Cap.11
L’agonia delle torri aragonesi
Napoli è stata ripetutamente capitale di regni estesi e potenti, ma
il periodo aureo per la città fu, ad unanime parere degli storici,
costituito dai sessanta anni di dominio della casa d’Aragona, un
vero Rinascimento alla pari di quello fiorentino, niente a che
vedere con la frottola messa in giro anni fa da una classe politica
famelica e corrotta.
I fasti di quegli anni lontani oggi sono difficili da localizzare
nel tessuto urbanistico, stravolto dalle stratificazioni successive
e per l’incuria degli uomini.
La statua di Alfonso il Magnanimo troneggia sulla facciata di
Palazzo Reale a rammentare che con la sua conquista della città il
Regno di Napoli si inserì in maniera articolata nell’economia del
Mediterraneo, per il contributo di mercanti italiani e stranieri, in
prevalenza fiorentini e catalani, le cui attività bancarie e
commerciali crearono degli importanti legami tra il Mezzogiorno e le
principali realtà europee.
La corte aragonese era famosa per lo splendore e per il suo amore
verso la cultura e l’arte, che ebbero un notevole impulso. Erano di
casa nella biblioteca reale di Castel Nuovo, straripante di volumi
rari e preziosi, poeti come Sannazaro ed umanisti quali il Panormita
ed il Pontano, a cui venne intitolata la celebre accademia voluta da
Alfonso.
Anche sotto Ferrante si espressero forti personalità in campo
artistico, da Giuliano da Majano a Francesco di Giorgio Martini e
durante il suo regno la città acquisisce quella suggestiva immagine
impressa nella Tavola Strozzi, una prospettiva in parte vera ed in
parte fantastica, di sicura valenza simbolica. Nel frattempo viene
eretta Porta Capuana, concepita come un vero arco trionfale e
splendide ville come quella della Duchesca o quella di Poggioreale,
immortalata in una tela di Domenico Gargiulo.
Nel campo dell’architettura civile sorgono superbi palazzi, come
quello di Diomede Carafa e dei Sanseverino, ma allo spettacolare
arco di trionfo marmoreo all’ingresso di Castel Nuovo è legata la
testimonianza del contributo di scuole artistiche diverse, che a
Napoli riuscivano a coagularsi, mentre celebri sono le sculture del
Mazzoni, che nella chiesa di Monteoliveto nel commovente Compianto
su Cristo morto ci ha tramandato le figure dei principi aragonesi a
grandezza naturale ed i dipinti del Colantonio e di Antonello da
Messina.
Furono approntati sistemi difensivi per la città e le memorie più
vistose si reperiscono nella mole poderosa di Porta Capuana, di
Porta Nolana e nei Bastioni del Carmine, ma vi è poi una serie di
torri che vanno dalla Marina a via Foria, dove alcune si sono
trasformate nella caserma Garibaldi, che sono state fagocitate dallo
sviluppo edilizio successivo e versano in uno stato di degrado e di
abbandono vergognoso.
Queste torri aragonesi in agonia sono lo struggente ricordo di una
Napoli medioevale, che l’impeto del successivo barocco ha sommerso,
rendendole poco visibili, ma opportunamente recuperate, potrebbero
costituire un interessante itinerario per i turisti e per gli stessi
napoletani, dei quali ben pochi conoscono questi angoli reconditi
della loro città. Procedendo verso l’interno intorno all’area di San
Giovanni a Carbonara sono presenti numerosi resti di testimonianze
della cintura difensiva con torrioni riutilizzati per uso abitativo
o come deposito. Tra questi la torre detta di S. Anna, per la quale
si è tentato di recuperarne l’antica dignità, ma che rimane ancora
quasi irraggiungibile, infatti per accedervi bisogna passare per un
garage e poi, uscendo da una porticina laterale, percorrere un
tratto delle antiche mura. Lo scorrere inesorabile del tempo, ma
soprattutto l’incuria e la strafottenza dei napoletani, ha
trasformato completamente i luoghi e là dove vigilava la ronda delle
sentinelle troneggiano oggi schiere di lenzuola sbrindellate stese
ad asciugare, i famosi panni gocciolanti che rappresentano
l’orribile biglietto da visita di tanti vicoli della città.
In peggiori condizioni versa la torre in via S. Caterina a Formiello,
la cui base è stata letteralmente ingoiata dalle superfetazioni dei
bassi, da tempo abbandonati anche dai napoletani più miserabili ed
oggi affittati a prezzi esorbitanti agli extra comunitari, mentre in
vetta tracce di un abuso ottocentesco con una ringhiera civettuola
divorata dalla ruggine.
In condizioni disastrate versa anche la torre di San Michele
all’angolo della salita Pontenuovo, crollata parzialmente da anni e
con tracce sul tetto di una costruzione recente, mentre tutto
attorno cresce rigogliosa una boscaglia selvatica popolata da
zoccole fameliche, che si nutrono degli abbondanti rifiuti.
Identica situazione per le altre schegge di torri, invase da garage
addirittura condonati, piccole fabbriche ed incivili abitazioni.
E nel frattempo si attende un finanziamento europeo per collocare
nei pressi di queste antiche torri agonizzanti, nei locali della
chiesa di S. Anna e San Gioacchino, l’archivio urbanistico della
città digitalizzato dal Settecento agli anni Sessanta del Novecento,
mentre gli originali cartacei rimarranno nell’archivio di salita
Pontecorvo.
Un tentativo coraggioso quanto disperato di preservare con il muro
siliceo della memoria le memorie delle mura vulcaniche.
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Antonio Joli-Il Forte del Carmine e Borgo Loreto (Napoli, Museo di
S.Martino)
Porta Capuana
Porta Nolana
Torre aragonese a S. Caterina a Formiello
Torre aragonese a Via Rosaroll
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