ad Attila, cucciolo delizioso
con la speranza che ti amerò come i tuoi predecessori
1 Eureka l’onore è salvo
2 L’insensato rito del ferragosto
3 Bentornata Piedigrotta
4 L’elemosina in occidente nel XXI secolo
5 Anzianissimi in balia di anziani
6 Il miglior amico dell’uomo
7 Una squallida kermesse
8 Triste primato
9 Precisazione
10 La seduzione dopo gli anta
11 Bisogna salvare il San Carlo
12 Consigli al Padre Eterno
13 Il lavoro precario:maledizione o necessità?
14 Lettera al Papa
15 Alta velocità in panne
16 Giustizia addio
17 Lavorare è necessario?
18 Scegliere il candidato
19 Suoni assordanti: dal mantra ai metallari
20 La prova del seno
21 Il trionfo del paganesimo
22 Lettera aperta alla professoressa Anna Ciriani
23 Presepe contro albero, una sfida memorabile
24 Pensieri sul tempo
25 Vulcano buono, ma con chi?
26 La fine della vita
27 La fine del denaro
28 La fine del lavoro
29 Una proposta allettante
30 Una proposta sensata
31 Napoli affonda si salvi chi può
32 Attenti a non smaltire la salute
33 Provvedimenti urgenti per turismo e prodotti tipici
34 Non più casta ma cosca
35 Di nuovo polemiche sull’aborto
36 Rifiuti da trasportare lontano
37 Chiarezza sull’aborto
38 Replica a Repubblica
39 La più svettante palma di Napoli
40
Tacchi a spillo: orgasmo assicurato
41 Sircana non lo meritavamo
Eureka l’onore è salvo
Gentile dottore,
otto agosto ore dieci, 40 gradi
all’ombra, mi appresto ad entrare nel Tribunale di Napoli al centro
direzionale per ritirare un documento, ma vengo bloccato dal
drappello di polizia che giudica indecente il mio abbigliamento.
Premetto che l’indumento incriminato
è un elegante calzoncino, griffatissimo ed ultrafirmato,
abbondantemente oltre il ginocchio, con il quale abitualmente entro
in chiesa, stipulo presso notai contratti da milioni di euro e, lo
confesso, ricevo sguardi interessati da focose fanciulle e da
attempate signore.
Chiedo di parlare col comandante, ma
mi viene riferito che trattasi di un’ordinanza firmata dal
presidente del Tribunale in persona.
Non mi scoraggio, nonostante sia
venuto da fuori Napoli e riesco, in cambio di un bigliettone, a
convincere un corpulento garzone a chiudersi nella toilette ed a
prestarmi il suo pantalone, per quanto imbrattato e rattoppato.
Mi ripresento all’ingresso ed osservo
una straripante popolana entrare senza problemi in calzoncini, segno
evidente che le sue gambe sono giudicabili in maniera diversa dalle
mie. Grazie al maleodorante pantalone imprestatomi riesco finalmente
ad entrare ed a ritirare l’agognato documento.
L’episodio sembra irrilevante, ma a
mio parere è di una gravità inaudita. Vietare l’accesso ad un
ufficio pubblico e sindacare l’abbigliamento dei cittadini è
prerogativa dei paesi islamici più arretrati, dove i talebani si
arrogano il potere di obbligare gli uomini a farsi crescere la barba
e le donne ad indossare il burka. Ma forse i magistrati, stanchi di
giudicare solo i comportamenti dei cittadini, vogliono anche
pontificare sui loro abbigliamenti, confondendo il decoro di
un’istituzione, che si misura in efficienza nel contrastare una
delinquenza oramai padrona del territorio, con i centimetri dei
calzoncini maschili.
Corriere della sera
10 agosto 2007 – Repubblica (nazionale) 10 agosto 2007 –
Roma 10 agosto 2007 – Lo Strillo settembre 2007
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L’insensato rito del ferragosto
Gentile dottore,
ad un osservatore alieno, ad un
incuriosito marziano che osservasse dall’alto le fiumane di auto che
affollano le strade italiane nei giorni del ferragosto, i terrestri
apparirebbero come esseri balordi, brulicanti, imprevedibili, ma
certamente privi di ogni attività cerebrale.
Memori delle periodiche transumanze
del loro atavico passato di pastori erranti, gli Italiani hanno, nel
dopoguerra,
creato il granitico mito delle
vacanze, che ha sostituito tutte le credenze precedenti. L’unica
religione riconosciuta è divenuta il culto dell’automobile, la
località di villeggiatura la Terra promessa, l’uscita cadenzata di
nuovi modelli di autovetture sul mercato l’apparizione dello Spirito
santo, il denaro il mostruoso moloch al quale prostrarsi
inginocchiati.
E tutti assieme, pigiati fino
all’inverosimile in scatolette di latta, in partenza per il viaggio
rituale, verso la meta, spesso la stessa, per cui giganteschi
intasamenti a croce uncinata, esodi biblici che svuotano le città e
fanno scoppiare le località di villeggiatura rendendole invivibili,
al pari delle strade, delle spiagge e delle rare zone boschive
divorate, giorno dopo giorno, da incendi criminali.
Ed al ritorno stressati, le stesse
file decichilometriche, gli stessi intasamenti suicidi, lo stesso
inutile martirio e nello stesso tempo la festa sacra ed il disperato
pellegrinaggio alla ricerca della vanità.
Il Tempo ??? – Il Golfo
(come articolo) 18 agosto 2007
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Bentornata Piedigrotta
Gentile dottore,
finalmente, dopo decenni di
oblio, torna la Piedigrotta e soprattutto tornano i carri, resi
mitici dalle feste organizzate durante il regno di Achille Lauro dal
mitico assessore Limoncelli, che seppe far ritornare all'antico
splendore la celebre ricorrenza, organizzando memorabili
manifestazioni che duravano fino a quindici giorni.
Durante il passaggio dei
mastodontici carri allegorici era permesso un po' di tutto: urlare,
sbracciarsi, calare coppoloni in testa a tipi soggetti,
esercitare vigorosamente la mano morta su sederi di tutte le età,
pur senza trascurare eventuali seni generosamente esposti,
dimenticando così le angustie quotidiane. L'antico spirito greco
della manifestazione, nata tra venerazioni priapiche e sfrenate
danze liberatorie, sembrava rivivere nel popolo festoso, esaltando
lo spirito trasgressivo e godereccio dei napoletani.
Sembrano tempi distanti anni
luce, invece è cronaca degli anni Cinquanta, i giovani non conoscono
la Piedigrotta, ma il suo spirito è immortale e può divampare di
nuovo per la gioia dei napoletani e per il nostro boccheggiante
turismo. Ai tempi del vituperato Comandante il calendario delle
manifestazioni, ad uso dei forestieri, ma progettato per i gusti
degli indigeni, andava da aprile ad ottobre, costringendo pure i
rinomati miracoli di San Gennaro a rientrare nei festeggiamenti e
riesumando inoltre antiche tradizioni da quella del Monacone a
quella della Madonna del Carmine.
Il Mattino
28 settembre 2007
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L’elemosina in occidente nel XXI
secolo
Gentile dottore,
la nostra civiltà, e non solo la
nostra, riconoscono all’elemosina un significato fondamentale, per i
cristiani esercitare la carità verso il prossimo è un bisogno dello
spirito ed un mezzo per raggiungere la salvezza e la vita eterna,
per i laici un tentativo di redistribuzione della ricchezza ed una
parziale risposta della società al problema della povertà.
Tutte le religioni impongono ai
propri seguaci l’obbligo di venire incontro ai bisogni dei meno
fortunati, la Carità dei cristiani poco differisce dallo Zakat dei
mussulmani, uno dei pilastri della fede islamica.
Il comunismo si è illuso di poter
risolvere le disuguaglianze economiche tra gli uomini, ma il suo
fallimento è sotto gli occhi di tutti e fino a quando esisterà la
povertà è dovere di ogni uomo di buona volontà cercare di porvi
rimedio.
Naturalmente vi è una differenza
abissale tra chiedere l’elemosina o cercare di estorcere denaro con
protervia ed arroganza, come è il caso dei parcheggiatori abusivi o
dei lavavetri. E questa distinzione, chiara ed inequivocabile, va
sottolineata con forza, per togliere fiato ed argomentazione ai
soliti bastion contrari, sorti come funghi e dediti a
proclamare sempre e soltanto il contrario di tutto.
Il velleitario tentativo di sindaci
coraggiosi di stroncare un racket vergognoso va plaudito e compito
dei cittadini è quello di collaborare, facendo confluire il proprio
aiuto verso istituti assistenziali specializzati ed affidabili.
Prima che l’Italia divenga la terra
promessa dei diseredati di tutto il mondo ed una marea incontenibile
ci travolga, sommergendoci.
Il Giornale
9 settembre 2007 – Il Roma 27 settembre 2007 – Il Mattino
14 ottobre 2007 – Senatus settembre 2007 – Orizzonti Nuovi
(come articolo)
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Anzianissimi in balia di anziani
Gentile dottore,
la vita umana si è allungata e si
allunga sempre più grazie alle scoperte della medicina, sembrerebbe
un fatto positivo, ma purtroppo la scienza ha aggiunto anni alla
vita e non vita agli anni e l’accoppiata di malattie croniche e
vecchiaia ingravescente costituisce oramai una miscela esplosiva in
grado di far saltare gli equilibri sociali e le economie delle
nazioni, obbligate a confrontarsi con falangi di soggetti non più
produttivi, che per decenni pesano sulla famiglia e sulla comunità.
E dove non esiste un programma di
assistenza domiciliare efficiente come in Italia capita che il peso
graviti solo sulla famiglia e sempre più spesso vi siano
settantenni costretti a doversi prendere cura di novantenni.
Il compito da affrontare stronca le
fibre più robuste, ventiquattro ore su ventiquattro, saltando i
ritmi sonno e veglia e spesso dovendo combattere anche contro le
difficoltà economiche e la solitudine. Momenti interminabili di
smarrimento e di rifiuto alternati a sensi di colpa ed alla tragedia
di dover assistere impotenti alla sofferenza di una persona cara,
con l’incubo di intravedere in anticipo il proprio incombente
futuro.
Un esercito di badanti straniere
sopporta una parte significativa del peso di questa penosa
situazione e senza il loro aiuto saremmo letteralmente perduti.
Il disfacimento della famiglia
patriarcale e l’egoismo, che la sfrenata società dei consumi
collabora ad incrementare, costituiscono due grossi ostacoli per
alleviare la situazione, che potrà avere dei benefici solo cercando
di fare fronte a quella che è la vera emergenza del nostro Paese:
l’assistenza domiciliare per i malati cronici e per gli anziani, una
calamità che scontano in silenzio ed in assoluta solitudine milioni
di famiglie.
Orizzonti Nuovi
4 ottobre 2007 (come articolo)
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Il miglior amico dell’uomo
Gentile dottor Gargano,
non avrei mai potuto immaginare che
l’arrivo in casa mia di una cucciola di rottweiler, regalo di una
ragazza a mio figlio, potesse cambiare negli anni così profondamente
non solo la mia vita, ma soprattutto il modo di relazionarmi col
mondo ed il mio metro di giudizio del prossimo.
Era il 1994 ed avevo sempre avuto un
sacro terrore dei cani da quando, giovanissimo, avevo trascorso
un’intera notte sul tetto di un’auto per sfuggire alla furia di un
randagio di grosse dimensioni e anche altri incontri ravvicinati non
erano stati particolarmente felici, per cui non accolsi con
entusiasmo l’ingresso in famiglia di un esemplare, per quanto di
pochi mesi, di una razza notoriamente feroce.
