Un eroe dimenticato da non
dimenticare
di
Achille della Ragione
Relazione presentata al convegno su Riccardo Monaco tenutosi al Circolo
Canottieri Napoli il 24 gennaio 2002, pubblicata a puntate sui quotidiani
Roma, Il Golfo, Cronache di Napoli ed il mensile Scena Illustrata
Questi
testi sono tratti da:
"Le ragioni di della Ragione", un libro che
raccoglie una scelta di lettere al direttore inviate da
Achille della Ragione, negli ultimi tre anni, ai principali
quotidiani italiani e campani ed inoltre una breve miscellanea
di articoli, recensioni, relazioni congressuali, lezioni e
discorsi scelti dall'opera omnia che l'autore licenzierà tra
poco alla stampa in tre volumi.Tutti i libri di Achille della
Ragione sono reperibili a Napoli presso la libreria
Neapolis (di fronte alla chiesa di San Gregorio Armeno) e
presso Graphicus, via San Bartolomeo 46.
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Per decenni il nome di
Riccardo Monaco (Napoli 1912-1994) ha evocato in migliaia di signore e
signorine....lo spettro turbinoso di angosciose esperienze da dimenticare
seppellendole nei più remoti recessi dell'inconscio; nello stesso tempo ha
rappresentato l' unica ancora di salvezza per tante che avevano sbagliato...,a
tal punto da dar luogo alla famosa canzoncina il cui ritornello somiglia ad
una parola d'ordine: "Hai fatt' u' mpiccio? Và addò Monaco che to ffa
passà".
Non trascureremo certo questo aspetto da Mister Hyde nel tratteggiare la
biografia del dott. Monaco, anzi aggiungeremo nuovi particolari ed inedite
testimonianze anche personali, ma scopo precipuo della nostra ricerca è
quello di far luce su di una serie di strabilianti atti di eroismo di cui il
Nostro fu artefice, dimostrando al massimo grado sprezzo del pericolo ed un
valore oggi desueto: l'amore verso la propria Patria.
Su queste imprese avvenute nei tristi cieli della Napoli del'43, afflitti
dalle devastanti incursioni dei bombardieri americani, le famigerate fortezze
volanti, si è a lungo favoleggiato, ma oggi su questi incredibili atti di
disinteressato eroismo e di sconfinata audacia è sceso un velo di silenzio e
quasi nessuno tra le nuove generazioni, abituate alle imprese... scalcinate di
Coccolone nei cieli iracheni, sa cosa seppe compiere un ufficiale della nostra
gloriosa aviazione, che rispondeva al nome di Riccardo Monaco.
A questa colpevole dimenticanza... non poco ha contribuito la collocazione
politica del Nostro che, per quanto insignito di due medaglie d'argento e due
di bronzo al valore militare ( l'oro per la nostra neonata repubblica, non era
certo metallo adatto ad un fascista ostinato e non redimibile) ha subito la
congiura del silenzio da parte degli organi di informazione governativi
coagulatisi nel dopoguerra sotto la consegna dell'ammucchiata antifascista
nata dalla resistenza, per cui qualunque episodio benemerito riferito agli
anni del ventennio doveva essere rimosso e dimenticato per sempre.
Scavare nel passato di Riccardo Monaco non è stato facile perché le stesse
memorie storiche del partito, Cantalamessa, Mazzone, Rastrelli, che pure sono
state prodighe nel riferirmi episodi ed aneddoti, o vecchi amici come la
vedova Tesse o il suo fedele autista, oggi rigattiere domenicale nella villa
comunale, non ricordavano la data degli episodi eroici, né tanto meno
l'esatto svolgersi degli avvenimenti.
Siamo così venuti a conoscenza di manie e passioni segrete, di gusti e
inclinazioni di cui tratteremo nel prossimo articolo, in cui percorreremo
carriera professionale ed impegno parlamentare, dal dopoguerra alla morte
avvenuta il 12 gennaio 1994.
Solo dopo pazienti ricerche è stato possibile rintracciare le figlie, Paola e
Gabriella, trasferitesi da decenni nel nord Italia e la nipote Vanda, figlia
dell'unico fratello, da tempo residente in Svezia ed a lungo consigliere
regionale negli anni Settanta del partito comunista; da cui memorabili
battaglie verbali col famoso zio, alfiere dei missini.
