Per festeggiare i 50 anni di vita del museo sono giunti a
Capodimonte dalle più famose pinacoteche del pianeta oltre settanta
dipinti allo scopo di dialogare con le tele napoletane ed il
risultato, superate le incertezze ed i dubbi dei primi giorni,
appare sorprendente e si rivela sempre più un’idea vincente del
vulcanico soprintendente Spinosa, infaticabile organizzatore di
eventi artistici memorabili, aduso a lavorare in una realtà
difficile come quella napoletana, con scarse risorse economiche e
nel criminale disinteresse degli sponsor privati.
Gli autori in mostra rappresentano il top assoluto da Caravaggio
agli Impressionisti e rispondono a nomi quali Cezanne, Gauguin, Goya,
Manet, Murillo, Picasso, Rembrandt, Renoir, Van Dyck, Van Gogh,
Velazquez e Zurbaran, per citare soltanto alcuni tra i maggiori.
Le opere sono distribuite lungo i tre piani dell’antica reggia
affianco a quelle normalmente esposte, per cui per visitare la
mostra è necessario confrontarsi con il cospicuo patrimonio
permanente del museo poco noto ai turisti e misconosciuto dagli
stessi napoletani.
Alcuni colloqui sono sorprendenti ed i quadri esposti sembrano
conoscersi da sempre ed hanno rapidamente familiarizzato, come il
Guercino al fianco di Mattia Preti o la dolcissima Donna con la
perla di Corot in perfetta sintonia con la Madonna col
Bambino e cherubini del Botticelli, lo stesso dicasi per
alcune splendide nature morte come le Mele cotogne di
Zurbaran rese con la stessa petrosità materica degli omonimi frutti
di Luca Forte e la Cesta con piselli e ciliegie di Van der
Hamen y Leon impregnata dello stesso profumo che emana prodigioso
dalle tele dei Ruoppolo o di Brueghel.
Altre volte il forte contrasto è stato fautore di un fecondo
dibattito come per i dipinti metafisici di De Chirico e di Carrà a
colloquio con le certezze geometriche del celebre ritratto di Luca
Paciolli o il sorprendente volto del graffittaro Basquiat al
cospetto degli esiti di un Rosso Fiorentino o di un Salviati.
E che dire davanti a quella coppia di anziani contadini di Georges
de La Tour ripresi dal vero mentre mangiano pane e miseria in
compagnia delle tele a lume artificiale di un artista come lo Stomer
o lo stralunato Doppio ritratto di Bacon posto in antitesi ai
volti severi impressi sulla tela col suo tremendo impasto dal
Maestro dell’Annuncio ai pastori, del quale, oltre alle sue tele
partenopee, è in mostra una stupefacente Testa di
vegliardo, di recente andata in asta a New York, nella quale
sembra si possa scorgere, finalmente in maniera chiara, una J come
iniziale della firma, ad avvalorare le teorie del De Vito, che da
anni si batte per attribuire all’ancor ignoto artista il nome di
Juan Do.
In alcune occasioni si è voluto operare un confronto tra tele di
epoche diverse ma di soggetto affine, come la ipercolesterolemica
Betsabea di Rembrandt vicino alla seducente Danae del Tiziano o
la Antea del Parmigianino, uno dei più misteriosi ed affascinanti
ritratti di tutti i tempi in compagnia delle due fanciulle
immortalate da Picasso, una solare donna di Majorca ed una
malinconica Olga Khokhlova, compagna del pittore. Ed a pochi passi
la Susanna ed i vecchioni di Rubens di prosperosa procacità a
paragone dell’algida bellezza della casta fanciulla raffigurata dal
Ribera. Ed a proposito di questa ultima tela vogliamo aggiungere che
essa ha finalmente trovato una ragionevole paternità dopo aver
vagato nelle aste internazionali prima come anonima e poi sotto le
paternità più strampalate da Stanzione a Paolini.
Nei lunghi corridoi seicenteschi in perfetta sintonia i dipinti di
Van Dyck vicino alle tele del Novelli, divulgatore del suo verbo
nelle regioni meridionali ed i quadri del Poussin ai quali si
ispirarono i nostri Falcone e Gargiulo.
Concludiamo la nostra carrellata con il luminoso Festino di Erode
di Rubens, un felice ritorno in città di un quadro, una volta nella
collezione napoletana di Gaspare Roomer, il facoltoso banchiere
fiammingo, che possedeva una raccolta con oltre 1500 pezzi ed oggi
di proprietà del museo di Edimburgo. Il dipinto, un diluvio di
colori di calda e seducente sensualità, fu la palestra visiva per
tanti giovani pittori locali da Bernardo Cavallino a Luca Giordano,
i quali prelevarono la gioia del più acceso cromatismo e la
trasfusero nelle loro opere, inaugurando le felici stagioni del
pittoricismo e del barocco.
Potremmo proseguire a lungo, ma tedieremmo il lettore e toglieremmo
al visitatore la gioia di cogliere personalmente analogie ed
antitesi come in un ideale contrappasso.
Per chi volesse visitare la mostra in compagnia del sottoscritto,
usufruendo anche delle letture critiche sugli impressionisti di mia
moglie Elvira, appuntamento alla biglietteria: venerdì 16 novembre
alle ore 16:00, domenica 25 novembre alle ore 10:30 e sabato 29
dicembre alle ore 10:30.
Achille della Ragione
Rubens
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