Lady fu relegata nel sottoscala ed
abbaiava disperata durante le poche visite che gli dedicavamo;
decidemmo di trasferirla in giardino, ma i rigori dell’inverno
contribuirono a farla ammalare e fu necessario il ricovero: cimurro
fu la diagnosi e la prognosi purtroppo riservata.
Partimmo per Roccaraso, ma ogni sera
telefonavo alla clinica veterinaria per avere notizie, che
peggioravano giorno dopo giorno, fino a quando mi dissero:”Non vi è
più speranza, interrompiamo la terapia? ”
“Assolutamente no, se esiste un dio
dei cani la aiuterà”.
Ed il miracolo… avvenne, durante la
notte Lady ebbe un miglioramento decisivo ed il giorno successivo
potemmo andare a riprenderla completamente guarita.
La nostra famiglia da quel giorno
divenne più numerosa e con Lady stabilimmo un’intesa perfetta:
mangiava a tavola con noi, un boccone a me ed uno a lei e dormiva la
notte al mio fianco su di un variopinto tappetino persiano.
Capiva ogni mio pensiero e quando ero
di cattivo umore si accoccolava vicino e rimaneva immobile.
Divenuta signorina la feci accoppiare
con un cane campione: Shark e nacquero nove cucciolotti, per il poco
latte uno soltanto sopravvisse, Athos, che divenne il suo compagno
inseparabile.
Durante i periodi di calore, per
impedire nuove gravidanze, Lady passava la giornata con me nello
studio e solo la sera, attraverso un’entrata di servizio, tornava a
casa, rimanendo sempre a distanza di sicurezza dall’ardore sessuale
di Athos.
Nonostante i miei severi controlli
censori ad un certo momento il suo addome cominciò a crescere e
condussi la cagna dal veterinario, il quale perentorio dichiarò:” Si
tratta di una gravidanza immaginaria nella pancia vi sono
semplicemente dei gas”.
Sapendo che i medici in genere poco
capiscono sottoposi Lady ad un’ecografia nel mio studio e non mi
meravigliai più di tanto nel vedere una serie di piccole colonne
vertebrali intrecciate tra di loro. Facemmo appena in tempo a
rincasare che cominciò il travaglio e questa volta i nuovi abitanti
della terra furono sei, quattro dei quali arrivarono a tre mesi.
Erano magnifici, scorazzavano nel giardino della villa di Ischia con
i genitori, ma nonostante tutte le vaccinazioni, un brutto giorno
contrassero la parvo virosi, una malattia che raramente perdona e
cominciò un calvario durato quasi venti giorni. Era necessario
sottoporre i cuccioli ad ipodermoclisi tre volte al dì, per cui ogni
giorno la spola da casa al veterinario avveniva dodici volte. Il
compito sulle mie spalle e su quelle del fido cameriere autista
Summit. Dopo una settimana morì il primo cucciolo, seguito dopo tre
giorni dal secondo e dopo cinque dal terzo; resisteva solo Porthos,
anche se le speranze erano ridotte al lumicino. Passati diciotto
giorni il cane cominciò a bere e l’indomani ad alimentarsi, era
guarito.
Dopo tanti sacrifici e quattro
milioni di spese, mia moglie pensava ancora che io regalassi il
cucciolo, ma oramai non potevo più separarmi da lui.
Ci furono mesi di diverbi continui,
durante i quali Porthos visse con me nello studio, che subì una
devastazione in piena regola, dalle tende ai tappeti. Durante i fine
settimana veniva a trovare i genitori, ma il lunedì di nuovo via,
fino a quando Elvira, resasi conto di quando io tenessi al cane,
acconsentì al suo definitivo ingresso in casa nostra. Furono anni di
grande impegno: tre cani di quella razza fanno branco e sono
difficili da gestire, soprattutto d’estate, quando per trasferirli
ad Ischia era necessario fare tre trasporti in auto all’andata e tre
al ritorno. Anche i nostri viaggi, fino allora frequenti, si
interruppero, perché la mia costante presenza era necessaria. Ma le
soddisfazioni, almeno per me furono altrettanto grandi. I tre cani
erano temuti ed ammirati da tutti e con la sola presenza e qualche
sporadica abbaiata facevano la guardia alla nostra villa, tenendo
alla larga in egual misura malintenzionati e visitatori inopportuni.
L’ansia, i momenti di solitudine, la
tristezza venivano mitigati dalla presenza affettuosa di questi veri
ed unici amici dell’uomo. Tutti possono tradirti, dalle donne ai
figli, ma il cane sarà sempre al tuo fianco e la sua fedeltà
aumenterà nel tempo a dismisura, senza che quasi tu te ne avveda,
come un fiume che acquista potenza nei pressi di una cascata.
Furono anni felici, ma il tempo degli
animali scorre più velocemente di quello degli uomini e Lady, dopo
aver imbiancato i peli del muso, si ammalò di piometra e fu
necessario sottoporla ad un intervento chirurgico. Il decorso post
operatorio fu difficile e necessitò un ricovero in una clinica
veterinaria, dove giunse in condizioni disperate. Rimase degente per
vari giorni, durante i quali non la lasciai sola un minuto, né di
giorno, né di notte. Tra i medici che si alternavano al suo
capezzale ve ne fu anche uno arabo, che riconobbe in essa la cagna
miracolata dieci anni prima ed ancora ricordava la mia frase sul dio
dei cani. Per quanto islamico aveva meditato più volte negli anni
sulle mie parole e mi invitò anche questa volta ad invocare questa
sconosciuta quanto potente divinità.
Dopo una settimana Lady guarì e
potemmo tornare a casa. I veterinari riconobbero che la guarigione
era avvenuta grazie alla mia costante presenza: i cani malati quando
si vedono abbandonati dai padroni in un ambiente estraneo si
lasciano quasi sempre morire.
Purtroppo dopo un anno, oltre
all’incalzare dell’età, la vecchia infezione si ripresentò, questa
volta in maniera subdola: ricominciò l’andirivieni quotidiano con la
clinica, le fleboclisi, ma non ci fu niente da fare, mentre eravamo
tutti a tavola, Lady, con un rantolo soffocato, ci lasciò per
sempre.
Il mio dolore fu immenso, versai
lacrime in misura superiore a quando avevo perso i miei genitori ed
il vuoto che si è creato è rimasto incolmabile a distanza di anni.
Mi rimanevano gli altri due cani, che da quel giorno non fecero che
litigare, costringendomi a tenerli separati.
Athos da tempo zoppicava e non era
più il capobranco vigoroso di una volta, Porthos ne approfittava
attaccandolo spesso alle spalle, per rifarsi degli anni in cui era
stato succube.
A distanza di un anno e mezzo, mentre
eravamo ad Ischia, in pochi giorni si aggravò e si spense dopo una
notte di guaiti disperati. Ora riposa lì, lontano da Lady, con un
ibiscus che gli fa compagnia.
Rimasto solo Porthos, che era stato
Non riesco ragionevolmente a credere
che di questi miei amici sia rimasto solo il ricordo che porterò
per sempre nel mio cuore, mentre i loro corpi hanno subito il triste
destino di tutti i viventi: il disfacimento.
Tra i credenti gli induisti si
dimostrano meno orgogliosi dei cristiani, che nella loro smisurata
superbia immaginano un mondo ultraterreno soltanto per gli uomini,
mentre i loro fratelli orientali riconoscono, attraverso la
reincarnazione, un percorso di purificazione per tutti i viventi
senza esclusione alcuna, inclusi animali e piante. Si tratta senza
dubbio di una visione più rassicurante dettata da un’antica saggezza
e nello stesso tempo di sconvolgente attualità, come hanno
confermato le moderne ricerche della chimica e della fisica.
Mi piace immaginare che anche ai più
fedeli amici dell’uomo sia concesso di vivere in eterno e non solo
nella memoria dei loro padroni.
Certamente Lady vivrà per sempre nel
mio cuore, Athos, un vero amico, non sarà mai da me dimenticato,
soprattutto ora che, scomparso Porthos, sono veramente solo.
Il Golfo
8 ottobre 2007 - Senatus
settembre 2007 – Bric a Brac 6 novembre 2007- Il Mattino
16 novembre 2007 – Il Roma ???
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Il miglior amico dell’uomo (Ridotto)
Gentile dottore,
non avrei mai potuto immaginare che
l’arrivo in casa mia di una cucciola di rottweiler, regalo di una
ragazza a mio figlio, potesse cambiare negli anni così profondamente
non solo la mia vita, ma soprattutto il modo di relazionarmi col
mondo ed il mio metro di giudizio del prossimo.
Lady, ed in seguito Athos e Porthos
mi hanno dato per anni gioia e serenità, ma purtroppo il tempo
degli animali scorre impietosamente più veloce di quello degli
uomini ed uno dopo l’altro mi hanno lasciato.
L’ansia, i momenti di solitudine, la
tristezza venivano mitigati dalla presenza affettuosa di questi veri
ed unici amici dell’uomo. Tutti possono tradirti, dalle donne ai
figli, ma il cane sarà sempre al tuo fianco e la sua fedeltà
aumenterà nel tempo a dismisura, senza che quasi tu te ne avveda,
come un fiume che acquista potenza nei pressi di una cascata.
Non riesco ragionevolmente a credere
che di questi miei amici sia rimasto solo il ricordo che porterò
per sempre nel mio cuore, mentre i loro corpi hanno subito il triste
destino di tutti i viventi: il disfacimento.
Tra i credenti gli induisti si
dimostrano meno orgogliosi dei cristiani, che nella loro smisurata
superbia immaginano un mondo ultraterreno soltanto per gli uomini,
mentre i loro fratelli orientali riconoscono, attraverso la
reincarnazione, un percorso di purificazione per tutti i viventi
senza esclusione alcuna, inclusi animali e piante. Si tratta senza
dubbio di una visione più rassicurante dettata da un’antica saggezza
e nello stesso tempo di sconvolgente attualità, come hanno
confermato le moderne ricerche della chimica e della fisica.
Mi piace immaginare che anche ai più
fedeli amici dell’uomo sia concesso di vivere in eterno e non solo
nella memoria dei loro padroni.
Il Napoli
8 novembre 2007 (ridotta)
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Una squallida kermesse
Gentile dottore,
da 62 anni, implacabile, si ripete il
rito di miss Italia, una manifestazione che per via della
televisione di Stato, che le dedica tre serate interminabili subisce
una nefasta amplificazione mediatica, una vera e propria
mortificazione per le donne con cento ragazze giovanissime costrette
in stringati costumi da bagno, su vertiginosi tacchi a spillo ed un
ridicolo numero sul petto a sfilare davanti ad un pubblico di
milioni di spettatori, stimolando lubrici pensieri, né più né meno
come sfilavano e purtroppo ancora sfilano le schiave nei mercato del
sesso.
Quest’anno si è superato ogni limite
quando tra la giuria è trapelata la necessità, per esprimere un
ponderato giudizio, di valutare le terga delle fanciulle. Inutile
farle danzare o recitare filastrocche, il pubblico vuole solo e
soltanto vederle da dietro. Finalmente il concorso ha gettato giù la
maschera, non certo una nobile gara tra signorine di buoni
sentimenti, vergini e timorate di Dio, ma una gara spietata tra
ragazze, quasi tutte minorenni, irretite da madri compiacenti e
vanagloriose, rotte… ad ogni trucco ed espediente, un’esibizione
indecente che umilia le concorrenti messe in bella mostra come merce
in vendita al miglior offerente.
La dimostrazione lampante che nella
nostra società maschilista la strada della seduzione è quella più
agile e veloce per raggiungere obiettivi, che vengono presentati dai
mass media come straordinari traguardi e che viceversa rappresentano
per la donna una mortificazione ed uno stato di permanente
inferiorità.