Ed infine fortunose circostanze ci hanno messo sulle tracce di un nipote
prediletto ed affezionato alla memoria del nonno, di cui porta anche il nome,
il professor Riccardo Fenizia docente di filosofia nei licei della nostra città
e custode di cimeli, ricordi, foto, diari etc, che gentilmente ci ha permesso
di consultare e di rendere noti ed il cui prezioso aiuto ha reso esaustiva la
nostra ricerca.
Più complicato è stato recuperare la documentazione militare, anche per il
trasferimento dell' archivio dell'aeronautica a Roma, ma alla fine, grazie
anche alla lettura in emeroteca di tutti i giornali dell'epoca, non solo
italiani, tutta la carriera militare è stata ricostruita giorno dopo giorno
con grande precisione e ne è scaturito il profilo di un personaggio che nulla
ha da invidiare a gloriose leggende della nostra aviazione da Gabriele
D'Annunzio a Francesco Baracca, famosissimo pilota da caccia nella prima
guerra mondiale, il quale abbatté 34 aeroplani nemici in 63 combattimenti
aerei; ed allora il nostro Riccardo che di aeroplani ne ha abbattuti tanti di
più!!! come mai è stato completamente dimenticato?
Infatti dallo spulcio dei suoi libretti personali di volo fino al 15 marzo
1943 risultavano distrutti dal tenente Monaco, tra apparecchi abbattuti in
combattimento o annientati al suolo ben 61 velivoli, oltre a 29 sui quali non
vi era certezza.
Il velivolo al quale il nostro eroe era più legato era il BA-65, un
apparecchio sperimentale all'epoca in cui egli, come ufficiale pilota
volontario, partecipò nel 1937-'38 alla guerra di Spagna, ma egli era
abilitato ed esperto di ben altri 22 tipi di aerei in dotazione alle nostre
forze armate dal 1934, data in cui conseguì giovanissimo il brevetto presso
la squadriglia di turismo aereo dislocata nell'aereocentro "Miraglia alla
Runa", fino al 17 luglio del 1943 quando, a bordo di un D.520 traditore,
un incidente in fase di decollo non gli procurò ferite tali da dover
abbandonare i combattimenti, residuandone un' invalidità di 7°categoria.
E ferito lo rintracciarono gli americani, nostri improvvisati alleati...,che
lo internarono durante la loro occupazione! per oltre due anni fino al 1946,
facendogli conoscere prima il carcere di Poggioreale e poi i campi di
concentramento di Padula, Terni e Riccione.
La passione per il volo del giovane Riccardo era tanto forte da superare
indenne la paura di un salvataggio con paracadute, quando in località Vomero,
il 6 settembre 1934 (dodicesimo dell'era fascista) un'avaria dei motori lo
costrinse a sperimentare il famoso "Salvator D-30", il paracadute
efficacemente in dotazione per anni alla nostra aeronautica.
La sua carriera di ardito combattente ha inizio l'11 giugno del 1934, allorché
viene nominato pilota premilitare ed ammesso alla scuola di Capodichino
Volerà per centinaia di ore tra ricognizioni e combattimenti, prima in Spagna
e poi nel 1940 in Albania, in Russia e sui cieli della Patria per un totale,
al secondo semestre del 1943 di 583 ore e 25 minuti!!Sarà presente anche in
Africa ma mancherà la benzina per i nostri aerei che rimarranno inattivi.
Degli aerei abbattuti abbiamo già accennato, ma prima di descrivere il suo
episodio eroico più importante vogliamo ricordare una confessione che
Riccardo fece al senatore Rastrelli, e da questi riferitaci, che ci illumina
sul suo carattere indomito e sulla sua proverbiale furbizia che conservò
anche nei lunghi anni del dopoguerra: "Molti, quasi tutti, amano il sole,
fonte di vita e di prosperità, ma io prediligo le nuvole, perché spesso è
grazie a loro che ho ottenuto la salvezza". Infatti la tecnica di
combattimento del tenente Monaco, il quale era costretto con un piccolo per
quanto agile aeroplano, spesso da solo, a misurarsi con le superfortezze
americane, i giganteschi Liberator, che avevano a bordo da 7 a 11 persone,
consisteva nel colpire velocemente, rifugiandosi poi momentaneamente tra
nuvole provvidenziali per ricolpire all'improvviso con rinnovata energia.
