Agostino
Beltrano: alcuni inediti e qualche aggiunta ad uno "stanzionesco
falconiano"
di
Achille della Ragione
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Agostino Beltrano
nasce a Napoli il 25 febbraio 1607, da Francesco, di professione
indoratore e da Vittoria De Grauso, zia di Andrea Vaccaro.
Sposò nel 1626 Diana, alias Annella De Rosa, sorella di Pacecco e
figlia di Tommaso, anche egli pittore, e di Caterina De Mauro che,
rimasta vedova, sposò Filippo Vitale. Ebbe sei figli, quattro femmine
e due maschi e fu inoltre cognato, oltre che di Pacecco, anche di
Aniello Falcone e di Juan Do.
Sua moglie Diana morì di malattia nel suo letto il 7 dicembre 1643, e
questo particolare, scoperto dal Prota Giurleo1,
al quale si debbono anche tutte le altre notizie anagrafiche, fa
cadere come inverosimile e partorita dalla fertile fantasia del De
Dominici la leggenda del truculento uxoricidio perpetrato dal Beltrano,
accecato dalla gelosia per le attenzioni rivolte alla moglie dal suo
maestro Massimo Stanzione.
Il Beltrano si trovò invischiato così in una ragnatela di parentele (fig.
1) con artisti napoletani di primo piano attivi a Napoli nel terzo
e nel quarto decennio che finirono per influenzarsi a vicenda.
fig.1 albero genealogico |
fig. 10 Lot e le figlie
|
Per Beltrano, oltre a
questi intrecci parentali, che si trasformarono in influssi reciproci,
fu però molto importante per la sua maturazione stilistica la
vicinanza, in occasione dei lavori nella cattedrale di Pozzuoli, che,
cominciati nel 1635 si protrassero per molti anni, con il Lanfranco,
con Artemisia Gentileschi e con Massimo Stanzione.
Il De Dominici lo include tra gli allievi di Stanzione e ne parla
nella vita di Pacecco De Rosa, definendolo tra i migliori scolari del
maestro2. Gli storici hanno
ritenuto che la sua prima formazione fosse avvenuta presso il Vitale,
ma di recente un documento ha evidenziato che il Beltrano,
quattordicenne, fu messo a bottega nel 1621 assieme a Diana De Rosa,
diciottenne, da Gaspare De Populo3,
pittore del quale conosciamo ben poco, se non che fu legato allo
Stanzione, di cui tenne a battesimo il primogenito.
La critica si è da tempo impegnata a ricostruire la personalità
artistica del Beltrano4 ed ha
distinto una fase naturalista, contigua ai modi falconiani ed un
secondo periodo più propriamente stanzionesco, contrassegnato da un
impreziosimento cromatico e da un ingentilimento delle fisionomie e
dei sentimenti, culminante nella spettacolare tela di "Lot e le
figlie" di collezione Molinari Pradelli (fig. 10).
Il presente studio, oltre alla presentazione di alcuni inediti ed alla
identificazione di numerosi caratteri patognomonici utili al
riconoscimento dell'artista, si propone di allargare l'orizzonte della
fase falconiana, che riteniamo comprenda gran parte della carriera
dell'artista, almeno fino al 1650.
A conferma di tale asserzione sono comparsi negli ultimi anni sul
mercato numerosi dipinti siglati o assegnabili con certezza al
Beltrano, dei quali tratteremo brevemente, quasi tutti contraddistinti
da spiccati caratteri naturalisti.
La prima tela esaminata (fig. 2) è un "Martirio di San
Sebastiano" passato sul mercato5
nel 1992 con un'attribuzione al Gargiulo del Brigante, il quale
affermava: "Questo importante dipinto del celebre maestro
napoletano, che in alcuni particolari mostra affinità col
"Martirio di San Lorenzo" della Banca sannitica di Benevento
siglato "DG", risale probabilmente ai primi anni del sesto
decennio del secolo".
