Cap.23
Un record di chiese sconsacrate
E’ da tempo che a Napoli si parla di restituire alla pubblica
fruizione le tante chiese del centro storico, che versano in
completo stato di abbandono e di degrado, sdegnate persino dai ladri
che hanno asportato spesso anche statue ed altari. La Curia nel 2011
ha emesso un bando: “ Chiese da riaprirsi” con l’obiettivo di
affidare ad associazioni il compito di restituire alla città, alla
cultura e all’artigianato luoghi da decenni non più accessibili.
Ma fino ad ora solo poche sono state assegnate: tra queste la
basilica di San Giovanni Maggiore, affidata all’Ordine degli
Ingegneri, che organizza concerti, conferenze e convegni,
lasciandola libera la domenica per attività di culto. Da allora quel
tratto di via Mezzocannone ha riacquistato una vitalità ed un
fermento culturale incidendo positivamente anche sul contesto
sociale ed economico.
Il terremoto del 1980 inferse un colpo mortale al patrimonio
artistico napoletano. Da allora molte, moltissime chiese, anche di
primaria importanza, sono negate alla fruizione del pubblico e dei
turisti.
Le chiese di una città sono la testimonianza del suo glorioso
passato, ma soprattutto possono costituire un potente volano di
sviluppo perché in grado di attirare, come ai tempi eroici del Grand
Tour, un esercito di forestieri.
Il calendario realizzato con tanto amore dal fotografo Listri e
sponsorizzato dalla Sovrintendenza può determinare uno scatto
d’orgoglio e può far capire, anche al grande pubblico, la necessità
di provvedere all’incuria che si trascina con tracotanza ormai da
troppo tempo.
E’ un grido di dolore che si leva disperato affinché questi sacri
templi possano tornare alla stupefatta ammirazione dei visitatori.
Si tratta di edifici più o meno noti come Sant’Agostino alla Zecca o
Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, come la Sapienza o Santa
Maria del Popolo agli Incurabili, ma anche le altre, prima di essere
depredate ed abbandonate a vandali e ladri, hanno costituito un
tassello fondamentale nella storia della città: Sant’Aspreno ai
Crociferi, l’Immacolata a Pizzofalcone, San Giuseppe a Pontecorvo,
la Scorziata, la Disciplina della Croce, i Santi Severino e Sossio,
i Santi Cosma e Damiano ai Banchi Nuovi, Santa Maria Vertecoeli.
Bisogna mobilitarsi per salvare e soprattutto bisogna fare presto.
Su queste chiese che dovranno ospitare attività sociali aleggiano
leggende e miti, con vergini e draghi che vogliamo rammentare
assieme a cenni su quando e da chi furono edificate.
Partiamo da quella già assegnata, San Giovanni Maggiore, che nel I
secolo fungeva da tempio pagano, fatto erigere dall’imperatore
Adriano in onore di Antinoo. Nel IV secolo poi l’imperatore
Costantino trasformò il tempio in chiesa che volle dedicare a San
Giovanni Battista per essere poi arricchita da quadri e
suppellettili.
La chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli sorge su una piccola altura
dove vi era un boschetto utilizzato spesso per le sfide a duello e
dove molti pensavano che vi fosse la tomba della sirena Partenope,
fondatrice della città e conosciuta dal popolino come “’a capa ‘a
Napule”.
Un’altra leggenda ci parla di un’edicola votiva pendente da un
albero, davanti alla quale una donna sterile venne ad impetrare la
grazia di un figlio, che dopo poco nacque e venne battezzato col
nome di Agnello, in vernacolo Aniello, il quale da grande ascese
alla gloria degli altari. Questa chiesa verrà destinata a Centro per
informazioni turistiche.
Alla stessa destinazione verrà adibita anche la chiesa dei Santi
Cosma e Damiano ai Banchi Nuovi, entrambi medici. Essa venne
edificata nel 1616 dall’associazione dei barbieri e la cosa non deve
destare meraviglia, perché a quell’epoca e per lungo tempo questi
artigiani svolgevano anche attività sanitarie.
Trecento vergini di nome Immacolata frequentavano nel ‘500 una
chiesetta denominata del Rosario, sulla collinetta di Pizzofalcone,
frequentata dai soldati spagnoli lì acquartierati. Nel 1850 il re
Ferdinando II la fece completamente riedificare ed in ricordo
dell’antica frequentazione le impose il nome di Immacolata a
Pizzofalcone. Essa verrà adibita a centro polifunzionale per fornire
servizi ai Quartieri Spagnoli.
Orefici e gioiellieri, quasi tutti genovesi, fondarono nel 1857 in
via Medina una chiesa, San Giorgio dei Genovesi. Oltre a questi
artigiani molto ricchi vi era una vasta colonia di liguri,
abilissimi nell’attività di ristoratori. Infatti ai napoletani
piaceva molto la carne alla genovese. Cuochi e camerieri si recavano
a pregare nella cappella dell’infermeria di Santa Maria la Nova
prima dell’edificazione della loro chiesa, la quale divenne famosa
perché sull’altare maggiore troneggiava un dipinto raffigurante San
Giorgio mentre trafigge un drago. A breve diverrà sede di una
biblioteca pubblica.
In via Medina si trova anche la celebre chiesa della Pietà dei
Turchini, fondata nel 1592, a cui era annesso un orfanotrofio i cui
componenti erano avviati allo studio della musica indossando un
abito talare di colore turchino. Tra gli allievi vi fu il grande
Alessandro Scarlatti e nella chiesa fu dato l’ultimo saluto ad
Aurelio Fierro. Nella sede del vecchio conservatorio è prevista la
nascita di un laboratorio musicale.
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Sant'Agostino alla Zecca
San Giuseppe delle Scalze
Ritiro della Scorziata
Santa Maria della Sapienza
Sant' Aspreno ai Crociferi
Santi Cosma e Damiano
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