E giungiamo così al fatidico 11 gennaio 1943, il giorno della grande impresa
eroica, degna di essere tramandata ai posteri e viceversa sepolta
colpevolmente nella dimenticanza e nell'oblio più assoluti.
Dal bollettino n. 962 emesso nel pomeriggio del 12 gennaio 1943 dal Quartier
generale delle Forze Armate veniamo a sapere che: "Un'incursione è stata
compiuta nel pomeriggio di ieri su Napoli e dintorni; danni non rilevanti: nel
crollo di alcuni edifici civili la popolazione ha subito perdite finora
accertate in 23 morti e 65 feriti.
Tali apparecchi risultano caduti: due nella provincia di Salerno (presso le
località di Acerno e Calvanico san Cipriano) uno a Lioni (Avellino) e il
quarto in mare tra Ischia e Procida. Alcuni dei componenti degli equipaggi
sono deceduti, altri sono stati catturati".
La notizia dell' episodio rimbalzò non solo sulle prime pagine di tutti i
giornali italiani ma anche all'estero come, da noi rintracciato,
sull'ungherese Pester Lloyd che esaltò su nove colonne "I cacciatori del
Vesuvio a difesa dei cieli di Napoli".
E seguiamo la descrizione del combattimento avvenuto nei nostri cieli
attraverso la penna dell'anonimo redattore del "Roma" del 13 gennaio
1943: "Un cacciatore isolato attaccava audacemente i quadrimotori tra
Napoli e Caserta riuscendo a mitragliare violentemente il veicolo
capopattuglia, poscia impegnava l'ultimo apparecchio di destra della
formazione, che dopo alcune raffiche di mitragliatrice si incendiava e può
considerarsi probabilmente abbattuto".
Di rimando il "Mattino" dello stesso giorno traccia un profilo,
pubblicandone una foto, del valoroso "Tenente Monaco, napoletano, da solo
ha affrontato una formazione di ben quattro plurimotori nemici, abbattendone
due. Egli è un professionista, un medico, che vinto giovanissimo dalla
passione del volo prese il brevetto di pilota presso la squadriglia dell'aereocentro
"Miraglia alla Runa". Ha combattuto volontariamente in terra di
Spagna, Africa, Russia. È decorato di due medaglie al valore, è padre di due
care creature Gabriella e Paola". Sull'episodio la stampa americana fu
viceversa ben più cauta, tanto da nascondere, nei primi tempi, completamente
la notizia, salvo doverla riferire quando si seppe che alcuni componenti dei
Liberator abbattuti si erano salvati ed erano stati fatti prigionieri. Un
esemplare caso di disinformazione a fini propagandistici precorrente le
censure di oggi a riguardo dei raid sull' Afghanistan o di ieri sui deserti
iracheni; manovra che fu smascherata dal "Mattino" del 19 gennaio a
pagina 4:"Spudorate menzogne americane sul bombardamento di Napoli da
parte di apparecchi Liberator del 9° corpo dell'aviazione statunitense".
Il combattimento si svolse a 500 metri di quota e fu seguito da molti altri
nei giorni e nei mesi successivi, esitandone l'abbattimento di altre
superfortezze americane, come abbiamo potuto appurare dall'attento esame dei
libretti di volo del tenente Monaco, conservati gelosamente dal prediletto
nipote Riccardo.
Una straordinaria imperitura testimonianza di quel giorno glorioso è
rappresentata da un pugnale d'argento, regalato a Monaco da un prigioniero
americano ed oggi conservato dalla figlia Paola.
Seguiranno circa 50 anni di vita civile con un impegno nella professione e
nella politica, un lungo periodo che esamineremo nel prossimo articolo
dettagliatamente, ma che non muteranno il carattere dell'uomo, "Un
fascistone come non ne esistono più", ricorda commossa la signora Onda,
nume tutelare da sempre del gruppo senatoriale di AN.
