Il complesso del Vittoriano a Roma rende un
importante omaggio a Picasso, il più celebre artista del Novecento,
con una rassegna che esplora, con 180 opere tra oli, disegni e
sculture, la produzione degli anni 1917 – ’37. Si tratta della prima
vera rassegna che si tiene in Italia dopo la grande retrospettiva
curata dallo stesso artista nel 1953 presso la Galleria Nazionale di
Arte moderna di Roma.
Le opere d’arte partorite in quasi 80 anni di attività dal grande
genio catalano sono innumerevoli, nell’ordine di alcune decine di
migliaia di esemplari e qualunque mostra, anche la più esaustiva,
può offrirci della sua frenetica ed ecclettica vis espressiva solo
uno spicchio di realtà, per cui non dobbiamo apprestarci a visitare
questa splendida rassegna con l’idea di riuscire a comprendere nella
sua totalità uno degli spiriti piu’ inquieti del XX secolo.
Se sfogliamo un libro su Picasso, ad esempio la monografia in due
volumi pubblicata dalla Rizzoli negli anni Settanta, che rimane una
pietra miliare per apprezzare la sua arte, vedremo le foto di oltre
cento dipinti, di questi ben pochi sono visibili a Roma; ma nessuna
delusione, il periodo esaminato dalla rassegna è scrupolosmente
documentato e ci permette di confrontarci con il suo stile
caleidoscopico:cubismo, postcubismo, surrealismo, neoclassicismo,
astrattismo, da cui il titolo dell’esposizione: l’Arlecchino
dell’arte, una metafora per sottolineare la molteplicità dei suoi
stilemi espressivi.
La carrellata ha inizio con il 1917, anno del suo viaggio in Italia,
a Roma, ma anche a Napoli, dove visitò la Cappella Pontano e la
chiesa di San Giovanni a Carbonara, rimanendo attirato dalla cromia
smagliante dei pavimenti quattrocenteschi e dalle variopinte
bizzarre figure di uccelli, che il suo acuto spirito di osservazione
divorò letteralmente per restituire quelle antiche immagini,
opportunamente metabolizzate, negli squillanti colori delle sue
tele.
Egli soggiorna alcuni mesi nella città eterna perchè impegnato, su
incarico di Jean Cocteau, nella realizzazione della scenografia e
nei costumi di uno spettacolo di balletti russi di Sergei Diaghilev.
Il grande sipario (Parade) (fig. 01), del quale è esposto un
bozzetto, rappresenta una gioiosa festa di arlecchini e personaggi
del circo, a rimembrare i saltinbanchi del periodo rosa e precubista,
mentre una ballerina è in piedi su di una grande cavalla alata, che
lecca amorevolmente il suo puledrino, il tutto dominato da una
tonalità di rosso e di verde simile a quella che potè apprezzare
nelle sue visite agli affreschi di Pompei.
Durante il suo lavoro il pittore conosce Olga Kokolova, un amore
folgorante, che l’anno successivo sfocerà nel matrimonio.
fig.01 Parade
L’Italienne (fig. 02), dipinta nel 1917 nell’atelier dello spagnolo
di via Margutta, ritorna per la prima volta in patria grazie al
prestito della fondazione Buhrle di Basilea e ci fa provare la gioia
della visione di una dinamica scomposizione cubista di una fanciulla
in costume tradizionale con il profilo del celbre cupolone.
fig.02 italienne
L’Arlecchino è documentato in quattro diverse versioni: la
prima(fig. 03), del 1917, nella quale è ritratto l’amico Leonide
Massine, fa da logo alla mostra e prende ispirazione dai pittori
manieristi italiani, quali Bronzino e Pontormo, dei quali apprezzò
la resa degli abiti preziosi ed eleganti ed i ritratti di giovani
pensosi e seducenti immersi nei loro pensieri ieratici e
meditabondi. Seguono il cubista Arlecchino suonatore(fig. 04) del
1924, quello astrattista del 1927 e la coeva Testa, dai colori
vividi e luccicanti.