Il Tempo
27 settembre 2007 – Il
Napoli 28 settembre 2007 – Il Mattino 19 ottobre
2007
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Un triste primato
Gentile dottore,
la fine drammatica di un nostro
soldato, originario di Gragnano, nell’inferno dell’Afghanistan ha
riproposto una dolorosa circostanza alla quale i mass media,
impegnati tra la cronaca delle serate di miss Italia e la difficile
gestazione del Pd, non dedicano mai attenzione: la Campania fornisce
oltre la metà delle reclute dell’esercito ed ha il più alto numero
di reduci e di vedove di guerra, opps abbiamo sbagliato, di missioni
di pace….
Un triste primato, specchio fedele
delle drammatiche prospettive di lavoro dei giovani meridionali, ai
quali oramai da tempo riesce difficile perfino guadagnarsi da vivere
dietro al bancone di un bar o al nero, dieci ore al giorno, in un
cantiere fuori legge.
Se prima con la leva obbligatoria i
giovani cercavano ogni sotterfugio per evitare la naia, oggi il
miraggio di uno stipendio fa fare salti mortali e file notturne per
presentare la domanda di arruolamento.
Una serie interminabile di missioni
di pace… Libano, Somalia, Bosnia, Kosovo, Irak, Afghanistan, che
permettono ad una miriade di disperati, originari di terre feraci
rese aride dalla camorra, di Villaricca o di Qualiano, di Casavatore
o di Frattamaggiore di sperare di poter realizzare un gruzzoletto e
tornati a casa aprire un bar o poter coronare un sogno d’amore
rimandato all’infinito per motivi economici.
Il nostro Lorenzo purtroppo il suo
pegno d’amore con la madre dei suoi tre figlioletti lo ha potuto
perfezionare soltanto con un allucinante matrimonio in articolo
mortis, giusto per poter avere la pensione, dopo aver sacrificato
vita e giovinezza alla furia devastante delle missioni di pace…
La Lanterna
1 ottobre 2007 – Libero 4 ottobre 2007
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Precisazione
Gentile dottor Gargano,
ero io quel prode... che come
raccontato nella lettera oggi pubblicata ha provocatoriamente
cambiato il nome di piazza Garibaldi in piazza 3 ottobre 1839, data
di inaugurazione della ferrovia Napoli Portici, prima d'Italia
seconda al mondo.
Volentieri avrei pagato un'ammenda
per affissione abusiva, ma i vigili presenti viceversa mi hanno
applaudito. L'evento è avvenuto in pieno giorno alla presenza di
centinaia di persone e delle telecamere di numerose emittenti
televisive e non era il 6 settembre bensì il 4 luglio bicentenario
della morte di Garibaldi.
Erano presenti redattori della
Repubblica e del Corriere, che avevano preparato dei servizi, non
pubblicati per una velina giunta ai quotidiani a seguito della
chiassata dei leghisti in Parlamento che vietava di parlare male
dell'eroe dei due mondi.
Lasciando stare Garibaldi non bisogna
essere neo borbonici per rimembrare le glorie di Napoli in confronto
ai tristi record di oggi ed invito il Mattino a fare un servizio
sull'argomento, che merita di essere rammentato a tutti gli
italiani.
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La seduzione dopo gli anta
Gentile dottore,
durante l’estate un libro di Januaria
Piromallo Belle e d’annata ha furoreggiato dalle Alpi alla
Sicilia in un’interminabile serie di affollate presentazioni da
Capri a Cortina d’Ampezzo. Nell’agile volumetto vengono elargiti una
serie di consigli per contrastare l’avanzata implacabile del tempo,
un vero e proprio manuale di sopravvivenza per signore d’annata in
lotta con rughe, cellulite e cedimenti vari e tremendamente ansiose
che gli sguardi dei mariti convergano sempre più frequentemente
verso le grazie generosamente esposte di ventenni in libera uscita.
Vengono sviscerati i segreti di creme
miracolose ed enumerati i prodigi della chirurgia plastica, tutti
rimedi che agiscono sull’aspetto fisico della donna, ma viene
completamente trascurato l’aspetto psicologico della vicenda, che a
mio parere può costituire l’asso nella manica.
Oggi la donna è sempre più aggressiva
nei confronti del maschio, sia nei rapporti quotidiani, sia
nell’approccio sessuale, una vera iattura che ha conseguenze nefaste
sull’ardore e sulla virilità.
Una sana condotta che potrebbe dare
buoni risultati è divenire col tempo sempre più remissive, dolci ed
accattivanti. Lasciare alle ragazzine spavalderia e sfacciataggine e
coltivare intensamente l’arte della carezza, la parola suadente e le
glorie della culinaria.
La battaglia con le giovanissime sul
piano della avvenenza fisica è irrimediabilmente perduto, colpa del
nostro Dna, che impone categoricamente ai maschi di cercare le
proprietarie di cromosomi nel pieno dell’attività, ma grazie a
raffinate tecniche di seduzione, improntate sulla remissione e su
una femminilità accomodante, le prede per le signore d’annata
saranno numerose ed affezionate.
Il Giorno
3 ottobre 2007
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Bisogna salvare il San Carlo
Gentile direttore,
premetto che non sono un melomane,
anzi rammento con angoscia gli anni in cui ero abbonato alla prima
del San Carlo, con il caldo soffocante degli spettacoli primaverili,
obbligato alla giacca ed alla cravatta ed ancor più con terrore i
conti astronomici delle sartorie che rifornivano il guardaroba di
mia moglie, convinta che nel tempio della lirica alle serate di gala
una signora elegante non potesse giammai indossare due volte lo
stesso abito.
Nonostante i tristi ricordi l’idea
che il San Carlo possa chiudere mi fa semplicimente rabbrividire,
non soltanto perché il nostro teatro è il più antico e tra i più
belli al mondo, ma soprattutto, dopo l’olocausto dell’Ilva e la
rapina del Banco di Napoli, la
nostra città non può più perder
fiori all’occhiello.
Erano tempi felici quando in soli sei
mesi il San Carlo venne creato dal nulla, regnava Carlo III e non i
nostri solerti amministratori che, con la favola del nuovo
Rinascimento, hanno precipitato la nostra amata città a livelli di
degrado inimmaginabili.
Il nostro Massimo, come tutti
gli altri enti lirici italiani, soffre di una grave crisi economica
provocata da numerosi fattori concomitanti e necessita dell’aiuto
principalmente delle istituzioni, mancando quasi del tutto alle
nostre latitudini il sostegno di sponsor privati. Né più né meno di
quello che lo Stato ha fatto in soccorso di teatri meno importanti.
La lirica non può essere paragonata,
come si è letto nei giorni scorsi su autorevoli giornali, alla lap
dance o al gioco del calcio; affermazioni demenziali che si
commentano da sole. La musica classica è cultura come la letteratura
e la pittura e come le biblioteche, del tutto gratuite ed i musei
deve poter vivere degnamente con l’aiuto dello Stato.
Si è messo in evidenza che lo
spettatore di un’opera paga un biglietto che copre solo la decima
parte dei costi, un dettaglio certamente non trascurabile. Non si
può pretendere che il contribuente paghi il passatempo del ricco
borghese e della sua signora, per cui quando, al più presto,
ripianati i debiti, si potrà tornare ad una gestione ordinaria,
bisognerà prevedere una serie di spettacoli semi gratuiti per
studenti, operai, anziani, oltre che una particolare attenzione per
i turisti, nei cui riguardi il fascino del San Carlo può giocare un
ruolo fondamentale.
Per risanare la situazione bisogna
cacciare i politici che hanno occupato il consiglio di
amministrazione e poi usufruire dei servigi di un manager di valore
internazionale.
Lo merita la città, ma soprattutto lo
pretendono i napoletani.
Il Messaggero
21 ottobre 2007 – Il Brigante (come articolo) ottobre 2007
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Consigli al Padre eterno
Gentile dottore,
meditando sul problema della
vecchiaia ho ipotizzato una soluzione, anche se mi serve una
raccomandazione, perché per realizzarla ho necessità dell’aiuto di
una persona molto importante e bisognerebbe aggiungere un
aggiornamento alla creazione.
La senilità, anche la più
devastante, sarebbe molto più tollerabile se la vita si svolgesse
all’incontrario cominciando dalla morte, che una volta superata non
è più un problema e iniziando decrepito, acciaccato ed un po’
rimbambito, ma pieno di speranze e con la certezza di un futuro
migliore. Giorno dopo giorno le forze aumentano, i dolori
scompaiono, le rughe si dileguano e possiamo lasciare l’ospedale o
l’ospizio e ritornare a casa, non senza aver ritirato la pensione,
che ci godiamo per svariati anni, ben più di quelli lavorativi (per
godere di questo beneficio bisogna però vivere in Italia).
Quindi cominciamo a lavorare e
subito, non al momento del congedo, i colleghi ci fanno un bel
regalo ricordo: una stampa antica o un orologio di marca. Per alcuni
decenni lavoriamo di buona lena, divenendo sempre più giovani e
pimpanti e quando cominciamo la scuola siamo nel fiore della
fanciullezza. Oltre allo studio pratichiamo spesso e volentieri
prima il sesso e poi il gioco.
Diventi sempre più piccolo fino a
quando un bel giorno ti infili in un posto che hai imparato a
conoscere come fonte primigenia del piacere. Ti trastulli per nome
mesi al caldo, alternando lunghi sonni a brevi nuotate, in un
ambiente tranquillo dove gli scocciatori non possono raggiungerti e
finalmente concludi in tuo percorso terreno nel fremito
interminabile di un orgasmo.
Libero 15 ottobre 2007
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Il lavoro precario: maledizione o
necessità
Gentile dottore,
il lavoro precario è una maledizione
per i giovani, i quali non hanno più punti fermi che permettano di
fare progetti per il futuro: formarsi una famiglia, fare dei figli,
comprarsi una casa con un mutuo, godere un domani della pensione.
Nei giorni scorsi anche il Papa ha
fatto sentire la sua autorevole voce sul problema, ma purtroppo, più
che lamentarsi del fenomeno, non è riuscito ad avanzare alcuna
proposta risolutiva.
Molti credono che il lavoro precario
sia una triste prerogativa dell’Italia, viceversa esso è una regola
in tutti i paesi europei, per non parlare degli Stati Uniti, dove la
estrema mobilità del lavoro è considerata la ricetta dello sviluppo
economico.
La scuola fino a quando il problema
non avrà trovato una soluzione dovrà impegnarsi a fornire ai giovani
una preparazione multidisciplinare, in previsione che, nel corso
della vita, siano costretti più di una volta a cambiare
completamente tipo di attività.
Lo Stato ed i sindacati devono
impegnarsi ad elaborare e rispettare una legislazione che preveda la
possibilità reale di licenziamento per giusta causa, allo scopo di
sfatare il pregiudizio(in gran parte vero) che un datore di lavoro
che assuma un dipendente lo debba assumere a vita. Bisogna
convincersi che una strenua difesa del lavoro comporta una palpabile
penalizzazione per chi lo cerca.
Gli economisti debbono spiegarci se
la precarietà è una condizione favorevole dello sviluppo economico e
prospettarci modelli alternativi, nei quali un maggiore rispetto dei
diritti del lavoratore sia compatibile con un incremento della
produzione.
I politici debbono recepire la
gravità del problema e, coraggiosamente, proporre soluzioni anche
contro i poteri forti, spesso sopranazionali e sempre onnipotenti.
Il loro compito è il più gravoso e necessita di un grosso appoggio
per evitare il senso di solitudine delle scelte decisive, in
mancanza delle quali non esisterà un futuro, non solo per i giovani
ma per la nostra civiltà.
