Una battaglia di civiltà
Relazione di Achille della Ragione, organizzatore del
convegno "La situazione delle carceri in Italia" Napoli 10
ottobre2003, Goethe Institut, consultabile integralmente in audio video sul sito di Radio radicale
Questi
testi sono tratti da:
"Le ragioni di della Ragione", un libro che
raccoglie una scelta di lettere al direttore inviate da
Achille della Ragione, negli ultimi tre anni, ai principali
quotidiani italiani e campani ed inoltre una breve miscellanea
di articoli, recensioni, relazioni congressuali, lezioni e
discorsi scelti dall'opera omnia che l'autore licenzierà tra
poco alla stampa in tre volumi.Tutti i libri di Achille della
Ragione sono reperibili a Napoli presso la libreria
Neapolis (di fronte alla chiesa di San Gregorio Armeno) e
presso Graphicus, via San Bartolomeo 46.
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Attorno al "Pianeta
carcere" da sempre vige un silenzio assordante dei mass media e delle
istituzioni. Inoltre, ed è l'aspetto più triste della vicenda, da parte
dell'opinione pubblica vi è non solo disinteresse, ma la volontà pervicace
di non interessarsi, di non sporcarsi le mani ed il cervello al contatto di
problematiche che riguardano chi ha sbagliato ed ha contratto un debito verso
la società. In tal modo si commette il grave errore di dimenticare una
drammatica verità, costituita dal fatto che i 2/3 dei detenuti sono in attesa
di giudizio - per cui, secondo la nostra Costituzione, innocenti - e, di
questi, oltre il 60% sarà assolto alla fine del giudizio, naturalmente dopo
essere stati annientati e con loro, i loro familiari.
Ho toccato con mano questa invincibile riluttanza, ricevendo da parte di
numerosi amici e conoscenti un rifiuto perentorio all'invito a partecipare,
anche se solo come ascoltatori, a questo convegno.
La vita dei carcerati è una realtà scottante, ma alla pari dell'eutanasia,
dell'omosessualità, della follia, della droga, dell'aborto non interessa, in
maniera trasversale, l'intera classe politica, perché non solo non procura
voti, bensì fa perdere consensi non appena si accenna all'argomento.
Il livello di civiltà e di democrazia di un Paese si valuta a seconda del
modo in cui vengono trattati i più deboli e non esiste categoria più
abbandonata e negletta della popolazione carceraria, privata non solo del bene
più prezioso per un individuo: la libertà, ma costretta, per il disumano
sovraffollamento delle nostre infernali "caienne", a subire una
infinità di pene accessorie più varie, dalle violenze sessuali alla
sporcizia obbligatoria, stipati come bestie in gabbia, fino a limiti
allucinanti di 16 persone in una cella di 4 metri per 4, più una squallida ed
angusta latrina per i bisogni corporali, per lavarsi e per lavare le stoviglie
dopo i pasti.
Napoli, come sempre, quando si tratta di record negativi è in testa alla
classifica con il sovraffollamento da quarto mondo dei suoi penitenziari, al
cui confronto i gironi infernali danteschi impallidiscono miseramente.
Il carcere di Poggioreale, come riferito ufficialmente all'inaugurazione
dell'anno giudiziario 2002 , può contenere al massimo 1276 detenuti, ma ne ha
avuti in media 2199. Nel 2003, pur rimanendo invariata la capienza, abbiamo
appreso che si è raggiunto il record di 2386 detenuti. Eureka!!
In queste disperate condizioni,prive di qualsiasi dignità, naturalmente
qualsiasi tentativo di recupero è mera utopia:diritto allo studio, al lavoro,
ad un minimo spazio vitale rappresentano chimere irraggiungibili.
E così ogni giorno si calpesta e si ignora sfacciatamente il terzo comma
dell'articolo 27 della nostra Costituzione, il quale recita solennemente:
"... le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di
umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".
Inoltre, alle disperate condizioni di vita nei penitenziari si associano
ulteriori disfunzioni, quali la esasperante lentezza con cui i giudici di
sorveglianza esaminano le posizioni dei detenuti, che avrebbero diritto ad
uscire dal carcere ed usufruire del regime di semilibertà.
Anche tutti gli altri istituti di pena campani soffrono di condizioni di
sovraffollamento più o meno gravi e di condizioni di vivibilità ai limiti
dell'incubo.
Un discorso a parte merita il famigerato "41bis", un regime di
ulteriore grave restrizione delle libertà personali in aggiunta a tutte le
limitazioni della carcerazione. Una normativa ignota negli altri Stati
europei, che, applicata con severità, può sconfinare in un trattamento che
nel diritto internazionale ha un nome ben preciso : tortura, anche se solo
psicologica.
Alla fine di questo angoscioso tunnel non si riesce ad intravedere che una
luce fioca, la cui esiguità sembrerebbe togliere ogni speranza ai detenuti ed
ogni desiderio di proseguire la lotta ai pochi uomini di buona volontà, che
da tempo combattono, ad armi impari, contro inique ingiustizie.
Una sola proposta che possa suonare da minaccia: cosa aspettiamo a portare lo
Stato italiano davanti alle Corti di giustizia internazionali!? |
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