Il richiamo più stringente al suo animo indomito è scolpito nella struggente
poesia che gli dedicò l'amico più caro, il costruttore Enzo Tesse, che fa da
epitaffio alla sua pagellina funebre:
Addio Riccardo oggi tu voli alto tanto più alto dei cieli che ti erano
familiari ....oggi tu ti allontani nei cieli dell'eternità ma altri giovani e
in tanti proseguiranno sulla strada da te tracciata Addio Riccardo....
E passiamo ora ad esaminare la carriera medica del nostro Riccardo, il quale,
già laureato ed iscrittosi alla scuola di specializzazione, non trova nessuno
tra i maestri dell'ostetricia napoletana che gli voglia insegnare realmente la
professione, per cui, involontariamente..., fu costretto a ripiegare sul
mercato degli aborti clandestini, allora, e non solo allora, fiorentissimo per
l'assurdità di una legge ottusa, accolta poi nel codice Rocco, ispirata alla
protezione della stirpe, che comminava pesanti pene detentive, sia alla donna
che si sottoponeva all'interruzione volontaria della gravidanza, sia al
sanitario che gliela procurava. Sono gli anni in cui la tecnica si basava sul
famigerato raschiamento, spesso eseguito senza alcuna anestesia, che, se
praticato da mani poco esperte poteva arrecare terribili conseguenze. E'
l'epoca delle famigerate "mammane", del "laccio" e per le
donne della buona borghesia, dei "cucchiai d'oro", e Monaco era uno
di questi, conosciuto in tutto il meridione con frotte di clienti che si
affollavano nel suo elegante studio di via Caracciolo 13, nonostante le sue
tariffe, oscillanti dalle 500 mila lire al milione (siamo negli anni '60-'70!)
non fossero particolarmente economiche.
Questa sua attività è durata per oltre 40 anni e solo parzialmente subì un
declino dopo l'avvento del metodo Karman (aspirazione) che non volle mai
adottare. Anche negli anni dei suoi mandati parlamentari, allorchè lavorava
solo nel fine settimana, ha sempre praticato almeno quattro aborti il sabato
mattina fino a poco prima della sua morte. In questi lunghi anni di
professione egli riuscì ad accumulare una fortuna che gli permetteva di farsi
passare ogni sfizio, come dedicare un intero piano in via Caracciolo per
potersi divertire con i suoi amati trenini elettrici: una superficie di oltre
500metri quadrati all'ultimo piano, ultrapanoramica, che oggi sul mercato
immobiliare varrebbe non meno di 7-8 miliardi, utilizzata per trascorrere ore
di svago spensierato, interrompendo il ritmo frenetico del suo lavoro
stressante ed avendo talune volte a compagno di giochi nientepopodimeno che
Almirante, venuto espressamente da Roma come ci confida il vecchio portiere
dello stabile in via Caracciolo 10. Un vero schiaffo alla miseria come gli
ricordava spesso il fedele amico Cantalamessa. In codesto luogo segreto
trascorreva lunghe ore di gioco spensierato col cappello di capostazione che
lo rendeva più alto, lui che era di bassa statura, un metro e sessantuno, una
corporatura robusta, il naso marcato, un paio di baffi scuri non troppo
lunghi. Questi i tratti fisici essenziali di un personaggio il cui carattere
precipuo era costituito da una volontà di ferro che non conosceva ostacoli,
accoppiata ad un carattere ostico quanto ostinato.
La sera amava immergersi a notte fonda nelle sue letture preferite: opere di
carattere storico e di cronaca. Tra gli scrittori preferiti D'Annunzio e
Maupassant, oltre agli scritti di Gandhi, verso cui nutriva una sconfinata
ammirazione.
Un'altra costosa passionaccia egli provava per la velocità, la sua "Dino
Ferrari" gli permetteva, come ci ricorda l'onorevole Mazzone, di
raggiungere Roma in poco più di un'ora. Nella città eterna amava cenare al
ristorante "Piperno", situato nell'antico ghetto, ove era prodigo
con i suoi colleghi parlamentari nel rievocare aneddoti del passato e storie
piccanti di donne, delle quali si professava grande ammiratore, discettandone
con disinvoltura ed allegria e terminando sempre con la frase:"Per tanto
variar natura è bella".
Questa malcelata passione per il sesso debole non preoccupava più di tanto
donna Ginevra, moglie fedele, che una sola volta ebbe a risentirsi
visibilmente e a manifestare la sua gelosia, quando il consorte fu fin troppo
gentile con una giovane, dal cognome illustrissimo, che si era rivolta a lui
per intraprendere una carriera politica, ancora oggi in piena evoluzione.