Corriere della Sera
– 23 ottobre 2007 – Il Napoli 24 ottobre 2007
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Santità, a Maronna ci accompagni
Gentile dottore,
Santità, Voi non avete consuetudine
con il male, per questo non lo avete riconosciuto annidato nelle
prime file in piazza del Plebiscito, tra politici corrotti e
baciapile occasionali
in gara per ricevere il
sacramento dell’Eucarestia. Non vi siete avveduti del truce fariseo,
abituale adoratore delle banche e del vitello d’oro, sceso dal Nord
per l’ostia televisiva, della voce quequera che chiedeva
insistentemente denaro per una sfortunata città, che ne ha sì
bisogno, ma solo dopo un profondo rinnovamento spirituale, oppure
l’ateo inveterato, nemico giurato della Chiesa salvo nelle occasioni
eccezionali. Ed alle loro spalle premevano per il rito del baciamano
eurotelevisivo amministratori corrotti, malversatori abituali,
usurai incalliti, bestemmiatori immarcescibili e tutta quella feccia
che ha portato la regione sul fondo del baratro.
Per l’occasione hanno ripulito il suo
percorso, tolto cumuli di puteolente spazzatura, colmato voragini
nelle strade, allontanato per poche ore scippatori e spacciatori,
truculenti magnaccia e sguaiate prostitute.
In seconda fila vi era la Napoli vera
che non le hanno fatto conoscere: i disoccupati cronici, i giovani
senza futuro, i pensionati alla fame, i commercianti strangolati dal
pizzo, i lavoratori al nero per 500 euro al mese, ma soprattutto la
folla degli onesti costretti in un angolo dalla prepotenza dei
vincitori.
Santità, Voi non avete potuto
raccogliere il disperato grido di dolore degli abitanti delle
periferie degradate, vedere le antiche chiese cadere in rovina, gli
abusi edilizi ubiquitari, l’esercizio spietato della prevaricazione
come regola di vita.
Santità, grazie per aver indicato la
possibilità per Napoli di divenire punto di riferimento nel dialogo
tra popoli e fedi diverse, Napoli, antica e gloriosa capitale,
costretta al rango di capitale della monnezza e della malavita,
Napoli dove per millenni lingue e culture aliene hanno sempre goduto
di accoglienza e tolleranza.
Santità, Voi non ne avete bisogno,
fate che l’augurio del cardinale: “A Maronna t’accumpagna” faccia da
viatico per i napoletani nel lungo viaggio dal buio delle tenebre
verso la luce.
Il Napoli
27 ottobre 2007
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Alta velocità in panne
Gentile dottore,
il futuro dell’Alta velocità in
Italia è quanto mai precario tra scriteriate pretese degli
ambientalisti e fratricide battaglie per dividersi i lucrosi
appalti, ma il presente non è certo roseo e per sincerarsene basta
anche un breve percorso come è capitato a me ed un gruppo di amici
l’altro giorno.
Partenza da Napoli per Firenze. La
tappa di Roma fa ben sperare, arriviamo con un minuto d’anticipo sul
previsto, come annuncia con voce tronfia d’orgoglio il capotreno
attraverso un assordante altoparlante. Allora va meglio di quando
andava peggio? Ma la situazione cambia subito: nella sosta sale
prima un venditore ambulante di bevande e panini tenuti in
condizioni igieniche da brivido, poi un tossico a chiedere
contributi per una dose ed una volta ripartiti, rimaniamo in
compagnie di zingare che chiedono la carità.
Segnaliamo l’ultimo episodio al
personale di bordo, che rifiuta di credere all’evidenza per coprire
l’assoluta mancanza di controlli, ma la ciliegina è costituita
dall’emissione di biglietti a prezzo normale senza garantire il
posto a sedere, per cui una nostra amica è stata costretta per tutto
il percorso a vagare attraverso i 12 vagoni senza potersi mai sedere
neanche per un attimo se non sulla tazza del gabinetto
Corriere della Sera
30 ottobre 2007 – Il Napoli 3 novembre 2007
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Giustizia addio
Gentile dottore,
l’arrugginita macchina della
giustizia rischia letteralmente di esplodere ed in questi ultimi
giorni ha esalato gli ultimi rantoli disperati.
Tribunale civile:
“ Per esigenze d’ufficio la data della prima udienza è differita al
15 febbraio 2012!”. Cassazione:” Occupare case altrui non è
reato se si agisce in stato di necessità”. E tutto questo mentre Gip
e pubblici ministeri fanno a gara per apparire… tra interviste con
divulgazione di atti riservati e continue comparsate a tutte le ore
sulle reti televisive.
Tenuto conto che la durata media dei
processi civili ed amministrativi si misura in decenni, che i
responsabili dei reati penali di più elevato allarme sociale come
furti e rapine nel 90% dei casi non vengono identificati e quando
anche lo sono, tra lungaggini, attenuanti, indulti e patteggiamenti
solo in casi eccezionali trascorrono un po’ di tempo in galera,
sarebbe opportuno e coraggioso che si dichiarasse bancarotta.
Le liti civili potrebbero essere
risolte con gli arbitrati e per il penale potrebbe ripristinarsi
l’uso della faida. Già oggi per le controversie in denaro ci si
rivolge sempre più alle camere di conciliazione e per i torti più
gravi in metà del Paese si chiede soddisfazione ai mammasantissima.
Solo per carità di patria non abbiamo
accennato alle motivazioni delle sentenze di centinaia di pagine dal
linguaggio aulico e forbito come nell’Ottocento, quando la stesura
era un genere letterario ed alla possibilità per i cittadini di
ottenere dallo Stato una penale di mille euro per ogni anno
trascorso dopo i cinque in un processo, da quando le Corti di
Giustizia europee hanno ripetutamente stigmatizzato il funzionamento
della nostra magistratura.
La colpa dello sfascio va equamente
distribuita tra politici e giudici, ma anche i cittadini hanno la
loro parte, sia perché tollerano questo andazzo vergognoso che per
la loro proverbiale litigiosità (In Inghilterra nel 2006 sono state
trattate 110.000 cause penali e 40.000 civili, mentre in Italia
siamo sui 4 milioni).
Corriere del Mezzogiorno
10 novembre 2007
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Lavorare
è necessario?
Gentile dottore,
il progresso scientifico e
l’automazione negli ultimi anni hanno fatto sì che, con una quota
minore di lavoro, si riesca a produrre una maggiore quantità di beni
e servizi, una cosa certamente positiva che nel tempo potrà liberare
l’uomo dalla maledizione biblica di essere costretto con gran sudore
a procacciarsi il necessario per vivere.
Paradigmatico è l’esempio di quanto
produce un contadino americano ed uno africano: il primo grazie ai
fertilizzanti, alla cospicua irrigazione ed all’uso di macchinari
riesce a produrre quanto cento dei suoi colleghi africani, per cui,
ipotizzando che in futuro anche loro potranno usufruire degli stessi
accorgimenti, fra non molto il lavoro di uno solo potrà bastare a
produrre il cibo per gli altri 99, i quali potranno anche non
lavorare, se però colui che produce sia disposto a dividere con gli
altri il frutto del suo lavoro. E qui nascono le difficoltà forse
insormontabili per l’egoismo dell’uomo, probabilmente bisognerà
creare una rotazione nel lavoro: un giorno ogni cento. Una
prospettiva allettante che invita però alla meditazione sulla sua
fattibilità, dopo che per anni abbiamo ascoltato l’utopico slogan
“lavorare meno lavorare tutti”.
In numerosi altri campi la
riduzione del lavoro è stata massiccia, mentre il prodotto ha
continuato ad aumentare senza sosta, riuscendo a soddisfare gli
scriteriati bisogni crescenti di una civiltà dominata
dall’imperativo categorico di consumare, consumare ed ancora
consumare.
Non è ipotesi fantascientifica
immaginare un mondo nel quale il lavoro non sarà necessario ed i
beni ed i servizi necessari saranno realizzati dalle macchine e dai
robot.
Il problema drammatico sarà
costituito dalla distribuzione dei prodotti, venuto meno anche l’uso
del denaro o quanto meno del modo per procacciarselo al quale siamo
abituati. Ed a complicare ulteriormente il quadro vi è il moloch
della globalizzazione, che annulla le decisioni e le volontà non
solo dei cittadini, ma degli stessi Stati, impotenti davanti al
potere cieco delle multinazionali.
Potremo in futuro, quanto prima,
liberarci dal fardello del lavoro, ma dovremo affrontare e risolvere
una serie di non facili problemi: distribuire equamente la
ricchezza e creare una reale uguaglianza tra nazioni e cittadini.
Un compito arduo ed affascinante
che dovrà essere l’obiettivo delle nuove generazioni.
Il
Napoli 14 novembre 2007 –
Il Golfo
(come articolo) 14 novembre 2007 –
Orizzonti Nuovi
22 novembre 2007
(come articolo)
–
Il Mattino 15 dicembre 2007
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Scegliere il candidato
Gentile dottore,
finalmente i partiti pare abbiano
compreso che il sistema elettorale attuale va cambiato prima di
sciogliere il governo ed indire una nuova consultazione.
La minaccia dell’incombente
referendum è il migliore consigliere in grado di smussare opinioni
differenti ed insani appetiti.
I modelli che raccolgono i maggiori
consensi sono quello tedesco e quello spagnolo con modifiche per
adattarlo alla situazione politica italiana, in maniera tale che non
vi siano più pareggi e chi vince, anche se di misura, è in grado di
governare.
Ma tutti i
politici debbono aver presente che gli Italiani non hanno digerito
la truffa degli onorevoli imposti dall’alto e dell’abolizione delle
preferenze. Nel nuovo sistema elettorale, qualunque esso sia, i
candidati devono avere il gradimento degli elettori e non delle
segreterie dei partiti, è l’unica riforma veramente necessaria, lo
impone la creanza, la pretendono imperiosamente i cittadini.
Il Mattino
7 dicembre 2007
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Suoni assordanti: dal mantra ai
metallari
Gentile dottore,
il mantra è un suono particolare in
grado di liberare la mente dai pensieri, una scoperta che si perde
nella notte dei tempi codificata già nell’induismo e nel buddismo.
Esso consiste nella ripetizione ossessiva di sillabe, lettere o
frasi allo scopo di allontanare la mente dalla realtà dei sensi e di
indurre una notevole concentrazione.
Questo particolare tipo di cantilena
è stato pienamente recepito dal cristianesimo, che ne ha fatto il
modo migliore per raggiungere l’estasi attraverso i ritmi incessanti
della preghiera. Quasi nessuno può resistere alla ripetizione
maniacale per ore di un rosario o di altre giaculatorie se la
cadenza è sempre uguale, martellante ed ossessiva. Se vi è poi uno
stato d’animo particolarmente predisposto è consequenziale cadere in
trance od avere visioni.
Di queste originali e poco indagate
proprietà della mente hanno fatto tesoro intuitivamente stregoni e
generali, i primi per comandare la tribù, i secondi per mandare al
macello la fanteria al suono ritmico di un tamburo.
Anche l’ipnosi induce il sonno
attraverso una frase sussurrata o la visione di un pendolo
ciondolante e tutti i riti magici giocano sull’estenuante
ripetizione di formule e parole propiziatorie.
Una frase o anche una preghiera
replicata cento volte perde, ripetizione dopo ripetizione, il suo
significato originale, per trasportare la mente in un non luogo dove
il ragionamento cede all’irrazionalità e dove la sensibilità subisce
una prodigiosa amplificazione; è facile cadere allora in preda alla
volontà altrui e rimanerne soggiogati.
L’ultima perversa applicazione di
questo assemblaggio di suoni assordanti è costituita dalla musica
metallica, che possiede numerosi seguaci tra giovani trasgressivi
amanti del dark e dal cervello strizzato.
