Cap.39
Un colto e geniale precursore
Luigi Califano
Patologo di fama internazionale, preside della facoltà di medicina
di Napoli, Luigi Califano, tra le persone colte, era conosciuto
principalmente come raffinato intellettuale ed appassionato
estimatore di Benedetto Croce, uno dei pochi che, non solo aveva
letto, ma anche studiato, l’intera opera omnia del celebre filosofo.
Assiduo frequentatore dei salotti napoletani, quando era fra amici
fidati, svestiva volentieri i panni di seriosità professorale e la
patina di ufficialità, che fatalmente avvolgono i personaggi
illustri ed ecco che si ritrovava il gentiluomo napoletano, che non
disdegnava a volte di usare il vernacolo, con la cognizione che non
si tratta di un volgare dialetto, ma di una vera lingua, con più
vocaboli dell’italiano.
Califano ha rappresentato una figura di studioso a 360 gradi, in
grado di coltivare con eguale passione ed impegno lo studio degli
ormoni tiroidei e gli scritti dei presocratici, le ricerche di
enzimologia e le poesie di Carducci, senza trascurare la sua
collezione di rare piante tropicali, oltre quattromila, coltivate
con cura scrupolosa e viva passione di esperto naturalista nella
serra situata sul terrazzo del suo istituto, sito nel cuore della
vecchia Napoli.
All’ingresso della biblioteca troneggiava un ritratto di Goethe, un
personaggio che seppe conciliare la scienza con l’arte, alternando
tra un’opera letteraria e l’altra, la pratica della pittura e lo
scrivere un testo fondamentale di botanica sulla metamorfosi delle
piante.
Nativo di Sorrento, dopo aver frequentato a Napoli il famoso liceo
Giambattista Vico, all’epoca fucina di cervelli e non di squallidi e
svogliati scioperaioli, scelse la facoltà di medicina, pur amando
gli studi letterari, perché sentiva che quella decisione non
comportava alcuna rinuncia e non gli avrebbe impedito di divenire
uno scienziato umanista. Dopo la laurea un fecondo periodo di
perfezionamento in Germania presso istituti prestigiosi frequentati
da giganti del calibro di Warburg, Koch e Virchow. All’epoca non
andavano di moda gli Stati Uniti e l’Europa era all’avanguardia
negli studi scientifici. Gli studenti teutonici, finito il liceo
erano in grado di parlare correntemente in greco o latino ed i
risultati si vedevano ogni anno quando a Stoccolma si assegnavano i
premi Nobel, con i cugini di oltre Alpi, che per decenni tra le due
guerre facevano l’en plein in tutte le materie.
Intrapresa la carriera universitaria, fu docente di microbiologia,
prima a Perugia e quindi a Bari, tornato a Napoli prenderà possesso
della cattedra di Patologia generale, per interessarsi poi
principalmente di organizzare la ricerca scientifica, occupandosi
della incombenza più fastidiosa per uno studioso: reperire i fondi.
Nella direzione dell’istituto è tutto il contrario dei famigerati
baroni, ridimensionati dalla bufera del’68: non firma i lavori che
ha soltanto diretto, tratta con cordialità i collaboratori fino
all’ultimo specializzando ed invia all’estero i giovani più
meritevoli, favorendone il successivo ritorno a Napoli, in maniera
da avere un istituto sempre all’avanguardia; un comportamento
illuminato da vero maestro.
Del professor Califano serbo un piacevole ricordo perché fu l’unico
trenta e lode della mia carriera universitaria corroborato dal
fatidico bacio accademico. A volte l’abbraccio vigoroso di un
luminare, rinforzato da parole di apprezzamento, vale ben più di un
bacio appassionato della più bella e ricercata top model. Dovranno
passare oltre dieci anni per riprovare, in una facoltà diversa,
quella di lettere, la stessa ebbrezza accademica, grazie al caloroso
bacio… di Vallone, il celebre italianista, che si complimentò per il
mio esame: “Lo studente più preparato che abbia incontrato in
quaranta anni di insegnamento”. Lo studente era però già un
professionista affermato in ben altra branca con moglie e tre figli
a carico.
Essere presidente del comitato di biologia e medicina in seno al
Consiglio nazionale delle ricerche costituiva una grande
responsabilità ed una costante occasione di scontro con la miopia
della classe politica, che non seppe, in un delicato momento storico
per la ricerca bio medica, compiere scelte coraggiose, dedicando
finanziamenti sufficienti, in linea con altri paesi europei. Da
allora è cominciata la triste diaspora dei nostri migliori cervelli
verso l’estero, giovani che non sono più ritornati e che lontano dai
patri lidi hanno incontrato soddisfazioni economiche, ma soprattutto
il giusto riconoscimento del proprio valore.
Invano il professor Califano cercava di convincere gli altri
componenti del comitato di dare spazio alle nuove leve. “ Gli
anziani spesso possono imparare dai giovani, ve ne sono tanti pieni
di idee ed energia da destare entusiasmo più di tanti paludati,
pieni di onorificenze e titoli accademici”.
Un’altra battaglia perduta fu quella di disciplinare la stampa
medica, che in Italia ha sempre avuto il maggior numero di riviste
del mondo, tutte scritte in italiano, una lingua che all’estero
nessuno conosce e, cosa più grave, con una qualità della produzione,
a spese degli autori in caccia della libera docenza, veramente molto
modesta. Erano anni in cui tutti i paesi capirono l’importanza di
pubblicare solo in inglese, anche nazioni legate alla propria storia
ed alla propria lingua, come ad esempio la Germania, che in quegli
anni soppresse una leggendaria rivista come la Biochemische
Zeitschrift per trasformarla nel giornale Europeo di biochimica.
In anticipo sui tempi non riuscì a convincere politici e colleghi
della prodigiosa evoluzione di quegli anni e del fervore di ricerche
che maturavano in tutto il mondo e che avrebbero cambiato il mondo,
come quaranta anni prima i progressi della fisica avevano condotto a
luminose conquiste.
Oggi il suo nome, al di fuori dell’ambiente medico, è ingiustamente
dimenticato, come quello di tanti napoletani, che si sono prodigati
per una vita e che il tempo, lentamente ed impietosamente, ha spinto
nell’oblio.
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