Ebbe tre figli:due femmine, Gabriella e Paola, da tempo non più residenti a
Napoli ed un figlio Gior, tragicamente scomparso per infarto all'età di
ventotto anni, la cui morte pesò profondamente anche nell'esercizio della
professione paterna, che, secondo la cattiveria di tanti e le malelingue,
venne esercitata con più fervore, affinchè altre donne non avessero un
figlio, spesso tanto desiderato.
Una nipote, Vanda Monaco, oggi residente in Svezia, fu schierata politicamente
sull'altra sponda: consigliere regionale del P. C. I. fino agli anni Ottanta.
Da cui interminabili diatribe verbali in aula improntate però sempre ad
estrema correttezza e stima reciproca. Alla penna di Vanda si deve l'unica
biografia dell'illustre zio ,anche se esigua, che sono riuscito a rintracciare
nelle mie ricerche; essa trovava collocazione nell'annuario "Tutta
Napoli"edito nel 1959 dalla Deperro editore. Nella citata biografia,
stranamente, manca una dettagliata descrizione degli eroismi nel cielo di
Napoli, se non il ricordo di "Un'azione bellica che ebbe notevolissima
importanza, in quanto mai prima di allora un caccia leggero era riuscito ad
attaccare e ad abbattere due bombardieri americani".
Una fortunosa congiunzione astrale ci ha permesso d'incontrare la signora
Vanda, oggi artista oltre che regista di successo, di passaggio a Napoli per
interpretare un suo spettacolo alla Galleria Toledo. Assente da anni dalla sua
città vi era ritornata fortuitamente in coincidenza con la commemorazione
dello zio da me organizzata presso il Circolo Canottieri Napoli, con l'aiuto
di parlamentari di ogni credo politico, direttori di giornali e personalità
della cultura.
La signora Vanda, figlia dell'unico fratello del dottor Monaco, serba per lo
zio un affettuoso ricordo al di là dell'opposta fede politica ed ha tenuto a
sottolineare che spesso, finite le accese controversie verbali in Consiglio
regionale, erano soliti stemperare gli animi e riaffermare l' affetto
reciproco in interminabili cene innaffiate da vini corposi, spesso in bettole
malfamate, discutendo ancora animatamente, ma di ben altri argomenti.
Come abbiamo potuto appurare da numerose testimonianze, non solo dei parenti
più stretti, ma anche di colleghi e da vecchie clienti con le quali si era
confidato, il ginecologo tanto famoso riteneva l'aborto un grave problema di
coscienza, un cruccio morale al quale era lecito ricorrere solo quando non
esisteva altra soluzione e purtroppo spesso non esiste altra soluzione.
Nonostante tanti decenni di attività "contra leges" lo studio del
dottor Monaco non fu mai profanato da incursioni della polizia, né tanto meno
vi furono indagini giudiziarie, a differenza di tempi più vicini a noi,
durante i quali magistratura e forze dell'ordine hanno fatto a gara nella
repressione, in omaggio ad una legge, la 194 del 22 maggio 1978, inficiata
dalla nascita da un grave peccato originale: l'ipocrito compromesso tra forze
di sinistra e cattolici, che ha prodotto un aborto giuridico, considerando
legale l'interruzione della gravidanza eseguita in ospedale ed illecita ed
esecrabile la stessa se effettuata in una struttura privata, anche se
attrezzatissima; "O tempora o mores".
L'unico infortunio in cui Monaco incorse nell'esercizio della sua
professione... fu, in un'epoca in cui le molestie sessuali utilizzate come
ricatto non erano come oggi di moda, una denuncia per violenza carnale
presentata da una sua attempata cliente la quale dichiarò di essere stata
deflorata nel corso di una visita ginecologica. Lo scandalo fu grande e per il
medico si riaprirono per alcuni mesi le porte del carcere di Poggioreale,
questa volta per una detenzione non più come prigioniero di guerra ma, almeno
secondo l'accusa che fu demolita in seguito, come delinquente comune.
