Dopo sedi prestigiose, da Castel Sant’Elmo a Castel dell’Ovo ed in
ultimo la Reggia di Portici, quest’anno il Salone dell’antiquariato
è approdato alla Mostra d’Oltremare, dove a fronte di una maggiore
superficie espositiva si è trovato a confrontarsi con difficoltà
logistiche, dall’assenza di segnalazioni alla dislocazione
decentrata dei parcheggi.
Ma passiamo dall’aridità della contingenza al sublime dell’arte e
cerchiamo di identificare tra gli stand le top ten della pittura,
tralasciando altre pur ben rappresentate espressioni artistiche,
dalle ceramiche ai mobili, dai tappeti ai presepi ed ai pastori.
I dipinti prescelti appartengono tutti al Seicento, il secolo d’oro
della pittura napoletana.
Partiamo dall’antiquario Currier dove ci accoglie una seducente
Flora (fig. 1), replica autografa del capolavoro di Pacecco De Rosa
conservato nel Kunsthistoriches di Vienna, dal quale differisce
unicamente per un piccolo nastro azzurro tra i capelli. Composizione
gioiosa che funge da quarta di copertina dell’unica monografia
sull’artista, opera del sottoscritto. Ma il quadro più interessante
è una splendida Madonna con Bambino che riceve una pera da San
Giuseppe (fig. 2). Un classico Riposo nella fuga in Egitto ritenuto
da Spinosa autografa del maestro, in base ad un raffronto con un
quadro di analogo soggetto conservato al museo di Sarasota, ma
forse, più probabilmente, opera pregevolissima di uno stanzionesco
da identificare.
Figg. 1 e 2
Pochi passi e ci imbattiamo in un Paesaggio con cascata (fig. 3)
eseguito con certezza da Micco Spadaro, nonostante una microscopica
sigla da approfondire ed interessante, presso lo stesso mercante, un
San Modestino, dalla folta e cespugliosa barba, firmato da Nicola
Vaccaro, un pittore di grande talento ancora poco noto e figlio del
più famoso Andrea.
Fig. 3
La Pinacoteca, diretta da proprietari competenti ed appassionati,
espone quadri da museo, più che da collezione privata e tra questi
due Luca Giordano di altissima qualità: un Trionfo di Galatea (fig.
4) del periodo fiorentino dell’artista, nel quale risaltano, come
raffinato tocco di napoletanità, dei tralci di corallo rosso fuoco
ed un’Adorazione dei pastori (fig. 5) eseguita dal pittore all’età
di sedici anni quando, come una spugna, recepiva l’influsso dei
grandi pennelli dell’epoca. Nella tela, tra le figure in secondo
piano, possiamo riconoscere lo stesso Luca (fig. 6) con i classici
occhiali che rivedremo nei suoi più famosi autoritratti, come in
quello conservato nella quadreria del Pio Monte della Misericordia.
Fig. 4
Figg.5 e 6
Il principe degli espositori è Porcini, padre e figlio, titolari di
Napoli nobilissima, una galleria che negli ultimi anni ha fatto fare
a centinaia di capolavori il cammino inverso di quello al quale sono
abituati. In genere infatti i quadri delle celebri, quanto decadute
famiglie napoletane, dopo secoli di impoverimento e degrado, si sono
trasferiti da tempo all’estero, quasi al soffio di un’incontenibile
tempesta. Una diaspora rovinosa che ha rappresentato il segno
inequivocabile del destino della città. I Porcini, viceversa,
frequentando aste internazionali ed avendo occhi ed orecchie
dappertutto, riescono a riportare all’ombra del Vesuvio, presso
nuovi collezionisti, preziose testimonianze del nostro passato. Come
ad esempio il dipinto del D’Anna, raffigurante la festa del
Carnevale (fig. 7), al quale abbiamo dedicato un articolo specifico.
Tra le loro tele in mostra giganteggia un Martirio di San Bartolomeo
della fase riberesca del Giordano, riprodotto anche nella monografia
sull’artista ed un Giuditta ed Oloferne (fig. 8) di Filippo Vitale,
inondato da un fiotto di naturalistico sangue arterioso.
Fig. 7
Fig.
8
Inoltre un delicato inedito di Pacecco De Rosa (fig. 9) ed una Santa
Lucia (fig. 10) di struggente bellezza, assegnata dalla critica a
Bartolomeo Bassante, ma forse opera di uno sconosciuto artista
orbitante tra Cavallino ed Antonio De Bellis.
Figg. 9 e 10
Concludiamo con la Blindarte, che espone una nobile signora
dell’alta società dell’epoca ritratta nelle vesti di Santa Cecilia
al cembalo (fig. 11), frutto del virtuoso pennello di uno dei primi
seguaci napoletani del Caravaggio: Carlo Sellitto.
Fig. 11
Achille della Ragione |