Il Napoli
28 novembre 2007 – Il Mattino 23 dicembre 2007
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La prova del seno
Caro Ettore,
mi permetterai una breve quanto
pubblica chiosa al prosperoso, ma purtroppo finto, seno della
professoressa Anna Ciriani, che tu giustamente glorifichi e proponi
alla pubblica ammirazione.
La chirurgia plastica trionfa senza
limiti, ma spesso è riconoscibilissima a grande distanza, come nel
caso del giunonico seno della nostra Anna, la quale ha voluto
strafare chiedendo un numero 7, una misura che in natura non esiste,
per cui si respira un’aria di mistificazione durante le sue spavalde
passeggiate.
Naturalmente disposto a fare pubblica
ammenda se la gentile professoressa alla prova del tatto mi dimostri
che mi sbaglio.
Frangipane e le sue vignette
10 novembre 2007
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Il trionfo del paganesimo
Gentile dottore,
l’approssimarsi delle feste natalizie
con la corsa al regalo ed alla spesa inutile, nonostante la crisi
economica, è lo specchio fedele di un mondo ritornato pagano alla
ricerca spasmodica del fatuo e nel quale sentimenti e rapporti
sociali si inaridiscono sempre più, mentre tutti, drogati dal
consumismo, trasformano questo magico momento in un rito di massa,
con grandi mangiate e smodate libagioni, acquisti sfrenati ed una
idolatrica adorazione del dio denaro.
Le nuove divinità alle quali
prostrarsi sono le icone di una civiltà decadente ed impazzita e
vanno dalle veline ai calciatori, dai cantanti pop ai piloti di
formula uno, quando non sono addirittura efferati boss della
camorra, immortalati sui display dei telefonini.
Se saliamo di livello sociale e
culturale la situazione poco cambia perché gli idoli e gli esempi da
seguire sono rappresentati da protagonisti, occidentali ed orientali
poco conta, del nostro immaginario: Budda, Bacco, Eros, Ulisse,
Amleto, Apollo, le nove Muse, Don Chisciotte, Don Giovanni, Anna
Karenina, Emma Bovary, mentre Venere, Minerva e Diana sembrano del
resto vivere in mezzo a noi, attualmente, come nei dipinti
dell’Umanesimo e del Rinascimento.
Dovremmo approfittare invece di
questi giorni in cui studio e lavoro presentano una pausa per
riunire le famiglie, sempre più spesso separate e per santificare la
festa, aiutando il prossimo ed innanzitutto cercando di comprendere
le ragioni degli altri.
Solo così potremmo contrastare una
tendenza che sembra inarrestabile, il trionfo dell’immanente sul
trascendente, del profano sul sacro, della vacuità sulla sostanza e
soltanto allora il presepe ed altri simboli religiosi diverranno il
suggello dell’amore familiare e della concordia sociale e,
nell’armonica disposizione dei pastori, lo struggente ricordo di un
mondo felice perduto da riconquistare.
Il Tempo
27 novembre 2007 – Il
Napoli 5 dicembre 2007 – Il Mattino 22 dicembre 2007 –
La nostra Gazzetta (come articolo) 20 dicembre 2007
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Lettera aperta alla professoressa
Anna Ciriani
Gentile signora,
i nostri sono tempi contrassegnati da
una grande libertà di pensiero e di azione, anche se alcune regole
dovrebbero ancora avere un significato, ad esempio andare per le
strade vestiti e per chi ha un ruolo pubblico mantenere un decoro
superiore ai comuni cittadini.
Non vogliamo, pur non essendo
bacchettoni, vedere, pubblicamente esposte, le pudenda di un
procuratore della Repubblica o di un generale dei carabinieri.
Parimenti ci darebbe fastidio una monaca scollacciata o una sindaca
versione nature.
Il ruolo dei professori è decaduto,
ma non al punto da vedere senza imbarazzo una preside in topless o
un accademico in tenuta adamitica.
Naturalmente per coloro che vogliono
esporre le loro fattezze intime alla pubblica ammirazione esistono
luoghi idonei dove esprimersi ed eventualmente farsi apprezzare.
Anche l’aspetto estetico ha una sua
rilevanza non trascurabile: una donna vecchia e brutta è, a mio
sommesso parere, più riprovevole di una fanciulla nel fiore della
gioventù, che ci offre la vista di grazie ben esposte e di
dimensioni lusinghiere.
Ho pubblicamente messo in dubbio la
veridicità del tuo seno, troppo prorompente e giunonico per essere
vero (naturalmente disposto a fare pubblica ammenda se alla prova
del tatto mi dimostri che mi sbaglio), ma in compenso il tuo corpo è
ben tornito, acconcio ed appetibile, il tuo sorriso smagliante e da
esso sprizza una gioiosa voglia di vivere e di trasgredire.
Le tue spavalde passeggiate sono la
rivoluzione che preferiamo, provocano salutari sferzate per ben
pensanti e moralizzatori, ma ascolta un mio consiglio: lascia
l’insegnamento a qualche supplente in trepida attesa, probabilmente
racchia ed affetta da sindrome ittiopriva e lanciati a petto in
fuori… a combattere i falsi difensori delle tradizioni, la tua arena
è il mondo, il compito che ti è stato assegnato è stuzzicare i
nostri sopiti desideri.
Completa la tua opera ed esaudisci
anche oggi il nostro desiderio quotidiano.
Il Brigante
novembre 2007 (come articolo)
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Presepe contro albero di Natale, una
sfida memorabile
Gentile dottore,
da tempo è in atto una guerra
silenziosa verso la tradizione millenaria del presepe, in nome di un
multiculturalismo abietto e fuori luogo. I grandi magazzini non
vendono più i caratteristici pastori, con la scusa di una richiesta
diminuita e va sempre più di moda l’albero di Natale, una usanza
nordica che incontra sempre più adesioni.
Le due espressioni sono lo specchio di due diverse concezioni
religiose: quella monoteista e quella animista. Infatti mentre il
Bambinello ci ricorda il messaggio di pace e la buona novella,
l’albero ci rammenta il periodo nel quale tutti noi vivevamo nelle
grandi foreste.
Mettere insieme i due simboli è un
modo corretto per conciliare tradizioni religiose differenti.
Nel presepe si rappresenta il momento culminante dell’amore di
Giuseppe e Maria verso il loro fragile figlioletto, destinato in
breve tempo a cambiare il mondo ed è triste constatare come, drogati
dal consumismo, abbiamo trasformato questo magico momento in un rito
di massa, con grandi mangiate e smodate libagioni, acquisti
frenetici ed una idolatrica prostrazione al moloch dell’euro.
Anche il rito dell’albero, che vuole
rammentarci il nostro passato nei boschi, quando le piante ci
fornivano riparo dalle intemperie e grande messe di frutti
deliziosi, è stato trasformato in un feticcio luccicante colmo di
doni inutili e costosi. Senza tener conto della orrida strage di
piccoli abeti sacrificati al dio Natale, una gigantesca legnificina
che ci fa pensare ad Erode ed alla sua sete di sangue e di morte.
Approfittiamo di questi giorni in cui studio e lavoro presentano una
pausa per riunire le famiglie, sempre più spesso separate ed a
santificare la festa aiutando il prossimo ed innanzitutto cercando
di comprendere le ragioni degli altri.
Il presepe diverrà in tal modo il
simbolo dell’amore familiare e della concordia sociale e,
nell’armonica disposizione dei pastori, lo struggente ricordo di un
mondo felice perduto da riconquistare.
Il Mattino
13 dicembre 2007
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Pensieri sul tempo
Gentile dottore,
il tempo scandisce la vita dell’uomo
e di tutto l’universo, inesorabilmente, imprime le rughe sul volto,
tinge i capelli di bianco, increspa i muri, sgretola le rocce,
corrode il ferro, fa appassire i fiori e marcire la frutta, è alla
base del triste destino di tutti i viventi: il disfacimento. Una
forza invisibile ed implacabile che non si ferma mai ed a cospetto
della quale il percorso della nostra vita è meno che un’inezia.
L’umanità è in cammino da decine,
forse centinaia di migliaia di anni e la nostra vita ne rappresenta
una minuscola particella; immaginiamo di andare avanti nel tempo al
1 giugno (giorno della mia nascita…) del 2133, sarà una domenica, un
giorno che non mi sarà concesso di vedere, ma non sarò il solo, non
lo vedranno nemmeno i neonati, né alcuno dei sette miliardi che
attualmente abitano la Terra, né quelli che nasceranno domani o fra
un mese o anche fra dieci anni. Se ci spostiamo indietro nel tempo
al 17 marzo del 1861(proclamazione del regno d’Italia) ci troviamo
di nuovo, in un giorno, così importante per la nazione nella quale
viviamo, che nessuno di noi ha vissuto.
Meditando su queste due date così
lontane se rapportate alla durata della vita dell’uomo, ma così
insignificanti rispetto all’eternità, ci assale un senso di angoscia
e di sgomento.
Affacciati per un trascurabile
periodo al palcoscenico dell’universo provenienti da un misterioso
silenzio, precipitiamo rapidamente in un altro silenzio ancora più
infinito.
L’intervallo tra questi due silenzi è
il breve cammino della nostra vita.
Corriere del Mezzogiorno
30 dicembre 2007
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Vulcano buono, ma con chi?
Gentile dottore,
un nuovo, ennesimo, faraonico centro
commerciale è stato aperto alle porte di Napoli, con il solito
codazzo di potenti all’inaugurazione e con il consueto plauso dei
mass media, amplificato dal progetto di Renzo Piano e dalla
benedizione del premier.
Stranamente in Campania, mentre le
industrie e le poche attività produttive languono in stato comatoso,
i templi del consumo fioriscono senza sosta. Non si capisce da dove
dovrebbero provenire i soldi da spendere se non si crea più
ricchezza, ma la civiltà dei consumi pare abbia trovato la soluzione
attraverso l’abuso perverso del credito e della rateizzazione,
convincendo lo stolto consumatore che l’importante è acquistare
anche cose inutili, a pagare vi è sempre tempo.
E mentre si glorificano i nuovi posti
di lavoro indotti dai nuovi centri commerciali nessuno calcola la
chiusura continua di negozi e botteghe con disoccupazione indotta in
ragione di numeri dieci volte superiori.
E mentre il traffico si strozza sulle
autostrade alle porte di Napoli e nei fine settimana si paralizza
completamente, le vie del centro si desertificano, vanificando le
occasioni di incontro e stravolgendo la stessa filosofia con cui
sono state costruite le nostre città, senza che il consumatore ne
tragga un reale vantaggio, a differenza di questi colossi della
distribuzione, spesso di proprietà straniera e sempre collusi con il
potere politico che elargisce le licenze e la camorra che gestisce i
terreni.
Mai pubblicato
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La fine della vita
Gentile dottore,
“Nulla si crea e nulla si distrugge”
è uno dei paradigmi della scienza ed anche il nostro corpo dopo la
morte, disintegrandosi, ritorna nella terra e restituisce le
sostanze della sua materialità. Ma i nostri pensieri, i dolori, le
speranze, la felicità, gli smarrimenti, le malinconie, i ricordi, i
desideri, gli affetti, non vogliamo dire la nostra anima, dove
finiscono? Se nulla si distrugge, se la nostra misera carcassa
continua ad esistere trasformandosi, perché ciò che a noi continua a
sembrare immateriale dovrebbe scomparire.
Una modesta radio a transistor è in
grado di captare le voci provenienti dall’altro emisfero terrestre,
ci permette di ascoltare un monologo di Amleto recitato a New York o
il ritmo di una frenetica danza brasiliana da Rio, il cervello
dell’uomo è la cosa più prodigiosa che vi sia nell’universo, perché
non possiamo credere che esso possa afferrare i nostri sentimenti,
che vagano nello spazio dopo la nostra morte? Un bambino che oggi
nasce potrebbe raccogliere un messaggio di uno sconosciuto che
chiude la sua esistenza e gli lascia in eredità le sue inquietudini,
le sue speranze, le sue gioie ed i suoi dolori.
