e stupro. De Marsico non aveva mancato di impegnarsi sul
piano più strettamente politico. Eletto senatore nel 1953 come
indipendente nella lista monarchica di Achille Lauro per la
circoscrizione di Avellino-Sala Consilina, ma non rieletto nel 1958,
continuò a testimoniare la propria fede in una tradizione
nazionalistica ormai spenta con conferenze sull’italianità di
Trieste, su Elena di Savoia, sul centenario dell’Unità d’Italia.
All’inizio degli anni ‘70 su “Il Roma”, “Il Giornale d’Italia” e “Il
Tempo” condusse battaglie contro la politicizzazione della
magistratura che, a suo avviso, poteva minacciarne l’indipendenza, e
contro il terrorismo per combattere il quale proclamò, agli inizi
degli anni ‘80, l’esigenza del ritorno ad uno Stato forte. Nei suoi
scritti e ricordi, conservò ammirazione per Mussolini ed il
fascismo, lamentando il tramonto del senso dello Stato e della
tradizione, causato dal “minaccioso affermarsi di miti che hanno
protagonista la massa”.
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