fig.03 Arlecchino(Barcellona, Museu Picasso)
fig.04 Arlecchino musicista (Washington, National Gallery of Art)
Seguono poi alcune opere del periodo neoclassico, come la misteriosa
Donna che legge(fig. 05) e la Natura morta con busto antico,
entrambe provenienti dal Centro Georges Pompidou di Parigi. In
seguito Picasso si lega, oltre al neoclassicismo anche al
surrealismo, senza mai partecipare al movimento; quindi sposa le
tematiche dell’astrattismo, come testimonia il suo capolavoro Due
donne davanti ad una finestra(fig. 06) proveniente dal Museum of
Fine arts di Houston, eseguito nel 1927.
fig.05 La lettrice (Parigi, Centre Pompidou)
fig.06 Due donne alla finestra (Houston, The Museum of Fine Arts)
Negli anni Trenta l’artista riprende quel dialogo a distanza con
Matisse e la tradizione neoclassica, fonte inspirativa delle cento
incisioni visibili in mostra, note come Suite Vollard, dal nome
dell’editore e provenienti dal Museè des Beaux Arts du Canada di
Ottawa. La serie di acqueforti è dominata dalla figura mitologica
del Minotauro(fig. 07), raffigurata nella sua ambiguità di semidio e
di animale umano, forte della sua potenza e dei muscoli, ma dallo
sguardo profondamente malinconico.
fig.07 For-Vollard
Ritorna anche ad interessarsi al ritratto interpretato attraverso il
filtro del suo occhio libero di vedere il modello ogni volta in
maniera diversa. Un esempio di questo genere è la Donna che piange
con fazzoletto(fig. 08) della Fondazione Beyeler di Basilea. Altre
tele interessanti sono lo Studio per un monumento(fig. 09) del museo
di Baltimora, la Donna sdraiata sulla spiaggia(fig. 010) di una
raccolta privata svizzera e la sensuale Donna su poltrona rossa(fig.
011) della Menil collection di Houston.
fig.08
Donna che piange con fazzoletto (Basel, Fondation Beyeler)
fig09 Studio per un monumento (Baltimora, The Baltimore Museum of
Art)
fig.10 Donna sdraiata sulla spiaggia sotto il sole (Collezione_privata)
fig.11 Donna su poltrona rossa (Houston,_The_Menil_Collection).
Picasso vive intensamente anche la contemporaneità ed i rivolgimenti
politici che agitano popoli e coscienze. Gli avvenimenti precipitano
nella sua Spagna che si avvia rovinosamente verso Guernica...,
mentre il mondo assiste impassibile l’ascesa al potere di Hitler in
Germania e di Stalin in Russia.
Il capolavoro assoluto di Picasso era stato preceduto da tanti
quadri impregnati di cruda violenza, come sanguinose corride
immortalate nelle tele del Philadelfia Museum of Art e della
University of Michigan(fig. 012) e donne in lacrime, come nelle
struggenti tele di Basilea e del Reina Sofia di Madrid.
Un sipario erotico tra tanto dramma e pathos è costituito dal
Pittore e la modella(fig. 013), una iconografia cara a Picasso, che
la ripeterà all’infinito in tutte le fasi della sua frenetica
attività.
fig.012 La corrida (The University of Michigan Museum of Art)
fig.013 Il pittore e la modella (Bloomington, Indiana University Art
Museum)
Ritornando a Guernica possiamo sottolineare un passaggio dal cubismo
all’astrazione con un uso sapiente del binco e del nero; un’icona
della modernità sconvolgente pronta ad essere diffusa attraverso
manifesti e gadget ideologici, come la candida colomba della pace.
Visitando la rassegna approntata al Vittoriano si prova l’intensa
emozione di confrontarsi con un gigante dell’arte, il quale, mentre
gli altri artisti a lui contemporanei, da Braque a Matisse, da
Boccioni a Duchamp, da Dalì a Mondrian e Mirò sceglievano un modo
per esprimersi: cubismo, espressionismo, futurismo, dadaismo,
astrattismo e rimanevano succubi del loro stile, Picasso
instancabilmente assorbiva stimoli visivi e culturali di ogni
genere, li fagocitava e li rielaborava, passando dal figurativismo
dell’adolescenza all’esplosiva magia di colori tizianesca degli
ultimi anni.
Egli ha demolito ogni differenza tra passato, presente e futuro,
anticipando new dada, pop art, arte povera e transavanguardia.
Un titano al quale doverosamente tutti noi rendiamo omaggio.
Achille della Ragione
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