Nel 1997, in occasione della stesura del catalogo della collezione ove
il quadro era pervenuto6, i
principali "napoletanisti" espressero la loro opinione sulla
paternità del dipinto7.
Pacelli e Pavone confermarono la autografia spadariana, la Daprà,
specialista dell'artista, avanzò l'ipotesi di Agostino Beltrano in
parte confermata da Spinosa, che in un primo tempo aveva pensato
genericamente al Maestro dei martirî. Leone De Castris collocò il
dipinto al 1635 ed evidenziò la presenza nell'opera di caratteri
falconiani, battistelliani e cavalliniani. Ed infine, originale
l'ipotesi di Gennaro Borrelli, che parlò di una esercitazione della
bottega di Aniello Falcone, sottolineando l'errata incidenza della
luce e la pessima esecuzione dell'albero sullo sfondo, definito
bituminoso.
Nel 1998 è comparsa, presso un antiquario a Roma, una replica
autografa del dipinto (fig. 3) di eguali dimensioni, identica
nell'incidenza della luce ed in ogni più minimo particolare, con la
composizione leggermente spostata verso sinistra, così che nel primo
dipinto compaiono taluni particolari, come l'uomo col turbante, mentre
nel secondo vi è un più esteso stralcio di panorama e l'ampia
boscaglia sullo sfondo, non più bituminosa, presenta viceversa un
trattamento del fogliame più accurato.
fig.2 martirio di San
Sebastiano |
fig.3 martirio di San Sebastiano bis
|
Ed infine, nel 1999, il passaggio in asta8
di una scena di supplizio (fig. 4) identificabile come
"Martirio di Santa Apollonia9,
con in alto l'identico gruppo di angioletti (fig. 5) e sulla
destra lo stesso cavaliere nascosto dietro la bandiera rossa, che sono
presenti nel "Martirio di San Sebastiano", ha permesso di
riconoscere lo stesso pittore come autore dei tre dipinti.
Molto importante la presenza del cavaliere sulla destra con elmo e
bandiera, simbolo del potere romano, (derivata da alcune celebri tele
del Gargiulo), il quale sembra volersi nascondere dietro al drappo
rosso, con un atteggiamento che compare identico anche nella grande e
famosa pala di Pozzuoli rappresentante "Il miracolo di
Sant'Alessandro", firmata e documentata al 1649.
fig.4 martirio di
Santa Apollonia |
fig.5 gruppo di
angioletti |
Numerose altre figure presenti nel "Martirio di Santa
Apollonia" permettono l'assegnazione della tela con certezza al
Beltrano. Esse sono il fanciullo a dorso nudo in primo piano sulla
destra, di vaga ascendenza battistelliana e, poco più che abortito,
sulla sinistra il fantolino che si avvicina alla scena a braccia
protese e che ricompare identico nel già citato "Miracolo di
Santo Alessandro" e nell'affresco rappresentante "Il
pagamento del tributo a Sennacherib" (fig.6) di Santa
Maria degli Angeli a Pizzofalcone, documentato agli anni 1644-'45. Il
volto della Santa pronta al martirio è sovrapponibile alla fisionomia
della figura femminile presente nel "Sacrificio di Mosé",
siglato, (fig. 7) del museo di Budapest, identificato dal De
Vito nel 1984 ed alla Rachele del "Giacobbe e Rachele al
pozzo" del museo di Besançon (fig. 8), assegnato già dal
1963 al Beltrano dal Volpe. Infine l'uomo barbuto che attizza le
fiamme e l'altro scherano sulla destra che incombe sulla Santa sono
modelli adoperati spesso dal Beltrano, che li riproduce più volte
nelle sue opere dal "Martirio dei Santi Gennaro, Procolo e
Filippo " (fig. 9) documentato al 1635, al "Miracolo
di Sant'Alessandro", al "Giacobbe e Rachele al pozzo".
fig.6
pagamento del tributo a Sennacherib |
fig.7 Sacrificio di
Mosé |
fig.8
Giacobbe e Rachele al pozzo |
fig.9
Martirio dei Santi Gennaro, Procolo e Filippo |
Riteniamo di aver identificato con sufficiente sicurezza una serie di
prototipi patognomonici: dal gruppo di angioletti, al cavaliere che
timidamente si nasconde dietro la bandiera, dal fanciullo a dorso nudo
sempre in primo piano, al volto dolcissimo di fanciulla, ai personaggi
barbuti, che permettono, quando presenti in tele in cerca di
attribuzione, di proporre il nome del Beltrano con una ragionevole
probabilità di essere nel giusto.