Fortunatamente la perizia giudiziaria fu assegnata ad un ginecologo il quale,
prendendo a cuore la sventura del più famoso collega, nel valutare i dati
anatomici della paziente, concluse che la denunciante si era inventato tutto;
infatti, nonostante la sua età veneranda e l'imbarazzante avventura
capitatele ,era ancora in possesso del fiore della sua illibatezza.
Superata felicemente la bufera giudiziaria il dottor Monaco non fu
irriconoscente e dimostrò ampiamente la sua gratitudine verso il più giovane
collega permettendogli di sostituirlo nel suo studio durante il mese di agosto
ogni anno, senza pretendere, caso più unico che raro nelle transazioni tra
medici, una sola lira di percentuale. Il dottor Sivo, forte di questa
preferenza decise anche di aprire un suo studio allo stesso famigerato
indirizzo di via Caracciolo 13, ove, aiutato dal foraggiato portiere, riusciva
spesso a dirottare qualche incauta cliente recatasi nella famosa "località"
per risolvere la sua spinosa situazione, senza nemmeno conoscere l'esatto nome
del professionista a cui si affidava.
La sua segreta speranza era riposta nella notevole differenza d'età tra lui e
il suo protettore, che sperava quanto prima di sostituire per eventi naturali,
accalappiandosi la sua nutrita clientela. "E' della classe 1911!"
Soleva spesso ripetere il dottor Sivo, ma per uno scherzo del destino, egli ha
lasciato prematuramente questa valle di lacrime, chiudendo mestamente la sua
carriera come specialista mutualistico in alcuni comuni a nord di Napoli, dopo
aver dilapidato gran parte dei suoi guadagni.
La violenza sessuale di cui fu accusato il dottor Monaco non meravigliò più
di tanto l'opinione pubblica, perché forte era l'eco di una serie di
dicerie... che circolavano insistentemente a Napoli e di cui alcune, vere o
false che fossero, sono pervenute anche alla mia attenzione nelle confidenze
delle mie pazienti all'epoca dei primi anni Settanta, quando, con
l'introduzione del metodo dell'aspirazione (Karman), lo stesso raschiamento
era visto dalle donne come una vera e propria violazione da sopportare in
silenzio.
La sua collocazione a destra e la sua fama d'immarcescibile fascista lo
trasformarono continuamente in oggetto di attacchi inauditi da parte della
stampa di sinistra.
Fu "Paese Sera", quotidiano paracomunista, a distinguersi
nell'azione di linciaggio con numerosi articoli che riportavano spesso
confessioni di giovani pazienti con particolari piccanti.
Citiamo, tra i tanti, alcuni brani di una conversazione telefonica registrata
e pubblicata dal "Paese Sera" tra il giornalista Luciano Scateni e
il professionista:
"Il prezzo è sempre mezzo milione?"
"Perché non va al diavolo"
"E' vero che il suo aborto ha due facce?"
"....?"
"Nel senso che con le signore bene tiene un comportamento rispettoso e
con le ragazze un atteggiamento da troglodita?"
"Se non la pianta la denuncio per molestia"
"Dicono (e sono testimonianze dirette, drammatiche) che quando si
presenta una ragazza viene affrontata così: ti è piaciuto fare l'amore vero?
E ora sgualdrina che non sei altro, che vuoi? Poi mani addosso, insulti"
"..."
"Come se non bastasse con gli spiccioli dell'aborto continuato dicono ed
è dimostrato che ha finanziato le farneticanti spedizioni dei mazzieri
fascisti"
"Non le permetto!"..................
Di nuovo, sempre su "Paese Sera" del 6 maggio 1978 a pag. 8, mentre
è in discussione in Parlamento la legge sull'aborto, viene pubblicata una
confessione choc: "La drammatica esperienza di Annamaria" della
quale pubblichiamo un ampio stralcio. Era nostra intenzione rendere nota
questa esperienza, ma per non tediare eccessivamente il lettore, rinviamo chi
è interessato ai particolari erotici e sconvolgenti della testimonianza alla
lettura diretta in emeroteca.