Milioni di uomini di antiche e sagge
civiltà, hanno creduto e credono a questa possibilità, anche noi
possiamo crederlo, sperarlo, temerlo.
Sono pensieri che ci danno l’idea
della nostra miseria e della nostra nobiltà: sperduti nell’infinita
immensità degli spazi, destinati a vivere un lampo a confronto
dell’eternità, non riusciamo a credere che la nostra coscienza si
sia accesa per caso, a contemplare un universo ostile o quanto meno
indifferente al nostro destino.
Il Resto del Carlino
3 gennaio 2008
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La fine del denaro
Gentile dottore,
l’automazione, i computer, i robot
quanto prima libereranno l’umanità dal fardello del lavoro ed anche
il denaro, ad esso collegato, andrà in soffitta dopo millenni di
baratti e secoli di moneta.
Sarà la più rivoluzionaria delle
rivoluzioni alla quale non siamo assolutamente preparati,
affezionati come siamo a quei simpatici pezzi di carta, sporchi e
stropicciati che sono i soldi. Li desideriamo ardentemente, li
conserviamo come reliquie nel portafoglio, per averli facciamo
qualsiasi cosa, anche lavorare come matti per tutta la vita, per
averne di più siamo disposti a tradire un amico, a scavalcare un
debole, ad ingannare un avversario.
Crediamo ciecamente che con il loro
possesso si possa comperare tutto ciò che si desidera: oltre a
vestiti, auto, cibo ed oggetti lussuosi anche il favore degli altri,
l’onestà delle donne, la giustizia degli uomini, la coscienza del
prossimo.
Se non ne abbiamo la gente ci guarda
con insofferenza e con disprezzo, mentre se mostriamo di averne
tanto tutti si dimostrano amici.
Dimentichiamo che il denaro non ci
permette di acquistare né la salute, né l’amore, né la vera amicizia
e neppure la serenità. Con il loro possesso ci procuriamo soltanto
l’invidia della gente, l’unica cosa di cui faremmo volentieri a
meno.
Il Mattino
4 febbraio 2008
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La fine del lavoro
Gentile dottore,
attualmente il mondo è dominato dallo
strapotere delle multinazionali, i governi, anche degli Stati più
importanti, sono costretti all’ordinaria amministrazione, i popoli
credono di vivere in una democrazia e di essere arbitri del loro
destino, viceversa, contano poco più che nulla.
I capitali vagano senza patria alla
ricerca della migliore rendita, il lavoro si sposta lì dove la
manodopera è più a buon mercato, le merci si indirizzano solo e
soltanto dove vi sono consumatori in grado di acquistare, mentre una
martellante ed onnipresente pubblicità ci convince di sempre nuovi
bisogni e ci invita a consumare oltre ogni limite, distruggendo
l’ambiente ed esaurendo le risorse del pianeta.
In questo panorama non proprio
rassicurante assistiamo impotenti alla fine del lavoro sostituito
dall’automazione, dai computer, dai robot, mentre la disoccupazione
raggiunge quote record in tutto il mondo ed aumenta incessantemente,
anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno.
Quando a breve il lavoro sarà
scomparso verrà meno anche l’uso del denaro o quanto meno le merci
ed i servizi non dovranno remunerare certo il macchinario che le ha
prodotte.
Le multinazionali saranno ancora più
padrone della nostra esistenza, perché possiederanno tutti i
prodotti senza aver dovuto sborsare né stipendi né salari.
Potranno tenerli per sé, novelli
Paperon de Paperoni od elemosinarli a coloro che si prostreranno al
loro incontrastato dominio planetario.
Non si tratta di fantascienza, ma di
un semplice ritorno al passato, la storia infatti ci insegna che
numerose antiche civiltà non conoscevano il lavoro, che veniva
lasciato a moltitudini di schiavi, mentre pochi privilegiati si
dividevano tutte le ricchezze. Anche i civilissimi…Stati Uniti
d’America, patria delle multinazionali, fino a pochi secoli fa,
usufruivano di milioni di schiavi razziati da tremendi negrieri e
costretti a lavorare senza sosta in sterminate piantagioni.
Cosa può fare un cittadino, uno di
noi, una minuscola molecola nel gigantesco villaggio globale, per
cercare di opporsi all’attuarsi di questo allucinante futuro,
cercando di cambiare il nostro destino e di trasformare la fine del
lavoro in una circostanza positiva, nella quale tutti i popoli
possano avere un eguale accesso ai beni prodotti e godere degli
stessi diritti?
Ben poco, purtroppo, ma bisogna
tentare, innanzitutto prendendo coscienza della gravità della
situazione, adoperando la spuntata arma del voto, e soprattutto
cercando di opporsi allo strapotere della società dei consumi.
Il Tempo
22 dicembre 2007 – Il Mattino 21 febbraio 2008
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Una proposta allettante
Gentile dottore,
mentre l’ infinita emergenza dei
rifiuti in Campania prosegue imperterrita, esaltata dai mass media e
senza che le istituzioni prendano veri provvedimenti per risolverla,
vorrei portare all’attenzione generale una potenziale soluzione,
definitiva, attuabile in tempi molto brevi e senza necessità di
investimenti. Basterebbe soltanto la buona volontà dei politici.
Poco prima dell’estate una società
americana, Geoplasma, leader mondiale nella gestione dei rifiuti,
inviò un suo emissario a Napoli che mi contattò, ritenendomi un
esperto del settore, sull’onda di una segnalazione del mio libro
Monnezza viaggio nella spazzatura campana (consultabile
sul web) che era stato recensito sulle pagine di alcuni quotidiani
oltre oceano.
Mi pregarono di interessarmi a far
conoscere una loro proposta quanto mai allettante: realizzare in 18
mesi uno stabilimento per la vaporizzazione dei rifiuti con un
investimento da parte loro di 200 milioni di dollari, adoperando
una tecnologia modernissima basata su una torcia al plasma in grado
di disintegrare completamente qualsiasi sostanza.
Una possibilità straordinaria in
grado non solo di risolvere drasticamente il problema, ma di
smaltire anche in breve tempo gli enormi arretrati di una regione
assediata da milioni di tonnellate di rifiuti.
Ho inviato la proposta al ministero
ed al commissariato, ma attendo ancora un riscontro.
Spero che con l’aiuto dell’opinione
pubblica si possa accelerare la risposta da parte di chi ha la
responsabilità della gestione del problema che, dopo aver superato
da tempo il livello di guardia, sembra non abbia soluzione.
Il Riformista
4 gennaio 2008 – La
Repubblica (nazionale) 6
gennaio 2008 – Il Brigante (come articolo) dicembre 2007 –
Il Mattino 19 gennaio 2008
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Una proposta sensata
Gentile dottore,
la provocazione di Giuliano Ferrara
che, in concomitanza dell’approvazione da parte dell’Onu di una
moratoria sulla pena di morte, ha proposto una sosta di meditazione
anche sull’aborto non ha avuto da parte dei mass media l’attenzione
che meritava. Come si può gridare che nessuno tocchi Caino, mentre
si persevera nel legalizzare l’eliminazione di tanti Abele? Come si
può continuare ad ignorare ed a tacere?
Probabilmente i giornali, oramai
asserviti al potere, temevano di provocare ulteriori difficoltà al
governo, da tempo in coma irreversibile, aprendo un dibattito sulla
legge 194 da sempre argomento di dissidio tra laici e cattolici.
Ma non bisogna aver paura di parlare
e qualche considerazione voglio farla nella veste di addetto al
settore da oltre 35 anni, più volte colpito ma non ancora abbattuto
sempre in prima linea, e non nella comoda retroguardia dalla quale
pontificano politici, opinionisti, medici e bioetici.
La legge italiana è tra le più
permissive del mondo e prevede la possibilità dell’aborto in
qualsiasi momento della gestazione ove mai “siano accertate
malformazioni del nascituro che determinino un grave pericolo per la
salute fisica o psichica della donna”(art 6). Ciò significa che
l’interruzione in teoria potrebbe essere attuata anche al nono mese
di gestazione, ma in questo caso il termine più adatto è, senza
ombra di dubbio, quello di infanticidio. Stabilire categoricamente
un termine ultimo mi pare assolutamente necessario, soprattutto alla
luce degli sviluppi delle tecniche di rianimazione, che permettono
di tenere in vita un feto di 22 - 23 settimane
Negli anni Settanta quando fu varata
la legge in Italia ed in molte altre nazioni europee il problema
demografico era assillante, mentre ora la crescita delle popolazioni
occidentali è ampiamente deficitaria per cui bisogna porre in atto
con urgenza dei validi correttivi, pena il tracollo della nostra
civiltà nell’arco di 2 – 3 generazioni.
Bisogna garantire una presenza
paritaria nei consultori di operatori laici e cattolici, affinché
l’interruzione non sia la scelta obbligata, garantendo fondi al
movimento per la vita ed ai centri di assistenza che sconsigliano il
ricorso all’aborto.
Le tecniche di interruzione
farmacologica della gravidanza sono una realtà attuata in tutto il
mondo salvo in Italia e la 194 dovrebbe accogliere e codificare una
metodica ben accetta dalle donne.
Mai pubblicato
Torna su
Di nuovo polemiche sull’aborto
L’irruzione della polizia al
policlinico di Napoli mentre si svolgeva un’interruzione di
gravidanza alla 21° settimana (5mesi) e la provocazione di Giuliano
Ferrara che, in concomitanza dell’approvazione da parte dell’Onu di
una moratoria sulla pena di morte, ha proposto una sosta di
meditazione anche sull’aborto ed ha predisposto delle liste per le
prossime elezioni ha riacceso le polemiche ed il dibattito sulla
legge 194.
Giuliano Ferrara ha sottolineato
l’assurdità di una battaglia a difesa della vita di un pluriomicida
pericoloso, mentre milioni di innocenti, che hanno la sola colpa di
essere non desiderati, vengono eliminati ogni anno senza pietà. Come
si può gridare che nessuno tocchi Caino, mentre si persevera nel
legalizzare l’eliminazione di tanti Abele? Come si può continuare ad
ignorare ed a tacere?
Il suo scontro televisivo con
Pannella è stato memorabile: da un lato il vecchio digiunatore dalla
mente annebbiata, che farneticava frasi senza senso e senza
costrutto, dall’altro lo stringente ragionamento di Ferrara dalla
logica spietata, che chiedendo provocatoriamente una moratoria
sull’aborto, metteva in crisi il falso moralismo dei laici e la
penosa ipocrisia del pensiero postkantiano.
Non bisogna aver paura di parlare e
qualche considerazione voglio farla anche io nella veste di addetto
al settore da oltre 35 anni e non nella comoda retroguardia dalla
quale pontificano politici, opinionisti, medici e bioetici.
La legge italiana è tra le più
permissive del mondo e prevede la possibilità dell’aborto in
qualsiasi momento della gestazione ove mai “siano accertate
malformazioni del nascituro che determinino un grave pericolo per la
salute fisica o psichica della donna”(art 6). Ciò significa che
l’interruzione in teoria potrebbe essere attuata anche al nono mese
di gestazione, ma in questo caso il termine più adatto è, senza
ombra di dubbio, quello di infanticidio. Stabilire categoricamente
un termine ultimo mi pare assolutamente necessario, soprattutto alla
luce degli sviluppi delle tecniche di rianimazione, che permettono
agevolmente di tenere in vita un feto di 22 - 23 settimane
Negli anni Settanta, quando fu varata
la legge in Italia ed in molte altre nazioni europee, il problema
demografico era assillante, mentre ora la crescita delle popolazioni
occidentali è ampiamente deficitaria per cui bisogna porre in atto
con urgenza dei validi correttivi, pena il tracollo della nostra
civiltà nell’arco di 2 – 3 generazioni.