Altri due caratteri meno specifici, ma sempre indicativi, nelle opere
del nostro artista, sono i turbanti orientaleggianti, presenti non
solo nei quadri in esame e nelle tele "falconiane", ma anche
in dipinti tardi della fase stanzionesca come il "Lot e le
figlie" ed il particolare modo di rappresentare le dita dei
piedi, che ad un attento esame può far trapelare l'autografia di una
composizione.
Di recente è comparsa, sul mercato antiquariale napoletano, una tela
di grandi dimensioni (cm 148-195) rappresentante una Battaglia tra
cavalieri (fig. 17), firmata "Belt, la quale costituisce
la più importante acquisizione al catalogo del nostro artista degli
ultimi anni. Essa, oltre a mostrarci un Beltrano in piena forma, con
colori squillanti e ben acconci contrasti chiaroscurali, emulo della
lezione impartita dal Falcone e dal De Lione, sommi specialisti del
settore, ci permette di attribuirgli con certezza alcuni altri
dipinti: dal Martirio di San Gennaro ed i suoi compagni (fig. 22),
già assegnato a lui da Spinosa, in cui compare sullo scudo dei
combattenti lo stesso mascherone di vecchio contrassegnato dalla
firma" Belt", all'Episodio della vita di Sinoringe (fig.
21), precedentemente creduto del Gargiulo dal Sestieri, autore
della monografia su Micco, il quale ha successivamente riconosciuto il
quadro, eseguito dal Beltrano, "legato alla medesima temperie
culturale e al medesimo gusto rappresentativo".
fig.17
battaglia di cavalieri |
fig.14
Caratteri falconiani
|
fig.22
martirio di San Gennaro e dei suoi compagni
|
fig.21
episodio della vita di Sinoringe
|
Nella tela in esame possiamo constatare per la prima volta,
nell'ardito gioco di macchie cromatiche, una influenza dello stile del
Grechetto, presente a Napoli nel 1635, circostanza che ci permette di
collocare cronologicamente la Battaglia del Beltrano negli inoltrati
anni Trenta.
Nel dipinto è possibile ancora leggere una serie di richiami
ispirativi molto lontani dalla lezione di Massimo Stanzione, che
contrassegnerà una parte del percorso successivo del Beltrano. Essi
sono, da un lato, l'adesione ad antiche suggestioni tardo
manieristiche, presenti nei lavori del Corenzio e del Cavalier d'Arpino
e ben rappresentate dagli aggrovigliati contorcimenti dei combattenti,
fino ai prelievi letterali dall'Oracolo delle battaglie (vedi il
cavallo bianco impennato sulla destra) e dalla lezione naturalistica
del suocero, Filippo Vitale. E per finire una consonanza di stile con
la fase primitiva del Gargiulo, celebre battaglista secondo le fonti,
ma con poche opere fino ad oggi reperite di quel genere e con il
Cavallino, dal quale prende il gusto per la pennellata elegante e per
il cromatismo delicato.
Un'opera importante che allarga considerevolmente lo sguardo degli
studiosi su un artista, il cui percorso, ancora poco noto, richiede
ulteriori focalizzazioni ed approfondimenti e sicuramente ci riserva
altre gradevoli sorprese.
Il Beltrano è attivo in quegli anni, dal 1635 al 1655, durante i
quali a Napoli una folla di stanzioneschi più o meno abili lavora
ancora sotto la tutela dell'autorità del Ribera, anche lui convertito
al pittoricismo, e dell'influsso del genio dell'astro nascente:
Bernardo Cavallino.