Conobbi personalmente il dottor Monaco quando egli m'invitò nel suo studio
per discutere assieme di un mio libro da poco licenziato alle stampe. Era il
mese di gennaio del 1979, da poco era stata approvata dopo lunga lotta la
legge che legalizzava l'interruzione volontaria di gravidanza e da qualche
mese era uscito in libreria un mio manuale "Moderne metodiche per
provocare l'aborto", nel quale si descriveva per la prima volta nel
nostro Paese l'utilizzo della siringa di Karman, una nuova tecnica che
permetteva di abortire tramite l'aspirazione, una metodica rivoluzionaria che
avevo avuto modo di apprendere e d'introdurre in Italia dallo stesso
inventore, il Karman curiosamente non un ginecologo bensì uno psicologo.
Trovai, mentre lo sfogliavamo assieme, il mio libro sottolineato quasi ad ogni
pagina, segno di un interessamento da parte di un professionista così esperto
e tanto famoso e la circostanza m'inorgoglì non poco. Fui deluso viceversa
dal parere negativo espresso sulla nuova metodica, infatti il dottor Monaco
riteneva il raschiamento insuperabile e la nuova metodica votata al sicuro
insuccesso.
Il tempo viceversa ha fatto abbandonare il vecchio curettage a vantaggio della
nuova tecnica che oggi, anche se faticosamente, è entrata nella pratica
comune. Nel mondo civile, ad eccezione dell'Italia, l'aspirazione è l'unica
tecnica adoperata oltre al sempre più diffuso utilizzo delle metodiche
farmacologiche che nel nostro Paese, patria di bigotti e baciapile,
rappresentano ancora fantascienza.
La passione per la politica attiva, frutto di una fede incrollabile negli
ineludibili ideali del fascismo ha fatto capolinea subito nella vita di
Riccardo Monaco, il quale infatti, appena ritornato alla vita civile, dopo
essere stato rilasciato nel 1946 dal campo di concentramento di Riccione,
riprende gli esami per la specializzazione in Ostetricia, che consegue nel
1947 ed è subito nell'agone elettorale, presentandosi alle prime elezioni
politiche del 1948, quando, nelle file del M.S.I. risultò terzo con oltre
15.000 voti di preferenza, purtroppo insufficienti per il Parlamento.
Vogliamo sottolineare che la carriera politica di Riccardo Monaco che
descriveremo brevemente non è particolarmente eclatante, anche se egli
"ci teneva" moltissimo per la sua fede incrollabile.
"Servì la patria in guerra con onore, la serve oggi in pace con
coraggio" oppure"Un voto cosciente per un uomo coraggioso al
servizio dell' Idea", questi slogans capeggiavano sul suo materiale
elettorale faticosamente e fortunosamente da me rintracciato. Per anni fu
editore e direttore del periodico "Azione politica", avendo fedele
collaboratore Luigi Argiulo, oggi residente a Giugliano ed ancora oggi
attivista convinto.
I suoi articoli, permeati da una fede incrollabile, erano avidamente letti dai
giovani, che vedevano in lui una gloriosa bandiera. Ne ricordiamo, tra i
tanti, uno dei più acclamati, paradigmatico della sua interpretazione della
nostra storia repubblicana: "Il giorno più triste. Il 25 aprile è una
giornata da dimenticare perché fu la giornata più triste d'Italia; oggi
esiste soltanto un'Italia che venti anni fa ha perduto una guerra ed una
classe dirigente che è ancora quella imposta dai vincitori...etc."
Oppure altre amenità della stessa solfa come: "Contro il disordine
demomarxista, contro la corruzione imperante, contro il disfacimento dello
Stato, per la libertà nell'ordine, per l'onestà politica, per la riforma
corporativa dello Stato". Parole d'ordine con le quali Monaco martellava
le nuove generazioni e furono sempre i giovani a decretare i suoi successi
elettorali.
Dal 1964 fu a lungo consigliere comunale, fino a quando, negli anni Ottanta
approdò nel Consiglio regionale, palestra per le sue memorabili dissertazioni
e ideale trampolino di lancio per il Parlamento, ove fu eletto senatore il 3
giugno 1979 per il collegio di Napoli V (Vomero) con 18.146 voti e confermato
nella successiva legislatura, la 9°, nel collegio di Napoli VI (Stella), in
uno dei quartieri più popolari della città. Fu membro di diverse
commissioni: Istruzione pubblica, Belle arti, Ricerca scientifica, Spettacolo
e sport.