Bisogna garantire una presenza
paritaria nei consultori di operatori laici e cattolici, affinché
l’interruzione non sia la scelta obbligata, garantendo fondi al
movimento per la vita ed ai centri di assistenza che sconsigliano il
ricorso all’aborto.
Le tecniche di interruzione
farmacologica della gravidanza sono una realtà attuata in tutto il
mondo salvo in Italia e la 194 dovrebbe accogliere e codificare una
metodica ben accetta dalle donne.
E vorrei completare queste brevi
considerazioni riportando il finale del mio libro sull’argomento
scritto nel 1978 all’indomani dell’approvazione della legge 194:”Lo
sviluppo demografico indiscriminato della popolazione mondiale
rappresenta senz’altro il più grosso pericolo che incombe oggi, come
una spada di Damocle, sull’umanità e ne pregiudica, se non risolto
adeguatamente, ogni possibilità di sviluppo futuro. La soluzione di
questo problema, oltre che nella buona volontà degli uomini è
incentrato nella diffusione capillare e nello sviluppo di tutte le
metodiche contraccettive attualmente conosciute e nello studio di
nuove sempre più semplici ed efficaci.
In attesa che tale auspicio venga
realizzato esiste però il dramma quotidiano dei singoli individui e
delle nazioni, soprattutto del terzo mondo, afflitte dalle
disuguaglianze sociali, dalla povertà, dall’ignoranza, dai tabù.
L’aborto rappresenta a volte la
soluzione temporanea di molti di questi problemi, ma rappresenta
sempre il frutto di una decisione sofferta ed a volte traumatizzate.
La scienza e la politica devono
lavorare insieme per dare a tutte le coppie la possibilità di
programmare con serenità la propria vita riproduttiva, così che, in
un futuro speriamo prossimo, ogni bambino che nascerà sarà stato
desiderato ed atteso con amore e possa vivere la sua vita con il
rispetto e la dignità dovuti ad ogni essere umano.
Quaderni radicali
febbraio 2008
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Napoli affonda si salvi chi può
Gentile dottore,
per giorni e giorni tutti i giornali
del pianeta hanno dedicato la prima pagina a Napoli che affoga
sepolta dai rifiuti, ma nessuno si è chiesto il perché di
un’attenzione mediatica
ossessiva e tutto sommato fuori
luogo. Ma la spiegazione è a livello inconscio: Napoli è l’immagine
premonitrice di un futuro quanto mai vicino, quando, se non si frena
una civiltà basata su un consumismo sfrenato ed irrazionale, tutte
le città del mondo saranno sommerse dai rifiuti ed avvelenate dai
gas emessi da automobili ed inceneritori.
Napoli è il laboratorio dove
si
accavallano una serie di tematiche che da tempo hanno raggiunto e
superato il livello di guardia, ma che interessano tutti i
contemporanei: traffico, disoccupazione, delinquenza organizzata,
smaltimento dei rifiuti, abusivismo, ecc.
Gli
Italiani sono stati alla finestra senza muovere un dito, anzi
rincarando la dose attraverso il disprezzo. Non si è voluto
affrontare il problema della delinquenza e questa è dilagata come un
cancro, aggredendo il tessuto sano, non si voluto contrastare il
business della falsificazione e tutta l’Europa è oramai invasa da
griffe fasulle e marchi contraffatti, non si fa niente per risolvere
alla radice il dramma dei rifiuti ed il miasma comincia a dilagare
lontano e lo spettro di una crisi generale comincia ad essere
un’ipotesi plausibile.
Le
recenti puntate di Porta a Porta, protrattesi fino a notte fonda,
sono state lo specchio di una situazione insostenibile: da un lato
gli ospiti in studio, comodamente in poltrona, elegantemente vestiti
a discutere forbitamente, mentre le telecamere inquadravano
un’umanità lacera, abbandonata da tutti, che gridava disperata la
sua rabbia e le sue paure, respirando la puzza delle discariche ed
inalando la micidiale diossina.
Tutti
quelli che si meravigliano che la città non sia ancora precipitata
nei gorghi del baratro inabissandosi, dimenticano che rimane ancora
miracolosamente a galla, aggrappata alla sviscerata devozione dei
suoi abitanti che l’amano perdutamente e per il ricordo, mai
sbiadito di millenni di cultura, civiltà e nobili tradizioni.
Ma
state attenti perché se dovesse veramente affondare creerà un
gigantesco risucchio e trascinerà con sé negli abissi tutto quello
che la circonda per larghissimo raggio e nessuno si salverà.
Il
Riformista
15 gennaio 2008 –
Il
Mattino
27 gennaio 2008 –
Orizzonti nuovi
(come articolo) 28 gennaio 2008
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Attenti a non smaltire la salute
La forza della verità
Gentile dottore,
chi racconta la verità non ha mai
paura di quel che dice perché sa di trovare il miglior ascoltatore
nel cuore stesso dei suoi nemici. Seguendo questa massima proviamo a
riepilogare la questione dei rischi collegati all’uso
dell’inceneritore.
Ha fatto scalpore la dichiarazione
pubblica di Umberto Veronesi, il quale ha candidamente affermato che
il ricorso agli inceneritori non desta alcuna preoccupazione per la
salute!
Conoscendo l’uomo, possiamo essere
sicuri della sua buona fede, avendolo ascoltato nella sua veste di
oncologo pochi giorni fa ad un convegno, possiamo confermare che non
è ancora rimbambito, allora come si spiega tanta sicurezza mentre la
letteratura scientifica più avvertita mette in guardia sui rischi
rappresentati dalle nano particelle, quelle sostanze che le normali
apparecchiature non riescono a dosare?
Queste microsostanze sono sospettate
di essere agenti patogeni ben più rischiosi di diossina e furani, le
cui concentrazioni nel sangue degli abitanti vicini agli impianti,
sembrano al momento, per inceneritori di ultima generazione,
abbastanza rassicuranti.
Viceversa queste nano particelle,
essendo di dimensioni simili ai virus, se inalate, penetrano in
circolo e possono dar luogo a mutazioni genetiche.
Siamo stanchi di una campagna di
stampa a senso unico tesa a rassicurare i cittadini, non vogliamo
più leggere quotidianamente sulla più grande testata del sud, pseudo
professori, privi di qualunque autorità internazionale, che
pontificano su una materia della quale non hanno alcuna esperienza.
Siamo scandalizzati che un famoso
professore austriaco venga invitato in pompa magna a nostre spese
dal rettore ad un dibattito nell’aula magna dell’università, il
quale beatifica l’incenerimento, non accetta domande dal pubblico,
dopo un giorno diventa consulente della regione Campania (sempre a
nostre spese) e pare sia legato alle industrie che costruiscono i
termovalorizzatori.
Siamo sconcertati che la raccolta
differenziata, che produrrebbe ricchezza e lavoro ancora non parta.
Siamo umiliati che l’emergenza
rifiuti si aggravi giorno dopo giorno senza che nessuno riesca a
porre rimedio.
Il Napoli
26 gennaio 2008
–
Il Brigante (come
editoriale) gennaio 2008
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Provvedimenti urgenti per turismo e
prodotti tipici campani
Gentile dottore,
la crisi dei rifiuti rimbalzata sui
giornali di tutto il pianeta ha provocato danni devastanti
all’immagine di Napoli e della regione con ripercussioni gravissime
sul turismo e sui prodotti tipici da esportazione dalla mozzarella
ai pomodori.
Per cercare di porre rimedio è
assolutamente necessario ed urgente che lo Stato metta in atto dei
provvedimenti agevolati: dalla gratuità dei musei ad una abolizione
delle tasse per alberghi, ristoranti e negozi che offrano
sostanziosi sconti per incoraggiare i forestieri. Sarebbe
auspicabile la creazione di buoni da spendere nelle strutture
campane.
E l’Europa la smetta di minacciare
continuamente provvedimenti restrittivi e pensi viceversa ad un
piano internazionale di aiuti di durata poliennale.
Solo così potrà partire un’inversione
di tendenza e dopo aver raggiunto il fondo lentamente risalire a
galla.
L’Unità
9 febbraio 2008
–
Il Napoli 12 febbraio 2008
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Non più casta bensì cosca
Gentile dottore,
in questi giorni si parla di
necessità di una nuova legge elettorale e si fa derivare da questa
inadempienza l’ingovernabilità dell’Italia passata, presente e
futura, ma nessuno ha centrato il vero problema costituito
dall’esistenza di 158 partiti registrati con tanto di simbolo, i
quali possono accedere ai finanziamenti pubblici, purchè raggiungano
in un’elezione, sia essa politica, europea o regionale, lo 0,67% dei
suffragi.
Tali finanziamenti persistono anche
se la legislatura termina in anticipo il suo mandato e pochi sanno
che i partiti continueranno ad avere finanziamenti anche per i
prossimi anni, pur essendo caduto il governo ed indette nuove
elezioni.
Uno scandalo di proporzioni
gigantesche che grida vendetta e che potrebbe essere corretto con
una legge voluta dai partiti maggiori.
Ma nessuno si muove, mentre la stampa
tace e la casta che ci domina e ci dissangua somiglia sempre più ad
una cosca.
Mai pubblicato
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Di nuovo polemiche sull’aborto
Gentile dottore,
l’irruzione della polizia al
policlinico di Napoli mentre si svolgeva un’interruzione di
gravidanza alla 21° settimana (5mesi) e la provocazione di Giuliano
Ferrara che, in concomitanza dell’approvazione da parte dell’Onu di
una moratoria sulla pena di morte, ha proposto una sosta di
meditazione anche sull’aborto ed ha predisposto delle liste per le
prossime elezioni ha riacceso le polemiche ed il dibattito sulla
legge 194.
Vorrei fare qualche considerazione
sul problema nella veste di addetto al settore da oltre 35 anni e
non nella comoda retroguardia dalla quale pontificano politici,
opinionisti, medici e bioetici.
La legge italiana è tra le più
permissive del mondo e prevede la possibilità dell’aborto in
qualsiasi momento della gestazione ove mai “siano accertate
malformazioni del nascituro che determinino un grave pericolo per la
salute fisica o psichica della donna”(art 6). Ciò significa che
l’interruzione in teoria potrebbe essere attuata anche al nono mese
di gestazione, ma in questo caso il termine più adatto è, senza
ombra di dubbio, quello di infanticidio. Stabilire categoricamente
un termine ultimo mi pare assolutamente necessario, soprattutto alla
luce degli sviluppi delle tecniche di rianimazione, che permettono
di tenere in vita un feto di 22 - 23 settimane
Negli anni Settanta quando fu varata
la legge in Italia ed in molte altre nazioni europee il problema
demografico era assillante, mentre ora la crescita delle popolazioni
occidentali è ampiamente deficitaria per cui bisogna porre in atto
con urgenza dei validi correttivi, pena il tracollo della nostra
civiltà nell’arco di 2 – 3 generazioni.
Bisogna garantire una presenza
paritaria nei consultori di operatori laici e cattolici, affinché
l’interruzione non sia la scelta obbligata, garantendo fondi al
movimento per la vita ed ai centri di assistenza che sconsigliano il
ricorso all’aborto.
Le tecniche di interruzione
farmacologica della gravidanza sono una realtà attuata in tutto il
mondo salvo in Italia e la 194 dovrebbe accogliere e codificare una
metodica ben accetta dalle donne.