Ogni pittore guarda gli altri e copia dettagli e brani di successo
dalle tele dei colleghi; ci sono differenze impercettibili di
sfumature, di parlata, di vernacolo stretto; soltanto
"l'orecchio" esperto può dirimere la matassa e distinguere
le variazioni di accento e di desinenza. Col Beltrano il problema a
volte si complica, in mancanza di uno stile personale; infatti il
nostro artista può essere definito un "pittore da traino",
perché segue pedissequamente le mode imitando, a volte fino al
plagio, l'artista di successo, ai cui modi pittorici sa adattarsi con
un'abilità tecnica che con il tempo diventa sempre più sofisticata.
Questo percorso, che è segno di una mancanza di spessore culturale,
possiamo seguirlo nell'analisi dei suoi dipinti, nei quali imita
Falcone (figg. 2-3-14-17), Gargiulo (figg.2-3-4),
Grechetto (figg.17), De Lione (figg. 11-12), Stanzione (fig.
13) e Cavallino (fig. 10)10.
|
fig.11 Mosè fa scaturire l'acqua
|
|
fig.12 David
festeggiato dalle ragazze ebree |
|
fig.19 Adorazione del
vitello d'oro |
|
fig.13 sacrificio di Isacco
|
Un carattere distintivo precipuo nei confronti del Gargiulo è il
trattamento del paesaggio e delle figure. Se esaminiamo infatti la
stesura del paesaggio nei due martirî di San Sebastiano (figg.
2-3) ci accorgiamo che esso presenta delle indubbie analogie con
quello esibito nel "Lot e le figlie" (fig. 10) in
collezione Molinari Pradelli, come pure con quello dei due pendant
"Adorazione del vitello d'oro" (fig. 19) ed il
"Ritorno dalla terra di Canaan" (fig.20) di
collezione Baratta a Napoli11,
nei quali si evidenziano affinità formali con i piccoli paesaggi
spadariani tipicizzati da una folta e rigogliosa vegetazione dai rami
contorti. A riguardo del Beltrano paesaggista, segnaliamo che negli
ultimi anni sono passati sul mercato diversi dipinti di notevole
livello, che illustreremo in un nostro prossimo articolo, siglati o
attribuibili con ragionevole possibilità al Nostro Agostino, il
quale, lentamente, comincia a delinearsi come specialista.
Nel trattamento dei personaggi il Beltrano, a differenza delle esili
ed affusolate figurine spadariane di evidente derivazione callottiana
dimostra le sue solide basi falconiane12,
predilige un formato grande ed è molto accurato nel dipingere gli
abiti e le fisionomie, ciò nonostante mostra lacune ed incertezze
nella definizione degli arti, specie se presi di scorcio.
A riguardo dell'attività di Beltrano come frescante il De Dominici ci
riferisce che egli fu attivo in quattro complessi, non tutti oggi
visibili, ma il riconoscimento di alcuni suoi caratteri stilistici
originali, quali i disegni delle figure affusolate ed una cromia
chiara con pochi toni di base, molto vicina allo stile tardo dello
Stanzione, ci permette di cercare di identificarlo in altre
decorazioni, come ha supposto il Willette che, sulla scorta di
documenti di archivio13 che
attestano girate di pagamento dallo Stanzione al Beltrano, ritiene di
poter riconoscere la mano del nostro artista in altri cicli di
affreschi ed anche in alcune delle quindici tavole di rame di piccolo
formato con "Scene della passione di Cristo e della vita della
Vergine", che attorniano la celebre pala della "Madonna del
Rosario e Santi" dello Stanzione, conservata nella cappella
Cacace nella Chiesa di San Lorenzo Maggiore a Napoli. (In contrasto
con l'opinione di Nicola Spinosa che, viceversa, vede la mano del
Marullo).