Fu quindi convinto dal suo partito a candidarsi alla Camera e si trattò di un
vero e proprio sgambetto, perché per un nostalgico come lui, per il quale
contava molto l'idea e poco il partito, il meccanismo delle preferenze poteva
essergli fatale. Un "disorganico al sistema elettorale" come lo
definisce con affetto il senatore Rastrelli poteva sopravvivere solo al
Senato. Infatti risultò il primo dei non eletti, con malcelata soddisfazione
di una frangia consistente del suo partito che vedeva di malocchio la sua
professione. Si ritirò quindi alla sua attività di medico, ma soprattutto
all'affetto della sua famiglia.
Negli ultimi tempi, malandato di salute, preferiva sempre più alla sua
splendida casa di via Caracciolo, una dimora più bucolica e tranquilla in
quel di San Sebastiano.
Premurosamente assistito dai familiari, metteva tutti in agitazione quando, più
di una volta, sembrò che stesse per rendere l'anima a Dio. E di quest'anima
erano particolarmente preoccupati i suoi cari, dalla moglie alle figlie, dal
prediletto nipote fino alla fedele cameriera e fu proprio lei, quando capì
che era imminente il momento del trapasso, ad insistere per far giungere al
capezzale dell'infermo un sacerdote per la confessione. E per quest'ufficio fu
chiamato un singolare personaggio, già celebre medico e docente
universitario, che in età matura aveva avuto la "chiamata".
Pur legato al contenuto segreto dell'ultimo colloquio, sembrò ai suoi cari
ottimista, raccomandò soltanto: sono necessarie molte indulgenze!
Finita l'avventura terrena dell'uomo restava però per i posteri il
personaggio, delle cui imprese cercheremo di tenere vivo il ricordo:"La
vittoria di un passerotto contro due falchi infuriati" lentamente fu
dimenticata. Dalla foto sulla copertina del maggior periodico italiano (Tempo
n° 211) al silenzio della stampa del dopoguerra, dalle lodi più solenni e
sperticate dei contemporanei alla colpevole rimozione del ricordo dei posteri
.
Dall'albo d'oro dei decorati al valor militare della provincia di Napoli ci
emozioniamo a leggere la motivazione dell'assegnazione sul campo della
medaglia d'argento al valor militare per l'impresa dell'11 gennaio 1943
compiuta nel cielo di Napoli. Dobbiamo tutti ricordare che l'importante centro
nazionale, citato nella menzione, era Napoli, la sua città e quale onore più
alto per un prode, quale raro privilegio per un ardito è costituito dal poter
mettere il proprio coraggio e la propria abilità a disposizione dei propri
familiari e dei propri concittadini. Quante centinaia di napoletani debbono la
loro vita alla sua azione temeraria, la quale provocò la distruzione di tanti
aerei nemici, prima che potessero distribuire sulla città il loro carico
mortale.
Sugli episodi eroici di Riccardo Monaco si è abbattuta implacabilmente la
maledizione dell'oblio più ostinato e dell'amnesia più profonda, portati in
auge dalla filosofia della "Napoli milionaria", quando, perduta la
guerra, tutti potevano, dovevano, volevano dimenticare non solo il male, i
lutti, le sofferenze, la fame e le privazioni, ma anche gli episodi di
generosità, di altruismo, di abnegazione, di audace sprezzo del pericolo che
non erano certo mancati.
Oggi vogliamo essere buoni, e soprattutto ingenui, e credere all'espletarsi di
questa ineluttabile sindrome eduardiana: il tenente Riccardo Monaco con i suoi
indimenticabili atti di eroismo è stato dimenticato perché bisognava voltare
pagina e non perché fino alla fine ha conservato il suo indomito carattere e
la sua immarcescibile fede politica o, peggio ancora, per l'esercizio della
sua professione, espletata costantemente con la consapevolezza delle scelte
difficili e con una sempre attiva vigile tensione morale.
Non c'è stata allora una pervicace opera di disinformazione durata decenni,
da parte dei mass media, desiderosi di sostituire le vecchie veline con le
nuove? Non c'è ancora oggi una precisa volontà di non voler ricordare
episodi e personaggi, scomodi forse, ma che invitano alla riflessione e ad una
più pacata meditazione sul nostro passato?
Ai posteri l'ardua sentenza! |
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