La Repubblica
15 febbraio 2008
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Rifiuti da trasportare lontano
Gentile dottore,
finalmente De Gennaro ha capito, dopo
aver sprecato metà del tempo a disposizione, non vi è al momento
altra soluzione che portare i rifiuti fuori dalla regione verso gli
inceneritori svizzeri e tedeschi che la bramano, meglio ancora se si
organizzasse un trasporto via mare verso il deserto libico, in grado
in 30 - 40 anni di assorbire tutto e di creare le basi per nuovo
petrolio.
Sono purtroppo soluzioni sgradite a
politici ed industriali, con in prima fila il presidente Lettieri,
che vogliono lucrare sull'immenso affare.
Il Mattino
2 marzo 2008
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Chiarezza sull’aborto
Gentile dottore,
l’irruzione della polizia al
policlinico di Napoli e la presentazione della lista per la vita di
Giuliano Ferrara hanno rinfocolato la mai sopita polemica sulla
legge che regola l’interruzione di gravidanza, la famigerata 194,
che trova strenui difensori ad oltranza ed acerrimi abolizionisti
scontrarsi in un dibattito estenuante nel quale non si intravede una
via di sbocco.
La questione è particolarmente
spinosa trattandosi di una materia nella quale ci si trova davanti
ad uno stridente conflitto tra diritti e doveri: tra quello del
concepito a nascere, sancito chiaramente in tutte le dichiarazioni
universali dei diritti, ma calpestato di fatto da quasi tutte le
legislazioni occidentali e sul quale anche il laico non può e non
deve transigere e quello della donna di poter disporre liberamente e
sempre del proprio corpo, anche quando esso è divenuto il
contenitore di una vita altrui.
Anche i laici più consapevoli devono
rendersi conto che non si può lasciare soltanto ai cattolici l’onore
e l’onere di battersi in difesa del concepito.
E la provocatoria iniziativa di
portare in Parlamento un partito per discutere pubblicamente della
vita ha il merito di aver messo in mora la pigrizia e la viltà
mentale di quanti avevano accantonato e rimosso il problema.
Purtroppo la discussione sta degenerando tra eccitazioni
sessantottine e manifestazioni di piazza da un lato e posizioni
intransigenti di netta preclusione dall’altro, che non tengono conto
della diffusione planetaria e della realtà sociale dell’aborto.
La scelta di entrare nell’agone
politico e di sedere in Parlamento, pur affermando di non voler
modificare la legge, è senza senso, perché il luogo del dibattito,
in assenza di un autorevole Agorà, devono essere i giornali e le
televisioni e non certamente le aule sorde e grigie della Camera e
del Senato.
La 194 quando nacque fu frutto
dell’ipocrita compromesso tra cattolici e forze di sinistra e
l’aborto giuridico che vide la luce dimostrava già dal nome la
falsità delle sue intenzioni, nel momento in cui fu battezzata come
norma “per la tutela sociale della maternità”, quando la via da
seguire era quella di una depenalizzazione dell’interruzione
volontaria della gravidanza, senza rimanere moralmente indifferenti
di fronte ad un dramma vissuto quasi unicamente dalle donne.
Mai pubblicato
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Replica a Repubblica
Gentile direttore,
solo stamane ho letto la lettera
della signora Del Vecchio che si chiede se io sia lo stesso
ginecologo con studio in via Manzoni che lei ricorda (forse per
essere stata una mia cliente) e chiedo cortesemente di poter
rispondere.
Si, sono io, e non lo avevo certo
celato nell’incipit della mia lettera quando esordivo” Vorrei fare
qualche considerazione sul problema nella veste di addetto al
settore per oltre 35 anni e non nella comoda retroguardia dalla
quale pontificano politici, opinionisti, medici e bioetici”.
Il diritto ad esprimere la propria
opinione è una facoltà che infastidisce le persone intolleranti,
latrici di una tesi contraria e nonostante ciò ritengo che, per aver
vissuto il problema in prima linea, pagando sempre di persona, abbia
titolo a rendere pubbliche le mie considerazioni e le mie critiche
ad una legge, che necessita di opportune modifiche in alcuni passi,
dove è in stridente contrasto con la normativa internazionale e con
il progresso farmacologico.
Naturalmente coerenza, obiettività ed
amore per la verità mi hanno indotto ad esprimere pubblicamente la
mia opinione, ma soprattutto l’assoluto rispetto per il dramma
solitario di tante donne che ha sempre contraddistinto la mia
condotta professionale come potrebbero testimoniare le mie pazienti.
La Repubblica
22 febbraio 2008
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La più svettante palma di Napoli
Gentile dottore,
una malattia da alcuni anni sta
decimando i palmizi, infatti, dopo la Spagna, anche in Italia
è entrato in vigore uno stato di allerta permanente per via di un
insetto che nuoce gravemente alle palme: si tratta del
Rhynchophorus ferrugineus, un curculionide chiamato comunemente
Punteruolo Rosso, il cui ciclo vitale si svolge in parte
all'interno di queste nobili piante.
Non è una novità che nel corso degli
ultimi trent'anni molti parassiti e fitofagi siano stati introdotti
accidentalmente in Italia a causa della leggerezza di vivaisti e
rivenditori di piante, che fanno sbarcare sul continente grosse
quantità di esemplari adulti, privi di adeguata certificazione
fitosanitaria.
Le larve di curculionidi si trovano
all'interno dell'apice vegetativo delle palme, dentro il quale
scavano gallerie e nidi, rosicchiando il legno spesso in maniera
udibile senza stetoscopio, e una volta completamente sviluppate
invadono letteralmente l'ambiente circostante, contaminando altri
esemplari.
Sembra che durante gli ultimi
inverni, per via delle temperature innaturalmente miti, la virulenza
dell'attacco sia aumentata. Molte regioni italiane a clima dolce,
come Campania, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, hanno infatti
dato segnalazione di numerose piante attaccate.
Esemplari storici, che da diversi
decenni danno una precisa connotazione a molte belle città italiane,
potrebbero essere completamente spazzati via. Anche in questo caso
si assiste ad una tragica ed irritante passività delle autorità che
dovrebbero essere competenti della materia. Per ora infatti non sono
stati posti né vincoli né controlli alle piante importate
dall'estero, né vengono presi, se non occasionalmente e a livello
comunale, dei seri provvedimenti per prevenire un futuro disastro.
Purtroppo la lotta è molto difficile,
e se l'individuo contaminato è adulto, pare non ci sia al momento
altro rimedio che estirparlo e bruciarlo il più presto possibile. In
esemplari giovani è stato tentato un trattamento d'urto, irrorando
la corona foliare dall'alto e avvolgendo la pianta in un grande telo
di plastica, un gigantesco preservativo, a mo' di camera a gas, ma
risulta evidente che questo tipo di azione è difficile da adottare
su esemplari già cresciuti.
Inoltre sarebbe raccomandabile
evitare la potatura delle palme, poiché il Punteruolo si
infila all'interno delle piante attraverso i tagli. Tra l'altro la
potatura in sé per sé non sarebbe affatto necessaria, anche se viene
abitualmente eseguita a scopi estetici (spesso con risultati che di
estetico non hanno nulla), o per questioni logistiche, di passaggio
o di viabilità.
Bando alla tristezza perché ora
vogliamo parlare di un gigantesco esemplare di palma, il più alto di
Napoli, che pochi conoscono essendo situato, non nell’Orto botanico,
né nella Villa comunale, bensì nel segreto di un parco privato posto
sul crinale della collina del Vomero, tra il corso Vittorio Emanuele
e San Martino.
Gli esperti ritengono che le palme
più alte della città siano quelle che svettano quiete da oltre
quattrocento anni nel cortile del monastero di S. Andrea delle Dame,
dove oggi si trova la cattedra di oculistica del vecchio
policlinico, ma la palma… di palma più alta da oggi deve passare
(misurare per credere) all’esemplare sito all’altezza del numero
civico n 167 della storica strada, che noi amiamo chiamare
tangenziale di Ferdinando II, in onore del sovrano che la costruì e
non di quello che ne usurpò il merito, in un lussureggiante giardino
che insiste sulla palazzina n.7 di Parco Eva.
Il fusto sembra voler raggiungere con
le sue fronde più alte la collina sovrastante e datele qualche altro
secolo di tempo e potete essere sicuri che vi arriverà.
Il Giornale di Napoli
20 febbraio 2008
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Tacchi a spillo: orgasmo assicurato
Gentile dottore,
tra le maggiori boiate pubblicate nei
giorni scorsi dalla stampa internazionale vi è senza dubbio
l’asserzione, priva di alcuna validità scientifica, che adoperando i
tacchi a spillo si influenzerebbero i muscoli pelvici, i quali
sarebbero poi in grado, al momento opportuno, di entrare in azione
producendo un intenso e prolungato piacere sessuale.
La notizia, per quanto pubblicata su
una rivista scientifica e rimbalzata poi sulle pagine del Sunday
Times e da lì sui maggiori quotidiani europei, ha un solo merito:
aver richiamato l’attenzione delle donne sull’importanza di un
gruppo di muscoli, che, se correttamente esercitato, può incidere
favorevolmente sulla capacità di raggiungere l’orgasmo.
La studiosa dell’università di
Verona, autrice dell’originale ricerca, dice di aver misurato
l’attività elettrica della pelvi a secondo dell’inclinazione assunta
dai piedi e di aver riscontrato nel gruppo di volontarie, che
adoperavano un tacco di 7 centimetri, una riduzione del 15%
dell’attività muscolare.
Un effetto diametralmente opposto a
quello che gli esercizi consigliati dai sessuologi cercano di
ottenere: un aumento della capacità contrattile!
Purtroppo non esistono facili
scorciatoie e per ottenere un valido risultato le donne debbono
dedicare con pazienza del tempo a compiere una serie di noiosi
quanto efficaci esercizi, dopo aver identificato il muscolo regista
nell’innesco dell’orgasmo: il pubococcigeo.
La donna impara a riconoscerlo
chiudendo gli occhi mentre urina ed interrompendo all’improvviso il
getto, adoperando proprio il muscolo che dovrà esercitare.
Dovrà poi eseguire esercizi di
contrazione e rilasciamento per circa un mese, occupando non più di
10 - 15 minuti in due sedute quotidiane.
Alla fine i risultati saranno
clamorosi, mentre sono del tutto superflui decine di chilometri di
marcia con tacchi vertiginosi, utili forse unicamente per
procacciarsi, con un’andatura da femmina fatale una preda da
ghermire e da coinvolgere nei ludi amorosi.
Pianeta donna
25 febbraio 2008
Torna su
Sircana non lo meritavamo
Gentile direttore,
mentre D’Alema capolista difende con
foga ciceroniana l’operato di Bassolino davanti alla stampa estera,
l’infaticabile Veltroni prosegue indefesso nella sua lodevole ansia
di rinnovamento e di proposta di volti nuovi e puliti nelle liste…,
siamo infatti tutti stanchi di facce patibolari.
La dimostrazione più lampante è la
collocazione tra i primi posti in Campania, cioè elezione sicura, di
Sircana già portavoce di Prodi, già implicato nello scandalo delle
foto che lo ritraevano mercanteggiare sul prezzo con procaci
travestiti per un’ora di sesso proibito. La foto rimase a lungo
segreta, poi finì sulle pagine dei quotidiani e addirittura fu
oggetto di un’opera d’arte presentata alla discussa mostra
sull’omosessualità Vade retro.
Napoli non merita di essere
rappresentata in Parlamento da questi personaggi, ma Veltroni, non
potendo candidare Luxuria, passata (o passato?) con l’ultra
sinistra, ha voluto propinarci un raffinato cultore dai gusti
particolari, gli elettori debbono essergli grati e ricordarsene al
momento del voto.
Il Napoli
6 marzo 2008
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