fig.20 ritorno dalla
terra di Canaan |
fig.15 Immacolata concezione
|
Individuati oggi questi caratteri distintivi, forse una attenta
ricerca in provincia potrà riservarci in futuro qualche altra
sorpresa che allarghi il catalogo dell'artista, già cresciuto
notevolmente negli ultimi anni nell'ambito dei lavori da cavalletto,
per i quali, volendo ipotizzare un plausibile itinerario cronologico,
potremmo collocare agli esordi della attività artistica del Beltrano14
il "Martirio di S. Gennaro e dei suoi compagni"15
di collezione privata napoletana, nel quale sono presenti molte
ingenuità nella costruzione delle immagini e nella resa pittorica;
mentre verso la fine della carriera va posto il "Lot e le
figlie" di collezione Molinari Pradelli (fig. 10)
capolavoro dell'artista e come ultima opera vogliamo proporre, non la
grande pala della chiesa di S. Maria della Sanità16,
parzialmente incompiuta e documentata al 1654, raffigurante "I
Santi Biagio, Raimondo e Antonio" bensì una "Immacolata
Concezione" (fig.15) allogata in S. Maria la Nova sulla
destra della parete del coro17,
la quale per evidenti motivi iconografici è databile a non prima del
1662.
Questa attribuzione, se confermata, sposterebbe di molto in avanti la
data della morte del Beltrano, forse fino al 1665 indicato dal De
Dominici, in forte contrasto con il 1656 comunemente accettato dagli
studiosi.
Ed infine una constatazione, stranamente fino ad ora sfuggita agli
studiosi, un ultimo squarcio di luce su questo personaggio che
lentamente sta riemergendo dalle tenebre ove per tanti anni è stato
dimenticato: nella chiesa della Pietà dei Turchini, nella IV cappella
a sinistra entrando, si trova, tra altri affreschi del Beltrano
documentati al 1646, un "San Nicola che comunica i fedeli"
dove evidentissima sulla destra della composizione si staglia la
figura di un nobile personaggio nella classica posa dell'autoritratto (figg.
16-18), il volto del pittore ancora giovane somigliantissimo
all'unica sua immagine che conosciamo18,
che ci guarda beffardo da secoli senza che noi ce ne fossimo accorti.
fig.18 autoritratto (a sinistra)
criptato
|
fig.16 San Nicola che comunica i fedeli
|
MI PREME RINGRAZIARE VIVAMENTE I
MIEI AMICI DANTE CAPORALI E CIRO PISCOPO PER IL LORO AIUTO NEL METTERE
IN ORBITA... SUL WEB QUESTO ARTICOLO.
NOTE
-
1 Prota
Giurleo U., Un complesso familiare di artisti napoletani del
secolo XVII, "Napoli - Rivista Municipale", 1951, pp.
25-26.
-
2 De
Dominici B., Vite de' pittori, scultori e architetti napoletani,
Napoli (1742 - 1745) III, pp. 96-100, 111-113.
-
3 Delfino
A., Documenti inediti su artisti del Seicento tratti dall'Archivio
di Stato di Napoli e dall'Archivio storico del Banco di Napoli, in
Ricerche sul Seicento napoletano, p. 30, Milano 1989.
-
4 I
principali contributi alla conoscenza del Beltrano sono stati
forniti da:
a) De Dominici B., Vite de' pittori, scultori e architetti
napoletani, Napoli (1742-1745), III tomo, pp. 96-100, 111-113;
b) D'Addosio G.B., Documenti inediti di artisti napoletani del
XVII e XVIII secolo, Archivio per le province napoletane, XXXVII
(1912) p. 608;
c) Ortolani S., La pittura napoletana dei secoli XVII-XVIII-XIX,
Napoli 1938, p. 72;
d) Prota Giurleo U., Un complesso familare di artisti napoletani
del secolo XVII, "Napoli rivista municipale", 1951, pp.
25-26;
e) Prota Giurleo U., Del pittore Passante e del suo maestro Beato,
Il Fuidoro, 1954, 5/6, pp. 135-138;
f) Bologna F., Francesco Solimena, Napoli 1958, pp. 33-34, nota
12;
g) Volpe C. - Un dipinto firmato ed una attribuzione per Agostino
Beltrano, Paragone, XIV (1963), n. 163, pp. 141-43;
h) Engass R., Dizionario biografico degli italiani, ad vocem, 8,
Roma 1966;
i) Causa R., Opere d'arte nel Pio Monte della Misericordia a
Napoli, Napoli 1970, pp. 89, n. 7, tav. XVIII;
l) Novelli M., Agostino Beltrano "stanzionesco" da
riabilitare, Paragone, XXV (1974) pp. 67-82;
m) Volpe C., Un'altra opera firmata di Agostino Beltrano, Paragone
XXV (1974) n. 287, pp. 82-85;
n) Delfino A., La Chiesa di Donnaregina Nuova, in Ricerche sul
Seicento napoletano, Milano, 1983, pp. 110-111;
o) Novelli Radice M., Pittura napoletana del Seicento: inediti di
Agostino Beltrano e Nunzio Russo, Arte cristiana, LXXII (1984) n.
702, pp. 143-149;
p) Ambrosio L., in Civiltà del Seicento a Napoli, catalogo della
mostra, Napoli 1984, I, pp. 117-118, pp. 193-196;
q) De Vito G., Ritrovamenti e precisazioni a seguito della prima
edizione della mostra del Seicento napoletano, in Ricerche sul
Seicento napoletano, Milano, 1984, p. 15 e foto n. 58-61;
r) Spinosa N., La pittura napoletana del Seicento, Napoli 1984 -
tav. 27-45;
s) Grabski Y., On Seicento paintings in Naples: some observations
on Bernardo Cavallino, Artemisia Gentileschi and others, "Artibus
et Historiae" VI, 1985, 11, pp. 23-63;
t) Spinosa N., Il Seicento, la pittura in Italia, tomo II, Milano
1988, p. 632;
u) Ambrosio L., Un nuovo documento per Agostino Beltrano e
un'altra opera firmata, in Scritti di Storia dell'arte in onore di
Raffaello Causa, Napoli 1988, pp. 217-222;
w) Nappi E., in Ricerche sul Seicento napoletano, p. 28 (Riepilogo
di tutti i documenti pubblicati a quella data);
v) Willette P.C., in Massimo Stanzione, l'opera completa, Napoli
1998, pp. 126-127;
z) della Ragione A., Il secolo d'oro della pittura napoletana,
Napoli 1998-1999, I fasc. p. 83, fig. pp. 27-28 e copertina, III
fasc. pp. 201-203 e 205;
z bis) Sestieri G., Battaglie - Maestri italiani del XVII e XVIII
secolo, Brescia 2002, pp. 24-27.
-
5 Asta
Semenzato, Roma 12 ottobre 1992, lotto 29 (cm 138x184).
-
6 Cfr.
Catalogo della Collezione della Ragione, Napoli 1997, copertina,
pp. 28-33 e fig. 17-21.
-
7 Idem, cfr.
pp. 28 e 30.
-
8 Asta
Finarte, Napoli 9 novembre 1999, lotto 498 (cm 114x150).
-
9
L'identificazione della martire rappresentata con Sant'Apollonia
è resa facile dalla contemporanea presenza del cavadenti e del
rogo.
-
10 Per i
raffronti intendiamo riferirci: per il Gargiulo ai due martirî di
San Sebastiano ed al "Martirio di Sant'Apollonia" (lato
destro della composizione); per il Falcone al gruppo di figure a
sinistra nei due martirî di San Sebastiano; per De Lione ai due
dipinti conservati nel museo Diocesano di Salerno, "Mosè fa
scaturire l'acqua dalla roccia" e "Lot si separa da
Abramo", ed inoltre il "David festeggiato dalle
fanciulle ebree" del Kunsthistorisches Museum di Vienna; per
Stanzione "Il sacrificio di Isacco" del museo di
Salisburgo; per Cavallino "Il Lot e le figlie" della
collezione Molinari Pradelli.
Infine nel "San Biagio fra i Santi Antonino e Raimondo",
della chiesa di Santa Maria della Sanità a Napoli, si può
apprezzare un naturalismo temperato alle suggestioni
pittoricistiche e alle prime soluzioni del classicismo
romano-bolognese, che in quel periodo cominciano ad avvertirsi
nell'ambiente napoletano.
-
11 Cfr.,
Catalogo della mostra Civiltà del Seicento, Napoli 1984, pp.
194-195.
-
12 Cfr., Il
gruppo degli arcieri nella parte sinistra dei due martirî di san
Sebastiano.(fig.14)
-
13 A.S.B.N.,
Banco dello Spirito Santo, giornale matr. 328, partita di cento
ducati estinta il 27 agosto 1643. Documento pubblicato da Delfino
1986, p. 115 n. 40.
-
14 La
critica generalmente considera come opera più antica del Beltrano
la grande pala del Duomo di Pozzuoli, raffigurante "Il
martirio dei Santi Gennaro, Filippo e Proculo" documentata
nel 1635: ma essa è opera nella quale l'artista si mostra già in
possesso di grande maturità, per la sua straordinaria ricchezza
cromatica e per la notevole resa naturalistica.
-
15 Il
dipinto (cm 128x197) passato in asta presso Finarte a Milano, è
stato assegnato al Beltrano da Spinosa, nel cui repertorio del
1984 lo si può studiare al n. 42.
-
16 Per le
notizie sulla tela (cm 310x230) consulta la scheda a p. 83 e la
foto a colori a p. 28 nel primo fascicolo del "Secolo d'oro
della pittura napoletana", della Ragione A., Napoli 1998.
-
17
L'"Immacolata concezione con Papa Alessandro VII e Filippo IV",
(Cogliamo l'occasione per correggere una nostra precedente
imprecisione quando abbiamo indicato Filippo V e non IV nel
trattare dell'argomento [cfr. Il secolo d'oro, III fasc. p. 203],
seguendo una fallace indicazione di Willette) è stata assegnata
dalla Novelli Radice al quasi sconosciuto Giuseppe Beltrano,
fratello di Agostino, in base ad un livello di qualità dell'opera
molto modesto.
È facile constatare che la tela in esame trasuda lo stile di
Agostino da tanti dettagli: dal volto della Vergine, identico a
quello delineato nell'affresco della "Incoronazione della
Vergine", al gruppo degli angioletti simile nei
contorsionismi a tanti altri che possiamo rintracciare anche in
dipinti da cavalletto ed infine la fisionomia del re Filippo IV,
immortalata più volte dal Velázquez, col suo caratteristico
prognatismo, che richiama a viva voce il ritratto equestre di
Carlo Di Tocco, conservato al Pio Monte della Misericordia, il
quale fu eseguito dopo il 1642.
In particolare dobbiamo considerare i due personaggi raffigurati
ai piedi della Vergine, il Papa Alessandro VII, il quale si
espresse definitivamente sull'iconografia rappresentata nel
dipinto l'8 dicembre 1661 con la Sollicitudo omnium ecclesiarum ed
il re Filippo IV che fece pressioni a lungo sul pontefice affinché
si pronunciasse sulla questione.
Risulta pacifico concludere che l'opera in esame non ha potuto
vedere la luce prima del 1662, in accordo con il De Dominici che
riferisce che l'artista morì nel 1665. Bisognerà perciò
accettare l'ipotesi che Beltrano superò indenne l'infuriare della
peste e visse molti anni dopo il fatidico 1656, che i libri di
storia dell'arte continuano ad indicare come data del suo decesso.
-
18 Il
Giannone nella tavola VI, fig. 24, della sua opera sui pittori
napoletani ci fornisce l'unica immagine che possediamo
dell'artista, senza rivelarci da dove l'abbia presa.
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